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XCII.

In

SONETTO

.n mezzo di duo amanti onesta altera
Vidi una donna, e quel Signor con lei,
Che fra gli uomini regna, e fra gli dei;
E dall' un lato il Sole, io dall' altr' era.
Poichè s'accorse chiusa dalla spera

Dell'amico più bello, agli occhi miei
Tutta lieta si volse, e ben vorrei

Che mai non fusse inver di me più fera.
Subito in allegrezza si converse

La gelosia, che 'n su la prima vista
Per si alto avversario al cor mi nacque :
A lui la faccia lagrimosa, e trista
Un nuvoletto intorno ricoverse;
Cotanto l'esser vinto li dispiacque.

SONETTO XCHI.

Pien di quella ineffabile dolcezza;

Che dal bel viso trasser gli occhi miei Nel dì, che volentier chiusi gli avrei Per non mirar giammai minor bellezza; Lassai quel ch'i' più bramo: ed ho sì avvezza La mente a contemplar sola costei,

Ch' altro non vede; e ciò che non è in lei, Già per antica usanza, odia, e disprezza. In una valle chiusa d'ogni intorno,

Ch'è refrigerio de' sospir miei lassi,
Giunsi sol con Amor pensoso, e tardo:
Ivi non donne, ma fontane, e sassi,
E l'immagine trovo di quel giorno,

Che 'l pensier mio figura ovunqu' io sguardo.

v. 13. nuviletto. v. 16. del. trassen. v. 18. al. weder. v. 21. è lei. v. 28. al. ovunch' io.

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Se 1 sasso, ond'è più chiusa questa valle,

Di che 'l suo proprio nome si deriva,
Tenesse volto per natura schiva

A Roma il viso, ed a Babel le spalle;
I miei sospiri più benigno calle

Avrien per gire ove lor spene è viva:
Or vanno sparsi, e pur ciascuno arriva
Là dov' io 'l mando, che so! un non falle :
E son di là sì dolcemente accolti,

Com' io m'accorgo, che nessun mai torna;
Con tal diletto in quelle parti stanno

Degli occhi è 'l duol: ché tosto che s'aggiorna
Per gran desio de' be' luoghi a lor toli

Danno a me pianto, ed a' piè lassi affanno.

Rimansi

SONET ΤΟ XCV.

mansi addietro il sestodecim' anno
De' miei sospir, ed io trapasso innanzi
Verso l'estremo, e parmi che pur dianzi
Fosse'l principio di cotanto affanno.
L'amar m'è dolce ed util il mio danno,
El viver grave: e prego, ch'egli avanzi
L'empia fortuna; e temo, non chiuda anzi
Morte i begli occhi, che parlar mi fanno.
Or qui son lasso, e voglio esser altrove ;
E vorrei più volere, e più non voglio;
E per più non poter, fo quant' io posso;
E d'antichi desir lagrime nove

Provan, com' io son pur quel ch'i' mi soglio á
Ne per mille rivolte ancor son mosso.

v. 6. al. avrian.

CAN

CANZONE XXIV.

Una donna più bella assai che 'l sole,

E più lucente, e d'altrettanta etade
Con famosa beltade

Acerbo ancor mi trasse alla sua schiera :
Questa in pensieri, in opre, ed in parole;
Però ch'è delle cose al mondo rade;
Questa per mille strade

Sempre innanzi mi fu leggiadra altera:
Solo per lei tornai da quel ch'i'era,
Poi ch'i' soffersi gli occhi suoi da presso:
Per suo amor m'er' io messo

A faticosa impresa assai per tempo,
Talchè s'i' arrivo al desiato porto,
Spero per lei gran tempo

Viver, quand' altri mi terià per morto.
Questa mia donna mi menò molt'anni
Pien di vaghezza giovenile ardendo,
Siccom' ora io comprendo,

Sol per aver di me più certa prova, Mostrandomi pur l'ombra, o 'l velo, o' panni Talor di se, ma' viso nascondendo:

Ed io, lasso, credendo

Vederne assai, tutta l'età mia nova
Passai contento; e 'l rimembrar mi giova.
Poich' alquanto di lei veggio or più innanzi,
I' dico, che pur dianzi

Qual io non l'avea vista infin allora,

Mi si scoverse; onde mi nacque un ghiaccio Nel core, ed evvi ancora,

E sarà sempre finch' i'le sia in braccio.
Ma non me 'I tolse la paura, o 'l gielo;
Che pur tanta baldanza al mio cor diedi,
Ch'io le mi strinsi a' piedi,

Per più dolcezza trar degli occhi suoi :
Ed ella, che rimosso avea già il velo
Dinanzi a' miei, mi disse: Amico, or vedi
Com' io son bella, e chiedi,

Quanto par si convenga agli anni tuoi.

v. 28. al. scoperse.

Ma

Madonna, dissi, già gran tempo in voi

Posil mio amor, ch'io sento or sì infiammato ;

Ond' a me in questo stato

Altro volere, o disvoler m'è tolto.
Con voce allor di sì mirabil tempre
Rispose, e con un volto,

Che temer, e sperar mi farà sempre.
Rado fu al mondo fra così gran turba,
Chi udendo ragionar del mio valore
Non si sentisse al core

Per breve tempo almen qualche favilla:
Ma l'avversaria mia, che 'l ben perturba,
Tosto la spegne: ond' ogni virtù more;
E regna altro signore,

Che promette una vita più tranquilla.
Della tua mente Amor, che prima aprilla,
Mi dice cosa veramente, ond' io
Veggio, che il gran desio

Pur d'onorato fin ti farà degno:
E come già se' de' miei rari amici;

Donna vedrai per segno,

Che farà gli occhi tuoi vie più felici.

I'voleva dir: Quest'è impossibil cosa;

Quand' ella: Or mira, e leva gli occhi un poco,

In più riposto loco

Donna, ch'a pochi si mostrò giammai.

Ratto inchinai la fronte vergognosa

Sentendo novo dentro maggior foco;

Ed ella il prese in gioco,

Dicendo io veggio ben, dove tu stai.
Siccome sol co' suoi possenti rai
Fa subito sparir ogni altra stella;

Così par or men bella

La vista mia, cui maggior luce preme.
Ma io però da' miei non ti diparto:

Che questa, e me d'un seme,

Lei davanti, e me poi produsse un parto.

Ruppesi intanto di vergogna il nodo,

Ch' alla mia lingua era distretto intorno
Su nel primiero scorno

Al

V. II. al. brieve. v. 20. al. cari. v. 22. via più. V. 29. al. Ella se'l prese a gioco. v. 39. al. ristretto.

Allor quand' io del suo accorger m'accorsi:
E'ncominciai: S' egli è ver quel ch' i' odo;
Beato il padre, e benedetto il giorno
C'ha di voi 'l mondo adorno,

E tutto il tempo, ch' a vedervi io corsi :
E se mai dalla via dritta mi torsi,

Duolmene forte assai più ch'i'non mostro: 'Ma se dell' esser vostro

Fossi degno udir più, del desir ardo:
Pensosa mi rispose, e così fiso
Tennel suo dolce sguardo,

Ch'al cor mandò con le parole il viso.
Siccome piacque al nostro eterno padre,
Ciascuna di noi due nacque immortale:
Miseri; a voi che vale

Me' v'era che da noi fosse 'l difetto.
Amate, belle, giovani, e leggiadre

Fummo alcun tempo; ed or siam giunte a tale,
Che costei batte l'ale

Per tornar all'antico suo ricetto:

1' per me sono un' ombra: ed or t'ho detto Quanto per te sì breve intender puossi . Poichè i piè suoi fur mossi,

Dicendo Non temer ch'i' m' allontani;
Di verde lauro una ghirlanda colse;
La qual con le sue mani

Intorno intorno alle mie tempie avvolse.
Canzon, chi tua ragion chiamasse oscura,
- Di: Non ho cura; perchè tosto spero,
Ch'altro messaggio il vero

Farà in più chiara voce manifesto.
Io venni sol per isvegliare altrui ;
Se chi m'impose questo,

Non m'ingannò, quand' io partii da lui.

v. 6. della, v. 7. al forse, v. 22. al. brieve.

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