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tenendo conto anche della iconografia fin qui in Italia quasi del tutto trascurata. Intanto egli per meglio chiarire il suo concetto offre una sintetica esposizione delle vicende che, attraverso i secoli, hanno sortite queste due forme intimamente tra loro congiunte, dell'attività intellettuale del popolo: la storia e la stampa„. Il saggio del Novati, opportunaınente svolto e colorito, potrebbe diventare un libro molto interessante e gustoso, e noi vorremmo ch'egli stesso s'invogliasse a scriverlo. A corredo del suo scritto il dotto professore di Milano ha aggiunto un Elenco topografico di tipografi e calcografi italiani che dal secolo XV al XVIII impressero storie e stampe popolari,. Sono quattrocento nomi circa e il Novati dichiara che molti di più avrebbero potuto essere, se non si fosse limitato a registrare i tipografi e gli incisori le cui produzioni egli stesso vide o gli erano segnalate da persone degne di fede. Ancora diremo che tutto lo scritto è adorno di curiose riproduzioni di stampe, in massima parte dovute al liberalissimo dottore Achille Bertarelli di Milano, che ne possiede una bella collezione.

.. Sono uscite a luce due dispense dell'opera che fa onore egualmente al compilatore A. COMANDINI e al coraggioso editore Antonio Vallardi: la 51.a e 52. de L'Italia nei cento anni del sec. XIX giorno per giorno illustrata, ricche come le antecedenti di figure tratte da stampe contemporanee, ritratti ecc. Con queste dispense si chiude il vol. II che è di pagg. 1760, come il primo fu di pagg. 1369. Con questo secondo vol. si giunge alla fine dell'anno 1849, sicché restano gli anni piú fecondi di avvenimenti politici. Ci pare perciò impossibile, se la prima metà del sec., meno copiosa di fatti, ha pur richiesto due vol., che un altro solo basti dal 1850 alla fine del secolo memorando. Neanche cambiando metodo, ed essendo più parchi nel notare gli eventi e meno larghi nell'illustrarli, crediamo che basterebbe un solo volume, ma crediamo anche che niuno si lagnerà se l'opera, veramente utile, verrà a costare un poco di piú. Sarebbe un vero peccato se si dovesso mutare il metodo finora osservato e che soddisfa per copia ed esattezza ogni richiesta di chi consulti il libro.

.. Agli scritti biografici riguardanti Gaston Paris che abbiamo ricordato nei passati fascicoli, aggiungiamo uno recentissimo adorno di un bel ritratto: Notice sur Gaston Paris (1839-1903) par PAUL MEYER (Paris, Imprimerie Nationale, MDCCCCVI, di pp. 23 in 8.o), che fa parte del trentatreesiino volume dell' Histoire littéraire de la France. Il Meyer dà notizia particolarmente degli studj del Paris inseriti nei volumi XXVIII-XXXIII della monumentale raccolta dell' Histoire, e pubblica anche alcune note inedite trovate fra le carte dell' illustre romanista e da lui destinate come supplementi o correzioni ai suoi articoli.

.. Dalla Società amicale Gaston Paris è stato pubblicato a cura del sig. Mario Roques, il 2.° fascicolo dei Mélanges linguistiques del rimpianto Maestro. La materia in esso contenuta è la lingua francese, e si apre colla prelezione al corso di Grammatica storica di essa lingua: seguono i dotti articoli sulla Histoire de la langue française del Brunot, quello sulla Vie des mots del Darmesteter, e sopra Les mots d'emprunt dans le plus ancien français del Berger, nonchè note fonetiche. Sono articoli noti ma sparsi in giornali, e il rinnirli tutti insieme è del pari un omaggio al perduto Maestro ed un servigio che si rende agli studiosi.

.. È uscita a luce la 2. ediz. delle Memorie della vita di Giosue Carducci raccolte da G. CHIARINI (Firenze, Barbera, di 506 pagg. in 16.o). L'opera è corretta ed accresciuta, ed interamente nuovo è il capitolo XII che contiene la narrazione biografica dal 1903 alla morte. Questa vita del Chiarini è il più sicuro e accurato lavoro bio-bibliografico sul Carducci, che in lui aveva un amico anzi un fratello, cui tutto confidava se stesso.

.. Nell'occasione del centenario di Garibaldi l'editore Zanichelli ha raccolto in un vol. di elegante stampa Versi e Prose di G. CARDUCCI, ampliando di non poco l'edizione del 1882, e facendovi precedere un avvertimento di Guido Mazzoni (pagg. 127 in 16.o picc.) Sono componimenti che tutti si riferiscono all'eroe, e che si conchiudono colla Epistola in sciolti di Garibaldi al Carducci; tutti notevoli per quell'entusiasmo sincero che il poeta sentiva per l'eroe popolare. Sono tutte cose belle, splendenti come stelle minori intorno all'eloquente capolavoro del Carducci: la commemorazione di Garibaldi nel teatro Brunetti a Bologna.

.. Il prof. T. BRUNI narra ed illustra le Feste religiose con rappresentazioni che si celebrano nella provincia di Chieti (Chieti, Ricci, di pagg. 60 in 16. picc.), raccogliendo reliquie di antiche usanze, che ben presto sparirano, dacché non le conforta piú la fede, ma piuttosto l'istinto festaiolo e l'amore alla gozzoviglia. La più parte di queste feste e degli apparati e rappresentazioni si riferiscono a ricordi storici di discese dei Turchi sulle coste adriatiche del Regno. e riproducono zuffe di cristiani e mussulmani, con intervento miracoloso della Vergine e dei Santi protettori. Altre, come quella di Villamagna che s'intitola l'Ospedale, ha carattere prevalentemente comico: quella dei Talami di Orsogna, che consiste in una serie di quadri con personaggi per lo più biblici, trasportati a braccia pel paese in processione, ha singolare rassomiglienza con gli edifizi fiorentini del 400 per la festa di S. Giovanni. Graziosa cosa è la sciuscelletta di Lanciano, cioè la scappata degli uccelletti di sotto il manto della Madonna, che usasi anche in altri luoghi del mezzogiorno.

.. L'Accademia della Crusca ha pubblicato il consueto volumetto dei suoi Atti, contenente il rendiconto dell'Adunanza pubblica 2 dec. 1906 (Firenze, Galilejana, di pagg. 115 in 16.o). La relazione dell'anno accademico scaduto fatta dal segretario G. MAZZONI è specialmente notevole per la commemorazione dei corrispondenti Gardino e Lampertico, che ci dà due vivi ritratti di personaggi un po' alieni dal comune tipo per forma e consuetudine di vita. Il discorso del prof. DE GUBERNATIS, La lingna italiana fuori d'Italia é qualche cosa di piú e di diverso da un discorso letterario, come suolsi pronunziarne in consimile occasione: dettato in bella e accurata forma, porge notizie sicure, corroborate da propria esperienza, della sorte della nostra lingua all'estero, nei porti di traffico e nelle colonie di emigranti. La lingua franca degli scali va a poco a poco dileguandosi pel preponderare del commercio di altre nazioni, e quanto agli emigranti, essi per lo più non portano seco la lingua comune d'Itatia ma il nativo dialetto, e non che dai forestieri non si fanno nemmeno piú intendere dai connazionali più colti. Onde almeno le necessità che gli emigranti non escano dalla madre patria, ignari del comune linguaggio, anzi del tutto analfabeti. Questo discorso del profes

sore dell' Università di Roma ha un valore speciale, anche, e particolarmente, per gli statisti, e ci fa meraviglia che nessun giornale politico ne abbia, a cognizione nostra, dato un ampio cenno.

.. Come è sorto il Museo di Etnografia italiana in Firenze è detto in una Comunicazione al VI Congresso Geografico Italiano (Firenze, Galileiana, di pagg. 11 in 16o). È sorto come pensiero assiduo del dott. Lamberto Loria, e si va accrescendo per munificenza del c. G. A. Bastogi, sotto la direzione del prof. A. Mochi. Dal titolo è chiaro il fine a cui mira, e da questa relazione stesa dal dott. LORIA sappiamo che ormai possiede circa 2000 oggetti, raccolti specialmente in Toscana, Sicilia, Campania e Val d'Aosta. Vi ha una Biblioteca di letteratura popolare, della quale il primo nucleo è rappre sentato dalla raccolta copiosa di poemetti popolari a stampa, fatta dal prof. D'Ancona nel corso di molti anni, e della quale un cenno di bibliografia fu dal collettore inserito nel vol. di onoranze al Mussafia, e ch'egli ha ceduto al nascente Museo. Ben è da desiderarsi che questa istituzione cresca e prosperi, e che frequenti pubblicazioni, magari illustrate, richiamino sopra di essa l'attenzione degli uomini colti d'Italia.

.. Racccolte e pubblicate dal figlio Francesco Antonio sono le Memorie di Giuseppe PIAGGIA barone di Santa Maria (Palermo, Fiore, di pagg. 167 in 16.) nato a Milazzo nel 1822 e morto a Palermo ai 17 aprile 1871. Egli è autore, fra altre cose, di una Storia di Milazzo, stampata la prima volta nel 1853 e riprodotta, ampliata, nel 1861, nella quale non raccolse soltanto le memorie storiche ma si occupò delle condizioni morali e intellettuali del popolo: sicché fu per sua spontanea iniziativa uno dei primi cultori di studj demopsicologici. Egli infatti vi raccolse notizie sui costumi, sulle superstizioni, sulla vita dei "villani, non che sulle consuetudini agricole. N'ebbe il plauso del Tommaseo e di altri, e noi sotto la cui penna ritorna il suo nome, ricordiamo, senza rammentarci in qual periodo precisamente, che ne demmo un annunzio. In questo volume sono raccolte anche lettere ed articoli sulle opere del Piaggia, non che un garbato scritto del prof. U. A. Amico sulle cose di lui a stampa e un Elogio funebre pronunziato in una Chiesa di Milazzo dal cav. Bonaccorsi. Del Piaggia stesso vi hanno alcuni cenni autobiografici, non privi di curiosità e d'interesse, e una lettera del giugno '48 al Mazzini, per persuaderlo a desistere dall' idea repubblicana : gli uni e l'altra in uno stile un po' duro e troppo spesso foggiato sulla forma del nativo parlare, ma efficace e che ritrae le ferme convinzioni e la rettitudine dell' animo del Piaggia, degno veramente che si rinfreschi la sua memoria presso i concittadini e presso gli studiosi di quelle discipline, delle quali per virtú propria scorse l'importanza e l'utilità.

NECROLOGIA.

ALESSANDRO WESSELOFFSKY.

Nelle Neuphilologische Mitteilungen, rivista che si pubblica in Helsingfors, leggiamo nel n. 7-8 (1906) una necrologia di A. N. WesseloffsKY, morto a Pietroburgo il 23 ottobre scorso, insigne letterato russo, amico sincero dell'Italia e degl' Italiani, che egli imparò a conoscere e ad amare con una lunga dimora in mezzo a noi e con uno studio assiduo e profondo della nostra storia e della nostra letteratura. Amico di lui da lunghi anni, da lui onorato della dedica di suoi lavori (il Paradiso degli Alberti, la Novella della figlia del re di Dacia, e in occasione del giubileo universitario, di quello Zur Frage über die Heimath d. Legende vom heiligen Gral) avrei voluto scriver io stesso un cenno sulla sua vita e sulle sue opere, se non mi fossero mancate troppe notizie dell'una e delle altre. Per ciò, riassumo lo scritto di un fedele discepolo suo, Jos. Mandelstam.

A. D' A.

Nacque il Wesseloffsky a Mosca, l'anno 1835 di genitori che posero ogni cura ad educarlo e a nutrirlo di buoni studj. Da giovanetto imparò il te desco, il francese e l'inglese con l'ajuto della madre, tedesca di nascita, la quale oltre a tenerlo essa stessa esercitato in quelle lingue, gli pose accanto governanti e maestri. Un italiano d'umile condizione, amico d'un pizzicagnolo italiano, gl'insegnò praticamente la sua lingua, e con la scorta di grammatiche e dizionarj si rese familiare anche lo spagnuolo. Un siffatto corredo di cognizioni linguistiche gli rese molto più agevole lo studio della poesia delle nazioni europee quando s'inscrisse nella Facoltà filosofica. Seguí con ardore i corsi di Filosofia della Mitologia svolti dal prof. Leontjeff, e si senti invaso d'entusiasmo pei fratelli Grimm, e della loro teoria che nella poesia popolare vuol vedere rivelata l'anima d'un popolo. Si dedicò contemporaneamente allo studio del sanscrito e della grammatica comparata e piú tardi si reputava fortunato d'aver potuto acquistare la prima edizione della famosa opera del Bopp. Terminati gli studj universitarj, si recò in Spagna, in Italia, in Francia, in Inghilterra e finalmente nella dotta Germania dove ebbe a maestri il Müllenhoff per l'antica letteratura germanica; lo Steinthal ed altri per la psicologia; il Mahn per il provenzale e il basco; il Diez per le lingue neolatine. Fu allora guadagnato per sempre allo studio delle letterature romanze, e dopo aver passato un anno a Praga per arricchire e perfezionare le sue conoscenze d'idiomi e letterature slave, passò finalmente n Italia a dar principio alla sua splendida carriera di scienziato operoso e fecondo.

Per tre anni attese a comporre l'opera intitolata: Il Paradiso degli Alberti, la quale lo rese subito noto nel mondo scientifico. Gli altri suoi primi lavori si propongono quasi tutti un'indagine di storia e di letteratura italiana. Tra gli argomenti che maggiormente destarono il suo interesse e che egli trattò da maestro, ricorderemo: la rinascenza religiosa in Italia e la propaganda protestante, il romanzo storico (Manzoni e Guerrazzi), la novella italiana, Machiavelli, Dante e i tentativi d'unificazione della patria italiana, la tradizione popolare nei poemi d'Antonio Pucci, e nella novella della figlia del re di Dacia e via dicendo. Predilesse il Wesseloffsky l'Italia, ebbe amici molti nelle file dei letterati e poeti italiani e gli divenne tanto cara l'Italia, che egli soleva chiamarla la sua seconda patria. Né avrebbe egli mai divi. sato di allontanarsene, se il Governo russo non l'avesse chiamato nel 1870 ad insegnare nella Università di Pietroburgo. Ma fino al termine della sua

vita ebbe in cuore l'Italia e gl'italiani, dai quali fu ricambiato di pari e costante affetto, e pubblicò studj su Dante, un'opera magistrale sulla vita e le opere del Boccaccio, saggi critici su letterati e sulla poesia popolare d'Italia e poco tempo prima di morire compose le Confessioni poetiche, geniale e arguto studio sul Canzoniere del Petrarca.

I Wesseloffsky è autore di 274 lavori, tra i quali non meno di quaranta sono libri di mole, che lasciano orma profonda nella scienza ed arricchiscono più particolarmente la letteratura russa di opere di prim'ordine. Né questo è tutto; ché una gran quantità di manoscritti è ancora inedita. Si stenterebbe quasi a credere che tanta e cosí egregia produzione scientifica sia dovuta all' operosità d'un uomo solo.

Il merito principale di lui è stato di aver portata molta luce nella questione delle origini e della evoluzione delle leggende cristiane nel medio evo. Egli è riuscito con sicurezza di metodo e abbondanza rara, anzi unica di materiali a battere in breccia, o meglio, a tenere entro i suoi giusti confini la teoria che tutto credeva poter spiegare col sussidio della Mitologia. Nessuno meglio di lui sa nelle indagini spingersi tanto oltre, là dove scompare ogni traccia della provenienza di una leggenda, d'una canzone, d'un costume, d'un preteso mito; più oltre è impossibile procedere; però egli astenendosi da conclusioni a priori abbandona l'argomento, e ci torna s opra solo quando nuovi fatti venuti a luce gli consentano di fare un passo innanzi. La profondità delle sue indagini gli era consentita dalla miracolosa conoscenza che possedeva delle letterature e delle mitologie dei varj popoli e dalla grande cultura che era riuscito a formarsi nella Storia, nella Etnologia, nella Etnografia, nella Psicologia, nella Linguistica, in tutte insomma le discipline che possono dirsi sussidiarie alla storia delle letterature.

Se si vuol conoscere il metodo ch'egli seguí nello studio delle letterarature popolari, si prenda una delle biografie che scrisse di scrittori o di poeti. A conoscerne lo sviluppo psichico, egli indaga gli eventi della vita del suo eroe, i quali si succedono nella serie non già degli anni o dei mesi, ma dei giorni. Parimenti per rintracciare il primo nucleo e la forma originaria d'una leggenda o d'un mito egli non trascura un solo fatto particolare, un solo anello della catena e accumula prima di venire ad una conclusione, tutti i materiali che è possibile raccogliere. Non volle farsi banditore di nessuna nuova teoria: gli bastò illustrare l'evoluzione dei singoli fenomeni. Una sola ipotesi ci ha lasciata: quella sull'origine e lo sviluppo delle diverse specie di poesia, e la troviamo nell'opera intitolata: Tre capitoli di poetica storica. Per quanto fosse tenero di tale teoria, non poté frenarsi dal dire: temo di aver aggiunto un'altra ipotesi alle tante che già esistono,.

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Troppo in lungo ci porterebbe il menzionare non fosse altro che i litoli dei suoi lavori. Rincresce tuttavia che i migliori tra essi sieno scritti in russo e non possano essere accessibili a tutti quelli che non hanno familiare tale idioma. Il fedele ed amorevole alunno, scrittore della necrologia della quale si è qui voluto dare un sunto, fa voti che parte della produzione letteraria del Wesseloffsky sia tradotta in qualche lingua europea più comunemente nota e che dei rimanenti lavori si dieno notizie e brevi estratti.

La bontà dell'uomo fu nel Wesseloffsky pari all'altezza dello scienziato, ché egli fu sempre modesto, semplice, leale, pronto a render servigio agli altri, massime quando veniva richiesto d'aiuto e di consiglio in questioni attinenti a quelle discipline, delle quali egli era cosí profondo ed egregio cultore.

A. D'ANCONA direttore responsabile.

Pisa, Tipografia F. Mariotti, 1907.

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