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morali e da confronti con consimili dettati di altre parti d'Italia, di proverbj sull'amore e sulle donne, e infine il racconto della vita di un romito abruzzese del secolo XIX, ultima e dispersa propaggine, ma che può però ancora riprodursi, dell' ascetismo popolare. Inutile il dire che il libro è scritto, come sa fare il Romani, con molta cura della forma, e con sparsi tratti di piacevolezza e di garbata fine ironia.

.. ARTURO GRAF nel quinto centenario dell' Università di Torino, ha pronunciato un bello e nobile discorso L'Università futura (Roma, Nuova Antologia, 1906 di pp. 12 in 16°) in cui lumeggia il fine cui deve mirare l'istituto superiore degli studj, ed esaminate le condizioni presenti di esso, fa vedere come dovrebbe essere rinnovato per rispondere alla funzione di diffondere, promuovere ed elevare la coltura completa, che prepari le future classi dirigenti alla vita della nazione.

.. Nella quinta puntata dei suoi Appunti lessicali e toponomastici (Bologna, Zanichelli, 1906, di pp. 31 in 16°) il prof. TITO ZANARDELLI studia l'etimologia di Bologna e di altri nomi emiliani in

ogno ed ogna, Impu

gnando l'origine celtica di Bologna e sostenendo l'origine latina della parola. .. In un articolo estratto dalla Rivista d'Italia, e intitolato La fine di un gentiluomo letterato, ALESSANDRO CHIAPPELLI tratteggia finamente la figura di Francesco Pignatelli, principe di Stromboli, (Roma, 1906, di pp. 8 in 16o).

NECROLOGIA.

ANGELO SOLERTI.

Un vuoto doloroso s'è fatto nelle file dei cultori delle nostre lettere e degli amici, nella famiglia spirituale di questa Rassegna, che ebbe ANGELO SOLERTI fra i più cari e pregiati suoi cooperatori.

Nelle primissime ore del 10 gennaio scorso, Egli si spense in Massa di Lunigiana, per una terribile stretta di quella sua malattia cardiaca che negli ultimi mesi aveva incalzato in un'angosciosa alternativa di crisi e di miglioramenti; si spense nel fiore della virilità, essendo nato il 20 settembre 1865, in Savona, ma di padre veneto. Conseguita, nell' 87, la laurea in lettere all' Università di Torino, alla quale era passato dopo compiuti i primi due anni nell' Istituto fiorentino, insegnò letteratura italiana successivamente nel liceo di Carmagnola e in quello Galvani di Bologna. Costretto per ragioni di salute a lasciare l'insegnamento nel quale aveva fatto ottima prova, fu per breve tempo comandato alla Biblioteca Marciana, e quindi, nel '900, nominato provveditore di Aquila, donde con decreto del 10 gennaio 1902, venne trasferito al provveditorato di Massa.

Né la scuola, né gli offiej amministrativi ai quali attese con zelo esemplare, né le molte e delicate missioni affidategli dal Ministero e che sostenne con grande onore, poterono distoglierlo un momento dai suoi studj prediletti; anzi lo obbligarono a raddoppiare quella sua attività divorante che dovette rendere il suo organismo meno resistente al male contratto durante il suo soggiorno in Aquila. Ché in pochi altri studiosi l'ardore entusiastico pel lavoro, l'intima gioia della ricerca, la soddisfazione viva dell'opera compiuta toccarono il segno a cui giunsero nel povero amico, nel

quale, lungi dal raffreddarsi o dallo scemare col tempo, acquistavano di forza e quasi d'impeto giovanile.

I frutti di questa sua operosità instancabile furono molti e varj e pregevoli; ma ai lettori della Rassegna, che li hanno presenti, basterà ricordarne brevemente i principali, tanto piú che mi riservo di dare altrove la bibliografia compiuta delle sue pubblicazioni.

Negli anni che corsero fra la comparsa delle Nuove e quella delle Terze odi barbare di Giosuè Carducci anche il Solerti, tuttora studente a Firenze e poscia a Torino, fu preso da quel generale fervore onde gl' Italiani si volgevano provvidamente a indagare nelle sue ragioni intime e nelle sue precedenti vicende storiche il mirabile tentativo metrico del poeta toscano. Ne uscirono, in questo suo primo periodo giovanile, il Manuale di metrica classica italiana ad accento ritmico (Torino, Loescher, 1886), Le Odi di Giovanni Fantoni (Labindo) con prefazione e note (Torino, Loescher, 1887) e Le Tragedie metriche di Alessandro Pazzi dei Medici (Bologna, Romagnoli dall' Acqua, 1887), nonchè un breve ciclo di traduzioni metriche dal Sannazaro, da Museo e da Mosco, che comparvero in due fogli letterarj di Torino (1887-88.

La prima pubblicazione d' indole propriamente letteraria, storica insieme e critica, L' Autobiografia di Francesco Patricio (1886), rivela già nel Solerti quell'amore all'inedito e al nuovo, quel desiderio irrequieto di ricerche nelle biblioteche e negli archivj e quella passione bibliografica ch'egli aveva attinto alla scuola di Adolfo Bartoli e fra le dovizie delle raccolte fiorentine, e gli si accrebbero poi e disciplinarono sempre più sotto la guida del Graf, del Renier e del Cipolla. Egli si volse di preferenza a due campi, allora poco coltivati fra noi, la storia del costume e la vita e la letteratura del Rinascimento, con particolore riguardo a Ferrara e agli Estensi. Nel primo campo, oltre alcuni saggi interessanti e curiosi inseriti nella Gazzetta letteraria di Torino e nell' Intermezzo di Alessandria (1880-90), offerse tre volumi notevoli, uno Il viaggio di Enrico III re di Francia in Italia e le feste a Venezia ecc. (Torino, Roma, 1890) in collaborazione con Pierre De Nolhac, insieme al quale aveva pubblicato nel Giornale storico d. Letter. ital. (XIII, 1899) un buon saggio Le roi Henri III et l'influence italienne en France; l'altro, su Ferrara e la Corte estense nella seconda metà del sec. XVI (Città di Castello, Lapi, 1891, ristampato con ampliamenti sul 1899), edizione illustrata de' Discorsi di Annibale Romei, preceduti da una ricca e fondamentale Introduzione, alla quale si riconnette strettamente La vita ferrarese nella prima metà del sec. XVI descritta da Agostino Mosti (Bologna, 1892, negli Atti della Deputazione di storia patria per le provincie di Romagna, S. III, vol. X).

Ma si rammenti che fino dal 1888 il Solerti, in unione al marchese G. Campori già prima defunto, aveva dato in luce quel volume su Luigi, Lucrezia e Leonora d'Este (Torino, Loescher) importanti saggi biografici che appaiono ai nostri occhi quasi un auspicio lieto e una promessa lontana ma sicura, chè essi ci mostrano come nella mente e negli studj del povero amico questo libro e i posteriori sin qui ricordati fossero come tanti lavori preparatorj e introduttivi alle sue maggiori fatiche sulla vita, sui tempi e sulle opere di Torquato Tasso, alle quali rimarrà legato durevolmente il suo nome.'

Di questa larga e solida preparazione, nella letteratura piú veramente tassesca s'incominciano a vedere gli effetti a partire dal 1892, con l' Appendice alle opere in prosa di T. Tasso (Firenze, succ. Le Monnier), un volume

1 Infatti nella copertina interna di questo volume si annunziavano già come in preparazione due volumi (il secondo in due parti) intitolati Torquato Tasso, Studio biografico critico e le Opere minori in versi di T. Tasso, edizione critica sugli autografi e antiche stampe, che dovevano constare di cinque parti, la prima, contenente i Poemetti diversi, la seconda, il Teatro, la terza, Le rime, la quarta, Le odi latine, la quinta, la Tavola delle rime secondo l'ordine cronologico, con due Appendici per le Rime di dubbia autenticità e per le Rime apocrife.

dove la bibliografia ha una parte larghissima e al quale seguí l'anno dopo la Bibliografia delle opere minori in versi di T. Tasso (Bologna, Zanichelli). D'allora in poi il poeta sorrentino diventò pel Solerti l'oggetto d' un culto, fatto di amore ardente, di pazienza tenace, di spirito critico sempre piú vigile ed alacre, pel quale compì nelle principali biblioteche e negli archivj d'Italia e d'Europa tale somma d'indagini da soverchiare le forze e il volere di tutt'altro studioso.

In questo periodo d'attività febbrile fu una felice parentesi l'edizione delle Poesie volgari e latine di M. M. Boiardo riscontrate sui codici e sulle prime stampe, (Bologna, Romagnoli, 1894), alla quale seguí senza indugio quella serie ininterrotta di pubblicazioni, che segnò un periodo nuovo fecondo negli studj Tassiani.

Con La vita di T. Tasso (Torino, Loescher, 1895, 3 volumi) meritamente premiata dall' Accademia dei Lincei e da quella delle Scienze di Torino, coi tre volumi delle Opere minori in versi di T. Tasso (Bologna, Zanichelli, 1891-95), pei quali il Solerti ebbe incitatori e collaboratori alcuni illustri studiosi, Giosue Carducci, Carlo Cipolla e Guido Mazzoni; con la Gerusalemme liberata (Firenze, Barbèra, 1895-96, 3 volumi) e con Le rime di T. Tasso (Bologna, Romagnoli, 1898-1902), quattro volumi che, per le cure pietose di Vittorio Rossi, avranno ad ogni costo il loro complemento negli ultimi due, dei quali sono rimasti i materiali fra le carte del povero amico, è apparsa vivamente illuminata e talora arditamente trasfigurata alla luce dell'indagine storica e della critica più scrupolosa la immagine del Tasso uomo e poeta. Anche ne uscí confermato saldamente il nuovo modo di concepirne l'attività psicologica e poetica in attinenza alla sua produzione ed al suo tempo, e n'è rimasto criticamente fissato, nel suo complesso, il testo della sua opera maggiore e delle minori.

L'impresa vasta e complicata, nella quale il Solerti si trovò dinanzi e seppe sciogliere quasi sempre i piú ardui problemi, avrà il suo coronamento nell' edizione critica della Conquistata, la cui preparazione egli aveva condotta a buon punto e che sarà compiuta dal dott. Enrico Proto, il giovine e valente studioso, al quale, poco prima di morire, egli la volle affidata.

In questo copioso e pregevole gruppo di pubblicazioni tassesche rientrano, oltre alcune altre minori, le ricche bibliografie delle opere uscite in luce pel terzo centenario dalla morte del Tasso (Rivista delle Biblioteche, volume VI, 1895 e Giornale storico, vol. XXVII, 1896), nella quale occasione il Solerti ebbe il principal merito di ordinare quella Mostra in S. Onofrio, di cui si volle serbato degno ricordo nello splendido Album edito dal Danesi (Manoscritti, Cimeli, Ricordi di T. Tasso esposti alla Mostra per il III Centenario dalla morte di lui, Roma 1897).

A partire dal 1901, il Solerti, che aveva consacrato tanto fervore di studj al poeta dell' Aminta, indotto forse da quell'ideale connessione di forme che vedeva nel disvolgersi dell' arte nostra, durante il periodo del Rinascimento decadente, avviò le proprie indagini con la consueta larghezza e con la sua tenacia fortunata ad un altro territorio, la storia del teatro musicale.

Anche in questo egli riuscí a lasciare dell'opera sua tracce durevoli. Infatti il suo volume su Le origini del melodramma. Testimonianze dei contemporanei raccolte (Torino, Bocca, 1902) e i tre su Gli albori del melodramma (Palermo, Sandron, 1904-1905, al terzo dei quali doveva seguire una Parte seconda, contenente due altri melodrammi, favolette, intermedi, balletti e tornei), nonché il volume Musica, Ballo e drammatica alla Corte Medicea dal 1600 al 1640 (Firenze, Bemporad, 1905), per tacere di altri saggi minori, da lui pubblicati nella Rivista musicale italiana, tutti pregevoli per l' originalità delle ricerche, e perciò accolti con lode dagli studiosi, gioveranno senza dubbio a porre su nuove e più solide basi la futura storia d'un genere d'arte che fu cosí fecondo e glorioso per l'Italia.

Utili sussidj agli studj danteschi e petrarcheschi il Solerti arrecò pure con una serie di pubblicazioni d'indole in gran parte scolastica e divulgativa, quali la Figurazione plastica dell'Inferno e del Purgatorio di Dante Ali

ghieri (Torino, Paravia, 1897), lo scritto Per la data della visione dantesca (Firenze, 1898, estratto dal Giornale dantesco, a. VII), Le vite di Dante, Petrarca e Boccaccio scritte fino al secolo decimosettimo per la prima volta raccolte (Milano, Vallardi, 1904), L' autobiografia il Secreto e dell' Ignoranza sua e d'altrui di Francesco Petrarca col Fioretto dei Remedi dell'una e dell' altra fortuna (Firenze, Sansoni, 1904).

Le ultime energie della sua vita di studioso infaticabile egli spese attorno ad un' altra impresa, in apparenza modesta, in effetto irta di difficoltà gravi, l'edizione delle Rime disperse di Francesco Petrarca o a lui attribuite che aveva già approntate per la stampa e che vedranno la luce a cura della benemerita Casa editrice Sansoni. Soltanto che, invece della Prefazione o Introduzione che l'autore le avrebbe mandato innanzi e non poté scrivere, la precederà un ritratto di Lui che troppo presto ci ha abbandonati, ed una Notizia biografica, accompagnata dalla bibliografia dei suoi scritti.

Fra gli strazj del male i suoi ultimi pensieri, le sue parole, rotte dall'ambascia, andavano alla famiglia ch'egli adorava, alla sua degna compagna, ai sei figliuoletti che la sua scomparsa ha lasciato nel pianto, agli amici, rimasti costernati e quasi increduli dinanzi a tanta sciagura; si volgevano e ne ho l'eco ancora nel cuore con accento di pietosa sollecitudine a quei suoi lavori incompiuti, nei quali aveva prodigato un cosí ricco tesoro di forze, a quegli altri nei quali aveva logorata la breve sua esistenza, sorretto sempre, anche di fronte ai piú gravi ostacoli, da una idealità nobilissima, da un ottimismo sereno, che gli aveva fatto guardare con fiducia all' avvenire, e onde, appunto pel contrasto con la sorte crudele che lo colpí, si rende ancora piú acerbo il dolore in quanti lo conobbero e lo amarono.

VITTORIO CIAN.

AURELIO UGOLINI.

Il 14 di gennaio moriva trentenne in Aquila, dove era professore di lettere italiane al liceo, AURELIO UGOLINI, lasciando largo rimpianto fra coloro che ebbero la ventura di conoscerlo e di apprezzarne le doti del cuore e della mente. Animo aperto ai piú nobili entusiasmi della vita, viveva godendo le dolcezze di una cara famigliuola e il diletto che traeva dagli studj. Non solo come insegnante si era già procurata molta stima, ma anche come studioso e cultore dell' arte avea dato saggi lodati dai Maestri. Ricordiamo di lui un volumetto di versi Viburna, Livorno, Giusti, 1900; Le opere di G. B. Gelli, Pisa, Mariotti, 1898; Un poeta gnomico del trecento (Maestro Gregorio d' Arezzo), Pontedera, 1899; Maestro Gregorio d'Arezzo e le sue rime col testo critico delle rime inedite tratte dai codd. Ricc. 1100 e Ashb. 478, Livorno Giusti 1901; Horatiana (Horatii Carmina IV, VIII) Livorno, Giusti, 1901; Scritti scelti di G. B. Gelli con introduzione e note, Milano, Vallardi, 1906. MARIO PELAEZ.

A. D'ANCONA direttore responsabile.

Pisa, Tipografia F. Mariotti, 1907.

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SOMMARIO: Scritti vari inediti di G. LEOPARDI dalle carte napoletane (G. Tambara). I sonetti di Cecco Angiolieri editi criticamente ed illustrati per cura di A. F. MASSERA (G. Lazzeri). M. SCHIFF, La bibliothèque du Marquis du Santillane (V. Cian). Prose di Giuseppe Baretti scelte e annotate da L. PicCIONI (G. Natali). O. ZENATTI, Il poemetto di Pietro de' Natali sulla pace di Venezia tra Alessandro III e Federigo Barbarossa (A. Medin). S. CAPERLE, Le liriche di Q. Orazio Flacco (C. Cimegotto). P. MOLMENTI, La Storia di Venezia nella vita privata, dalle origini alla caduta della Repubblica (P. D'Ancona). C. STEINER, La fede nell'impero e nel concetto della patria italiana nel Petrarca. G. BRIZZOLARA, Ancora Cola di Rienzo e F. Petrarca (A. Moschetti). P. GATTI, Esposizione del sistema filosofico di G. Leopardi (G. Gentile). Comunicazioni. P. VIGO, L' Abate Casti e un'edizione clandestina del "Poema Tartaro. - Annunzi bibliografici. (Vi si parla di: E. Zauiboni - F. Garlanda). — Cronaca. Necrologie (Alessandro Wesseloffsky).

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Scritti vari inediti di GIACOMO LEOPARDI dalle carte napoletane. — Firenze, Succ. Le Monnier, 1906, 8., pp. IX-545.

Con questo volume di scritti inediti, desideratissimo dai cultori degli studj leopardiani e il loro numero va ognora crescendosi compie la pubblicazione delle cosí dette carte napoletane. Sono poesie e prose originali o tradotte, abbozzi di canti ben conosciuti, argomenti o tracce di poesie ideate e non piú composte, disegni più o meno larghi di drammi e di dialoghi, lavori incominciati e troncati sul bel principio, dissertazioni letterarie e d'altro soggetto, ricordi, appunti, indici; e, quale per una, quale per un'altra ragione, richiamano tutti l'attenzione dello studioso. È vero che molti di codesti scritti si conoscevano già, in tutto o in parte, per opera di chiari e valorosi critici del Leopardi, che poterono metter le mani in quelle carte e valersene nei più recenti loro lavori, come il Mestica, il Chiarini, lo Zumbini e il Carducci, e il campo si può dire perciò largamente mietuto. Nondimeno, piace ed è utile aver lí, tutti insieme e nella loro forma intera e genuina, tanti avanzi della mirabile opero

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1 Chi diede le primizie di questi scritti irediti, non sempre li riportò con fedele esattezza. Ecco un esempio. Il Chiarini (Vita di G. L., Firenze, Barbèra, 1905, p. 138) citando, si

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