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dirlo, per l'inclusione, nel caso nostro il silenzio vale esclusione.

Attesochè è pure da aggiungersi con sana ermeneutica interpretativa che nell'art. 709 non parlasi che di atti tutti propri del debitore e in suo concorso compiuti, e si farebbe una eccezione solo per le ipoteche, lo che non può ammettersi, che l'istessa parola costituita sui beni ecc., checchè ne dicano in contrario gli opponenti, si riferisce più alla concessione spontanea del debitore che alla iscrizione assunta insciente parte in forza del giudicato, ma comunque, voglia pure attribuirsi ad essa il senso generico che gli opponenti stessi pretendono, non si varia con ciò solo il significato complessivo dell' articolo, nè può dedursene un concetto comprensivo delle ipoteche giudiziali.

Che eziandio il successivo articolo 710, il quale in tesi d' iscri zioni ipotecarie fissa la regola generale, spiega viemmeglio la precedente disposizione eccezionale, e non avrebbe ragione di essere, quando, ammesso che le ipoteche legali non sono comprese nell'ora detta disposizione, fossero nulle per legge non solo le convenzionali, ma anche le giudiziali. Ne si dica che colle parole di titolo riconosciuto valido, s'imponga al creditore di distruggere la presunzione di frode, di che all'articolo 709 colla prova della sua buona fede; in allora le due disposizioni in discorso sarebbero egualmente improntate dalla presunzione dalla mala fede, cosa che non si può desumere nè dalla lettera, nè dallo spirito di esse. Fra

questi due articoli evvi differenza notevole marcata, e sembra stia in ciò, che mentre nell'art. 709 s' impone per una speciale inversione, la prova della buona fede, nel creditore, in colui che è munito del titolo costitutivo l'ipoteca; nel 710 si sottraggono le iscrizioni ipotecarie ivi contemplate dalle disposizioni precedenti, e quindi dalla presunzione di mala fede, lasciandosi solo l'adito alla prova contraria. I titoli riconosciuti validi insomma sono quelli non compresi nell'articolo 709, e così li creati anteriormente alla data della cessazione dei pagamenti, e le sentenze giudiziali in qualsiasi tempo avvenute, perchè non comprese nella presunzione di mala fede.

Attesochè in tema di frode e per essere consentanea al loro sistema d'impugnazione, e per poter proporre la prova testimoniale dedotta, le Ditte opponenti pretesero ad una novella qualità di frode meno grave ed esclusiva in tema di fallimenti, consistente nella cura per parte del creditore del proprio interesse, allorchè sia a cognizione che il suo debitore si avvii alla rovina, e non sia più in grado di corrispondere a tutti i suoi impegni, ma neanche su questo campo si possono seguire i preopinanti, comunque sostenuti da taluni scrittori in materia, penchè nè il Codice di commercio ha creato questa specialità di frode, che fino ad ora non è che nella mente di qualche giurista, perchè lo stesso Codice per lo contrario non fa che richiamarsi sull'argomento della frode all'articolo 1235 del Codice civile, il quale ne tratta appunto con tutti i suoi

caratteri di artifici occulti e maliziosi dai quali è accompagnato il danno ad altri arrecato. La difficoltà della prova della frode può riescire di danno al creditore, ma non autorizza a snaturarne l'essenza. Attesochè eziandio non più sostenibile si ravvisa l'ultima argomentazione basata all'uguaglianza fra creditori che resterebbe assai vulnerata, con grave danno del commercio, qualora fossero escluse dalla presunzione di frode le ipoteche giudiziali, in primo luogo si osserva che questa uguaglianza è voluta dalla legge solo dalla data della dichiarazione di fallimento, perchè così ha espressamente stabilito: chè la legge non avrebbe potuto volerla prima, per la impossibilità a realizzarsi in pratica, tanto più che la data della cessazione dei pagamenti può retrotrarsi ad un triennio, e perchè della contestata asserta disuguaglianza mantenne il principio, allorchè riconobbe l'efficacia delle iscrizioni ipotecarie in base a titolo riconosciuto valido, in qualunque tempo assunte, e permise di fare la prova della realtà e buona fede dei contratti presunti fraudolenti.

Bene si disse da parte dei creditori ipotecari che l'uguaglianza nel caso consiste nel trattare disugualmente le cose disuguali, e gli opponenti stessi non disconobbero la preferenza dovuta al credito favorito d'ipoteca legale, pure creato nel tempo sospetto, sopra qualsiasi altro credito.

Che è pertanto erroneo, che l'art. 709 precitato tenda all'uguaglianza fra tutti i creditori: esso

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stificazione del suo operato non solo di fronte all'armatore ma di fronte ai terzi; ma con siffatto ragionamento si eludeva non si risolveva la quistione che era insorta tra il capitano e l'armatore, che consisteva nel vedere se era in facoltà del capitano di portar via dal bordo quel giornale per custodirlo presso di sè dopo che aveva cessato di comandare la nave per la quale quel giornale doveva essere tenuto.

Ora, se si pon mente all'articolo 521 del Codice di commercio del 1866, all'art. 500 del vigente, alle disposizioni del Codice per la marina mercantile art. 95, 99 ed agli art. 345 e 350 del Regolamento per l'esecuzione di questo Codice, è ovvio il rilevare che quel giornale, giusta la ragion della legge che ne ordinò la tenuta, deve rimanere al bordo della nave e non può dal capitano asportarsi al cessar della sua amministrazione. Di vero quel giornale deve rappresentare tutto ciò che di importante succede giornalmente al bordo della nave, e deve servire non solo per la contabilità speciale del capitano coll'armatore, ma anche per quella che può riguardare i terzi, per le azioni che possono avere da rivolgere all'armatore, come pure pei rapporti delli caratisti coll'armatore pel conto che ad essi costui deve rendere.

In questo giornale giusta gli art. 95 e 99 del Codice della marina mercantile, devono annotarsi le deliberazioni prese per la riduzione della razione all'equipaggio, il quale in tal caso ha diritto

ad una indennità in denaro; deve pure annotarsi la deliberazione presa per la distruzione degli oggetti appartenenti a passeggieri morti durante il viaggio, quando ciò sia richiesto da motivi d'igiene del bordo, e devono inserirsi i testamenti fatti a bordo dai marinai o passeggieri.

Ora in caso di azioni mosse dai marinai o dagli eredi del defunto verso l'armatore per le indennità da darsi ai primi e per la restituzione delli oggetti del defunto reclamati dai secondi, dopo che il capitano avesse cessato dall'amministrazione della nave come potrebbe difendersi l'armatore senza avere a bordo il giornale in cui le deliberazioni relative a tali accidenti dovevano essere registrate? Giusta gli art. 521 del cessato e 500 del vigente Cod. di commercio, questo giornale deve rappresentare tutto ciò che riguarda gli interessi dei proprietari, delli armatori e dei caricatori, e che può dar luogo a rendimento di conti o a domanda giudiziale. Ora poichè queste domande giudiziali e questi rendimenti di conto, possano aver luogo non solo tra l'armatore ed il capitano, ma anche tra l'armatore e i proprietari della nave e tra costoro e i terzi, è necessario che questo giornale resti a bordo della nave per poter essere consultato nell' interesse di tutte queste persone. E poichè il capitano è dichiarato dall'articolo 505 responsabile dei danni verso gli interessati in caso di inosservanza del citato art. 500, che prescrive la tenuta del giornale suddetto, sarebbe incoerente

la legge se poi desse facoltà al capitano, quando abbandona la nave, di asportarselo e privarne l'armatore ed i proprietari della nave, nell'interesse dei quali è pure prescritto.

Infine se il regolamento 20 novembre 1879 per l'esecuzione del Codice della marina mercantile, dopo aver disposto all'art. 345 che il giornale nautico consta dei tre libri, cioè giornale generale, giornale di navigazione e giornale di boccaporto, dispone all'art. 350, che quando la nave cessa di navigare o è coperta da altra bandiera deve il giornale nautico essere ritirato dall'ufficiale di porto o dai Consoli all'estero, ed essere trasmesso all'ufficio di capoluogo del compartimento marittimo, e che lo stesso deve farsi quando esso è intieramente esaurito o reso inservibile, ciò esclude perentoriamente che il capitano possa ritirare e custodire presso di sè quella parte di detto giornale, che è detto giornale generale e di contabilità; ma prova anche che lo stesso deve rimanere a bordo, o custodirsi nell'ufficio del compartimento marittimo cui appartiene la nave. Ma se così è, quando il Patrone si faceva a chiedere a Pardo che presentasse il giornale generale e di contabilità che dovea aver tenuto, quando era al comando della nave G. B. Patrone dovea almeno dedurre e provare che quel giornale non si era rinvenuto tra le carte di bordo, quando il Pardo lasciò il comando e l'amministrazione della ridetta nave: mentre è da notarsi, in tema di fatto, giusta quando si desume dall'atto di

citazione in via riconvenzionale fatto intimare da Patrone nel 29 maggio 1886, che il capitano Pardo avea già allora abbandonato il bastimento, il quale si trovava nel porto di Genova sotto custodia, ed un conto dell'amministrazione tenuta dall' aprile 1884 al 2 maggio 1886 era già stato reso, sebbene in modo inaccettabile, come dicevasi da Patrone, e perciò egli in quel tempo avrebbe dovuto verificare in quale stato era il gior nale nautico se il giornale di contabilità da cui doveva aver desunto il suo conto, vi si trovava unito come di dovere o se ne era stato asportato, ma se esso non si curò di farlo, non può ora addossare senz'altro al Pardo l'onere di produrre quel giornale dando per provato che esso lo detenga, perchè contro questa situazione sta la presunzione della legge, giusta la quale il detto giornale doveva rimanere al bordo, e quindi fino a prova contraria, il Pardo è protetto da questa presunzione e pertanto non fu corretto il giudizio del Tribunale quando addosso senz'altro al Pardo l'obbligo della presentazione di detto giornale, senza che constasse nemmeno in via presuntiva che esso lo ritenesse.

Attesochè riformandosi pertanto in tal parte la sentenza appellata si devono accogliere le istanze del Pardo per la remissione delle parti davanti il liquidatore per l'ulte. riore discussione del conto, come venne ordinato dalla sentenza del 26 luglio 1887, da farsi in base a quei documenti che furono già a lui presentati dalle parti.

Per questi motivi la Corte in

riforma, ecc., assolve allo stato delle cose, ecc.

CORTE DI APPELLO DI LUCCA 12 ottobre 1888 Pres. ed Est. CESARINI

Giera (avv. Pucci)

c. Pini (avv. Anzilotti).

Moratoria

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Requisiti, (art. 157, 158, 821, 822, 825, 827, 828, 833, 907, 913 Cod. comm.).

Il consenso della maggioranza dei creditori per conseguire la moratoria è un requisito che non vincola l'autorità giudiziaria, la quale deve semplicemente tenerne conto e non basarvi la sua decisione.

L'art. 822 del Codice di commer

cio non esige una maggioranza per entità d'interessi, ma per numero di persone.

La maggioranza per numero non si misura dal numero complessivo dei creditori, ma da quello dei creditori intervenuti all'adunanza o in persona, o mediante mandatario; e i non comparsi, sebbene debitamente avvisati, devono ritenersi non quali opponenti, ma come tacitamente aderenti alla risoluzione della maggioranza.

La società anonima ceramica livornese denominata La Cigna, costituita per pubblico istrumento del 22 dicembre 1886 rogato Bandini, col capitale di lire 600,000 diviso in milleduecento azioni, e avente a scopo la fabbricazione e vendita di terraglie nello stabilimento so

ciale posto in Livorno fuori la barriera fiorentina, dopo aver funzionato regolarmente per diversi mesi, nei primi giorni della seconda metà del luglio decorso dovè improvvisamente sospendere i suoi pagagamenti, atteso l'avvenuto fallimento dei banchieri fratelli Soria, che facevano a detta società il servizio di cassa e provvedevano alle varie scadenze delle sue obbligazioni;

Il consiglio di amministrazione, dopo avere nel momento cercato di provvedere ai bisogni della situazione, e compilato un bilancio straordinario che rappresentasse lo stato della società al 21 luglio, convocò un'assemblea generale degli azionisti, la quale adunatasi nel 29 di agosto successivo, deliberò che il consiglio anzidetto presentasse al tribunale una domanda di, moratoria;

Infatti una tale domanda venne nel 21 di quel mese presentata al tribunale insieme al bilancio sociale e relativi allegati col deposito nella cancelleria dei libri di amministrazione;

Adempiutesi le operazioni primordiali sulla moratoria, il tribunale, con sentenza proferita nel 30 agosto, ordinò una convocazione dei creditori di detta società per l'11 settembre successivo onde essere interrogati a forma di legge sulla domanda di moratoria stata avanzata;

Notificati di tale convocazione, per lettera raccomandata, i 32 creditori, che tanti risultavano essere, ne comparvero alla adunanza soli 17, ma il numero dei votanti si ridusse a 15, perchè di due, che

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