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Il problema capitale della Scolastica

La storia della filosofia scolastica è una « selva selvaggia ed aspra e forte », direbbe l'Alighieri, se gl'incombesse l'ufficio di spiegarla agli studiosi d'oggidì, i quali vogliono, ed a ragione, veder chiaro nelle cose stesse che loro sembrano più oscure.

Molti per l'addietro, che pure pretendevano farla da maestri, ma erano affatto ignari della scienza nuova detta filosofia della storia, non avevano in alcun pregio l'età tramezzante la decadenza della civiltà greco-romana ed il risorgimento delle lettere e delle scienze, quasi che la notte dalla quale essa era veramente occupata fosse del tutto priva di lumi che ne attenuassero le tenebre, e che, per conseguenza, potesse venir trascurata nella guisa che dall'uomo operoso non si tien conto delle ore di sonno.

Agli spregiatori tennero poi dietro i panegiristi del medio evo, i quali, non contenti di riconoscere quei luni, li esaltarono così da farli passare come soli atti ad illuminare per tutti i secoli l'Umanità.

Se non che tale eccesso suscitò nei tempi nostri una reazione, la quale, seguendo appunto la legge di con

trasto, mise la gioventù studiosa in punto di veduta tanto parziale che le idee e le istituzioni medievali vennero comunemente considerate quali produzioni anomale dell'umano consorzio, ossia mere negazioni civili. Ora, peraltro, la critica storica e scientifica si è data a moderare i giudizii precipitati, e con equa lance pesa il bene ed il male di questa che fu detta dagli uni barbarie, dagli altri civiltà cristiana.

Noi dal canto nostro dobbiamo riconoscere che il pensiero filosofico maturato nelle scuole greche, come non ebbe a provare un distacco violento dalla tradizione per opera dei più antichi e profondi Padri della Chiesa, così trovò sua continuazione, non solamente presso gli Arabi e la dispersa nazione d'Israele, ma altresì nelle scuole dei più cospicui Dottori del medio evo, quantunque costoro non avessero alla mano i testi originali, e di questi stessi possedessero poche trattazioni tradotte, giacchè parte di essi si trovò nella corrente platonica, e parte nella corrente aristotelica, le quali ancora oggidì vanno separate, benchè siansi già fra loro tanto accostate che l'impresa di Pico della Mirandola non sembra più impossibile ad essere compiuta.

Laonde importa molto conoscere anche dal lato filosofico questa disputata età di mezzo, se vogliamo discernere i buoni dai cattivi frutti che ci ha lasciati in eredità.

Intendendo noi porgere il filo d'Arianna nell'intricatissimo labirinto della filosofia scolastica, fisseremo il massimo problema intorno al quale si aggirano gli altri da essa meditati, e ne procureremo la risoluzione mediante i criterii della filosofia trascendente, la quale

sola può giudicare qualsivoglia sistema filosofico anteriore, siccome quella che da altra filosofia oggidì veramente degna di questo nome non è superata.

Risultamento di questo giudizio sarà appunto la conciliazione del Platonismo coll'Aristotelismo; la quale segnerà il principio del periodo della filosofia moderna in cui entrambe le vedute objettiva e subjettiva formeranno quella sola che avrà per termine la costituzione organica integrale della filosofia, quale è richiesta dall'Ideale del Sapere supremo.

All'intento gioverà che anzitutto cerchiamo di determinare l'indole propria della filosofia scolastica, giacchè dal concetto chiaro e distinto che se ne abbia si aprirà la via a stabilire la funzione generale da lei esercitata, di conserva colla religione, per imprimere carattere specifico all'età destinata a dividere l'antico dal moderno mondo civile.

I.

Carattere della filosofia scolastica.

Non è certamente agevole trovare la nota fondamentale caratteristica di alcun grande periodo della storia della filosofia, a motivo della varietà dei sistemi e delle dottrine in esso compresi, ma niuno, per questo riguardo, si manifesta ribelle quanto quello della Scolastica, il quale tenne dietro alla Patristica, e cominciò

a declinare solamente allora che fu aperto il periodo del Risorgimento delle lettere e delle scienze.

La Scolastica venne dal Cousin nel suo Corso di storia della filosofia, professato a Parigi nel 1829, definita per l'uso della filosofia, quale forma, a servigio della fede; ma questa determinazione non è chiara nè esatta, giacchè, da una parte, una filosofia che fosse solamente formale, e, per conseguenza, mancasse di contenuto, non meriterebbe tal nome, e non si capirebbe come mai potesse riuscire mezzo alla fede religiosa ; dall'altra la storia della Chiesa ci fa noto come l'autorità religiosa abbia dichiarate eterodosse delle dottrine scolastiche professate da insigni Dottori nei due principali campi della speculazione medievale.

Altri ha poi creduto correggere la definizione cusiniana dicendo che la Scolastica è l'uso della filosofia nella discussione dei dommi della fede cristiana; però, anche così modificata, non soddisfa abbastanza, perchè confonde la Scolastica colla Patristica e col Gnosticismo eterodosso, giacchè tutti i Padri della Chiesa ed i Gnostici. così quelli dualisti, come gli altri idealisti, si sono valuti della filosofia per istabilire il valore dei dommi religiosi.

Se non che il Cousin non ha avvertito come tutta la filosofia scolastica si aggiri intorno la quistione agitata tra i Nominali ed i Reali, proveniente dal problema che il neoplatonico Porfirio aveva già posto e lasciato irresoluto; nè a lui è caduto in mente che la religione cristiana, siccome quella che è in supremo grado riflessa, non annovera fra gli articoli di fede alcun concetto il quale non collimi colla tradizione filosofica della

più remota antichità. Aduuque la definizione di Cousin va abbandonata.

Ma ora si domanda: è ella possibile una formola che rappresenti il carattere proprio della filosofia scolastica? A fine di rispondere a questa domanda occorre anzitutto notare che la Scolastica, come qualsivoglia altro gruppo maggiore della filosofia postcristiana, partecipi del carattere generale della speculazione filosofica moderna, quantunque si trovi ancora congiunta, per mezzo di non tenue filo, alla filosofia antica, e massimamente alle dottrine peripatetiche.

Noi sappiamo che la filosofia postcristiana si distingue da quella antecristiana per ciò che muove dal domma religioso, cioè dalla scienza esoterica, meritamente riconosciuta oggidì qual sapienza universale, fatta essoterica dall'Ideale cristiano teoretico e pratico divulgato, e che cerca convertirlo in teorema scientifico; laddove la speculazione greca era indipendente affatto dalla religione dei Gentili, a motivo che la forma di questa era tanto abusata dalla fantasia del volgo e dall'elaborazione immaginosa dei poeti che non rispondeva guari alla tradizione, ed i filosofi, quali Pitagora, Platone, e lo stesso Aristotele, che erano più o meno iniziati ai Misteri, non potevano nel loro insegnamento ordinario sollevare senza pericolo i veli, nella guisa che adoperavano in quello acroamatico a pochissimi eletti impartito.

Tuttavia abbiamo dovuto anche osservare che nella stessa filosofia postcristiana si danno due correnti, ad onta del punto comune di partenza, delle quali l'una

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