Meco si sta chi dì, e notte m'affanna, Poi che del suo piacer mi fe' gir grave La dolce vista, e'l bel guardo soave. Tutte le cose di che 'l mondo è adorno, Uscir buone di man del Mastro eterno; che così a dentro non discerno, Abbaglia il bel che mi si mostra intorno, E s'al vero splendor giammai ritorno, L'occhio non può star fermo; Ma me, Così l'ha fatto infermo, i Pur la sua propria colpa; de (non «quel giorne Ch'i' volsi inver l'angelica beltade Nel dolce tempo della prima retade. Perchè CANZONE erchè la vita, è breve, XVIII E l'ingegno paventa all' alta impresa, Là dov'io bramo, e là dov' esser deve, A voi rivolgo il mio debile stile Pigro da se ma'l gran piacer lo sprona: E chi di voi ragiona, Tien dal suggetto un abito gentile; Levando, il parte d'ogni pensier vile: Non perch' io non m'avveggia Quanto mia laude è ingiuriosa a voi ; Ch'i' vidi quel che pensier non pareggia, Altri che voi, so ben che non m'intende ; Vo V. 11. al. propia. v. 22. al. gran desio. v. 2 al. ali. Vostro gentile sdegno Forse ch'allor mia indegnitate offende. , se questa temenza Non temprasse l' arsura che m'incende, M'è più caro il morir, che 'l viver senza. Si frale oggetto a sì possente foco; Non è proprio valor che me ne scampi: Che'l sangue vago per le vene agghiaccia, O poggi, o vallig oifiumi, o selve, o campi, Quante volte m'udiste chiamar Morte? Lo star mi strugge, e'l fuggir non m'aita. Non m'affrenasse; via corta, e spedita Fuor di cammin a dir quel ch'i' non voglio? Occhi sopra ' mortal corso sereni, Nè di lui ch' a tal nodo mi distrigne. Addosso col poter ch'ha in voi raccolto, Se non che'l veder voi stesse v'è tolto. La divina incredibile bellezza Di ch'io ragiono, come a chi la mira; Non *.8. al. obiettos v. 23. al. soglio . v. 27. al, mo▪ 6.v.36. al. sete. Non avria 'l cor: però forse è rimota Mi date quel dond' io mai non sen sazio Mirate, qual amor di me fa strazio? E perchè mi spogliate immantinenter Del ben, ch'ad ora ad or l'anima sente ? Dico, ch'ad ora ad ora Vostra mercede) i' sento 'n mezzo l'alma Di noiosi pensier disgombra allora Invido, e me superbo l'onor tanto. Però, lasso, conviensi Che l'estremo del riso assaglia il pianto; E 'nterrompendo quegli spirti accensi, A me ritorni, e di me stessa pensi. L'amoroso pensiero Ch'alberga dentro, in voi mi si discopre Escon di me sì fatte allor, ch'i' spero Di là non vanno dalle parti estreme: Nasce di me, da voi vien prima il seme: v. 1. al. avric'l cor. v. 10. al. incontamente 18. al. di viver. v. 33. al. angustia. Io per me son quasi un terreno asciutto Colto, da voi, e'l pregio è vostro in tutto. anzon, tu non m'acqueti, anzi m'infiammi A dir di quel ch'a me stesso m'invola; Però sia certa di non esser sola. CANZONE Jentil mia Donna, i'veggio XIX. Nel mover de' vostri occhi un dolce lume. Dentro là dove sol con Amor seggio, Contar poria quel, che le due divine E quando 'l verno sparge le pruine, Onde 'l Motor eterno delle stelle Degnò mostrar pel suo lavoro in terra, Aprasi la prigion ov' io son chinso, Alzò 'l mio cor, che insin allor io giacqui Da quel dì innanzi a me medesmo piacquí Quel core ond' hanno i begli occhi la chiave. Nè mai stato gioioso A V. 1. al. To son per me. v. 2. al. Culto. v. 13. al, a glorioso. v. 16. al. potria. v. 19. al. ringioHanisce. v. 29. riservato. v. 35. al. le chiave." Amor, o la volubile Fortuna Dieder a chi più fur nel mondo amici, Rivolta d'occhi: ond' ogni mio riposo Della mia vita; ove 1 piacer s'accende Come sparisce, e fugge e strugge; Ogni altro lume dove 'l vostro splende, Quando tanta dolcezza in lui discende, Fu in cor d'avventurosi amanti accolta, Soavemente tra'l bel nero, e 'l bianco E la man, che si spesso s' attraversa E gli occhi; onde dì, e notte si riversa Che natural mia dote a me non vale, Qual all' alta speranza si conface, Potrebbe forse aitarme Nel benigno giudizio una tal fama. Che v. 27. rinversa. 28. disio. v. 39. al. atarme. |