A qualunque animale alberga in terra, Se non alquanti c'hanno in odio il sole, Tempo da travagliare è quanto è'l giorno: Ma poi, ch'il ciel accende le sue stelle, Qual torna a casa, e qual s'annida in selva Per aver posa almeno infin all'alba. Ed io da che comincia la bell' Alba A scuoter l'ombra intorno della terra Svegliando gli animali in ogni selva, Non ho mai triegua di sospir col Sole. Poi, quand' io veggio fiammeggiar le stelle, Vo lagrimando, e desiando il giorno. Quando la sera scaccia il chiaro giorno, E le tenebre nostre altrui fan alba; Miro pensoso le crudeli stelle, Che m'hanno fatto di sensibil terra; E maledico il dì ch'i' vidi 'l sole, Che mi fa in vista un uom nudrito in selva, Non credo che pascesse mai per selva Si aspra fera, o di notte, o di giorno, Come costei, ch'i' piango all'ombra e al sole E non mi stanca primo sonno, od alba; Che bench' i' sia mortal corpo di terra, Lo mio fermo desir vien dalle stelle. Prima ch'i' torni a voi, lucenti stelle, O torni giù nell'amorosa selva Lassando il corpo, che fia trita terra; Vedess' io in lei pietà: ch'in un sol giorno Può ristorar molt'anni, e 'nnanzi l'alba Puommi arricchir dal tramontar del Sole. Con lei foss' io da che si parte il Sole; E non vi vedess' altri che le stelle, Sol una notte; e mai non fosse l'alba; E non si trasformasse in verde selva Per uscirmi di braccio, come il giorno, Che Apollo la seguia quaggiù per terra. V. I. al. qualunque v. 3. al. di. v. 8. al. dall v. 12. disiando. v. 18. nodrito. v. 24. al desio. 27. al lasciando. v. 29. al. mill' anni. v. 35. brad Ma Ma io sarò sotterra in secca selva, E'l giorno andrà pien di mute stelle, CANZONE IV. Nel dolce tempo della prima etade, ! Che nascer vide, ed ancor quasi in erba Sia scritto altrove, sì che mille penne Che tien di me quel dentro, ed io la scorza. Lasso, che son? che fui ? La vita il fin, e 'l dì loda la sera. Che sentendo il crudel di ch' io ragiono, Infin allor percossa di suo strale Non essermi passata oltra la gonna, Pre v. 3. al. vidi. v. 15. al. crudo. v. 28. avean. v. al. lasciava, v. 31. che n'. v. 37. passato. Prese in sua scorta una possente donna, E i capei vidi far di quella fronde, 6 Ei piedi, in ch' io mi stetti, e mossi, e corsi, (Com' ogni membro all' anima risponde) Diventar due radici sovra l'onde, Non di Peneo ma d' un più altero fiume; E in duo rami mutarsi ambe le braccia! Nè meno ancor m'agghiaccia L'esser coverto poi di bianche piume, Là 've tolto mi fu, dì e notte andava, Che volendo parlar cantava sempre Che 'I cor s'umiliasse aspro e feroce .. Benchè sia tal, ch'ogni parlare avanzi. v. 4. al. E' due. v. g. al. quelle. v. 10. al. già Ja, v. 15. al. ambo. v. 30. al. e sì v. 35. nimica. Poi la rividi in altro abito sola Tal, ch'io non la conobbi, (o senso uniano!) Tosto tornando, fecemi, oimè lasso, Che tremar mi fea dentro a quella petra, La penna al buon voler non può gir presso; Ond' io gridai con carta, e con inchiostro, Ch'a quei prieghi il mio lume era sparito. Gittaimi stanco sopra l'erba un giorno. Ne v. 3. al. sanza paura. v. 5. al. aimè. v. 33. quer preghi. v. 37. Gittâmi. Nè giammai neve sotto al sol disparve, Com' io sent me tutto venir meno, E farmi una fontana a piè d'un faggio. Gran tempo umido tenni quel viaggio. Chi vide mai d'uom vero nascer fonte ? E parlo cose manifeste, e conte L'alma, ch'è sol da Dio fatta gentile, (Che già d'altrui non può venir tal grazia } Simile al suo fattor stato ritene: Però di perdonar mai non è sazia A chi col cuore, e col sembiante umile D'esser molto pregata, in lui si specchia Dell'un mal, chi dell' altre s'apparecchia. Ma nulla ha 'l mondo in ch'uom saggio si fide: Chiamando Morte, e lei sola per nome. Si stava quando 'I sol più forte ardea. Stet V. I. sott'al. v. 5. udì. v. 6. al. Io parlo. v. 9. al. ritiene. v. 12. al. quantunche. al. viene. T. 19. al. ricognobbe. v. 22. ́è al mondo. v. 25. dell'. v. 28. al. spilenche. al. pellegrine'. |