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Fece l'erbe sanguigne

Di lor vene, ove il nostro ferro mise.
Or par, non so perchè, stelle maligne,
Che 1 Cielo in odio n'aggia,

Vostra mercè, cui tanto si commise;
Vostre voglie divise

Guastan del mondo la più bella parte.
Qual colpa, qual giudicio, o qual destino,
Fastidire il vicino

Povero; e le fortune affitte, e sparte
Perseguire; e 'n disparte

Cercar gente, e gradire,

Che sparga 'l sangue, e venda l'alma a prezzo ? lo parlo per ver dire,

Non per odio d'altrui, nè per disprezzo

Ne v'accorgete ancor per tante prove

Del Bavarico inganno,

Ch' alzando

dito con la morte scherza.

Peggio è lo strazio, al mio parer, che 'l danno. Mal vostro sangue piove

Più largamente, ch'altr' ira vi sferza.

Dalla matina a terza

Di voi pensate, e vederete, come
Tien caro altrui chi tien se così vile.
Latin sangue gentile,

Sgombra da te queste dannose some:
Non far idolo un nome

Vano senza soggetto:

Che 'l furor della sua gente ritrosa
Vincerne d'intelletto,

Peccato è nostro, e non natural cosa.
Non è questo terren ch'i' toccai pria?
Non è questo 'l mio nido,

Ove nutrito fui sì dolcemente >

Non è questa la patria in ch'io mi fido,
Madre benigna, e pia,

Che cuopre l'uno, e l'altro mio parente ?

Per Dio, questo la mente

Talor vi mova, e con pietà guardate

Le lagrime del popol doloroso.

Che

V. 17. al. Barbarico. v. 27. al. Nè. v. 28. al.

hietto. v. 29. di là su.

Che sol da voi riposo

Dopo Dio spera: e pur che voi mostriato Segno alcun di pietate,

Virtù contra furore

Prenderà l'arme, e fia 'l combatter corto: Che l'antico valore

Nell' Italici cor non è ancor morto.
Signor, mirate, come 'l tempo vola,
E siccome la vita

Fugge, e la morte n'è sovra le spalle.
Voi siete or qui: pensate alla partita:
Che l'alma ignuda, e sola

Convien ch' arrive a quel dubbioso calle.
Al passar questa valle

Piacciavi porre giù l'odio, e lo sdegno, Venti contrari alla vita serena :

E quel che 'n altrui pena

Tempo si spende, in qualche atto più degno O di mano o d'ingegno,

In qualche bella lode,

2

In qualche onesto studio si converta:
Così quaggiù si gode,

E la strada del ciel si trova aperta.
Canzone, io t'ammonisco,

Che tua ragion cortesemente dica:
Perchè fra gente altera ir ti conviene;
E le voglie son piene

Già dell' usanza pessima, ed antica,
Del ver sempre nemica.

Proverai tua ventura

Fra magnanimi pochi, a chi 'I ben piace: Di lor: chi m'assicura?

Io vo gridando Pace, pace, pace.

Di

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pensier in pensier, di monte in monte Mi guida Amor, ch'ogni segnato calle Provo contrario alla tranquilla vita. Se 'n solitaria piaggia rivo, o fonte, Se 'n fra duo poggi siede ombrosa valle,

v. 15. al poner. v. 58. al. monti.

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Ivi s'acqueta l'alma sbigottita;
E com' Amor la 'nvita,

Or ride, or piange, or teme, or s'assicura : El volto, che lei segue, ov' elia il mena, Si turba, e rasserena,

Ed in un esser picciol tempo dura;

Onde alla vista, uom di tal vita esperto,
Diria Questi arde, e di suo stato è incerto.
er alti monti, e per selve aspre trovo
Qualche riposo ogni abitato loco
E' nemico mortal degli occhi miei.
A ciascun passo nasce un pensier novo
Della mia donna, che sovente in gioco
Gira tormento ch'i' porto per lei :
Ed-a pena vorrei

Cangiar questo mio viver dolce amaro;
Ch'i' dico: Forse ancor ti serva Amore
Ad un tempo migliore:

Forse a te stesso vile, altrui se' caro:
Ed in questo trapasso sospirando,

Or potrebb'esser vero: or come, or quando.
Ive porge ombra un pino alto, od un colle,
Talor m'arresto e pur nel primo sasso
Disegno con la mente il suo bel viso.
Poi ch'a me torno, trovo il petto molle
Della pietate, ed allor dico: Ahi lasso,
Dove se' giunto, ed onde se' diviso ?
Ma mentre tener fiso

Posso al primo pensier la mente vaga,
E mirar lei, ed obliar me stesso;

Sento Amor sì da presso,

Che del suo proprio error l'alma s'appaga;
In tante parti, e sì bella la veggio,

Che se l'error durasse, altro non cheggio.
'I' ho più volte (or chi fia che mel creda?)
Nell'acqua chiara, e sopra l'erba verde
Veduta viva, e nel troncon d'un faggio;
E 'n bianca nube sì fatta, che Leda
Avria ben detto, che sua figlia perde;
Come stella che 'l sol cuopre col raggio ;
E quanto in più selvaggio

Loco mi trovo, e 'n più deserto lido,

Y. 17. al. serba.

Tan

Tanto più bella il mio pensier la dombra; Poi, quando vero sgombra

Quel dolce error, pur là medesmo assido
Me freddo, pietra morta in pietra viva,
In guisa d'uom che pensi, e pianga, e scriv
Ove d'altra montagna ombra non tocchi,
Verso 1 maggiore, e 'l più spedito giogo
Tirar mi suol un desiderio intenso.

Indi i miei danni a misurar con gli occhi
Comincio; entanto lagrimando sfogo
Di dolorosa nebbia il cor condenso
Allor, ch'i miro, e penso,

Quanta aria dal bel viso mi diparte,

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Che sempre m'è sì presso e sì lontano:
Poscia fra me pian piano!

Che sai tu lasso? forse in quella parte
Or di tua lontananza si sospira :

Ed in questo pensier l'alma respira.
Canzone oltra quell' alpe

Là dove il ciel è più sereno, e lieto,
Mi rivedrai sovran ruscel corrente,
Ove l'aura si sente

D'un fresco, ed odorifero Laureto;

Ivi è 'l mio cor, e quella che 'l m2 invblaz Qui veder puoi l'immagine mia soła.

Perchè

SONETTO C.

erchè cammin m'è chiuso di mercede; Per disperata via son dilungato

Dagli occhi ov'era (i' non so per qual fato
Riposto il guiderdon d'ogni mia fede.

Pasco cor di sospir, ch'altro non chiede;
E di lagrime vivo, a pianger nato!
Nè di ciò duolmi; perchè in tale stato
E' dolce il pianto più ch'altri non crede;
E solo ad una immagine m'attegno,

Che fe' non Zeusi, o Prassitele, o Fidia, Ma miglior mastro, e di più alto ingegno. Qual Scitia m'assicura, o qual Numidia; S'ancor non sazia del mio esilio indegno, Così nascosto mi ritrova Invidia?

y. 6. al. alta. v. 13. al. quanto aere.

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SONET TO CI.

canterei d'amor si novamente,
'al duro fianco il dì mille sospiri
rarrei per forza, e mille altri desiri
accenderei nella gelata mente:

bel viso vedrei cangiar sovente,
bagnar gli occhi, e più pietosi giri
r, come suol chi degli altrui martiri,
del suo error, quando non val, si pente;
rose vermiglie infra la neye

over d'allora, e discovrir l'avorio
e fa di marmo chi da presso l guarda:
tto quel perchè nel viver breve

on rincresco a me stesso, anzi mi glorio
esser servato alla stagion più tarda.

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Amor non è; che dunque è quel ch'i' sento? s'egli è Amor; per Dio, che cosa, e quale? buona; ond'è l'effetto aspro e mortale? ria; ond'è sì dolce ogni tormento?

mia voglia ardo; ond'è 'l pianto, e 'l lamento? a mal mio grado; il lamentar che vale ? viva morte, o dilettoso male,

me puoi tanto in me, s' io nol consento? to consento a gran torto mi doglio. -a sì contrari venti in fragil barca

i trovo in alto mar senza governo, eve di saver, d'error sì carca,

'i' medesmo non so quel ch' io mi voglio: tremo a mezza state, ardendo il verno.

. 3. alti desiri. v. 24. frale. v. 28. al. ed arde.

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