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(4109)

Dalle ire dei critici al riso di Dante. (Ne Il Marzocco, XIV, 27).

Rassegna rapida d'alcuni recenti libri danteschi; e cioè, di libri del Vossler, del Filomusi-Guelfi, del Sannia, di cui cfr. i ni. 3975, 4189 e 4240 di questo Bull. (4110)

--Il conte Ugolino e... l'ombra di Stefano Talice di Ricaldone. (Ne Il Marzocco, XV, 1).

A proposito di un'articoletto del Ragghianti (cfr. il no. 4150 di questo Bull.) in cui è citato, come un'autorità in fatto di cose dantesche, il commento del Rical done, che, come è oramai a tutti noto, non esiste. Le chiose che vanno sotto il nome di lui, e che furono publicate, a spese di S. M. il Re, dal Promis e dal Negroni, non sono altro che una seconda forma del commento di Benvenuto, di cui il buon Talice fu solamente il trascrittore.

-

(4111)

La fortuna di Dante e la riabilitazione di frate Ilario. (Ne Il Marzocco, XV, 15). A proposito dell'arguto libro di V. Biagi (cfr. i ni. 3854 << d'ora e 3857 di questo Bull.); il P. nota tra altro che innanzi bisognerà senza dubbio riflettere a lungo sugli argomenti ivi addotti, « prima d'indursi ad un responso definitivo ».

(4112)

Dante in un nuovo libro francese. (Ne Il Marzocco, XIII, 30).

A proposito del vol. di Pierre Gauthiez, Dante (Parigi, 1908) di cui cfr. il no. 3738 di questo Bull. Il P. ne mette in evidenza gli incontrastabili pregi, affermando che il valore di quest' opera non sta, e non si deve quindi cercare, nella ricerca o nella rappresentazione storica, certamente difettosissima, bensí piuttosto nel suo entusiasmo per la poesia dantesca. Cfr. i ni. 3931, 4154, 4224 di questo Bull.

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La famiglia Fontana e gli antenati di Dante. (In Riv. araldica, VIII, 5).

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(4116)

Dante mago.

PASSERINI GIUSEPPE LANDO.
(Ne La Tribuna, 11 maggio 1910).

A proposito di una publicazione di Robert Michel intorno ai noti documenti vaticani del processo contro Matteo e Galeazzo Visconti, accusati di sortilegi a danno del papa Giovanni XXII. Cfr. i ni. 3935, 3937, 3961 e 3976. (4117)

Una edizione monumentale del Messale romano. (Nel Corr. d'It., 7 giugno, 1910).

Si parla anche delle illustrazioni dantesche di Attilio Razzolini. Cfr. il n. 4059 di questo Bull.

Cfr. il no. 3817.

(4118)

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N. Antol., 1 febr. 1910).

Dell' amore di Cino, con frequenti ravvicinamenti all'amore di Dante. (4124)

PETRUCCI ADOLFO. Dante che parla. (Ne La Ragione, 19 ott. 1910).

A proposito del Dante di Andrea de Ritis, un libro

< di rappresentazioni storiche, di scene e di quadri entro i quali si muove la figura del divino poeta e la vita de' suoi tempi >>. (4125)

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(In Coenobium, gen. 1910).

Ribatte alcune affermazioni contenute nell'articolo Pagine scelte di A. Suares (no. 4217 di questo Bull.) publicato nel Coenobium dell'ottobre 1909. (4134)

POZZI EMILIO. L'accenno a Ceprano nella Divina Commedia ». (Giorn. st. d. Lett. it., LVII, 303).

I vv. 16-17 del XXVIII Inf. non alludono ad alcun altro fatto vero o tradizionale che non sia la battaglia di Benevento e la sconfitta di Manfredi; ciò che ci mostra quale concetto avesse D. intorno alle vittorie di Carlo, che egli ritenne ottenute, piuttosto che per abilità e valentía, per forza di tradimento e favor di fortuna. (4135)

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PROTO ENRICO. Il proemio del « Convivio ». (In Giorn. st. d. Lett. it., LV, 57).

Studia le fonti dottrinali del proemio del Convivio, e dimostra cosí che D. ne attingeva particolarmente e principalmente i concetti ad una fonte dottrinale, per lui e per noi di grande importanza; la quale, come quasi sempre, anche questa volta è il buono Fra Tommaso d'Aquino. (4141)

Di una citazione dantesca nella « Vita nova » e nel « Convivio », (In Fanf. d. dom., XXXI, 42).

Intorno all' uso fatto dal Poeta del commento tomistico ad opere di Aristotele. (4142)

L'apostrofe alle donne nella canzone « Nelle nozze della sorella Paolina ». (Nella Rassegna crit. d. Lett. it., XIV, fasc. 5-6).

Tra altro accenna alla probabilità che il Leopardi traesse il concetto dell' apostrofe dalla canzone dantesca: Doglia mi reca. (4143)

(4144)

La ragione filosofica di una similitudine dantesca. (Nel Fanf. d. dom., XXXI, 21). A Purg., XXVI, 106-111. PROVENZAL DINO. Il divino canevaccio. (In Nuovi doveri, IV, 75).

Intorno al curioso modo d' insegnar Dante ne' licei: dialogo fra un professore anziano e un professore novellino, dove, scherzando, si dicono molte cose pur troppo vere. Ma a chi e a che giova?.... (4145)

PUCCIANTI GIUSEPPE.

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tologia compilata, tradotta e annotata. Firenze,

Successori Le Monnier, 1909, in-16°, pp. (2)- | RAULIN J. M. « Dante » de Pierre Gauthiez. XIV-205-(3).

Il compilatore e traduttore di questo aureo libretto non si dimentica i suoi studii danteschi, il suo culto intelligente e operoso pel maggior padre della gente nostra: per modo che non vi è passo degli Evangeli che trovi riscontro nel Poema, e che sia accolto in questa antologia, senza che il Puccianti non lo raccosti al relativo passo dantesco e debitamente lo illustri. Né mancano vere e proprie noterelle dantesche, qua e là: come quella (pagg. 46-47) a proposito de' vv. 1-4 del XXI di Purg., e 115-117 del IV di Par., quella (pagg. 95-96) intorno a L'invidia nel ‹ Purgatorio », a proposito de' vv..52-72 e 109-111 del XIII di Purg., e quella (pagg. 128-129) intorno a' vv. 109-126 del XXIII d'Inf. (4146) PUGLIESE FILIPPO. La critica e Dante. (Ne La Vita, 29 luglio 1909).

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Fra balze e gironi. (Nella Vita letter., dec. 1909).

L'opuscolo del Guerri Di alcuni versi dotti nella « Divina Commedia (Città di Castello, 1908) e quello del Guercio, Di alcuni rapporti tra le visioni medievali e la « Divina Commedia », (Roma, 1909) gli danno modo di fare uno sfogo contro il Dante mummificato e roso dal tempo > dei vecchi studiosi, è un appello a' giovani perché lavorando <con l'anima più che con la testa fredda e ponderatamente calcolatrice » mirino sempre di pieno viso il loro ‹ Dante, vivente, non come imagine sbiadita riflettentesi in uno specchio scialbo, come il viso di un malato ». (!) RABIZZANI GIOVANNI.

(4148) Pagine di critica letteraria. Pistoia, D. Pagnini, 1910, in-8°,

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(In Marches de l'Est, 309).

Lungo articolo, a proposito del noto libro del Gauthiez. Cfr. i ni. 3931, 4113 e 4224 di questo Bull. (4154) RAZZOLI MAURIZIO. La vera selva di Dante e posizione dell'Inferno». (In Luce e Amore, III, 1089).

RAZZOLINI ATTILIO.

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(4155)

- Cfr. i ni. 4059 e 4118.

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READE W. H. V. The moral system of Dante's « Inferno ». Oxford, at the Clarendon Press, 1909, in-8°, pp. 445-(1).

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(4156)

RENIER RODOLFO. L'ultimo libro di Arturo
Farinelli. (In Fanf. d. dom., XXX, 51).

Del Dante e la Francia dall' età media al sec. di Vol-
taire, Milano, 1908; di cui cfr. Giorn. dant., XVII, 295.
(4157)

Svaghi critici. Bari, Laterza, 1910, in-16°.
(4158)

Tra altro Gaia di Gherardo da Camino.
RIBERA ALMERICO.

Guido Cavalcanti. Mo

dena, A. F. Formiggini editore (G. Ferraguti e C., tipografi, 1911, in-16o, pp. 76-(2), con ritr.

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(4150)

RICCI CORRADO.

RAJNA PIO. Il primo capitolo del trattato

« De vulgari Eloquentia ». (Nella Misc. Hortis. Trieste, 1910).

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(4161)

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RIGHETTI LUIGI. (4151) Ancóra sul Canto XI del(Ne Il Marl'« Inferno » di Dante. Firenze, Stab. tipografico E. Ducci, 1910, in-8°, pp. 30.

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Contro R. Benini (cfr. il no. 3848 di questo Bull.) torna con nuovi argomenti ad insistere nella affermazione che D. dovette seguire la opinione che Cristo morisse il 25 di mar. del 35 dell' era volgare. (4165)

Appunti sulla « Divina Commedia » nuovamente commentata da Francesco Torraca. Palermo, Stabilimento tipografico Verzí, 1908, in-8°, pp. 31-(1).

Osservazioni intorno a varii luoghi astronomici del Commento del Torraca, e precisamente Inf., 37-40; Purg., I, 19.21; 22-31; IX, 1-2; Par., I, 37-42; 43-47; VIII, 1-3; XXII, 128. (4166)

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Recens. nel Giorn, st. d. Lett. it., LIII, 390. (4169) RONCHETTI FERDINANDO. Nota dantesca. (Ne Il buon Consigliere, XVIII, 533). A proposito della Noterella noiosa del Federzoni, intorno al v. 82 del X Inf. Cfr. il no. 3967. (4170) Seconda nota dantesca. (Ne Il buon Consigliere, XVIII, 726).

(4171) Un sopraluogo » dantesco. (Ne L' Avv. d' It., 29 apr. 1900).

RONDANI ALBERTO.

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A proposito di una gita dei soci del Club alpino, Sezione Parma-Reggio al masso di Bismantova, e anche a proposito di uno scritto in cui il Del Lungo presentava a' lettori del Giorn. d'Italia (7 gen. 1910) la gentile figura di un giovine scienziato e patriota, Cesare Bertagnini, e ne riferiva le impressioni ricevute da lui, passando l'Apennino e visitando Bismantova, il R. conferma la sua opinione favorevole alla lezione Montasi su Bismantova e in Cacume (Purg., IV, 26) pur contro alla opinione del Del Lungo

(cfr. il no. 3950 di questo Bull.). Aggiunge anzi che il Del Lungo dovrà certamente ricredersi, se vorrà procedere rigorosamente nel suo raffronto tra il masso di Bismantova e il monte del Purgatorio; se vorrà considerare le relazioni di misura tra la base del Purgatorio e la spianata che nell' alto lo termina e che ha un cosí breve raggio da non poter alterare, nella massa generale del monte, la forma di cono, tronco se si vuole, ma cosí poco da potersi chiamar cacume la sua parte superiore; ciò che non si potrà dir mai di Bismantova, che è, come ha scritto anche il Del Lungo copiando la lettera del Bertagnini, « un monte da quasi tutte le parti tagliato a picco » e che ha « sulla sommità un gran prato di circa un miglio di circuito ». RONZONI DOMENICO. << Paradiso » dantesco. XXXI, 7).

(4172)

I due Paradisi nel (Nel Fanf. d. dom.,

Prendendo le mosse da un' osservazione del Parodi (Bull. d. Soc. dant. ital., XV, fasc. 3 e Fanf. d. dom., 5 dec. 1908) torna a sostenere che nella seconda Cantica si contengono due descrizioni del Paradiso, uno imaginario o poetico, l'altro reale o teologico. Il primo è una « visio supermundana imaginaria», nella quale al Poeta son mostrati i beati, Maria, Cristo, gli Angeli e Dio come << gente sotto larva » : una larva più o meno luminosa, luci, faville, giri di fiamme, punti divinamente raggianti. Quando poi Dante entra nell'Empireo, allora le fasce luminose cadono, e il Poeta vede << ambo le corti del ciel manifeste » e fin nella profonda e chiara sussistenza dell' alto lume della Trinità egli scorge << pinta la nostra effige ». Qui gli ombriferi prefazii > fanno veramente luogo alla realtà, qui la visione imaginaria cade dinnanzi alla visione intellettuale. Né è a dire che nella attuazione poetica delle leggi che l'ascetica cristiana aveva fissato alla contemplazione, non si trovi la ragione artistica dei due Paradisi: anzi, in que' punti pare al R. che anche si trovi la ragion d'essere di varii episodi e di varie scene, onde la descrizione de' due Paradisi è frammezzata e abbellita. Dante è trasumanato dallo sguardo di Beatrice si che il suo occhio è avvalorato alla visione imaginaria; poi, dopo il triplice esame sulle virtú teologali, il raggio degli occhi della Donnafuga ogni quisquilia › dagli occhi di lui, ed egli può godere visioni fantastiche nuove e più alte. Finalmente la gronda delle sue palpebre beve al fiume fulgido di fulgori», e, allora, l'ordine sublime delle visioni intellettuali si schiude. Ora, se a cosiffatte poetiche fantasie rispondono esattamente altrettante leggi di asceti e di teologi, non deve parere strano che si possa spiegar cosí la struttura della terza Cantica. In questo modo non pur la doppia figurazione dei Paradisi ma anche i piú minuti episodii trovano, anzi una causa adeguata, la sproporzione tra le parti sparisce, la lor connessione si fa piú salda e l'occulta ragione artistica non si riduce a una puerile indicazione di simmetrie materiali non esistenti, ma sta nel colorimento e nella attuazione di precetti ascetici che un tempo erano tenuti in conto di altissime speculazioni. Cosí soltanto la struttura della terza Cantica apparisce mirabilmente organica e degna della mente di Dante. Cfr. il no. 4192 di questo Bull. (4173)

Sfera celestial o « spiritual? » (In Luce e Amore, II, 154).

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RUSSO VINCENZO.

(4179)

Note di letteratura e d'arte. Catania, N. Giannotta, editore, 1910, in-16o. Contiene tra altro: La fama di Folco di Marsiglia e la fine del mondo; Questioni dantesche (tratta di argomenti cosmografici, disputando coll' Angelitti è col Boffito); Cose dell' altro mondo (strano titolo, sotto il quale si trattano questioni di topografia dell' Inferno e del Purgatorio); La personalità artistica di Beatrice nella « D. C. »; Un pittore danto filo del sec. XVI (Gio. P. Lomazzo, che in un suo Trattato dell' arte della pittura parla di D. a proposito del modo da seguirsi da' dipintori per rappresentare i trapassati); Il giubileo di Bonifacio VIII e Guido da Montefeltro (contro il D' Ovidio sostiene la base storica o almen leggendaria dell'accusa dantesca contro Guido).

S.

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Il vol. II. Il I non fu mai publicato. Recens. di
K. Vossler, in Ltbl. f. Germ. u. Rom. Phil., 1908, no 1.
Cfr. il no. 4078.
(4190)

SANTI VENCESLAO. (4180)

Per la tomba di Dante. (Nel Secolo, 19 sett. 1910).

Risponde, sensatamente, a una lettera dell'avv. E. Valdata, direttore della rivista I Tribunali, diretta al Corr. d. Sera (cfr. il no. 4234 di questo Bull.) dimostrando la inopportunità della proposta del V. e la convenienza di lasciare in pace i resti mortali del Poeta nell' umile sacello di Ra

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M. A. Parenti e Pietro

Fanfani. (In Ombre sul monte, 1908). Corrispondenza tra il Fanfani e il Parenti. Tra altro è curioso notare che le Osservazioni del F. sopra alcuni luoghi di D., inserite nelle Memorie di religione, di morale e di letteratura del P. avessero, in origine, la strana intitolazione culinaria di Alcune rigaglie da aggiungere al gran pasticcio dei commenti danteschi. (4191) SAPPA MERCURINO.

Ancóra dei due Paradisi nel « Paradiso » dantesco. (Nel Fanf. d. dom., XXXI, II).

Si oppone alla strana idea espressa, sebben con intendimenti diversi, dal Parodi e dal Ronzoni, nel Fanfulla della domenica (XXX, 1-7 e XXXI, 7; 4173) per dichiarare che la sola divisione ragionevole, benché anch'essa puramente allegorica, nella Rosa celeste è quella fatta dal Poeta stesso fra le anime dell'antico e quelle del nuovo Testamento, e fra gli adulti e i pargoli, com'è parimente ragionevole ch'egli abbia accennato ai più sommi spiriti occupanti i seggi più alti. « Questo.... il vero e l'unico Paradiso; nei nove cieli sottostanti non abbiamo che una preparazione al medesimo, un acconto, per cosí dire, del Regno santo, acciocché fosse più accessibile alla mente umana e il voler scindere in due l'unità di questa mera

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