Slike stranica
PDF
ePub
[merged small][merged small][ocr errors][merged small]

(Biblioteca Letteraria, n. 2), (in 8.o, picc. pp. 352).

Il prof. Porena, dell'Università di Napoli, in questo suo nuovo libro tratta della quistione dello stile, che ora è tanto discussa; e cerca di esaminarla oggettivamente, esponendo e discutendo le varie opinioni. Questo si propone il Porena ed è già buona cosa il proporselo: e non dipende solo da lui se non sempre riesce a mantenere tale obiettività. La subiettività e l'individualismo sono cosí profondamente radicati in noi, che quando ci proponiamo di considerare le cose come sono, senza preconcetti, la nostra umana natura si ribella e pare voglia vendicarsi, velando tanto piú la nostra mente, quanto piú cerchiamo di guardar fisa la luce.

Tale desiderio di vagliare bene la quistione in ogni sua parte, ha mosso forse il Porena a scegliere per il suo libro la forma di dialogo; e son lí a dirci l'intenzione dell' autore le parole di Galileo nel dialogo dei « Massimi Sistemi » e quelle di Platone nel Gorgia», scelte dal Porena come epigrafi, e le une e le altre, le italiane e le greche dicono come la discussione giovi alla ricerca del vero, e come chi solo il vero ama, debba desiderare di essere confutato, quando le sue opinioni si allontanino dalla verità.

L'intenzione è lodevolissima, ma nel dialogo del Porena, a differenza di quel che avviene ne' dialoghi di Platone e di Galileo, Albio, Rufo e Nigro, gl'interlocutori, in fondo, rappresentano tutti e tre le idee dell'autore, e quindi non muovono mai obbiezioni serie e sostanziali; anzi, con una arrendevolezza veramente eccessiva, si lasciano subito persuadere da Albio, il vero sostenitore delle idee del Porena. Albio sa tutto e risolve ogni dubbio; sí che a volte quasi vien fatto di domandare quale ufficio abbiano e che cosa rappresentino nel dialogo gli altri due interlocutori.

Ma questa è parte esteriore e formale, che certo non giova alla composizione del libro, ma viene compensata dalla diligenza e dalla cura, che il Porena pone nello studio della quistione intorno allo stile. Egli parte dal fatto che nella infinita varietà della lingua, anche la parola «stile» acquista significati mutabili e ondeggianti; ma « fra i letterati e le persone colte la parola stile ha preso un' accezione unica », e perciò egli si propone di stabi

lire che cosa sia ciò che nell'uso linguistico si chiama stile. Con questo scopo si fa a esaminare, una dopo l'altra, la lunga serie di definizioni dello stile date nel giro degli ultimi due secoli; e nel fare questa analisi il Porena va determinando il concetto di stile, quale a lui pare esatto, e stabilisce che lo stile confina da un lato con la provincia della lingua e dall' altro con quella del pensiero puro; distingue cioè tre province del discorso: pensiero puro, stile, lingua.

Ma il Porena ammette che una parte non piccola del pensiero rientri nello stile, e fa perciò seguire una lunga discussione per stabilire qual parte del pensiero sia stile e quale pensiero puro; e viene alla conclusione « che il pensiero di un discorso è << stile in quanto viene da noi considerato come prodotto di quella << speciale funzione innominata, che convenzionalmente diciamo << dello scrivere ». Questo è veramente il punto oscuro nella discussione del Porena, e purtroppo tale oscurità riappare anche nella definizione dello stile, che il Porena dà più tardi; poiché essa si fonda principalmente su tale distinzione, tra « la funzione antecedente e indipendente dallo scrivere e parlare e la funzione di scrivere o parlare ».

Ma che valore ha tale distinzione? « Stile, dice il Porena, è il <«< modo con cui si compie quel tanto del nostro discorso, che è << prodotto di quell'attività, che noi diciamo scrivere o parlare in << senso intellettuale. Or qui sta appunto il distacco profondo che << separa le idee, i giudizj, i pensieri in sé, dalla loro scelta, con« nessione, subordinazione. I primi esistono indipendentemente « dall'attività anzidetta; queste seconde invece, fanno parte es<< senziale dei processi intellettuali, che servono a comunicare al<< trui il pensiero, e che sono appunto quell' attività detta scri«vere o parlare ». E piú sotto: « Il pensiero d'un discorso dun« que è stile, non in quanto è, perché esso è in modo indipendente << dalla funzione di scrivere o parlare; ma in quanto fa parte del << discorso, in quanto c'è ». Ora, pur non considerando che per tale distinzione si viene ad ammettere che il pensiero non sorga coll'impronta dell'individualità, ma l'acquisti nel momento in cui si esprime ad altri, pur tralasciando questo, che non è piccola cosa; che valore ha tale distinzione per noi che vogliamo stabilire che cosa sia stile in un discorso? Il pensiero in quanto appare nel discorso, c'è, per usare la frase del Porena; è stato cioè sottoposto a quella tale funzione intellettuale dello scrivere o parlare; dunque tutto il pensiero in quanto è espresso, viene a far parte dello stile.

Se questa conclusione, a cui pare si debba giungere per quel

che dice il Porena, sia giusta o no, non è nostro proposito discutere qui; una cosa è certa però, che questa conclusione non pare conforme a quanto il Porena sostiene. Poiché egli dice che non sempre la diversità di contenuto importa diversità di stile, che cioè in un discorso non tutto il pensiero, ma una parte soltanto di esso, sia stile.

«

Dopo aver stabilito cosí la distinzione tra il pensiero puro e lo stile, il Porena si accinge a delimitare lo stile dall' altro lato, determinando che cosa è stile e che cosa è lingua; e qui, a parer nostro, le sue ricerche riescono molto piú felici. « La lingua << è come una gran massa di cui la parte piú considerevole è so<«lida: è la parte assodata come lingua comune, la vera lingua << nazionale. Ma sopra a questa si estende una crosta che dal <quasi solido va al liquido vero e proprio: è quella parte che è <e non è lingua, e rappresenta l'uso non ancora ben saldo; in « cui il liquido è un uso in tutto e per tutto individuale, e via << via che il liquido è più denso e pastoso, il carattere individuale << si attenua per sparire del tutto, una volta giunti al solido vero <e proprio. Or questa massa è anche stile, fin dove c'è qualcosa <di non perfettamente solido, e piú o meno stile, secondoché dalla << solidità è piú o meno lontano ». Ci sembra che qui il Porena abbia pienamente ragione, quando però conceda che anche in quel campo linguisticamente stabile, la parola può acquistare e acquista il più delle volte colore spiccatamente stilistico nel contesto del discorso, come parte viva di esso, che prende una tinta speciale per effetto delle parole che le stanno intorno;

notum si callida verbum, Reddiderit iunctura novum,

dice Orazio nell' epistola ai Pisoni.

A questo punto dovrebbe seguire la definizione dello stile; ma una definizione vera e propria il Porena non la dà. Riassume soltanto la sua trattazione teoretica dicendo: che lo stile è quel tanto di un discorso scritto o parlato, che é prodotto dell'attività dello scrittore, applicata alla funzione intellettuale scrivere o parlare.

Questa non si può considerare come una definizione, nè il Porena la ritiene tale, perché non riescirebbe comprensibile, staccata dalla trattazione teoretica che la precede; anzi l'autore crede che esprimere in un modo facile, evidente il concetto di stile, non sia possibile per la natura stessa della cosa; e probabilmente ha ragione. Stile in fondo è tutta l'opera d'arte, in quanto è opera

d'arte, e tale risulta pure da ciò che dice il Porena; poiché per lui stile si ha lí dove si esplica il lavoro individuale di scelta e di elaborazione; ed è quindi cosa tanto complessa che non solo non si può brevemente definire, ma neppure è dato sinteticamente esprimere in che cosa la funzione stilistica consista.

Qui termina la parte piú essenziale del libro; nei capitoli che seguono l'autore discute altre questioni importanti intorno al soggetto, la cui risoluzione però dipende sostanzialmente da ciò che s'intenda per stile; e se volessimo trattarne qui, ci porterebbe troppo lontano.

Concludendo dunque possiamo dire, che il libro del Porena segna un progresso non solo rispetto alla vecchia e vieta retorica, ma anche rispetto alle teorie stilistiche del Gröber, perché certo per studiare lo stile di uno scrittore, considerato come lo considera il nostro autore, non basterà analizzare l'opera d'arte che si vuol studiare, basandosi su uno schematismo grammaticale, ma si dovrà cercare di riprodurre il procedimento psichico che ha prodotto l'opera d'arte. Perché lo stile non è una veste che ricopra il pensiero, ma qualche cosa di intimamente connesso col pensiero stesso.

A questa conclusione si giunge nel libro del Porena; se poi si possa o no procedere oltre per questa via, cosa che il nostro autore nega recisamente, non vorremo decidere.

VITTORIA BUONANNO.

PAOLO PRUNAS. L'Antologia di Gian Pietro Vieusseux. Storia di una rivista italiana. Roma-Milano. Soc. ed. Dante Alighieri di Albrighi Segati e C. 1906. pp. XIII-456. In 16o.

Quando Niccolò Tommaseo, mosso da amore e dolore e gratitudine, pubblicava quel suo prezioso libretto Di G. P. Vieusseux e dell'andamento della civiltà italiana in un quarto di secolo, che già nel titolo significava l'importanza dell' opera dell' insigne pubblicista, vi scriveva anche queste parole (p. 26): « A riposo dalle faccende e rifugio dalle noje, egli aveva... preso in affitto una villa bellissima presso Firenze; ma le faccende e le noje lo tennero tanto legato, che non poté quivi mai riposarsi e, come da piú anni proponeva, dar mano a ordinare le molte lettere e altri fogli importanti che saranno e letterario e storico documento a chi ne sappia far uso; e lettere d'ignoti e d'oscuri, forse documento piú autorevole che de' celebrati e de' grandi ». Parevano quasi un rimpianto di non aver potuto quanto egli avrebbe vo

luto e creduto da fare, e un eccitamento e un'indicazione della via da tenere da chi avesse voluto accingersi a farlo. Ma per una quarantina d'anni l'eccitamento restò inascoltato, e la via parve forse troppo lunga e scabrosa, se niuno pensò di percorrerla. Certo, non si perse la memoria del Vieusseux, raccomandata anche a quel suo Gabinetto, che ormai da piú che tre quarti di secolo può dirsi il ritrovo della gente piú colta, non che di Firenze o d'Italia, ma d'ogni parte del mondo; e rimase caro e riverito agli Italiani anche il ricordo dell' Antologia, ma alterato e inesatto, come dimostra, pur tacendo con lodevole discrezione nomi di autori e titoli d'opere, il Prunas nella prefazione a questo suo libro. Naturalmente, troppo sarebbe pretendere che alcuno ora, massime dopo tanto progresso di cultura e di scienza, dovesse prender conoscenza diretta di tutti i quarantotto volumi del glorioso periodico fiorentino; ma è a ogni modo un'ottima cosa che ogni persona colta possa almeno sapere con esattezza che cosa fu e che importanza ebbe sulle menti e sugli animi della miglior parte degli Italiani nei dodici anni che visse, cosí dando saggio e notizia del progresso intellettuale, come alimentando e diffondendo forti sentimenti di amore al bene, di vicendevole stima fra i popoli, di dignità nazionale. Questo fine cerca e ottimamente raggiunge il libro del Prunas, che ci fa insieme rivivere innanzi vera e simpatica l'immagine del Vieusseux, con la sua operosità instancabile; con l'abilità, l'accortezza e il buon senso che potevano trovarsi in un uomo, che vissuto tra i commerci, aveva, viaggiando in modo pei suoi tempi non ordinario, visti e conosciuti popoli e costumi svariati; con la chiara e sicura visione dei fini che si proponeva e dei mezzi atti a raggiungerli; con la rettitudine grande che quei fini ispirava e con la gran dignità che non si scompagnava mai da quei mezzi; e ci fa degnamente apprezzare la tempra di quel carattere, che non si sgomenta mai, ma perdura accorto insieme e imperterrito framezzo a svariate difficoltà, che nel tempo nostro potrebbero quasi parere incredibili.

A quest'uopo il P. non si è peritato a mettersi per la via additata dal Tommaseo, e, dopo letti accuratamente tutti quei quarantotto volumi,« oltre gl'incartamenti (che avrei preferito sentirgli chiamar filze o inserti) voluminosi dell' Archivio di Firenze nelle sue varie parti e le numerose carte del Vieusseux, ed i suoi appunti non pochi, e le bozze di stampa di numero grande di articoli che portano le tracce della censura, e varj archivî privati, piú che trentamila lettere di amici del Vieusseux in vario grado rinomati o famosi, gli sono passate fra mano: alle quali (benché ine

« PrethodnaNastavi »