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cesi, e stanno sempre a significare
quello che il Casaregis, nel Di-
scorso 39 n. 13, designò colla
espressione di nomea sociale; non
mai riferibile a un individuo sin-
golo; e si usa la voce ditta, così
ad indicare un commerciante sin-
golo, come a designare una
cietà commerciale.

SO

Se non che, a prescindere da una questione, ch'è di nome soldi tanto, e non di sostanza, è qui momento decisivo l'osservare che la motivazione della sentenza resa in sede di appello nel giudizio dichiarativo, nel quale fu base al precetto-mobiliare or conflittato, addimostra come le identiche questioni che si erano svolte dinnanzi a questo Tribunale in sede di prime cure, si fossero riprodotte innanzi alla Corte di Lucca, e come i motivi che valsero alla sentenza delli 6 Luglio 1888 la conferma nel giudizio di seconde cure, abbiano posto in sodo che l'art. 106 del Codice di commercio non potea far obice all'esperimento dell'azione spiegata dal Bianchi in confronto di Daniele Savorani: che non vi ha in fatto luogo ad applicare il citato articolo, se non quando si tratti di vere e proprie società commerciali in che se nome collettivo: società ha esistito tra i due fratelli Savorani, e questa a scopo di commercio, essa non fu mai altra cosa che una società di fatto; non essendosi a costituirla osservato alcuna delle prescrizioni stabilite negli articoli 76, 87, a 93-97 a 100, 105 e seguenti, 197 e guenti, 229 e 238 del detto Codice; onde la eccezione del Savo

una

se

rani Daniele non trova appoggio
nel testo del Codice di commer-
cio da lui invocato.

E così stando le cose, ci basta
conferirle a ciò che viene espo-
sto nell'atto motore di questo
a quello che
nuovo giudizio, e
forma la somma e l'apice del primo
dei dedotti motivi di opposizione,
per capacitarsi che alla contro-
versia in esame osta il giudicato
della Corte d'appello, conferma-
tivo del primo giudizio, del quale
il presente non è che una ripeti-
zione, e che il Collegio decidente
dovrebbe senz'altro respingere col
fine del non ricevere; per non im-
pingere nella massima del non bis
in idem.

Non regge il secondo obbietto. Benchè le considerazioni forse qui fatte nel loro sintetismo giuridico, comprendano anche quelle risposte, che si potrebbero attagliare ai riflessi posati dall'esponente in questo secondo punto di esame, giova tuttavia affrontarlo, e spendervi quel tanto di tempo e di attenzione che sempre meritano gli studi della diligente sua difesa.

O sia, infatti, che si attenda al disposto dagli art. 553 e seguente del Codice di precedura civile, of sia che si ponga mente a quello dell'art. 323 del Codice di commercio, sempre è vero, che ad arrestare il corso di un'azione esecutiva, non basta lo aver enunciato che la liquid zione ultimata non fu: che seppure si fosse ultimata, niente starebbe a provare che il Bianchi non sia stato completamente reintegrato del suo avere; e che sta poi sempre a responsa

bilità del medesimo lo aver consentito al liquidatario che questo escludesse dalle sue operazioni una quantità ingente di merci, e la consegnasse a concorrenza del suo credito al Savorani Ranieri.

Si vorrebbe con ciò richiamare nella comprensione della controversia attuale, quanto in ordine all' intervento del liquidatario Botacchi, e dello stesso Ranieri Savorani si era già tentato di proporre nell'anteriore giudizio, e non fu ammesso. Onde anche su ciò, vi ha l'obice del non bis in idem, che sta a far respingere, come eccezione, un subbietto litigioso, che non potè avere ingresso nella lite allorquando fu dedotto sotto. specie di dimanda d'intervento in

causa.

Ma a prescindere da questo, conviene qui riflettere, che il tema dell'odierno contendere per duplice rispetto è privilegiato.

Lo è pel titolo futile del credito, in quanto che si tratta nella specie d'un' azione cambiaria, ed è risaputo, che il legislatore, considerando essere la cambiale, come a dire la moneta del commercio, ha, per ragioni di pubblico interesse che lo consigliarono di rendere ai possessori di effetti cambiari più sicuri ed agevoli i mezzi di conseguire a scadenza le somme da esso rappresentate, introdotta la prerogativa della eseguibilità del titolo posseduto, riconoscendogli le virtù di fornire la base dell'azione esecutiva così mobiliare, come immobiliare. Data pertanto l'indole autonoma della cambiale, costituita in titolo formale, e sancito il più grande ri

gore esecutivo per tutti gli obblighi, che ne discendono, è da vedere, se il debitore, ad ottenere l'intento della sospensione degli atti esecutivi, sia armato di una di quelle eccezioni che il Codice di commercio, disciplinando l'istituto in argomento, negli art. 323 e 324 ebbe per valevoli a raggiungerlo. E poichè, nel caso, non è a parlarsi di vizi di forma, nè della mancanza delle condizioni necessarie all'esercizio dell'azione, è manifesto che gli atti di esenzione iniziati, non possono essere arrestati da un'eccezione, la quale, anche se personale a chi esercita l'azione cambiaria, non è una vera e propria eccezione de soluto; nè tale che le si possa equiparare: in ogni caso, essa non è liquida, nè di pronta soluzione e, quello che più monta, non è suffragata da una prova scritta, come vorrebbe l'art. 324 del. Codice.

Lo è poi per l'altra ragione, che il credito del Bianchi fu anche canonizzato per sentenza, e quindi, esclusa la ipoteca di un pagamento vero e proprio, che il Savorani Daniele avesse effettuato a mani del suo creditore, ogni altra eccezione che si volesse desumere da un titolo compensativo, od anche dal fatto ond'ebbe luogo la consegna delle merci al Savorani Ranieri con la garanzia dello stesso creditore riescirebbe improficua allo scopo, come quella che non potrebbe costituire un'opinione vera e propria de soluto, e dovrebbe in ogni caso, aversi per assorbita nella comprensione dei precedenti giudicati.

Non il terzo infine, e cioè quello

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che si è preteso di desumere dal bilancio delle operazioni compiute dal liquid tario fino al giorno 2 Luglio 1887; e che nuoce più che non giovi alla tesi dell'apparente. Largheggiando invero quanto più piaccia in ipotesi a favore di questo, e supponendo che a carico del Bianchi siasi fatta figurare in bilancio la linea di lire 7127, per merci consegnate dal liquidatore con la sua garanzia al genero e fiduciario Ranieri Savorani, se ne verrebbe al più a questa conseguenza, cioè che il credito del Bianchi verso la ragione sociale si sarebbe sminuito per la entrante quantità, restando vivo e vero per tutta la eccedenza.

Or non ha dubbio, e vi ha del resto un giudicato recente della Corte Suprema di Firenze, che autorevolmente lo affermò, che, cioè, data la sussistenza di un società di fatto in nome collettivo od in partecipazione, il terzo che non la conosce, che non è obbligato di fornire la prova supplettiva del suo essere, che quindi non ha obbligo di ricercare in essa la sua debitrice, ben può impetire l'uno o l'altro dei soci per avere il pagamento di quanto gli è dovuto in base alla firma apposta ai suoi titoli della ragione sociale contante anche in di lui nome. - «Non possuno, così il Supremo Collegio giudiziario di Firenze, i terzi essere impediti di chiamare responsabili solidariamente delle incontrate obbligazioni quelli che, anche senza stipulare direttamente, fecero tuttavia parte di fatto d'una società; e la esistenza della società di fatto, può benissimo essere provata dai terzi, che contrattarono

con alcuno di essi. >> - (V. sentenza
delli 16 Febbraio 1888 nel Diritto
commerciale, anno VI, pag. 690).

Nel concreto caso vi aveva una vi società in nome collettivo aveva un debito della ragione sociale che, senza essersi manifestata al pubblico con un atto scritto, compì operazioni che ne rivelavano la esistenza: Componevasi di due nomi, di quello di Ranieri, e di quello di Daniele Savorani; cose tutte codeste delle quali non cade dubbio: il Bianchi, il quale ne era creditore di lire 15,550, ricercò il Savorani Daniele del pagamento della somma di lire 7775, rispondente alla giusta metà del debito, e non della somma intera, come forse avrebbe potuto; or dunque dov'è dalla sua parte quell'eccesso nella dimanda che vorrebbesi dedurre come base dell'opposizione al precetto? e come può farsi egli rimprovero, se non si è poi dato carico di quelle lire 7126. che rappresentano il valore delle merci, dietro il suo fido consegnate a quest'ultimo dal liquidatario? (Omissis).

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la condanna al pagamento della cambiale, senz' obbligo di cauzione.

Attesochè al seguito di tale stato di fatto ritenga il Collegio una mera necessità giuridica dichiarare sospeso il corso della presente causa, dipendendo tutta la sorte della controversia dalla verita o falsità della impugnata sottoscrizione; e ciò per la prevalenza del magistero penale sul civile; e per quell' uniformità ed armonia delle giurisdizioni che il legislatore per motivi d'ordine pubblico prese di mira onde meglio accertarsi della verità, fine ultimo di ogni sua disposizione (Art. 31 Cod. proc. pen. e 308 Cod. proc. civ.). Dai quali articoli emerge la preminenza dell' azione penale sulla civile; e per l'apertura del procedimento penale la regola assoluta pel giudice civile della sospensione della causa. Vi sono eccezioni ma queste debbono risultare da disposizioni speciali (Articolo 32 Cod. proc. pen.).

Attesochè nessuna disposizione speciale del Cod. di comm. faccia palese essere stato intendimento del legislatore di sottrarre la materia cambiaria dall'impero dei sovraesposti principii: chè anzi dall'avere previsto il caso di cambiale con firme false (art. 327), dall' avere mantenute ferme le norme ordinarie di competenza e di rito nell'ipotesi di falso incidente (art. 875), dall' aver regolato l'esercizio delle azioni commerciali dal Cod. di proc. civ. è giocoforza concludere che abbia voluto espressamente uniformarvisi.

Ma si obietta: Nei giudizi cambiari, ancorchè promossi mediante citazione, il debitore non può opporre che le eccezioni riguardanti la forma del titolo o la mancanza delle condizioni necessarie all'esercizio dell'azione e le eccezioni personali a colui che la esercita, ec. (art. 324).

E qui i difensori delle parti, con dottrina pari all'ingegno, fanno dipendere tutta la decisione della lite dallo stabilire se la eccezione del falso della sottoscrizione dell'accettante di una cambiale sia di natura soggettiva oppure obiettiva, se sia personale ovvero riflettente il titolo. Rileva subito il Collegio che le eccezioni contemplate nel testo son quelle soltanto che o si fondano sul diritto di cambio, o competono al debitore avuto riguardo alla persona che si è fatto attore. Epperò osserva: Che la eccezione di falso civile, benchè tutta reale ed obiettiva, non è di forma nel senso del testo, perchè attacca nell'essenza una delle obbligazioni portate dal titolo; non è poi personale, perchè sì può far valere contro chiunque sia il possessore del titolo stesso. Adunque per la sua indole e natura non entra nella casistica di detto articolo; nè vi poteva entrare essendo più che un'eccezione vera e propria, un mezzo di difesa esercibile anche in via di azione (articolo 296 Cod. proc. civ.). Da ciò non deriva punto che la querela di falso incidente sia stata esclusa dai giudizi cambiarii: ma solo che il legislatore nel dettare l'art. 324 non la prese di mira, siccome non escluse tutte le altre eccezioni re

lative alla competenza e alla forma de' giudizi regolate esclusivamente dal Cod. di proc. civ. Per convincersene basta riandare i lavori preparatorii del Cod. di comm. Gli art. 294 e 295 del Progetto Preliminare, che insieme formarono poscia l'attuale art 324, erano così formulati: « (294) Non sono ammesse contro il possessore di una cambiale eccezioni che riguardano la persona de' suoi cedenti, tranne il caso che la cambiale gli sia stata girata per procura per incasso per mandato od altro equivalente! » (295) « Colui che è chiamato in giudizio per il pagamento di una cambiale, non può opporre che le eccezioni relative alla competenza, alle forme essenziali della procedura ed alla prescrizione, non che quelle di pagamento di compensazione, di remissione o di dilazione, quante volte fossero prontamente giustifi cate da scrittura emanante dal possessore, esclusa ogni altra prova, compreso il giuramento. Il traente, il girante e l'avallante possono eccepire anche l'inadempimento dei doveri del possessore per l'esercizio dell'azione di regresso. Ogni altra eccezione anche di simulazione è inammissibile al pari di ogni azione riconvenzionale salvo sempre al convenuto di proporle in separato giudizio. »

È noto come le osservazioni ed i pareri della magistratura non fossero favorevoli al Progetto, ed è pregio dell'argomentazione rilevare come le R. Corti d'Appello di Genova e di Brescia facessero notare il pericolo dell' enumerazione tassativa dell' art. 295: e

quest'ultima poi osservasse che le eccezioni relative alla competenza ed alla procedura non dovessero essere menzionate dal Cod. di comm. Che fu poscia al seguito di tali ed altre osservazioni che detti articoli furono nel progetto definitivo trasformati in un articolo unico (325) identico all'attuale vigente (324).

Attesochè pei sovraesposti ririflessi, chiaro apparisca che anche i giudizi cambiarii debbono seguire la sorte dei giudizi comuni, quando l'obbligazione, base dell'azione, trovasi di fronte alla querela di falso incidente: e risulta che forma ad un tempo materia di analogo procedimento penale, essendo impossibile giuridicamente la coesistenza dei due giudizi, divenendo la sospensione della causa una necessita. Nè si può dire che in tal guisa siano tolti di mezzo i benefici effetti del novello istituto cambiario. La cambiale esiste sempre malgrado la falsità della firma dell' accettante e trovasi ugualmente in grado di raggiungere la sua meta, che è il paga. mento, colla via di rivalsa e l'azione di regresso per la ragione che la querela di falso non può mai investire tutte le singole obbligazioni portate dal titolo a meno che il falsario non sia lo stesso possessore (art. 327-328).

Attesochè di fronte ad una sottoscrizione d'accettazione impugnata, la cui verità o falsità è decisiva della lite, non ritenga il Tribunale conforme a giustizia ordinare provvedimenti cauzionali (875). Non è difatti lecito supporre che amendue le querele sia

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