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Egli studia principalmente il sistema politico del De Monarchia; ma non trascura la parte strettamente giuridica ed esamina da un punto di vista filosofico le idee dell' Alighieri su 'l diritto, la libertà, la giustizia e la legge.

Lo scritto ha dei pregi indiscutibili, specialmente per quel ch' ha tratto all'esegesi del pensiero dantesco. Non tutte però le sue conclusioni potrebbero accettarsi, avendo i recenti lavori sulle teorie politiche svolte nel De Monarchia in confronto a quelle di altri autori, notevolmente modificato tutta questa materia.

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D'una importanza assai minore è la memoria di Vincenzo Lomonaco su Dante giureconsulto. Essa dimostra una buona conoscenza della filosofia e delle opere dantesche, ma contrariamente al titolo dato dall'autore, anziché studiare tutto intero il pensiero giuridico dell' Alighieri si restringe ad un esame piuttosto vago e non troppo originale della <diffinizione che Dante ci porge del diritto e dell'ampia applicazione che ne fa nel poema immortale e nelle opere minori » e del « concetto che egli ebbe della economia (sic) dei rapporti tra l'individuo e lo Stato. Il lavoro non ha pregi singolari, è assai slegato, molto superficiale e poco conclusivo: l'autore si perde in una infinità di digressioni di nessun interesse e ripete una quantità di cose note, davvero, lippis et tonsoribus.

Lo studio del pensiero giuridico dantesco, iniziato, come si è visto, dal Lomonaco e dal Carmignani, continua con buona tradizione di scritti e di indagini, specialmente per opera

1 «Queste Considerazioni del Carmignani furono per la prima volta messe in luce nella edizione della Monarchia procurata nel 1844 da ALESSANDRO TORRI (Opere Minori di Dante, Livorno); e le vedemmo di frequente citate in posteriori pubblicazioni dantesche. Ma è utile che si sappia, chi le volesse tacciare di brevità soverchia, che esse non sono un lavoro a parte, come fe' credere il Torri, ma formano un capitolo della Storia della filosofia del diritto, opera postuma del pisano professore ». Cosí la prefazione alla citata edizione del 1865, a pag. V.

2 In Atti della R. Accademia di scienze morali e politiche, vol. VII, Napoli, 1872.

dei cultori della filosofia del diritto. Accanto alle opere sistematiche generali, che piú o meno diffusamente quasi tutte espongono ed analizzano il pensiero giuridico dell'Alighieri, 1 non mancano studi e ricerche sulle singole dottrine filosofico-giuridiche del nostro poeta, e precisamente quelle del De Antonellis, del · Vadalà-Papale, del Grassi, e del De Angelis. Ciriaco De Antonellis, nel suo opuscolo De' principi di diritto penale che si contengono « Divina Commedia », riguarda il testo del Poema come fonte di diritto penale e si propone di dimostrare che i principii di esso diritto, secondo gli ultimi progressi della scienza (sic), si contengono nella Divina Commedia (p. 23).

In relazione a tale concetto, egli va confrontando le varie forme di istituti penali, che si trovano nel poema, nientemeno che colle leggi vigenti nel napoletano nel 1860!' L'indirizzo del lavoro assume piuttosto l'aspetto di un'apologia dei concetti di Dante circa i delitti e le pene, che un esame storico-giuridico dei medesimi. In complesso non ha alcun valore neppure per l'esegesi del testo dantesco.

Il Vadalà-Papale, già noto per una serie di pubblicazioni sul concetto delle leggi, ha uno studio molto interessante appunto su Le leggi nella dottrina di Dante Alighieri e di Marsilio da Padova (in Studi giuridici dedicati ed offerti a Francesco Schupfer, Torino, 1898, parte II, p. 41 e sgg.). L'autore dimostra una buona conoscenza delle dottrine giuridiche del M. E., ed il suo lavoro è specialmente impor

Ricordo fra le più importanti: CARLE, La vita del diritto nei suoi rapporti colla vita sociale. Torino, 1890, ed. 2, p. 232 e sgg., e la Filosofia del diritto nello Stato moderno, Torino, 1903, vol. I, sez. I, p. 229 e sgg.; STAHL, Geschichte der Rechtsphilosophie, Heidelberg, 1874, pp. 57, 58, 61 e sgg., 65, 69; LASSON, System der Rechtsphilosophie, Berlin, 1882, p. 82; BEROLZHEIMER, System der Rechts-und Wirtschaftsphilosophie, München, 1905, vol. II, p. 129 e sgg.

2 La prima edizione napoletana è del 1860, in-16, di pp. 118. È pure pubblicato con prefazione e a cura dell' avv. VALERIO SCAETTA in Collezione di opuscoli danteschi inediti o rari diretta da G. L. PASSERINI, vol. VIII, Città di Castello, 1894.

3 Non mancano graziose amenità. Cosí a p. 63 e sgg. il confronto tra le pene dell' Inferno e quelle delle LL. PP. del Napoletano.

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1 Gli scritti ricordati sono i seguenti: Il giudice nel concetto di Dante (in Rivista abruzzese di scienze, lettere ed arti, Teramo, 1902, p. I sgg.; p. 238 e sgg.); Il diritto nel concetto di Dante; La legge nel concetto di Dante; La giustizia nel concetto di Dante; La libertà nel concetto di Dante; I partiti nel concetto di Dante (in Rivista universale di giurisprudenza e dottrina, Roma, 1902, vol. XVI, parte IV, p. 25 e sgg.; p. 37 e sgg.; p. 118 e sgg.; p. 146 e sgg.; 1903, vol. XVII, parte IV, pp. 58-80).

2 Il FERRAZZI nel suo Manuale dantesco (Bassano, 1865, vol. II, p. 292 e sgg.) ha diversi capitoli su questo argomento. Vi si parla della legge, dell' imputabilità, della pena, del giudice e del giuramento. Il Grassi non fa che riordinare le notizie raccolte dal Ferrazzi (che per altro non sono che passi tolti dalle opere dantesche) e aggiungervi delle brevi considerazioni di carattere generale. Cfr. per la verità, rispettivamente: FERRAZZI, op. cit., p. 292 e sgg. GRASSI, Il giudice nel concetto di Dante, p. 238 e sgg. e ancóra FERRAZZI, op. cit., p. 292 e sgg. con GRASSI La legge nel concetto di Dante, p. 37 e sgg., ecc.

3 Avellino, 1905.

con

4 Cfr. la recensione di ARRIGO SOLMI, in Bull. d. Soc. dant. ital. N. S. XVII, 1906, pp. 69-72.

3. Ma i rapporti fra Dante e il diritto non furono studiati soltanto dal punto di vista filosofico: abbiamo una serie di lavori, che si propongono di dimostrare sulle basi della vita e degli studi stessi del Poeta, che Dante ebbe buona conoscenza del diritto e di essa si giovò nella compilazione delle sue opere.

Corrado Ricci in un articolo pubblicato nella Nuova Antologia cercò di dimostrare che « Dante fu allo studio di Bologna prima del 1287 o magari in quell'anno in cui non aveva più che ventidue anni ». Ma la sua opinione non ha trovato séguito tra gli studiosi, neppure tra quelli che sostengono a spada tratta che Dante studiò diritto ro

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Gino Arias, nel bel volume su Le istituzioni giuridiche medioevali nella « Divina Commedia » (Firenze, 1901), tocca nei preliminari la questione che ci interessa, ma lo fa in modo cosí rapido, che, quantunque egli abbia sostenuto l'opinione, secondo noi, piú attendibile, la critica l'ha in genere del tutto abbandonato. L' Arias esamina la definizione dantesca del diritto e ne ricava, studiandola nella sua natura e nella sua genesi, che Dante non fu mente temprata agli studi giuridici. Afferma che i passi del Digesto, che s'incontrano nelle opere dell' Alighieri, non dimostrano « una conoscenza diretta e profonda delle fonti giustiniane», ma « son probabilmente notizie apprese di seconda mano e del resto di cognizione comune ». Crede

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1 Serie III, vol. XXXII, fasc. VI, p. 297 e sgg. 2 L'ARIAS (op. cit., p. 23 e sgg.) combatte l'affermazione del Ricci perché non abbastanza giustificata dagli accenni di Benvenuto da Imola. Il GRASSI (Una pagina biografica su Dante giureconsulto in Rivista abr. d. scien. letter. ed art., Teramo, 1903, p. 489), nega che Dante abbia svolto un corso completo di studi giuridici. Il Chiappelli (op. cit., p. 40) crede piú probabile che Dante fosse un autodidatta nel campo del diritto e che i primi rudimenti li ricevesse nelle scuole di retorica. Il solo Williams (op. cit., p. 11), affermando che Dante fu a Bologna two periods of his life, cita in nota il lavoro del Ricci e l'opinione dello Scartazzini, secondo il quale fu in quella città una seconda volta tra il 1304 e il 1306.

3 Cfr. per es. la recensione di V. CIAN in Riv.. stor. ital., 1909, fasc. IV, p. 413.

4 Op. cit., p. 8. 5 Op. cit., p. 9.

che Dante esalti l'opera legislativa di Giustiniano per la sua straordinaria efficacia e convenienza politica, anziché pel suo intrinseco valore giuridico. 1 Tocca dello sprezzo di Dante per i giuristi e della poca stima ch'egli dimostra per il diritto canonico, combatte l'ipotesi del Ricci e conclude che « Dante per la natura del suo genio, alla quale dové uniformare i suoi studi, non fu né cultore né giudice benevolo o semplicemente equo della scienza del diritto »."

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Un'opinione alquanto diversa sostiene l'avvocato Carmelo Grassi. Egli afferma che Dante, pur non essendo un legale di professione né avendo svolto un corso di studi giuridici, non però manca di salde cognizioni di diritto. A prova di questa affermazione adduce la famigliarità di Dante con ser Brunetto Latini, l'esempio del padre ch'è ricordato dai biografi come giureconsulto », la sua partecipazione al governo di Firenze, l'educazione impartita ai figlioli, gli accenni a Giustiniano, al Decretum, al Corpus iuris, l'amicizia di giuristi letterati, l'epitaffio del sepolcro di Ravenna ed un certo ritratto che si trova nelle Illustrium jureconsultorum imagines di Marco Mantova Benavida. Come si vede, una serie di notizie da soddisfare il critico piú incontentabile.

Assai superficiale e condotto con metodo poco dissimile è il lavoro del Williams: Dante as a jurist, tanto nella prima quanto nella seconda redazione.

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L'autore ha proceduto ad uno spoglio sistematico di tutte le opere dantesche ed ha raccolto nel suo volume quanto gli sembrò aver rapporto con la scienza e la pratica del diritto, riferendolo in nota o alla ragion civile o al diritto canonico. Ma, benché il Williams abbia proceduto con una diligenza forse anche eccessiva, non sembra però ch'egli sia riuscito a provare che « gli scritti di Dante hanno un valore giuridico » e tanto meno che

1 Op. cit., p. 12.

2 Op. cit., p. 26.

3 Una pagina biografica su Dante giureconsulto in Rivista abr. di scien. lett. e art. Teramo, 1903, loc. cit.

Op. cit., p. 489.

5 Vedi quanto abbiamo già scritto a p. 37, in nota.

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Idee originalissime sostiene il Rosadi in una ingegnosa lettura del Canto XI dell' Inferno. Egli esclude che Dante abbia fatto studi di diritto: Dante, egli scrive, non fu neppure per dilettantismo un giureconsulto. * Ma per intuizione spontanea del suo intelletto vastissimo e per facile riflesso della consuetudine e dello spettacolo quotidiano che gli offriva il diritto nelle sue manifestazioni, avrebbe distribuito i dannati nei diversi cerchi dell'Inferno, procedendo dal concetto dell' iniuria, intesa come ciò che si fa senza diritto e contro diritto, ciò ch'esce dalla cerchia interna delle pure tendenze e della sola incontinenza e per via di ogni attività malefica invade la cerchia sociale. L'idea del Rosadi a prima vista non manca di una certa parvenza di verità; ma perde ogni valore qualora si ponga in stretta connessione con tutto l'ordinamento penale dell' Inferno. Di questo però più ampiamente a suo luogo.

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Tralasciamo però di esporre sistematicamente le opere che vi si riferiscono, quantunque esse siano non meno delle precedenti, importanti e numerose. Faremo eccezione soltanto per alcuni lavori sulle dottrine politiche di Dante e del tempo suo, che ci furono di grande giovamento specialmente per l'esatta interpretazione del contenuto filosofico-giuridico del De Monarchia. Ricordiamo, oltre gli ottimi studi del Frank, del Riezler,' dello Scaduto, in particolar modo i seguenti: F. X. Kraus, Dante, sein Leben und sein Werk, sein Verhältniss zur Kunst und zur Politik, Berlin 1897; R. Scholz, Die Publizistik zur Zeit Philipps des Schönen und Bonifaz VIII, Stuttgart, 1903, Kelsen, Die Staatslehre des Dante Alighieri, Wien, 1905; e C. Cipolla, Il trattato De Monarchia e l'opuscolo: De potestate regia et papali di Giovanni da Parigi, Torino, 1892. 8

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II.

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Indirizzo generale del presente lavoro.

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5. Esposta cosí la letteratura, davvero ampia e copiosa, che si ha sul pensiero giu

1 Nessun valore ha l'opuscolo di VALERIO SCAETTA, La « Commedia » interpretata colla storia del diritto italiano, Rocca S. Casciano, 1905. Cfr. la recensione alquanto sfavorevole in Bull. d. Soc. dant. ital., N. S.. 1906, p. 72 e sgg.

2 Réformateurs et Publicistes de l'Europe. MoyenAge, Renaissance, Paris, 1864. Cfr. specialmente p. 103

e sgg.

3 Die literarischen Widersache der Päpste zur Zeit Ludwig des Baiers, Leipzig, 1874. Cfr. p. 169 e sgg.

Stato e Chiesa negli scritti politici della fine della lotta per le investiture sino alla morte di Lodovico il Bavaro, Firenze, 1882. Importante la parte che riguarda il De Mon., p. 51 e sgg.

5 Specialmente pp. 677-771.

6 In Kirchenrechtliche Abhandlungen von Stutz, 6/8 H.

7 In Wiener Staatswissenschaftliche Studien, vol. VI, H. 3. Notevole anche la recensione fattane dal SOLMI, in Bull. d. Soc. dant. ital., N. S. XIV, p. 110

e sgg.

8 Nelle Memorie della R. Accademia delle Scienze di Torino, serie II, tom. XLII, p. 325 e sgg.

ridico di Dante Alighieri, non ci rimane che dir poche parole sopra il metodo, col quale fu composto il presente lavoro. Noi abbiamo dovuto, per le conclusioni stesse, alle quali ci ha condotto la nostra indagine, riprendere in esame e confutare gran parte di quanto è stato scritto finora sull'argomento. Fu quindi nostra preoccupazione di disporre tutta la materia nella maniera piú semplice e più chiara possibile di modo che fosse facile al lettore colpire tutta la debolezza delle opinioni da noi contraddette ed apprezzare nel suo giusto valore quanto, a parer nostro, ci sembrava piú conforme a verità. Movendo da tal punto di vista noi abbiamo anzitutto presa in esame la vita del nostro poeta, per riconoscere se noi avessimo in realtà qualche prova di studi giuridici. Compiuta questa indagine diciamo finora, con esito negativo - abbiamo esaminate le opere. Ma anche qui dovemmo constatare che mancavano gli elementi sufficienti per concludere che Dante ebbe conoscenza del diritto romano.

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I. Ben nota è l'influenza che esercitano sull'uomo i primi anni della vita: i genitori, la casa ove nacque, la famiglia nel cui grembo egli crebbe. Non altrimenti, si può dire, i primi colpi di scalpello sbozzano sul marmo i contorni di una statua, che le impressioni della giovinezza già delineano il carattere e le tendenze dell' individuo. Non è quindi a stupire se alcuni scrittori videro nell' ambiente in cui trascorse la gioventú di Dante, un primo incitamento a volgersi agli studi giuridici. Alighiero II, suo padre, sarebbe stato, essi affermano, notaio e giureconsulto. Ma questa notizia, nello stato attuale delle indagini dantesche, è tutt' altro che sicura. Infatti l'opinione che il padre di Dante conoscesse il diritto fu sostenuta, specialmente

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▲ GRASSI, Una pag. biogr. su Dante giureconsulto, p. 488; WILLIAMS, op. cit., p. 2; CHIAPPELLI, op. cit., p. 43.

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Lo Zingarelli' giunge alla medesima conclusione, particolarmente impugnando i documenti raccolti dal Frullani e dal Gargani, ai quali non si può prestar fede intera, perché il primo sta contro naturalissime ragioni di tempo e i due contro quella del luogo.

Da ultimo il Kraus,' che il Chiappelli cita in nota, sostenendo nel testo l'opinione contraria, afferma risolutamente, riportandosi all'opinione del Passerini, che es liegt daher kein Grund vor, der oft wiederholten Angabe, als sei er ein bedeutender Jurist gewesen, irgend welchen Werth beizulegen. Pare ora che uno storico coscienzioso possa dar valore a quanto afferma o l'opinione meno seguíta o anche quella che oggi giustamente prevale, l'opinione, cioè, che il padre di Dante non fosse né giurista né notaio? A noi sembra che in tanta

Della casa di Dante con doc. ecc., Firenze, 1865, p. 57 e sgg.

2 Vita di Dante, Firenze, 1861, p.

3 Alcuni capitoli della biografia di Dante, Torino, 1896, p. 11.

▲ Dante e il suo secolo, Firenze, 1865, p. 63. 5 Cosi pure il BARTOLI, St. d. Lett. ital., tom. V, Firenze, 1884, p. 21.

6 La Divina Commedia, vol. IV, Prolegomeni,

Leipzig, 1890, p. 25.

7 Dante, Milano, p. 22 e sgg.

8 Cosi anche l' IMBRIANI, Studi danteschi, Firenze,

1891, p. 229 e sgg.

Op. cit., p. 22.

incertezza la cosa migliore sia affermare col Bartoli che di Alighiero II non si ha nessuna notizia. Cade quindi senz'altro come poco verosimile anche l'altra affermazione del Chiappelli, che colla eredità paterna passassero a lui manoscritti legali.1

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2. Ma non soltanto l'esempio del padre avrebbe invogliato, secondo alcuni, il giovine Dante agli studi giuridici; qualcosa ne avrebbe dovuto apprendere nelle scuole di retorica, ch'egli certamente frequentò nella sua adolescenza. Ma questa supposizione è priva di significato. Se Dante fosse vissuto nell' alto Medio Evo, quando l'insegnamento del diritto era compreso fra le materie di studio delle scuole di retorica, come parte dell'antica letteratura, si potrebbe affermare con qualche verosimiglianza, che frequentando una scuola di retorica egli potesse apprendere non certo profonde, ma sufficienti nozioni giuridiche. Ma al tempo di Dante, in cui il diritto aveva nelle Università un insegnamento speciale, è presumibile che nelle scuole di retorica esso fosse diventato ben poca cosa. Tanto piú che, se nell' alto Medio Evo le poche nozioni di diritto insegnate nelle scuole di retorica potevano sembrare sufficienti, tutto ciò erasi completamente mutato nel secolo XIII, dopo la ricostituzione del Corpus iuris e le indagini della scuola bolognese.

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3. Che Brunetto Latini abbia istradato il giovane Dante allo studio del diritto, è stato sostenuto, per non dire del Williams e del Chiappelli, specialmente e primieramente dal Grassi. "

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Afferma quest'ultimo che un esperto conoscitore del diritto pubblico, come notaio di grande reputazione e come uomo politico di prim'ordine, non poteva non trasfondere un certo amore per le scienze giuridiche in quel nobile giovine degli

1 Op. cit., p. 43.

2 WILLIAMS, op. cit., p. 2; CHIAPPELLI, op. cit.,

p. 40.

3 A noi pare che sia difficile escluderlo, se si confronta Conv., II, 13 (ed. Moore, p. 264).

▲ SAVIGNY, Gesch. des röm. Rechts im Mittelater, 1834, Heidelberg, 2a ed., I, p. 464 e sgg.; II, p. 122 e sgg.

5 Op. cit., p. 2.

6 Op. cit. p. 40.

7 Op. cit., p. 486 e sgg.

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