Nel bel giardin dell'intricato albergo
Trova Riccardo alla sua diva in seno
La coppia , e fa, ch’indi ei ne volga il tergo
Seco sdegnoso. Adopra incanti appieno,
E preghi, e pianti, e 'l segue invano a tergo,
Perché resti, la maga, onde vien meno.
Viva il minaccia, Araldo la incatena ,
Sparisce il tetto, essa ivi resta in pena .
Tondo è il ricco edificio, e nel più chiuso
Grembo di lui, ch'è quasi centro al giro,
Verdeggia un bosco oltra natura ed uso
Di quanti più famosi unqua fioriro.
Ordine inosservabile e confuso
Di logge intorno i Demon fabbri ordiro,
E tra l'oblique vie di quel fallace
Ravvolgimento, impenetrabil giace.
Per la maggior di cento porte e cento,
Ch’avea quell'ampio albergo, entrar costoro,
Dove stridea l'effigiato argento
Su'cardini del tipo e lucid'oro.
Fermár nelle figure il guardo intento,
Chè vinta la materia è dal lavoro.
Manca il parlar; di vivo altro non chiedi,
Nè questo manca ancor, s'agli occhi credi.
G. Conq. T. II.