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Dante. Frutto, certamente, di lungo studio, questi libelli, - e li chiamiamo cosí, intendiamoci, nel buon senso antico e dantesco, sono per noi una prova di quanto anche un uomo di non comune ingegno e di varia cultura, possa talvolta impuntarsi a voler ad ogni costo correre una via senza sfondo, esponendosi, almeno, al pericolo di perdere invano il tempo, e di sciupar le forze che meglio e più utilmente per tutti potrebbero essere adoperate altrimenti. - Cfr. Giorn. dant., XVII, 154, e De Chiara, per il Canto XI dell'Inferno (Cosenza, 1908). (4569)

RONCHETTI FERDINANDO.

« Poca favilla gran fiamma seconda». (Ne Il buon Cons.,

Par., I, 34. A proposito della polemica che questo verso ha recentemente suscitato nel Picc. giorn. d'It., dove altri ha sostenuto «k'esso significhi a piccola favilla seguitare gran fiamma; altri: piccola favilla suscitar grande fiamma »; interpretazioni nelle quali il senso è sú per giú lo stesso, sol variando la sintassi, la quale ha pure la sua importanza. Il Ronchetti difende la interpretazione della maggior parte de' comentatatori, cioè la prima, però che D. mai non usa secondare per favorire, ma sempre in significati che sempre agevolmente si possono ridurre al proprio etimologico di seguire, secondo l'uso comune gli scrittori del Trecento, testimone anche il Petrarca: « Ed un gran vecchio il secondava appresso ».

SALMIN LUIGI.

(4570)

Curiosità bibliografiche. (Ne

La Prov. di Padova, XIV, 256).

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(4573)

Lagia e Guido et io ». Il « Guido», ricordato in questo sonetto, è Guido Orlandi, come pensarono il Bartoli e l'Ercole, e nel « ser costui » del secondo verso si deve riconoscere Lapo Gianni. Dalla sua corrispondenza con l'Orlandi e dal sonetto «S'io fossi quelli che d'amor son degno », risulterebbe che Guido ebbe relazione amorosa con monna Lagia: in questi versi volgerebbe all'Amore, a Lagia, all' Orlandi e finalmente a sé medesimo le sue grazie, per quel che ciascuno fece al fine di francar l'un l'altro da una passione che li avvilisce e che non può essere para. gonata con l'amore. Osserva il Flamini (Rass. bibl.d. Lett. it., XX, 335) che se tutto questo è imaginato con acume, non ha bensí altro fondamento che pura ipotesi. << Ben altra luce rischiarerebbe i sonetto di cui si tratta se nel Guido del primo e del dodicesimo verso fosse lecito scorger designato il Cavalcanti e nell' io Dante; se, in altri termini, fosse da restituire all'Alighieri questo sonetto che tanto somiglia nella movenza iniziale al famosissimo Guido, vorrei che tu e Lapo ed io!» Ma se sia di Guido o di Dante, è questione che solamente Michele Barbi potrà risolvere; egli che ha già espulso tal dubbio (cfr. BARBI, Un sonetto e una ballata d'amore, Fir., 1897), osservando come non sia impossibile che il son., sebben dato a D. dal solo cod. Marc. it., IX, 191, fosse diretto a Guido, e che in due mss. si facesse poi la solita confusione tra colui che manda e colui che ri

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[3798].

Recens. di E. G. P., nel Bull. d. Soc. dant. it., XIX (1912), 158.

TOSINI CASIMIRO.« Era già l'ora che volge il disio. Saluzzo, Cooperativa tipografica, 1902, in-8°, pp. 14-(2).

(4575)

TOYNBEE PAGET. « Anubis » or « a nubibus » in Dante's Letter to Henry VII. (In Bull. ital., XII, 1).

(4576)

Dante and the Badia di Firenze. (In Bull. itat., XI, 93).

(4577)

Dante's ballata « Per una ghirlandetta».

(4578)

Schema della « Divina

SHAW J. E. The sonnet of Guido Cavalcanti « Amore e monna Lagia ». (Negli (In Bull. ital., X, 93). Studies in honor of A. Marshall Elliott, p. 28).

Il sonetto attribuito al Cavalcanti «Amore e monna

VADALA PAOLO.

Commedia » di Dante Alighieri. Catania,

Niccolò Giannotta, editore, 1910, in-8°, pp. 102-(2) e tre tavole.

(4579)

VESCOVI ERMINIA. Le dottrine pedagogiche e la « Divina Commedia», Milano, Scuola tipo-lito. figli della Provvidenza, 1912, in-16°, pp. 79-(1).

L'A. prende a considerare il larghissimo concetto educativo che informa anche praticamente tutto il Poema dantesco, per dimostrare come, sotto l'aspetto pedagogico eziandio, l'Alighieri emerga su tutto il suo secolo, sugli antecedenti e sui seguenti, e si unisca in intima armonía con tutti i più alti spiriti d'ogni tempo, a mostrar come la verità sia una perché derivata da un sol principio. Ma il lavoro della V. nulla aggiunge a quel che già è stato detto sull'argomento.

(4580)

WIESE BERTHOLD.

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Hilfsmittel zum Dan

testudium. (In Germ. Rom, Monatschrift, del Schröder, Kiel, 1911).

Intorno al culto di D. in Italia e fuori. Notizia nel Bull. d. Soc. dant. it., XIX (1912), 168. « Ottimo articolo informativo », nel quale « ai singoli studiosi è fatta con imparzialità la parte che loro spetta »; e << poiché la modestia non è che a vantaggio dei ciarlatani ignoranti e immodesti », si riferisce quello che il W. dice del Bullettino: « la maggiore e più bella enciclopedia e bibliografia del dantismo... il cui uso è reso mirabilmente comodo da eccellenti indici >>. (4581)

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NOTIZIE

Per Giovanni Pascoli e per Emilio Teza

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pronunziò parole inspirate e commosse il prof. Vincenzo Crescini a Padova, quando fu affidata a lui la cura di iniziare quel corso dantesco il 15 aprile 1912. << Il culto di Dante e il culto dell' Italia, egli disse, si confondono siffattamente ch'io non so riprendere la lettura del Poema, per cui più grandeggia la Patria nostra di gloria universale, senza salutare la nuova gesta, che la baionetta garibaldina, risfolgorante al sole, compie su le ventose spiaggie della terra d'Iarba. Nell'anno che celebrava il passato, piombò l'Italia su quelle spiagge a conquistarsi l'avvenire. Ed il Poeta, che il senso epico della fatale rivendicazione trasfuse ne' Canti d'oltremare, attinse alla terzina dell'Alighieri lo stile passionato e scultorio, che le memorie famose collegò a' fasti presenti ed alle speranze, nell'unità secolare della gente e delle sue fortune. Ma l'eterna vicenda della gioia e del dolore volle che la luce della vittoria, onde si veste il canto d'oltremare, illuminasse anche pallido, esangue, l'altro poeta che seppe invece di virgiliane musiche, dopo averne fatto balsamo pio all'angoscia umana, festeggiare il giubileo della patria; e con virgiliana parola tentò disascondere i secreti del pensiero dantesco. E sparve in quella luce, a cui pur sorrideva l'animo sempre giovenilmente innamorato dell'Italia, come della verità e della bellezza, quegli che fu, attraverso allo studio di tante favelle... del mondo esperto E degli umani vizii e del valore, l' Ulisse de' linguaggi, Emilio Teza, al quale, nell'alacrità fin oltre gli ottant'anni infaticabilmente protratta, piacque non di rado scrutar come sapessero gli stranieri volgere ne' più diversi idiomi ed intendere il sacro poema, a che ritorna da ogni parte il mondo, con una sete che non è mai sazia ».

Per Giovanni Boccaccio.

La Società storica della Valdelsa, con gli auspici del Comune di Certaldo, prepara solenni onoranze parentali a Giovanni Boccaccio, per il prossimo anno 1913.

Fra le publicazioni che la Società promuove per queste onoranze è uno speciale fascicolo della ottima Miscellanea storica della Valdelsa, tutto consacrato al Boccaccio. A tale fascicolo sono invitati a collaborare insigni scrittori e studiosi, con brevi scritture sulla vita e sulle opere del Certaldese, o sulla fortuna di esse nelle letterature straniere.

Gli originali manoscritti degli articoli che saranno publicati nel fascicolo boccaccesco, verranno offerti, in appostto albo, al Comune di Certaldo.

Coloro che hanno ricevuto l'invito a collaborare al fascicolo son pregati di inviare i loro scritti entro il decembre del corrente anno al presidente della Società, il prof. Orazio Bacci, in via Masaccio, 138 a Firenze.

De "la fortuna di Dante fuori d'Italia " già si occupò Marco Besso in una sua applaudita lettura al Collegio romano, della quale fu a suo tempo dato notizia nel Giornale ora il frutto delle sue larghe ricerche, di cui nella breve lettura il Besso non poté dare che un piccolo saggio, ci è offerto in un sontuoso volume la cui publicazione è annunziata cosí dall'editore Leo S. Olschki di Firenze :

<< Alla edizione della Divina Commedia che la mia Casa editrice ha pubblicato, nel Cinquantesimo anniversario della proclamazione del Regno d' Italia, segue ora, per opera amorosa e diligente di un dantofilo illustre, quest'altro omaggio verso quel Padre della gente nostra che, « suggellando come dice l'Autore colla sua incancellabile impronta l'unità della lingua, assicurava insieme il fondamento più valido alla sua Nazione ».

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È dunque con alto compiacimento, e con la sicura fede di rendere un servigio agli studii e alla letteratura dantesca, ch'io annunzio la pubblicazione di questo libro che è frutto di lungo studio e di molto amore, e che, pur giudicato dalla modestia dell' autore siccome un saggio della fortuna di Dante fuori d'Italia, rappresenta finora quanto di più organico e completo fu scritto sull'importante argomento. Se in

fatti, specialmente in questi ultimi anni, molto si ricercò e si raccolse da indagatori diligenti e dotti, intorno agli studi danteschi fuori d'Italia, e monografie e lavori di piú o men vasta mole si ebbero specialmente per l'Inghilterra, la Germania e la Francia, mancava tuttavia un' opera complessiva che tutto insieme esaminasse il fervore del culto di Dante in tutto il mondo civile, sotto il duplice aspetto letterario ed artistico, come mancavano le bibliografie organiche e metodiche delle traduzioni della Divina Commedia, delle bibliografie dantesche e delle monografie su Dante all'estero.

« A documentazione della diffusione dantesca fuori d'Italia è riprodotto un saggio di centotrentotto traduzioni della Divina Commedia in ventisette lingue, di cui sette inediti.

<< All'arte poi sono, in questo volume, magnifico contributo finissimi disegni che ne adornano le pagine, riproducendo le rappresentazioni dantesche più famose dal Dante's Iream di Gabriele Rossetti alle molteplici figurazioni del conte Ugolino, della Francesca da Rimini, dei Superbi, dal ritratto del Poeta nel Duomo di Firenze (1465) a quello dello Stothard (1802) e Meissonnier, dalle miniature del codice Marciano IX, 276, all'Urbinate Vaticano 365, dai freschi di Luca Signorelli nel Duomo d'Orvieto ai disegni degli Zuccheri, dalle figurazioni del Botticelli alle silografie della edizione di Venezia del 1491, dalle stampe del Flaxman a quelle dell'Adamolli, del Pinelli, del Bigioli, del Doré.

<< Stampato in rosso e nero, con bei caratteri fusi espressamente, sulle ampie pagine di carta a mano appositamente preparata dalle cartiere del Miliani, adorno di squisiti fregi e di iniziali gustose, il volume, oltre che pel suo intrinseco valore, sarà certamente caro ai bibliofili che ammireranno in esso accoppiati mirabilmente agli accorgimenti e alla perfezlone della moderna arte impressoria quel gusto e quell'aspetto che fa cosi care agli amici de' libri belli le stampe degli antichi ».

Il volume é di ben 500 pagine in-4 con fac-simili e 70 tavole fuori testo.

L'edizione è di soli 200 esemplari progressivamente numerati a mano. Prezzo: 200 lire »>.

"Novissimi studii danteschi "

è il titolo di un altro volume offerto recentemente agli amici di Dante, per le nitide stampe del Lapi di Città di Castello, da quell' infaticabile, amoroso e sapiente dantologo che è Lorenzo Filomusi Guelfi. Mentre ci riserbiamo di dare di questa terza raccolta di lavori danteschi del nostro insigne collaboratore piú larga notizia in uno dei prossimi Bullettini prendiamo súbito atto d'una buona notizia che egli ci dà nella breve avvertenza premessa a questi studii. E la buona notizia è questa: che egli, dopo la lunga opera

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esegetica compiuta dal 1889 ad oggi, pensa omai di dare opera a un commento generale del Poema, da inspirarsi, naturalmente, ai concetti propugnati ne' suoi scritti. E poiché tra questi concetti ha un posto principale, per quanto implicito, l'importanza da darsi all'allegoria, il suo commento si intitolerà: La « Divina Commedia » interpretata specialmente per il senso allegorico.

Dante e Maometto.

L'illustre comm. Marco Besso ci scrive, a proposito dell'articolo del Bellezza su Dante, gli Arabi e i Turchi riportato in questo Giornale (XX,133): « Nel quaderno. 3o testé pubblicato della Rivista da Lei con tanto amore e competenza diretta, trovo segnalata a pag. 133 una citazione secondo la quale il defunto ambasciatore turco Musurus Pacha, traducendo, si credette in obbligo di sopprimere i versi relativi a Maometto. Mi permetto rilevare che questa indicazione riportata dal suo collaboratore da una rivista inglese non è esatta: ma, come ho rilevato nel mio volume di prossima pubblicazione su La fortuna di Dante fuori d'Italia, trascrivendo anche i relativi versi dall' originale greco, il Musurus non soppresse nulla, ma sostituí a Maometto, a mio avviso un certo fondamento, la figura di Ario, vero seminatore di discordie.

e non

senza

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<< Non Le dispiacerà, credo, per l'amore che Ella porta alla esattezza, di far cenno di questa mia rettificazione, e Le porgo frattanto i miei distinti saluti.

Il suo d.mo MARCO BEsso.

Il "Dantinississimo" e gli "occhi" della terza Italia.

A proposito di un articolo publicato tempo fa sul Times intorno alle minuscole edizioni della Comedia, de' Promessi sposi e della Lettera di Galileo a madama Cristina, contenente qualche inesattezza, il sig. Luigi Salmin dirigeva ai signori Federico Harrison e Paget Toynbee, e a' compilatori del grande giornale inglese, questa lettera che rimetteva le cose a posto. «Nel n. 5 di febbraio 1912 venne riprodotta una conversazione sulle edizioni minuscole della D. C. di Dante Alighieri, conversazione che veniva pubblicata dapprima dal sign. Harrison nella English Review, accennando alla mia edizione del 1878, nota sotto il nome di Dantino con dettagli che corrispondono al vero, riguardo i tipi ed il formato del grazioso volumetto, ora rarissimo. I pochi esemplari disponibili si vendono a prezzi non comuni. Scopo principale di questa mia lettera, a voi, signori, è di rilevare delle inesattezze in cui siete incorsi parlando della mia edizione minuscola. Non è vero che i primi tentativi del Dantino siano stati abbandonati a cagione della malattia d'occhi del compositore, che vive tuttora in perfetta salute

Devo poi farvi sapere che il libretto, ancora più piccolo del Dantino (una dodicesima parte), è una Lettera a madama Cristina di Lorena del 1615, del formato di mm. 10 per 16 e dello spessore di mm. 7, pubblicato da me nel 1896 coi medesimi tipi del Dantino. In Olanda venne pubblicato nel 1674 un libretto di cui non conosco né il titolo, né l'editore, del formato del mio Galileo con caratteri comuni e col frontespizio su due pagine (!), mentre il mio libretto venne composto in caratteri corpo due, ha dieci righe per pagina con 100 lettere circa, cadauna pagina. Questa edizione minuscola vinse tutte le altre (e sono oltre 1000, raccolte da mons. Salomon di Parigi), dalla invenzione della stampa ai giorni nostri. Esemplari distinti, numerati da 1 a 100, sono legati in pergamena, con fregi e taglio dorato, custoditi in un astuccio d'argento a forma di libro. Nel 1902 ho pubblicato una edizione dei Promessi Sposi di Alessandro Manzoni in elegante volumetto, tipi corpo quattro, di mm. 40 per 60, e dello spessore di mm. 30. Cento esemplari numerati da 1 a 100, con figure, sono legati in chagrin con fregio e taglio dorato. Vi sono esemplari comuni senza figure. Per la storia dell'arte della stampa e per la bibliografia, pubblicate questi miei cenni nel pregiato vostro mondiale Times. Se vorrete accogliere il mio desiderio ve ne sarò riconoscente ». E insieme con questa lettera, il sig. Salmin inviava al sig. Harrison un esemplare delle sue preziose edizioni minuscole : ciò che procurò al donatore la curiosa letterina di ringraziamento che qui publichiamo. « Dottissimo Signor Salmin. Grazie tanto per la vostra lettera e per il meraviglioso Dantino e le minutissime edizioni Manzoni, ecc. ecc. Nella entrata del mio 82 anno io posso ancóra leggere il Dantinissimo; ma la mia Signora Madama mia Moglie non lo permette e dice tante ingiurie contro la vostra stampa anti-medicale. Evidentemente la giovane Italia ha occhi invidiabili! Accettate, Signore, miei complimenti sinceri. Frederic Harrison ».

In Or San Michele

saran riprese quest'anno il 14 decembre le solite letture annuali, alle quali saranno aggiunte alcune conferenze commemorative di Giovanni Boccaccio nel sesto centenario della sua nascita (cfr. Giorn. dant., XX, 218). Si leggeranno i Canti dal XXIII al XXXIII del Paradiso e i lettori saranno questi: il 14 decembre 1912 il canonico prof. E. Magri, priore di Or San Michele; il 19, il padre prof. G. Giovannozzi delle Scuole pie; il 9 gennaio 1913, il prof. M. Porena, dell'Istituto Superiore feminile di magistero in Roma; il 16, il prof. G. Calò, dell' Istituto di Studii superiori di Firenze; il 23, Corrado Corradino, dell'Istituto di belle Arti in Torino; il 6 febbraio, il prof. E. G. Parodi, dell'Istituto fiorentino; il 13, il prof. G. Vandelli, del Ginnasio Dante in Firenze; il 20, il prof. I Sanesi, dell' Istituto tecnico di Roma; il 27, il prof.

Luigi Valli; il 6 marzo, il sign. Giosue Borsi, di Firenze: il 13, I. Del Lungo. Del Boccaccio uomo e artista dirà il 27 marzo il senatore Arcoleo; dell'Elemento dramatico nel « Decamerone », Sem Benelli, il 3 aprile; della Fiammetta V. Crescini il 10, e del Boccaccio lettore di Dante Orazio Bacci.

Lo studio di Dante e della lingua italiana nelle scuole inglesi.

Sulla necessità che nelle scuole inglesi si studi l'italiano e sulla utilità della nostra lingua, il Times ha publicato un notevole e significativo articolo di fondo. «Per scopi utilitaristici — scrive il grande giornale l'italiano non può naturalmente essere paragonato al francese ed al tedesco, benehé l'emigrazione italiana nell'America del Sud e la sorprendente rapida fioritura della madre patria italiana abbiano di anno in anno accresciuto il valore commerciale della lingua italiana. Ma per i genitori e gli insegnanti che tendono ad una educazione puramente moderna, la lingua di Dante e quella del poema stesso di Dante non deve sembrar priva d'importanza educatrice... Il poema dantesco è, per generale testimonianza dell'umanità cólta, tra le opere supreme dell' ispirazione e dell'arte e questa ispirazione in lunghi e gloriosi passi è di quel genere che parla direttamente al cuore dei giovani. Esso è naturalmente un poema difficilissimo, ma le difficoltà che esso presenta non sono poi tali da spaventare una gioventú già infiammata dalla sua passione o commossa dalla sua tenerezza. Il poema dantesco possiede, piú che ogni altro libro moderno, non escluso il nostro Chaucer, quegli speciali pregi educativi che distinguono le grandi opere dell'antichità classica... Se tutta la moderna cultura europea, se tutta la moderna civiltà sono basate in primo luogo sulla civiltà del mondo antico, è da Dante e dai grandi italiani che lo seguirono che noi possiamo imparare come questa civiltà fu assimilata dalle razze che a poco a poco si imbevvero di cristianità e presero l'aspetto attuale. Dante e la Divina Commedia non sono soli. Dai giorni di Dante in poi, il fiume della letteratura italiana ha fluito largo ed intenso fin dopo che il Rinascimento diventò il comun bene dell' Europa, mentre a lato a lato con questa letteratura e spesso informandosi ad essa crescevano e si sviluppavano la pittura, la scultura, l'architettura e le arti minori che furono seconde soltanto a quelle dell'antica Grecia. Inoltre deve essere ricordato prosegue il giornale inglese che noi abbiamo in Inghilterra una veramente nobile tradizione letteraria italiana da Chaucer in poi, e che questa tradizione è stata fatta rivivere con onore da un manipolo di dantisti i cui meriti sono generosamente e calorosamente apprezzati in Italia ». Il Times si augura cosí che l'italiano non venga dimenticato nei programmi di educazione inglese.

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