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cinquanta; Gioviano però ripristinò la forma del labaro, e ristabilì la compagnia dei cinquanta; e l'una e l'altra fu conservata religiosamente da Valentiniano I, da Valente, da Graziano, da Valentiniano II e da altri. Il sig. Angeli però non dice d'aver trovato in alcuna biblioteca, o in alcun archivio, che il labaro ripristinato avesse la virtù che aveva avuto quello di Costantino; nè che i cinquanta cavalieri che lo portavano e lo custodivano, da Gioviano in poi godessero di quella meravigliosa immunità, di cui Eusebio ha parlato. In compenso però il sig. Angeli ha trovato un' altra cosa, ed è che Teodoro II ( e vorrà forse dire Teodosio) accordò grandi privilegi a quelli che erano destinati alla custodia del labaro, e decretò che stessero presso di sè come suoi più famigliari cortigiani. Anche Giustiniano fece alcune disposizioni onorevoli rispetto ai preposti alla custodia del vessillo imperiale. E siccome il nostro A. ha veduto in qualche luogo citato un passo di Gelasio Cisiceno, il quale dice che Costantino primis equitibus id (cioè il labaro già descritto) ferendum dedit; così facendo di un corpo di guardie a cavallo un ordine cavalleresco, giustamente, come vede ognuno, egli conchiude che non devesi dubitare che la cavalleria di Costantino appoggiata alle leggi di questi due imperadori (Teodoro II e Giustiniano) non sia poi stata celebre in Oriente sin tanto che quelle leggi si mantennero in vigore, e finchè questo stendardo fu in istima nell' Imperio greco, o almeno fino al di lui decadimento.

Pare che qui finiscano i tempi mitologici dell'Ordine. I Bollandisti, il P. Menestrier nel suo trattato della Cavalleria, il P. Fontana nella storia degli Ordini monastici religiosi militari, il nostro Scipione Maffei in un opuscolo stampato in Zurigo nel 1712 tutti quelli che nella storia vogliono prove e non chiacchiere, fatti e non visioni, generalmente convengono che il così detto Ordine

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Costantiniano deve l'origine sua ad Isacco Angelo Comneno, e non a Costantino, dal quale viene esso tanto, quanto da lui venivano per ragione di sangue i Comneni. Ma il nostro A. non dubita punto che i Comneni non discendessero da Costantino: che anzi con meravigliosa sicurezza lo asserisce in più Juoghi. E coll' istessa sicurezza meravigliosa asserisce che Isacco Angelo Comneno fu bensì il ristauratore, ma non già il fondatore dell' Ordine; e a chi diversamente ha opinato, oppone le chiacchiere e le visioni del suo P. Onorato da S. Maria, e tutte quelle che nel senso medesimo hanno fatte tanti Scrittori, come egli dice, francesi, italiani, inglesi, spagnuoli e tedeschi, i quali tutti mettono l'istituzione della cavalleria di Costantino avanti a tutti gli ordini militari; e che la tengono come l'origine e il modello di tutte le cavallerie che sono state poscia erette. Nè ha pensato un momento, che come egli non ha fatto che copiar quelli, così quelli si sono copiati l'un l'altro allegramente, e che i primi sono vissuti appunto, come egli ha detto in principio, ne' tempi, in cui la critica non aveva ancora fatti que' felici progressi che a ben discernere il vero dal falso erano necessarj. Egli similmente non ha pensato che nelle biblioteche e negli archivj s'incontra ogni genere di cose; e che il buon senso solo e l'animo nudo di prevenzioni può far distinguere chi scrive ragionando da chi sragiona scrivendo, e chi si è fondato su documenti autentici e veramente sinceri, da chi si è fondato sopra carte inventate dall' impostura e sostenute dall' interesse. In fine non si è per nulla accorto, che uomini d'alto ingegno e veramente dotti hanno cacciato fuori del mondo ragionevole una massa mostruosa d'illusioni miserabili create ne' lunghi secoli dell' ignoranza, che oggi richiamare è stoltezza. Voglionsi dare queste avvertenze a certe innocenti persone, tra le quali mettiamo il sig. Angeli, che pensano e scrivono come si pensava e scriveva novecento

anni addietro, non accortesi che il mondo è andato oltre, nè può per vecchie chiacchiere retrocedere. Del resto ognuno sa che l' Ordine Costantiniano fu portato in Italia da uno dei principi Comneni, dopo che i Turchi distrussero l'imperio greco; che codesti sfortunati principi cercarono di trarne come poterono meglio un sussidio nelle loro disgrazie ; che la pietà che ispirarono agevolò la persuasione delle supposizioni che fecero; e che se quest' Ordine ha fra noi avuta considerazione, ciò è stato singolarmente per lo splendore che sono venuti a dare al medesimo i monarchi di Napoli, ne' quali passò il magistero per la eredità de' Farnesi, che l'avevano avuto per cessione loro fatta sul fine del secolo XVII dall' ultimo degli Angeli Comneni.

Dopo ciò i nostri leggitori domanderanno come poi il nostro A. dimostri che i cavalieri Aureati o sia dello Sperone d'oro discendano da quelli dell'Ordine Costantiniano. Egli lo dimostra colla storia di tutte le note istituzioni de' cavalieri fatte in diversi tempi dai Papi, tra le quali nessuna s'incontra con quel titolo, quantunque i Papi abbiano sempre fatti de' cavalieri che così denominavansi. Il che, dic'egli, apertamente prova che l'Ordine sussisteva. E per vie più corroborare il suo assunto aggiunge che questa decorazione cavalleresca trovasi conferita non solo dai Papi, dai loro Legati a latere, dai Patriarchi, Arcivescovi e Vescovi assistenti al soglio pontificio, dagli Abbreviatori apostolici, da Casa Cesarini e dalla Università di Bologna, che tutti dai Papi n' ebbero il privilegio; ma da Imperadori, come di Federico IV racconta Platina, dai re di Svezia, come asserisce Agostino Paradisi, dai re d'Inghilterra, la quale ebbe i suoi cavalieri aureati, dai re di Polonia, fra i quali Augusto II nel 1697 creò cavaliere aureato il capitano Gryn; e poco mancò che il sig. Angeli non dica anche i Sultani turchi, giacchè Maometto II, com' egli ricorda, creò cavaliere il pittore Gentile Bellini, mettendogli

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MEMORIE STORICHE SULL' ORDINE, ecc.

egli medesimo una collana di gran valore, mentre altronde ha già detto, che istituito (da Costantino } quest' Ordine, detto subito imperiale, angelico, aureato, gl' individui ai quali fu conferito, furono tosto chiamati aurati, aureati ed anche TORQUEATI.

Sicuri noi che i nostri leggitori giudicheranno della forza di questa sorta di prove, come delle altre cose, e che a farsi più chiara idea di quanto ha detto e ripetuto il sig. Angeli terranno conto della circostanza, che la decorazione di questi Cavalieri è una stella di otto angoli o raggi acutissimi, e di quattro secondarj meno acuti, con uno sperone attaccato ai due maggiori raggi posti in basso quando parlando della supposta decorazione messa al labaro da Costantino, e a Costantino da S. Silvestro, nè d' altro parla che di croce, e di vera croce dovrebbesi parlare; noi finiremo qui ogni nostro ragionamento sul suo libro.

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Non dobbiamo però tacere ad onore della edificante modestia del sig. Angeli, ch' egli stesso chiama queste sue memorie meschine (pag. 150), e che quantunque ivi dica aver tratte le sue asserzioni appoggiato alle leggi della più severa critica (siccome si è veduto), dichiara poi (pag. 153) non pretendere già con tutto questo, che quanto ha prodotto debba riguardarsi come prova incontrastabile; e che poca o niuna importanza da alle sue riflessioni. Su di che non possiamo non fargli la debita giustizia.

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Dell' Economia della specie umana di ADEODATO RESSI, professore dell' Imp. Regia Università di Pavia. Tomi IV in 8.o Pavia, 1817-1818, stamperia Bizzoni. (Finora ne sono usciti due, il primo di pag. 302, il secondo di 368. )

ISTITUITI

STITUITI i governi, ed introdotti gli ordini politici e civili pel regolamento de' pubblici e privati interessi, divenne cura de' filosofi e de'politici l' investigare e indicare le norme ei principj coi quali regger si dovessero le famiglie sociali, e quindi il presentare alle nazioni ed ai governi progetti di riforme in ogni ramo di pubblica amministrazione. Ma la varietà delle opinioni appunto de' filosofi e de' politici gettò i governi nella maggiore incertezza intorno alla scelta de' mezzi e delle massime regolatrici dell' amministrazione, e di là ebbero origine per la maggior parte i disordini sociali. Parve all' A., come egli stesso annunzia nell'introduzione a quest' opera, che toglier si potessero in gran parte i suddetti disordini ogni qualvolta i governi adottassero di comune accordo un sistema di amministrazione e di politica, che combinar si potesse colle fisiche e morali circostanze del proprio paese, e coll' interesse generale di tutte le altre nazioni. Si fece quindi ad investigare le cagioni, dalle quali dedurre si potesse una legge eterna e normale, che il ben essere di tutta la specie umana abbracciasse sotto un solo ed unico sistema economico e morale.

Ecco il disegno primordiale di tutta l'opera. Per procedere con ordine credette l' A. di dover cercare nelle ragioni finali dell'universo il fondamento dell' esistenza, della conservazione e del perfezionamento della specie umana, per cui il suo sistema economico divenisse l'emanazione di una legge necessaria, ed a quello dovessero le nazioni

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