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Forse infiniti altri universi, che formano assieme un organismo gigantesco, una volontà soprannaturale, Iddio.

Fuori dell'atomo v'è l'umanità, che è per lui l'infinito ignoto. E ciò che questa non potè ancor fare, il penetrare in quest'atomo, lo potrà forse un giorno. Allora la definizione dell'atomo non reggera più, e per la chimica, che decomporrà l'atomo, questo non sarà più l'attuale chiuso inaccessibile alla volontà dell'uomo; vi entrerà un volere trascendente, sovra atomico.

L'amore, il sentimento del dovere e della giustizia sarebbero le « dolci ed austere voci » interiori, che ci danno contezza di Dio.

Il bello, come il fiore ne' vegetali, è quello che ci rappresenta l'istinto della conservazione della specie, l'altruismo, opposto alla coscienza individuale, egoistica dell'animale; è quello che compendia la selezione naturale, per cui s'intravvede il legame, il passaggio dell'unita inferiore alla superiore dell'uomo, alla società.

Tutti noi siamo uno dei milioni di poveri « fellah », che lavorano le piramidi, ciecamente, obbedendo ad un volere sovrano. «Le résultat c'est la pyramide. L'ouvre est anonyme, mais elle dure; chacun des ouvriers vit en elle. >>

Conchiude : « L'existence d'une conscience supérieure de l'univers est bien plus probable que l'immortalitë individuelle. Nous n'avons d'autre fondement à nos espérances à cet egard que la grande presomption de la bonté de l'être suprême. Tout lui sera un jour possible. Espérons qu'alors il voudra être juste, et qu'il rendra à ceux qui auront contribué a triompher du bien le sentiment et la vie...... »

«Toute injustice alors sera réparée, toute larme sechée.

« Absterget Deus omnem lacrymam ab oculis corum »

« La réligion rentre ainsi dans le cas de ces nombreuses hypothèses telles que l'éther, le fluides électriques, lumineux, caloriques, nerveux, l'atome lui-même, que nous savons bien n'être que des symboles, des moyens commodes pour expliquer ses phénomènes, et que nous maintenons tout de même.... »

« On a coutume de présenter ces grands dogmes consolateurs. Dieu et l'immortalité, comme des postulats de la vie morale de l'humanité; et certes on a raison à beaucoup d'égards. Agir pour Dieu, agir en présence de Dieu, sont des conceptions nécessaires de la vie vertueuse. »>

II.

Questo il lavoro, bello, magistrale, smagliante per quella splendidezza di forma, che é propria del Renan.

Non che non vi si trovino delle inesattezze. Ne noto alcune a volo.

Sta bene distinguere varf gradi d'infinità: come p. es. una superficie è l'infinità per una linea, e questa è l'infinito per un punto; noi in confronto agli atomi siam l'infinito, come l'universo per noi. Ma con questo primo infinito sopra di noi non siamo ancora arrivati a Dio: giacchè per la stessa formola citata dall'autore quod gratis asseritur gratis negatur, non vi ha motivo di arrestare qui questa successione d'infiniti di gradi via via sempre maggiori.

Questi infiniti son sempre relativi l'un l'altro; sono cause sempre più elevate. Ma, per definizione Dio è la causa ultima, è l'infinito assoiuto; cioè l'infinito di grado infinitɔ. Il Renan accenna ancora alla possibilità di uno spazio polidimensionale (mi si permetta l'espressione). Ma anche allora s'incorre nella medesima obbiezione. Ed accettando la bizzarra ipotesi della quarta dimensione proposta dallo Zöllner, niente impedisce di ammetterne una quinta, una sesta e così via, ricorrendo alla prova, usata nelle matematiche, dal caso n al caso n + 1.

Come il concetto dell'infinitamente grande é dedotto dall'astronomia, così si cavò dalla chimica il concetto dell'infinitamente piccolo. Queste applicazioni di scienze matematico-naturali alla filosofia, che danno una tinta esperimentale a questa scienza, sono ora di moda. Ricordo le belle pagine scritte su questi argomenti dall'Ardigò nella sua Psicologia.

Ma tornando al tema, d'altra parte anche l'atomo, se per noi è infi nitamente piccolo, per gli esseri rinchiusi dallo stesso è infinitamente grande. Per arrivare al vero atomo che scomparisce nel nulla, bisogna immaginare un infinito numero di regressi, di rientramenti dell'atomo in se stesso. Ed allora appena arriviamo al concetto diametralmente opposto dell'infinito, dell'Ente; cioè al concetto del nulla, del Niente.

Da questi due poli scaturisce il finito come il prodotto dell'un nell'altro.

Volendo usare, come fa il Renan, la scrittura matematica, si avrebbe la formola: 0. ∞ = &

dove a significa una quantità finita.

E vorrebbe dire che il Nulla, l'esistenza potenziale, produce l'esistente, moltiplicandosi infinite volte per sè; oppure che l'infinito cava dal nulla il finito. Locchè infine non è altro se non la formola ideale del Gioberti : L'Ente crea l'esistente.

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den psychologischen Ursprung des Vulgärglaubens an die Aussenwelt. Halle a. S. 1889.

La scuola scozzese e la inglese hanno avuto grandi meriti per gli studi psicologici riguardo al problema della conoscenza e li hanno an

cora.

Attualmente vi sono colà tre correnti filosofiche, diverse nel giudicare la realtà del mondo esteriore.

Il Prof. John Grote (nelle sue Exploratio philosophie, ed il Ferrier(Institutes of metaphysic) la negano. Ed in ciò possono considerarsi come i veri continuatori di Berkeley.

Di fronte a questi sta la scuola dei così detti common-sense philosophes. Essi, basandosi appunto sul comune senso pratico, considerano la credenza nella realtà delle materie come un dato originario, un fatto necessario della coscienza (Bailey: Letters on the philosophy of the human mind. Hamilton: Discussion on philosophy etc. Così: An eramination of Mr. J. S. Mill's philosophy being a defence of fundamental truth ed altri).

In mezzo, attenendosi allo scetticismo moderato di Hume, stanno il Brown (Lecture on the philosophy of the human mind) ed il Mill (An examination of Sir Wiliam Hamilton's philosophy etc.) che, propugnando la relatività della conoscenza umana, credono di poter ricon durre il fatto della fede intuitiva nel mondo esteriore a certi principi più generali, togliendo così alle stesse la nota dell'originarietà, e riducendola da una facoltà innata ad una acquisita.

Questa breve esposizione dello stato di cose l'ho fatta perchè l'Autore dell'opuscolo non fu in ciò molto diligente, avendo considerato soltanto le due ultime scuole.

Le dottrine del Mill son troppo note per ricordarle in questo punto. L'Autore le esamina, nella prima parte del suo lavoro, in quanto si oppongono a quelle di Hamilton. Quest'analisi è fatta bene e fa rilevare

assai finamente i quattro postulati

due soggettivi e due oggettivi

su i quali poggia la teoria del moderno filosofo inglese.

Nella seconda parte (critica) conclude dicendo che il merito del Mill è negativo; sta nell'aver sollevato il dubbio sull'apriorità ed irreduttibilità delle credenze del fuori di noi affermate da Hamilton, e nell'aver tentato di decomporle.

Ma nel porre la realtà come possibilità permanente dellé sensazioni, fa d'uopo aggiungere ancora un elemento eterogeneo per arrivare alla sostanzialità. È qui il punto debole della definizione.

L'Autore confronta poi questa spiegazione con quella data da alcuni altri filosofi passati e presenti. Ma lo fa imperfettamente, e non era cosa necessaria. Perchè, o si elabora uno studio più vasto ed allora si guarda lo svolgimento della soluzione di questo problema capitale in tutta la filosofia; o pure, se si vuole, si limita alla spiegazione inglese. Ma l'Autore, che mostra in questo l'immaturità del giudizio del principiante non fece nè l'una nè l'altra cosa.

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ALBINO NAGY.

The Cheltenham Ladies' College Magazine. N. XX. Autumn 1889. London.

È un fascicolo che pubblica questa Società, diretta da vart anni dalla benemerita Miss Crawley, e, precisamente, per il secondo semestre di quest'anno.

Contiene tutto lavori di scrittrici: alcuni interessanti, fra i quali tre articoli sul recente Congresso Internazionale per l'educazione superiore, media ed inferiore tenuto a Parigi (nell'agosto); varie poesie, di cui una in francese di M.me Amagnac ed una molto bella di Bertha Synge intitolata « Perfect through suffering » spirante quella delicata sentimentalità, quella vaporosa mitezza d'animo, che hanno le buone signore inglesi.

Altre cose mi paiono invece strane o, per lo meno, fuori di posto; p. es. certe annotazioni fatte da Ethel Patchell su di una lettura intorno Platone tenuta al Collegio Keble di Oxford dal sig. W. H. Faibrother, che è una cosetta assai semplice: appunti su argomenti notissimi.

Vi è poi il resoconto del Segretario generale della Società (Lucy Ashley Smith) e varie pagine di cronaca, che provano come in Inghilterra, e altrove, l'emancipazione scientifica e letteraria della donna progredisca. A. N.

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NOTIZIE

Concorsi a Cattedre di Filosofia.

Nel recente concorso alla Cattedra di Storia della Filosofia vacante a Pavia riuscirono eleggibili il prof. Luigi Credaro, il prof. Giovanni Cesca, il prof. Sante Ferrari. La Cattedra fu attribuita al primo. Gli altri due riportarono pure splendide votazioni.

Università di Roma. Il discorso inaugurale fu pronunciato dal Prof. Pucci, prof. di Geodesia. Il tema era scientifico e filosofico, e cioè: Le intuizioni e le sintesi della Scienza. Il valente matematico ne trattò in modo brillantissimo dimostrando come dalle intuizioni gli scienziati si elevino con lunghe e pazienti analisi alle sintesi, e da queste, ossia dalle teorie particolari, alle sintesi universali e ai sistemi filosofici; mostrò quanta poesia e idealità ci sia in questi risultati elevatissimi del lavoro scientifico, ma come in pari tempo siano soggetti a trasformarsi e a cedere il posto a nuovi sistemi resi necessari da nuove intuizioni e nuove analisi. Il progresso intellettuale connesso col progresso morale e materiale lo richiede, e del resto non si ottiene senza entusiasmo, senza un grande amore alla scienza per la scienza. L'intuizione e il sentimento che a questo amore si accompagnano e suscitano la fede e la giusta ambizione per la conquista del vero, differiscono dalla dimostrazione che ne assicura il possesso, ma il loro ufficio non è perciò meno importante; imperocchè se si eccettuano le matematiche, le altre scienze, non escluse le più positive, abbondano in difficoltà, contrasti e problemi il cui numero cresce in proporzione delle scoperte fatte, e finalmente la maggior parte dei principii, dai quali muove il sapere, riposano sopra l'intuizione e la fede.

L'oratore, mentre ha vivamente raccomandato l'entusiasmo per l'ideale, non ha dimenticato di lodare lo spirito critico e di mettere in guardia contro le illusioni dei facili e precipitati Dogmatismi dei quali non solo la filosofia, ma la scienza positiva stessa ci ha dato numerosi e dannosi esempi.

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