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le scadenze; contro il qual prin-
cipio, dinanzi alla Corte stessa,
oltre essersi osservato che cosi ta-
luni creditori avrebbero avuto un
vantaggio sopra coloro che nel-
l'intento, di evitar litigi e spese,
attendono pazie iti il compimento
della liquidazione, si escogitò que-
sto curiosissimo ragionamento:
<< In fatto di liquidazione bisogna
seguire i principii posti dal Cod.
civ. intorno all'eredità benefi-
ciata, per cui è stabilito che in
caso di opposizione l'erede non
può pagare i creditori (che non
sono privilegiati o ipotecari) se
non coll' autorizzazione del ma-
gistrato e secondo l'ordine e il
modo per esso determinato, il
quale non può essere che il con-
tributo. La Corte respingendo
questa obbiezione diceva di non
saper comprendere come si vo-
glia far paragone fra due ter-
mini cosi disparati come una so-
cietà in liquidazione ed una ere-
dità beneficiata. Nel caso previ-
sto dall' art. 976, soggiungeva la
Corte, se l'erede beneficiato di-
stribuisse il denaro della succes-
sione a suo piacimento, farebbe
atto di erede puro e semplice.

Realmente nessuna analogia
vi ha fra la eredità beneficiata
e una società in liquidazione;
poichè mentre dei debiti della
prima risponde solo il patrimonio
della eredità stessa, dei debiti
della seconda risponde, oltre il
patrimonio sociale, il patrimonio
dei singoli soci. Però anche dato
(e non concesso) che cotesta ana-
logia si riscontri è opportuno

vedere se propriamente l'art. 976
Cod. civ. consideri il caso di una
opposizione di creditori al paga-
mento di debiti scaduti e se ve-
ramente nel caso dell' art. 976
l'autorita giudiziaria deve ordi-
nare il pagamento di tutti i debiti
in proporzione. Guardiamo in-
tanto l'opposizione in parola in
che deve consistere; essa, dice il
Ricci, si ha quando un credi-
ditore, per esempio, notifichi al-
l'erede un atto in cui affermi
che il suo credito è privilegiato
su dati mobili e vieti all'erede
di pagare altri creditori col prez-
zo ritratto dalla vendita dei me-
desimi, prima che esso sia stato
soddisfatto del suo avere. Una
opposizione di un creditore, il cui
credito non fosse scaduto, al pa-
gamento di debiti scaduti che
l'erede facesse, non sarebbe am-
missibile che quando il creditore
stesso dimostrasse che, pagando
integralmente i debiti scaduti,
ma non privilegiati, sarebbe im-
possibile poi pagare i debiti non
ancora scaduti. Quanto al modo
che il tribunale ordinerà all'ere-
de di seguire per il pagamento
dei debiti è erroneo affermare
che esso debba essere sempre
il contributo; anzi, nell'articolo
stesso dicendosi che il magistrato
determinerà anche l'ordine con
cui andranno pagati i debiti,
resulta sempre più che coll' arti-
colo stesso si ha avuto special-
mente di mira lo scopo d'impe-

Corso teorico-pratico di diritto civile,
vol. IV, pag. 110.

dire che crediti semplici fossero pagati a preferenza di crediti privilegiati; infatti parlandosi di ordine nei pagamenti, ciò implica una serie di pagamenti successivi: onde ognun vede come sia assurdo pretendere che per l'art. 976 il giudice debba, dietro opposizione dei creditori, anche quando l'attivo superi il passivo, obbligare l'erede beneficiario a pagare tutti i creditori per contributo.

Concludiamo che per togliere

ogni dubbio su questo punto e per determinare esattamente i requisiti necessari affinché un liquidatore possa pagare integralmente i debiti scaduti, non sarebbe stata inopportuna nel nostro Codice di commercio una precisa disposizione di legge, a somiglianza di quella della legge belga.

Pisa, gennaio 1889.

Dott. ANGELO SRAFFA.

AZIONE D' INDEBITO ARRICCHIMENTO

CONTRO I GIRANTI.

parte, nulla versato in corrispettivo di essa.

Si può discutere se una legge | negoziata, senza avere, da altra cambiaria debba o non debba occuparsi di rapporti che non derivano direttamente e palesemente dalla cambiale, ma questa hanno soltanto per causa occasionale, come è il caso appunto dell'azione d'indebito arricchimento; però non si può negare che tale azione, riconosciuta da molte leggi ed anche dalla nostra, derivi da un principio d' alta moralità. Immorale, infatti, sarebbe che il debitore, per ciò solo che non si agi contro di lui nei modi rigorosi fissati dalla legge, potesse essere liberato da ogni obbligazione, e così lucrare il valore della cambiale da lui

Tale sarebbe il caso del traente che, pur avendo ricevuto dal prenditore il prezzo della cambiale, non avesse poi fatta nessuna provvista di fondi al trattario per l'accettazione se il pagamento di essa, finchè l'accettante appunto non pagasse alla scadenza. Questo caso tipico è precisamente quello che fa anche il nostro Codice nell'articolo 326, oltre quello dell' accettante di una cambiale domiciliata e dell' emittente di un vaglia cambiario.

Adunque non v'è dubbio che la ragione per cui la legge ac

corda azione al possessore contro codesti debitori cambiarii, sebbene egli sia decaduto dall'esercizio dell'azione cambiaria, è quella soltanto d'impedire un indebito arricchimento. Motivo per cui si può dire che ogniqualvolta si ripeta questa medesima condizione di cose, si deve pur ripetere l'applicazione del medesimo rimedio legale, perchè ubi eadem legis ratio, ibi et ipsa lex. Con altre parole: ogni qualvolta v'è indebito arricchimento, si ha da poter agire contro chi indebitamente si è arricchito, non ostante che l'azione cambiaria non sia stata esercitata di conformità alla legge.

Se non che si obbietta: nell'articolo 326 del Codice di commercio si parla bensi di traenti, di accettanti di cambiali domiciliate, di emittenti di vaglia cambiarii; ma non si dice parola di giranti. Questi, adunque, si devono ritenere esclusi dal beneficio di tale articolo.

Non si parla di giranti. È verissimo, ed è anche naturale; perché le leggi devono prevedere e disciplinare ciò che plerumque accidit; non i casi eccezionali. Ora, appunto, ciò che più comunemente accade si è che chi riceve una cambiale per girata ne paghi anche il prezzo al poprio girante. Per contrario, il caso di cambiali gratuite è straordinario; epperò s'intende che anche il nostro Codice non l'abbia espressamente ricordato. Ciò per altro non toglie che, avverandosi pure tal

caso, esso non sia virtualmente e di necessità compreso nella intenzione del legislatore e nella ragione della legge. Allora si capisce, del pari, come l'enumerazione delle persone contro cui si può esercitare l'azione d'indebito arricchimento, e quale è fatta dal nostro Codice, non sia tassativa, ma dimostrativa soltanto. E di vero: non ripugnerebbe egli ad ogni principio di giustizia che, pur vi essendo indebito arricchimento, il girante indebitamente arricchito potesse respingere qualsiasi azione di pagamento, per ciò solo che nella enumerazione fatta nell'art. 326 del Codice di commercio non si parla di giranti, ma solo di traenti ecc.?

Conforme a quanto diciamo è pure la dottrina. Il Cattaneo (La legge universale di cambio, pag. 411) scrive che « anche in altro modo potrebbe verificarsi l'arricchimento di un girante, quando cioè la cambiale fosse stata tratta all'ordine proprio del traente, il quale l'avesse girata in corrispettivo dell' obbligo assunto dal giratario di fare la provvista dei fondi, provvista che poi il giratario avesse mancato di fare, benchè avesse girata ad altri la cambiale. » A sua volta il Renaud (Trattato di diritto generale di cambio tedesco, cap. 7, III, t. 95) dice: « l'azione d' indebito arricchimento deve rendersi forzata nello stesso modo quando è proposta da un giratario contro il traente all'ordine

proprio. > - Più esplicito ancora è il Thöl (Trattato di diritto commerciale, vol. 2, cap. 10, § 93). il quale scrive: « Anche il girante può essersi arricchito a danno di un giratario.... Il girante, il debito cambiario del quale è estinto, si può quindi arricchire a danno del suo giratario, del suo precedente creditore cambiario. Questa disposizione di diritto non è menomamen'e giustificata dal concetto che l'arricchimento di un girante sia impossibile. Il primo girante di una tratta al proprio ordine è traente, e quindi sottoposto all'azione a causa di arricchimento. »

Nè la cosa manca di precedenti pur nella nostra giurisprudenza. Nella sentenza dell' 11 febbraio 1888 della Corte d'appello di Genova, pronunciata nella causa fra la Banca Veneta, e la Banca Provinciale e la Ditta Schiaffino e Solari, l'azione d'indebito arricchimento pur contro i giranti è ammessa assai esplicitamente. Ivi si legge (Eco di Giurispr., n. 5 del 1888): « Attesochè, quantunque la Ditta Schiaffino e Solari dal biglietto all'ordine 25 gennaio 1887 non appaia che qual prima girataria, e che il primo girante sia lo stesso emittente Angelo Ferri, si oppone però dalla Banca Veneta che la firma dell'Angelo Ferri non fu che una firma di favore, e che il vero emittente sia la stessa Ditta Schiaffino e Solari. Che un primo elemento di presunzione che ciò veramente

sia si trae, in primo luogo, da che il pagamento avesse a farsene a domicilio della stessa Ditta, che a compiere tal prova ed a stabilire che la Ditta fu la vera emittente e che la firma dell'Angelo Ferri non fu che una firma effimera e per favore, fu dunque opportunamente dedotto e dal tribunale ammesso l'apposito interrogatorio. Che ad escludere questo fatto, che sussistendo renderebbe applicabile alla Ditta la disposizione dell'articolo 326 del Codice di commercio, ecc. » Le quali parole vogliono dire che sebbene, di regola, non si possa sperimentare contro i giranti l'azione d'indebito arricchimento; per eccezione, tuttavia, si può, quando un girante si trovi nella stessa condizione di un traente che arricchisca indebitamente.

E che si possa sperimentare è riconosciuto (incidentalmente, sebbene assai chiaramente) anche dalla Corte di cassazione di Roma nella sentenza del 18 ottobre 1888, la quale, pur respingendo il ricorso di certo Mozzetti che aveva agito fuori dei termini stabiliti dalla legge contro il proprio girante, aggiunge: « Salvo, se vi è luogo, al possessore della cambiale pregiudicata l'azione accennata nell articolo 326 del Codice di commercio » ; intendi, salvo il diritto di esercitare azione per indebito arricchimento contro quel girante.

ERCOLE VIDARI.

DELL' INDOLE GIURIDICA DEL CONTRATTO

DI CAMBIO LINEE.

Mentre gli atti della vita civile per quel certo carattere di stabil tå, che è loro proprio, abbisognano di un processo relativamente lungo pria di assumere veste giuridica; per converso tutto quanto ha invece attinenza alla vita commerciale, segue un' evoluzione rapida. Il fatto. nel vorticoso succedersi degli affari, non tarda a rivestire forma giuridica, e, se mi si passa la frase, a crearsi norme di diritto tutte sue particolari semprechè non ne suffragano la sua specialità di essere quelle che stanno scritte nel diritto positivo.

Di quindi ne avviene, che mentre da una parte l'industria commerciale si affanna a dar vita a fatti e rapporti nuovi, di conformità alle esigenze dello sviluppo della funzione economica, che è chiamata ad esercitare; il legislatore d'altra parte poi deve sempre star pronto per secondarla, sia modificando ed estendendo il diritto già costituito, sia col disciplinare con nuovi dettati di legge i fatti ed i rapporti nuovi.

Nè diversamente accadde in ordine al diritto cambiario; a quello marittimo; al vasto tema delle società commerciali; e di

recente il nostro legislatore ha dovuto occuparsi del riporto; della società cooperativa; dell'assegno bancario; del conto corrente e via dicendo.

Né con questo è a credere che il movimento siasi fermato; chè anzi la corsa degli affari commerciali diventa ogni giorno più rapida e veloce. Frequente pertanto gli è caso in cui si presentano al responso dell'autorità giudicante delle controversie che riguardano fatti nuovi; rapporti, direi quasi, sui generis. E qui è dove crescono le difficoltà, perocchè il fatto generalmente suolsi presentare complesso; a tutta prima riveste un' indole giuridica tutta sua particolare; ed il giudice, chiamato a decidere, il più delle volte si trova in dubbi abbastanza gravi nell'applicazione dei principii generali e nel dover risalire ai concetti fondamentali: dubbi da non altro originati che dalla novità del fatto e dalla particolarità che si è avocata.

A codeste riflessioni mi ha richiamato un caso nuovo, per quanto mi consta, nella patria giurisprudenza, quello cioè di vedere qual sia l'indole giuridica del contratto cambio linee.

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