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Tutti gridavano: A Filippo Argenti!' E'l fiorentino spirito bizzarro in sé medesmo si volvea co' denti.

contro un malfattore che, còlto in flagrante, cerchi con la fuga o altrimenti di porsi in salvo. ¶ bizzarro: iroso, sempre acceso di sdegno, crucciato contro sé e contro gli altri. ¶ in sé medesmo: mordeva sé, non potendo sfogarsi sopra altri. ¶ un duolo: un lamento di dolore. ¶sbarro: spalanco, per veder meglio. ¶ la città: cioè il luogo ove Dite sta e governa, nella parte inferiore dell' Inferno. Si oppone alla città di Dio, ricordata già da Vergilio (I, 126) e prende nome da Satana chiamato anche da Dante Dite in più luoghi (cfr. Inf., XII, 39; XXXIV, 20, ecc.). ¶ gravi: oppressi da pesanti e dolorosi supplizi. ¶grande stuolo: moltitudine di cittadini. meschite: moschee. Gli edifici piú alti della città dolorosa, che Dante vede di lontano, e paragona ai templi dei Maomettani. ¶ certo: molto bene e chiaramente. cerno: discerno, scorgo. ¶vermiglie: rosseggianti, come fossero roventi.

Quivi il lasciammo, ché piú non ne narro; ma ne le orecchie mi percosse un duolo, per ch' io, avanti, intento, l'occhio sbarro.

Lo buon Maestro disse: Omai, figliuolo, s'appressa la città che ha nome Dite, co' gravi cittadin, col grande stuolo'.

Et io: Maestro, già le sue meschite là entro certo ne la valle cerno vermiglie, vermiglie, come se di fuoco uscite,

fossero'. Et ei mi disse: Il fuoco eterno, ch'entro le affuoca, le dimostra rosse, come tu vedi in questo basso Inferno'.

Noi pur giugnemmo dentro a l'alte fosse che vallan quella terra sconsolata : le mura mi parean che ferro fosse.

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Non sanza prima far grande aggirata, venimmo in parte dove il nocchier forte 'Uscite !' ci gridò; 'qui è l'entrata '.

le affuoca: le scalda. le dimostra: le fa parere rosse, pel riverbero acceso del fuoco eterno. basso Inferno: gli ultimi quattro cerchi dove son costretti coloro che peccaron di malizia e di bestialità: laddove nei primi cinque, cioè nell'alto Inferno, stanno quelli che peccarono di incontinenza. ¶ vallan: da vallo, fossato che accerchiava le castella a riparo: cerchian. ¶ le mura: della città di Dite. Nella Eneida, VI, 548: 'Respicit Aeneas: subito et sub rupe sinistra Moenia lato videt, triplici circumdata muro; Quae rapidus flammis ambit torrentibus amnis Tartareus Phlegeton, torquetque sonantia saxa. Porta adversa, ingens, solidoque adamante columnae, Vis ut nulla virum, non ipsi excindere ferro, Coelicolae valeant. Stat ferrea turris ad auras; Tisiphoneque sedens, palla succincta cruenta, Vestibulum exsomnis servat noctesque diesque. Hinc exaudiri gemitus, et saeva Verbera: tum stridor ferri, tractaeque catenae.' fosse: fossero. Le mura mi apparivano come materiate di ferro, ¶grande aggirata: la barca di Flegias dovette fare un larghissimo giro pel fossato in torno in torno alle mura, prima di giungere alla porta, cioè al luogo che dà passaggio a chi deve entrare nella città. Uscite: sbarcate. ¶ più di mille: cioè, un numero assai grande di anime affollarsi sul sogliar della porta, per cercar di sbarrare il passo a Dante. Cfr. Inf., V, 67. ¶ da' ciel piovuti: precipitati dall'alto. Allude alla schiera degli angeli superbi, caduti qui dai cieli, a tempo della ribellione di Lucifero. ¶stizzosamente: con rabbia accanita e bizzosa. ¶ sanza morte: senza alcuna morte: né la corporale, né la spirituale. ¶ segretamente: lo Scartazzini: poiché pareva fossero sdegnati solamente della venuta di Dante e non di quella di Virgilio, questi spera placarli più facilmente, trattando con loro in segreto.

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Io vidi più di mille in su le porte da' ciel piovuti, che stizzosamente dicean Chi è costui che sanza morte

va per lo regno de la morta gente?' E il savio mio Maestro fece segno di voler lor parlar segretamente.

Allor chiusero un poco il gran disdegno, e disser: 'Vien tu solo, e quei sen vada, che sí ardito entrò per questo regno:

Allor: al segno di Vergilio; il quale, come accorto e savio, aveva d'un tratto, consultando sé stesso, creduto di sapere scegliere il meglior mezzo per placar l'ira di quelle anime furenti. chiusero un poco: abbassarono, raffrenarono, in attesa: quasi pensando: che vorrà dirci costui? E a questa momentanea tregua del lor disdegno anche traeva quelle anime piovute dai cieli la cu

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riosità di saper come, perché e a che un vivo si aggirasse tra la morta gente. ¶ Vien tu solo: cioé, tu che se' come noi semplice ombra. ¶sen vada: poiché, quell'intruso, nulla ha da fare qui. ¶ folle strada: la via pazzamente tentata. ¶provi, se sa: sia cosí ardito nel tornare, come fu nel venire: paghi il fio della sua follía. ¶ qui rimarrai: resterai tu con noi. nel suon: a sentire ciò che suonavano le parole diaboliche. ¶ ritornarci: cioè, rifare in dietro la folle strada, uscendo salvo dal luogo dove ora si trovava. ¶ sette volte: pone qui, come altrove (cfr. Inf., V, 67; VIII, 82), il numero determinato per l' indeterminato,

e vuol dire che Vergilio piú e più volte l'aveva già tolto d'impaccio. ¶ disfatto: sconvolto per la paura. ¶ ritroviam l'orme: torniamo súbito, insieme, sui nostri passi. ¶ratto: rapidamente, senza perdere tempo. ¶ passo: passaggio. E non intende qui solamente dell'entrata nella città di Dite, ma di tutto il viaggio per l'Inferno. ¶ da Tal: da tanto possente e invincibile volontà consentito. ¶lasso: affaticato e disfatto dalla paura. ¶ buona: sicura e salda. Bel verso! ¶ nel mondo basso: l'Inferno; anzi quella parte del regno infernale che comincia dalla città di Dite, innanzi alla quale sono già pervenuti i due Poeti.' Casini. Cfr. il v. 75. ¶ in forse: cioè, un po' ancor turbato per la minacciosa attitudine e le fiere e chiare parole degli sdegnati demonî, un po' consolato per le assicurazioni di Vergilio. ¶ sí e no: essendo nel dubbio se le parole consolatrici

non mi lasciar', diss' io, cosí disfatto; e se'l passar piú oltre c' è negato, ritroviam l'orme nostre insieme ratto '.

E quel Signor, che li m' avea menato, mi disse: Non temer; ché il nostro passo non ci può tôrre alcun; da Tal n'è dato !

Ma qui m'attendi, e lo spirito lasso conforta e ciba di speranza buona, ch' io non ti lascerò nel mondo basso '.

del dolce padre avranno o non avranno la conferma nel fatto. Riuscirà egli nella difficile impresa? Forse che sí, forse che no!' ¶ mi tenzona: cioè mi tenzonano: combattono l'un contro l'altro nel mio capo. ¶ quello: ciò che segretamente Vergilio disse ai diavoli. guari: molto, lungamente. Il colloquio fu anzi brevissimo. che ciascun: perché appena intesero le parole di Vergilio, ciascun demonio si ritrasse veloce dietro al riparo delle mura di Dite. a pruova: a gara; facendo, nel correre, a chi andava piú presto, con quell'affannarsi, e spingersi e levar delle gambe che è proprio di chi, minacciato da un pericolo urgente e invaso da pazzo timore, s'affretta a ripararsi. Chiuser le porte: entrati dentro, per sdegno e paura, i diavoli sbatterono in faccia a Vergilio i due battenti della porta infernale. ¶ avversari: i demonî. Avversario è chiamato propriamente Lucifero, come avverso e nemico di Dio: e qui lo speciale appellativo dato da Dante ai diavoli tanto piú pare opportuno, in quanto il loro atto villano contro Vergilio dovette esser appunto provocato dalla menzione da lui fatta della Divinità, per volere della quale era necessario il passaggio di Dante per la mal contrastata porta di Dite. ¶rari: lenti, tardi. ¶ Gli occhi: cfr. Vita nova, IX, 13. ¶rase: private della usata franchezza. ¶ ne' sospiri: insieme coi sospiri; parlava e sospirava. ¶ Chi: quasi dica: ora vedi da chi, da quali forze son combat

Cosí sen va, e quivi m' abbandona lo dolce Padre, et io rimango in forse; ché sí e no nel capo mi tenzona.

tuto! ¶ dolenti case: le case del dolore, dove piú aspro travaglio alberga. ¶ per ch' io: nonostante ch' io mi adiri. ¶ qual: qualunque sia la potenza che si oppone contro di noi. ¶ men segreta: men riposta. porta: la prima porta infernale, che, secondo la tradizione, fu negata anche a Cristo quando discese agli inferi con segno di vittoria coronato.' Cfr. Inf., IV, 54. ¶ sanza serrame: dacché il Redentore lo spezzò.

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Purgatorio. - Canto II.

Udir non pote' quello ch'a lor porse; ma ei non stette là con essi guari, che ciascun dentro, a pruova, si ricorse.

sour'essa: cfr. Inf., III, 1 e segg. morta: funesta e di colore oscuro. e già: ed è già passato per quella porta, ed ora procede verso di noi, attraversando i cerchi infernali senza bisogno di chi lo meni, un Tale per la cui virtú ci sarà liberato il passo di Dite. erta: discesa, rispetto al liberatore che veniva; salita, rispetto ai due Poeti che già si ritrovavano a valle. ¶ terra: città. Si ammiri con quanta verità e semplicità tutta la scena è qui rappresentata. All'avvicinarsi de' due pellegrini più di mille demonî si oppongono al loro ingresso dentro la città roggia: Dante se ne spaventa: il Maestro, come persona accorta, fa cenno di voler lor parlar segretamente.' I forsennati, a quel cenno, si acquetano un poco: ma è quiete apparente o passeggera: è la curiosità di sapere a che que' due svonosciuti vengono, che cosa cercano qui, quell'ombra e quel vivo che ad essa si accompagna. Né le minacce cessano per questo, contro il vivo: se ne vada intanto egli, che certamente qui non ha luogo per lui. Torni indietro, solo, se sa '!: e la nuova minaccia fa agghiacciare a Dante, già spaurito, ogni stilla di sangue entro le vene. Vergilio lo rassicura: Sta' tranquillo; nessuno può impedirci il passo, da Tal n'è dato.' Aspettami; sarò qui súbito: non ti abbandonerò. E se ne va in contro agli avversari' che lo aspettano minacciosi. Che cosa avverrà? Dante teme, solo e lontano, in una aspettazione angosciosa. Guarda, con l'occhio sbarrato, e tende l'orecchio, se mai qualche suono gli arrivi del dialogo fra i demonî e il Maestro: e nulla ne può cogliere. Ma se nulla ode, vede abbastanza per confermarsi ne' suoi sospetti e addoppiare il suo terrore. I demonî, dopo breve colloquio col Poeta, sbattono violentemente le porte di Dite sul petto del savio Duca. Par di sentirne il rimbombo, giú per l'Inferno cupo. L'atto selvaggio accresce la paura di Dante, ed è, inoltre, una offesa acerba a' suoi sentimenti di profonda e devota reverenza verso il Maestro. Nei versi 115 e 117 si ripete viva l'eco del suo dolore. Chiuser le porte al mio Signor che fuor rimase!' Egli, il Poeta dei poeti, egli, la fonte che spande sí largo fiume di eloquenza, egli, il davanti alla forza brutale de' piovuti dai ciel', a tornarsene in dietro, con gli occhi a terra' e con le ciglia rase d'ogni baldanza'! Triste, 'con passi rari', Dante vede avvicinarglisi il Maestro: e non dice, il Poeta nostro, con quanta

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Chiuser le porte que' nostri avversari nel petto al mio Signor che fuor rimase, e rivolsesi a me, con passi rari.

Gli occhi a la terra, e le ciglia avea rase d'ogni baldanza, e dicea ne' sospiri : 'Chi m' ha negate le dolenti case?

Et a me disse: Tu, per ch' io m' adiri, non sbigottir, ch' io vincerò la pruova, qual ch' a la difension dentro s' aggiri!

Questa lor tracotanza non è nuova, ché già l'usaro a men segreta porta, la qual sanza serrame ancor si truova;

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mar di tutto il senno', costretto a cedere dei reietti, dei reprobi, dei ribelli, costretto

trepidazione attendesse e accogliesse, impaurito e commosso, il reduce condottiero, nel quale ogni sua fede era riposta, ogni sua speranza accolta; ma lo indovina il lettore, ma lo dicono aperto le parole di Vergilio, che cerca dargli conforto. Non sbigottir' perch'io m'adiri'; ché io non temo coloro che mi si oppongono. Vincerò la prova, anche se Lucifero in persona verrà a impedirci l'entrata nella città del fuoco. E perché, nemmeno

sovr' essa vedestú la scritta morta : e già di qua da lei discende l' erta, passando per li cerchi sanza scorta,

Tal, che per lui ne fia la terra aperta'.

a queste parole, mostra Dante di assicurarsi, altre ne aggiunge piú efficaci e confortevoli. Non è cosa nuova la tracotanza dei demonî: ché a ben altri essi tentaron negare, non già la riposta porta di Dite, ma la gran porta dell' Inferno, rimasta da allora in poi

'sanza serrame'. E poi, a che gioverà tanta ira a quegli stizzosi, se già, oltre le soglie d' Inferno, si avvicina Tal, che per lui he fia la terra aperta'? Nella annunciazione un po' misteriosa di questo Messaggero si chiude il Canto: e l'animo del lettore riman sospeso, in attesa di qualche cosa maravigliosa e inaudita.

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'Paradiso". - Canto XVII.

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ual venne: la evocazione, fatta da Cacciaguida, della antica riposata vita fiorentina, in comparazione delle discordie presenti, richiama, per logica connessione di idee, il pensiero di Dante a ciò che altri gli aveva predetto, più o meno oscuramente, del corso della sua vita futura (cfr. Inf., X, 79 segg.; 121 segg.; XI, XV, 61 segg.; Purg., VIII, 133 segg.; 139 segg.). È vero che dopo il parlar nemico di Farinata, memore di quel che a lui aveva detto Vergilio (X, 130), il Poeta si aspettava di saper precisamente da Beatrice di sua vita il viaggio' ma poiché, sin qui, egli ha forse cercato invano la favorevole occasione d'aprir siffatto desiderio alla sua donna, e vedendosi al presente, nota il Biagioli,, - in cospetto di quel suo dolcissimo padre, che gli ispira tanta baldezza a parlare, si rinnovella in lui il desiderio di sapere qual sia per essere la sua fortuna '; onde è che, animato da Beatrice, senz'altro volge a Cacciaguida le sue domande. Climenè: allude alla favola di Fetonte (Inf., XVII, 107; Purg., IV, 72, ecc.) quando corse affannoso alla sua madre Climene per saper se Epafo, figliuolo di Giove, aveva detto il vero negando esser lui nato di Apollo. Cfr. Metam., I, 748 segg. La comparazione coglie l'ardore del desiderio e la veemenza della fiducia figliale'. Scartazzini. incontro: sfavorevolmente, contro a quel ch'egli avrebbe desiderato di udire, cioè di esser figliuolo del Dio. quei: cioè la fine miseranda di Fetonte, fulminato da Giove per aver mal guidato il carro solare che il padre suo gli aveva permesso di condurre. ¶ scarsi: difficili, circospetti a promettere e a con.

Qual venne a Climenè, per accertarsi di ciò ch' avea incontro a sé udito, quei ch' ancor fa i padri a' figli scarsi;

tale era io, e tale era sentito

e da Beatrice e da la santa lampa che pria per me avea mutato sito.

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Per che mia donna: Manda fuor la vampa del tuo disío', mi disse, 'sí ch' ell' esca segnata bene de la interna stampa;

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Giornale dantesco, anno XIX, quad. I.

non perché nostra conoscenza cresca per tuo parlare, ma perché t'ausi a dir la sete, sí che l' uom ti mesca!'

O cara piota mia, che sí t' insusi, che, come veggion le terrene menti non capere in triangolo due ottusi

cosí vedi le cose contingenti anzi che sieno in sé, mirando il Punto a cui tutti li tempi son presenti;

mentre ch' io era a Vergilio congiunto
su per lo monte che l'anime cura,
e discendendo nel mondo defunto,

détte mi fur di mia vita futura
parole
parole gravi, avvegna ch' io mi senta
ben tetragono ai colpi di ventura:

cedere. L'esempio di Fetonte dovrebbe ammonire i padri a non ceder facilmente a' desiderî degli incauti figliuoli. ¶ tale: cioè, pieno di uguale ansietà di conoscere il vero. ¶e tale: e questa mia ansietà era, senza bisogno di parole, manifesta a Beatrice e a 'la santa lampa ', alla luminosa anima di Cacciaguida, che già, per amor mio, avea mutato sito ', scendendo dal corno destro al piede della croce (Par., XV, 19 segg.). Manda fuor: parla sicuro e libero, manifestando tutto il tuo desiderio. Bella e viva e vigorosa imagine, per cui le parole volte a manifestare pensieri e desiderî ardenti lungamente e a stento trattenuti, erompono coll'impeto della fiamma, con l'ardore del fuoco che supera e strugge l'ostacolo onde era represso. segnata: impressa. Cfr. Purg., VIII, 82. non perché: le tue parole non gioveranno a noi che leggiamo nel tuo pensiero; sibbene a te, avvezzandoti a chiedere quando il desiderio t'incalza. C'è, in queste parole, una piccola punta di dolce rimprovero verso la eccessiva timidezza o riservatezza di Dante: onde il Poggiali: 'A chi sottilmente riguarda, pare che Beatrice punga il timido volere di Dante, che non osò aprirsi a lei prima: ché l'avrebbe soddisfatto'. ¶piota: zolla di terra erbosa: qui figuratamente, nel senso di radice, cespo. Altri intende nel senso che questa voce ha in Inf., XIX, 120; altri infine legge pianta. ¶ t'insusi: ti innalzi, ti levi siffattamente, da poter scorgere e conoscere, guardando in Dio, le cose future prima che esse accadano, come gli uomini che sanno di geometria comprendono che un triangolo non può contenere due angoli ottusi. capere: entrare, esser contenuto. È noto teorema geometrico, citato anche da Aristotele (Metafis., IX, 10) 'pel quale sappiamo che in ogni triangolo rettilineo la somma de' suoi angoli equivale a due retti; onde la conseguenza necessaria, che in esso non possono consistere due ottusi, altrimenti la somma di quelli sarebbe già maggiore di due retti'. Antonelli. ¶ contingenti: cfr. Par., XIII, 63. San Tommaso (Summa theol., I, 86, 3): contingens est quod potest esse, et non esse'. ¶ il Punto: Dio, che sa le cose presenti ugualmente come quelle future. ¶ lo monte: del Purgatorio. mondo defunto: l'Inferno, abitato da spiriti morti alla divina grazia: il regno de la morta gente', Inf., VIII, 85; la 'profonda.... notte.... de' veri morti ', Purg., XXIII, 121-122. ¶ détte mi fur: da Farinata, da ser Brunetto, da Vanni Fucci e da altri. gravi: con triste annunzio di futuro danno', Inf., XIII, 12. ¶ avvegna: intendi: le quali paurose parole, benché io sia ben temprato (tetragono') a' colpi dell'avversa fortuna, pur non udii senza una cotal pena dell'animo. Eran sempre,

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per che la voglia mia saría contenta d' intender qual fortuna mi s' appressa; ché saetta previsa vien piú lenta. '

Cosí diss' io a quella luce stessa che pria m' avea parlato; e, come volle Beatrice, fu la mia voglia confessa.

Né per ambage, in che la gente folle già s'inviscava, pria che fusse anciso l'Agnel di Dio che le peccata tolle,

ma per chiare parole e con preciso latin rispuose quell'amor paterno, chiuso e parvente del suo proprio riso:

'La contingenza, che fuor del quaderno de la vostra matera non si stende, tutta è dipinta nel cospetto eterno:

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