SONET TO XI.
Se la mia vita dall' aspro tormento
Si può tanto schermire, e dagli affanni, Ch'i' veggia per virtù degli ultim' anni, Donna, de' be' vostr' occhi il lume spento: Ei cape' d'oro fin farsi d'argento,
E lassar le ghirlande, e i verdi panni, E'l viso scolorir che ne'miei danni A lamentar mi fa pauroso, e lento: Pur mi darà tanta baldanza Amore, Ch'i' vi discovrirò, de' miei martiri Qua' sono stati gli anni, i giorni, e l'ore. se 'l tempo è contrario ai be' disiri, Non fia ch' almen non giunga al mio dolore Alcun soccorso di tardi sospiri.
SONETTO XII.
Quando fra l'altre donne ad ora ad ora
Amor vien nel bel viso di costei, Quanto ciascuna è men bella di lei, Tanto cresce il desio che m'innamora. Tbenedico il loco, el tempo, e l'ora, Che sì alto miraron gli occhi miei; E dico: Anima, assai ringraziar dei, Che fosti a tanto onor degnata allora. Da lei ti vien l'amoroso pensiero,
Che mentre 'l segui, al sommo ben t'invia, Poco prezzando quel ch'ogni uom desia: Da lei vien l'animosa leggiadria,
Ch' al ciel ti scorge per destro sentiero ; Sì ch'i' vo già della speranza altero.
v. 6. al. lasciar. v. 7. scolorar. v. 10. mie' v. 12. desiri. v. 18. disio. v. 23. al. pensero. v. 25. disia 7. 26: al. amoɣosa. v. 27. sentero.
Occhi miei lassi, mentre ch'io vi giro
Nel bel viso di quella che v' ha morti, Priegovi, siate accorti :
Che già vi sfida Amore; onde io sospiro. Morte può chiuder sola a' miei pensieri L'amoroso cammin, che li conduce Al dolce porto della lor salute. Ma puossi a voi celar la vostra luce Per meno obbietto; perchè meno interi Siete formati e di minor virtute. Però dolenti, anzi che sien venute L'ore del pianto, che son già vicine, Prendete or alla fine.
Breve conforto a sì lungo martiro.
Io mi rivolgo indietro a ciascun passo
Col corpo stanco, ch'a gran pena porto, E prendo allor del vostr' aere conforto, Che'l fa gir oltra, dicendo, o me lasso. Poi ripensando al dolce ben ch'io lasso, Al cammin lungo, ed al mio viver corto, Fermo le piante sbigottito, e smorto, E gli occhi in terra lagrimando abbasso. Talor m'assale in mezzo a' tristi pianti Un dubbio, come posson queste membra Dallo spirito lor viver lontane :
Ma rispondemi Amor: Non ti rimembra, Che questo è privilegio degli amanti, Sciolti da tutte qualitadi umane ?
v. 3. Pregovi. v. 11. sian. v. 16, al. a fatica . 18. oimè. v. 28. qualitati.
vecchierel canuto, e bianco. Dal dolce loco ov' ha sua età fornita,. E dalla famigliuola sbigottita, Che vede il caro padre venir manco : Indi traendo poi l'antico fianco
Per l'estreme giornate di sua vita, Quanto più può, col buon voler's' aita Rotto dagli anni, e dal cammino stanco : E viene a Roma seguendo 'l desio Per mirar la sembianza di colui, Ch' ancor là su nel ciel vedere spera: Così, lasso, talor vo cercand' io, Donna, quant'è possibile, in altrui. La desiata vostra forma vera.
Piovommi amare lagrime, dal viso
Con un vento angoscioso di sospiri, Quando in voi addivien che gli occhi giri, Per cui sola dal mondo i' son diviso. Vero è, che 'l dolce mansueto riso
Pur acqueta gli ardenti miei desiri, E mi sottragge al foco de' martiri, Mentr' io son a mirarvi intento, e fiso; Ma gli spiriti miei s'agghiaccian poi, Ch'io veggio al dipartir, gli atti soavi Torcer da me le mie fatali stelle. Largata al fin con l'amorose chiavi L'anima esce del cor, per seguir voi; E con molto pensiero indi si svelle.
v. 2. Del v. 9. al. vanne. disio. v. 14. disiata V. 17. inver voi avvien. v. 20. disiri.
uand' io son tutto volto in quella parte, Ove 'l bel viso di Madonna luce;
E m'è rimasa nel pensier la luce;
Che m'arde, e strugge dentro a parte a part I', che temo del cor, che mi si parte, E veggio presso il fin della mia luce; Vommene a guisa d'orbo senza luce, Che non sa ove si vada, e pur si parte. Così davanti ai colpi della morte
Fuggo; ma non sì ratto, che 'l desio Meco non venga, come venir sole. Tacito vo; che le parole morte.
Farien pianger la gente ed i' desio Che le lagrime mie si spargan sole.
SONETTO XVII.
Son animali al mondo di sì altera
Vista, ch'incontr' al Sol pur si difende; Altri però che 'l gran lume gli offende, Non escon fuor se non verso la sera:
Ed altri col desio folle, che spera
Gioir forse nel foco, perchè splende; Provan l'altra virtù, quella che 'ncende. Lasso il mio loco è'n questa ultima schiera Ch'io non son forte ad aspettar la luce Di questa Donna, e non so fare schermi Di luoghi tenebrosi, o d'ore tarde. Però con gli occhi lagrimosi, e 'nfermi Mio destino a vederla, mi conduce:
E so ben ch'io vo dietro a quel che m'arde
v. 2. al. mia Donna. v. 5. al, si diparte . v in guisa sanza. v. 1o. disio. v. 13. Farian al. pi ger altrui. disio v. 19. disio v. 22. Lasso il .
ergognando talor, che ancor si taccia, Donna, per me vostra bellezza in rima, Ricorro al tempo ch'i'vi vidi prima, Tal che null' altra fia mai che mi piaccia. Ma trovo peso non dalle mie braccia, Nè opra da pulir con la mia lima: Però l'ingegno, che sua forza estima, Nell'operazion tutto s'agghiaccia. Più volte già per dir le labbra apersi: Poi rimase la voce in mezzo 'l petto : Ma qual suon poria mai salir tant' alto? Più volte incominciai di scriver versi ; Ma la penna, e la mano, e l'intelletto Rimaser vinti nel primier assalto.
Mille odoleti pace,
Tille fiate, o dolce mia guerriera,
V'aggio proferto il cor: m'a voi non piace Mirar sì basso con la mente altera. E se di lui fors' altra donna spera, Vive in speranza debile, e fallace: Mio, perchè sdegno ciò ch'a voi dispiace, Esser non può giammai così, com' era. Or s' io lo scaccio, ed e' non trova in voi Nell' esilio infelicé alcun soccorso,
Nè sa star sol, nè gire ov' altr' il chiama ; Poria smarrire il suo natural corso;
Che grave colpa fia d'ambeduo noi,
E tanto più di voi, quanto più v’ama,
v. 5. da le v. 6. ovra de polir. v. 7. lo 'ngegno. v. 1o. a mezzo. v. 13. lo 'ntelletto. v. 17. alma voi. v. 28. al. Ma tanto.
« PrethodnaNastavi » |