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la simpatia di chi legge, anche quando il proprio assenso non possa essere pieno fidente, perché la fantasia del poeta sembri di troppo superare le possibili previsioni dell'avvenire. Noi per la natura speciale della nostra Rassegna più particolarmente segnaliamo agli studiosi due fra questi scritti: il Sabato e la Ginestra, che trattano del Leopardi con altezza di considerazioni e acutezza di critica. È un poeta che degnamente intuisce e altrui rischiara l'intimo pensiero di un poeta: una mente eletta e un cuor buono che comprendono e fanno comprendere una mente e un cuore grandissimi.

FR. DE SANCTIS. Saggio critico sul Petrarca, nuova edizione a cura di B. CROCE. Napoli, A. Morano, 1907 (pp. XX-313, in 16.o).

È una nuova edizione di un lavoro meritamente noto e lodato, con nuove cure e diligente revisione del migliore e piú fedele fra i discepoli e seguaci di De Sanctis. Il libro, che come ognun sa, è uno studio sull'arte del Petrarca, è cosa compiuta da cotesto aspetto, che è certamente il più importante, trattandosi di un poeta, e di sí squisito poeta; e il Croce nella sua Prefazione, pone bene in luce questo merito dell'autore. Ma non partecipiamo a quel disdegno col quale il Croce giudica tutti gli altri aspetti, dai quali può trattarsi del Petrarca nella sua vita e nei suoi tempi, specialmente quando appunto si scrive una storia letteraria, dove giova, anzi è necessario, lumeggiare gli autori e le loro scritture nell' opera loro complessa e in relazione coll'età in che vissero. Perciò non possiamo aderire alle critiche che fa al Bartoli, negandogli di avere avuto in mente ciò che sia la storia della letteratura,. Ma non è qui il luogo di sollevare una discussione in proposito; se anche dovesse intavolarsi con un uomo di sí acuto intelletto e insieme di forme polemiche cosí garbate, com'è il Croce. Resta pertanto da dire solamente che dandoci questo volume, del quale le due edizioni anteriori erano esaurite, e curandone amorevolmente la stampa, egli ha reso un servizio agli studiosi.

PHILIPPE MONNIER. Venise au XVIII Siécle. in 16.°).

Paris, (Perrin, di pp. 412

Frutto di lungo e serio studio e di molteplici e svariate letture sull'argomento, come dimostra la copiosa ed importante Bibliografia che chiude il volume, è questo lavoro del professore ginevrino, al quale l'Italia deve già l'altra bella opera sul Quattrocento. Egli ama ed ammira Venezia, anche presso alla sua decadenza e alla fine, quando, dopo una forte gioventù e una operosa virilità, essa mostra tuttavia sotto l'orpello ed il liscio, qualche grazia dell'età prima e la nobiltà di gentildonna della seconda. Egli la studia nelle sue istituzioni, nel costume, nella cultura, nell'arte, in ogni

manifestazione della vita, prima che per lei suonasse l'ora fatale, prevista ormai dai migliori suoi figli. Con parola sconcia ma efficace già un patrizio aveva detto della antica dominatrice dei mari: la xe vecia, la xe vecia sta buzarona; e la più longeva figlia del senno umano, cadde appunto per la longevità sua. Venezia sentí il contraccolpo della rivoluzione francese, e con lei disparve dal complesso delle nazioni europee un oasi dove la vita era gaia, facile il costume, dove ancora si provava la gioia dell'esistenza. Il Monnier studia ed espone con vivezza il tramonto della città del piacere: lo studia nelle usanze, nelle feste, nelle relazioni fra i due sessi e nel cicisbeismo, negli spettacoli teatrali e musicali, nella produzione letteraria, nella pittura, presso il patriziato, presso la borghesia e presso il popolo. I ritratti ch'egli fa di Gaspare e di Carlo Gozzi, del Goldoni, del Tiepolo, del Casanova sono condotti con sicurezza di particolari e fermezza di tratti; e meglio non si potrebbero caratterizzare le loro opere e le vicende. È pertanto un libro che istruisce insieme e diletta. La forma è viva, e la parola pittrice. Soltanto, perché non si dica che tessiamo un panegirico, osserveremo timidamente che vi è qua e là qualche cosa che ingenera monotonia, quando l'A. fa seguire l'uno all'altro proposizioni e periodi che principiano colle stesse parole. È una maniera, che ripetuta soverchiamente, scema forse efficacia.

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JULIEN LUCHAIRE. Essai sur l'évolution intellectuelle d'Italie de 1815 1830. Paris, Hachette, 1906 (pagg. X, 355 in 18.o).

L'autore, professore di letteratura italiana a Grenoble, dichiara nelle sue prime parole di non aver voluto fare un libro di storia o di critica letteraria, ma di aver voluto investigare le origini intellettuali dell'Italia contemporanea. Ma poiché della propaganda orale delle idee nuove rade e indirette sono di necessità le testimonianze, e queste si manifestano in scritture, che guardate con occhio sospettoso o vietata addirittura dai governi, pur ebbero somma efficacia in quei tempi, realmente la trattazione principale è sugli scrittori e sulle loro opere, in quanto però influirono sulla formazione del pensiero nazionale e prepararono il rinascimento politico dell'Italia. Una introduzione preposta alla trattazione vera e propria dell'argomento, si intrattiene a descrivere le condizioni civili della Toscana nel 1814: e se v'è da fare una osservazione all'autore, si è questa che egli abbia ristretto le sue considerazioni, come le indagini negli archivj, alla sola Toscana (donde forse l'opportunità di cotesto preliminare) e poco parli dello stato di altre regioni di altre ancora, per es. Napoli e la Sicilia, nulla ci dica. Tutto il libro è diviso in otto capitoli, e ognun d'essi è suddiviso in paragrafi, dove specialmente si parla di illustri pensatori e scrittori: Alfieri, Foscolo, Giordani, Leopardi, Niccolini, Capponi, Manzoni, Pellico, Rosmini, Guerrazzi ecc. e si determina il carattere delle loro scritture e la varia efficacia loro sui contemporanei. Né si trascura di assegnare il proprio significato politico alla controversia fra classici e romantici, e valutare l'influsso di certe idee e di certi sentimenti di nazionalità, di liberalismo, di moralità e di filosofia, anche pes

simista, e che parte erano particolari all'Italia, parte importati, o comechessia diffusi, anche oltre le Alpi. Mentre questi argomenti sono accuratamente esposti, spesso con originalità e indipendenza di considerazioni, nuova ed importante è l'indagine fatta sulle carte della Censura Toscana, circa i libri stampati in quel tempo e quelli forestieri ammessi in libera circolazione. Una ricerca consimile per rispetto agli altri Stati della Penisola, mostrerebbe con prove novelle e indiscutibili, come in allora la Toscana, ed in parte il Lombardo-veneto, fossero quasi oasi nel grande e muto deserto italiano. Simili indagini in altre regioni gli stati della Chiesa, il ducato di Modena, Napoli e la Sicilia avrebbero dato resultati assai differenti. Ma intanto a questo studio sulla produzione intellettuale nella Penisola vien offerto nuovo contributo per quel che spetta la regione subalpina, dal baron Manno negli Aneddoti documentati sulla Censura in Piemonte dalla restaurazione alla Costituzione, del quale evidentemente il Luchaire non fu in grado di servirsi. Ad ogni modo, e nonostante la deficienza che abbiamo notato, il lavoro del prof. Luchaire è tale, da meritar molta lode per saldo criterio e forma perspicua, sicché gli studiosi italiani debbono essergliene grati.

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FRANCESCO TORRACA. Scritti critici. 16.o picc.).

Napoli, Perrella, 1907 (pp. 583, in

L'editore Perrella di Napoli non poteva meglio che con questo volume inaugurare una Nuova Biblioteca di Letteratura Storica ed Arte, che ha in animo di pubblicare colla direzione del prof. Torraca, il quale intanto foruisce materia al primo volume. Esso è una copiosa raccolta di studj letterari e storici, di saggi biografici e critici su autori ed opere antiche e moderne, italiane e straniere. Ma sia che il Torraca tratti del predicatore fra Roberto da Lecce, o schizzi la singolar macchietta tutta napoletana dell'abate Galiani, o disegni il profilo letterario del Sannazzaro o quello tutto moderno del Prati, ovvero ricerchi le fonti dell'Adone o quelle dei Promessi Sposi, egli adopera la stessa acutezza di critica e la stessa equanimità di giudizio, congiunte a somma diligenza nello studio dell'argomento e a molta perspicuità di esposizione. La maggior parte di questi scritti è già nota, ma tutti si rileg gono volentieri, immutati nella sostanza, ma con lievi ritocchi di forma. Tuttavia taluno di essi ci appare quasi fosse nuovo, come ad es. quello sull'Arcadia del Sannazzaro, non mai riapparso a luce dopo la prima stampa del 1879. La disposizione è secondo l'ordine cronologico: ma, notando sotto ciascuno scritto l'anno della composizione, meglio ci sarebbe piaciuto se qui apparissero aggruppati per materie e tempi. Vero è che ciascuno sta per sé, ma l'ordinamento che avremmo preferito, sarebbe stato una specie di legame fra tutti. Ciò tuttavia non scema punto il pregio di questa raccolta, alla quale è facile augurare la buona accoglienza degli studiosi.

UGO PESCI. I primi anni di Roma capitale (1870-1878) con cento illustrazioni. Firenze, Bemporad, 1907 (pp. VIII-738 in 8.o).

Non è una storia nello stretto e classico senso della parola, ma non è neanche una semplice cronaca. È una narrazione esatta e copiosa della vita di Roma nei primi otto anni delle sue funzioni di capitale del Regno dal dí della breccia di Porta Pia fino alla morte quasi contemporanea, del primo Re d'Italia e dell' ultimo Pontefice temporale. Basta riprodurre l'elenco dei XVIII capitoli in che si divide la narrazione, per vedere che ogni angolo, per cosí dire, della storia di quel periodo è frugato ed illustrato: Il Vaticano; Il Quirinale; Governo e Parlamento; I romani " de Roma „; I“ Buzzurri„; I forestieri; Re, principi, ambasciatori; feste private e divertimenti pubblici; Teatri e ritrovi; Archeologi, letterati, scienziati; Pittori, scultori, architetti e musicisti; Giornali e giornalisti; Attriti ed accomodamenti; Date memorabili; Due morti celebri; Gli inizj di un regno e di un pontificato; La trasformazione di Roma; Roma scomparsa. Come si vede, il volume ha la stessa ricchezza di aspetti diversi e di ragguagli interessanti e la medesima efficacia di istruzione e di diletto, che possiede il lavoro precedente dell'autore; Firenze capitale, col quale si ricongiunge, formando come una narrazione continuata dal 1865 al '78. Al racconto aggiungono pregio le cento illustrazioni, che riproducono episodj storici e sopratutto ritratti di celebrità di ogni specie. Tutte le cose e le persone, che l'autore ha conosciuto e studiato da vicino, non per sentita dire da lungi, sono da lui rappresentate con parola franca e sicura, e con sincerità somma; e ci sembra difficile che si possa trovarlo in fallo, come accusarlo di parzialità e di offesa al vero. Non è una storia all'antica, lo ripetiamo; ma il quadro animato di ciò che fu Roma in un momento rilevantissimo per la storia propria e per quella d'Italia.

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La Vita Nuova per cura di MICHELE BARBI. Firenze, Società dantesca editrice (pagg. CCLXXXVII-105, in 8.o).

Vogliamo, per ora, annunziare soltanto la pubblicazione di questo secondo volume della edizione critica delle opere di Dante, promossa ed eseguita dalla Società dantesca italiana, senza vietarci, anzi desiderando di tornar sopra questa stampa dell' aureo libello dell' Alighieri. Il prof. Barbi, interpretando e attuando egregiamente gli intenti della Società, ha voluto sopra tutto darci un testo sicuro della Vita Nuova. Esso non presenta molte novità, perchè oramai erano noti i migliori manoscritti, salvo il toledano, di

recente scoperto, che è di mano del Boccaccio. Ma norme piú sicure sono state applicate per la ortografia, la fonetica e la morfologia, e spesso è raffermato il vero significato di alcune forme. Un primo capitolo della Prefazione espone i criterj fondamentali dell'edizione, che non potrebbero esser piú saldi e piú costantemente seguiti: poi è detto dei manoscritti, che sono trentanove, compresi i frammentarj: in terzo luogo, delle edizioni, che sono a tutt'oggi, ventisei. Il cap. IV contiene la faticosa, ina fondamentale classificazione dei codici, che vengono a distinguersi in due famiglie, ciascuna delle quali dà origine a due gruppi principali; e perché l'occhio aiuti le argomentazioni della critica, due tavole ne fanno vedere la filiazione. Il cap. V discorre dell'ortografia e della partizione del testo; e cinque tavole ci offrono i facsimili dei mss. piú autorevoli: il toledano, due chigiani, il martelliano ed il magliabechiano. Segue la Vita Nuova, con l'apparato delle varie lezioni e con utili ed accurate annotazioni filologiche. Come si vede, non si potevano appropriare a questa nuova edizione cure maggiori e piú rigorosamente intelligenti, sí da dover sperare che finalmente, su solide basi, sia fondato il verace testo dell'opera giovanile dantesca. Queste cure sono state poste in atto dal Barbi per lunghi anni e con ammirabile assiduità, e vogliamo far voti che sieno applicate ancora da lui alla edizione critica del Canzoniere. Ormai egli ha fatto un gran tratto di via per arrivare al termine!

G. VOLPI. Il Trecento, Seconda edizione corretta ed accresciuta. Milano, casa edit. F. Vallardi. Un vol. in 16.° gr. di pagg. VIII-451.

Già di quest'opera, dei suoi pregj, delle sue mende parlammo, rispetto alla prima edizione di oltre un lustro addietro, nella nostra Rassegna (VIII, 6). Era allora un volume di 276 pagg. ed ora raggiunge le 451. Quanto al difetto fondamentale, non imputabile certamente all'autore, pel quale discor rendo del sec. XIV non si deve parlare di Dante, se non di passata e per incidente, si capisce che non poteva esser corretto perchè dipendente dall' economia generale che a questa Storia Letteraria venne imposta dal direttore ed editore dell'opera. Ma in questa nuova edizione del suo lavoro, l'autore meno assai che nell'antecedente si è voluto obbligare a tacere di chi anima di se tutto il pensiero e la cultura di quel secolo, ed inoltre ha maggiormente ampliata la parte che spetta al secondo gran luminare di quel periodo, raddoppiando il numero delle pagine ad esso consacrate. Altre speciali trattazioni hanno pur ricevuto diverso e maggior svolgimento: così ad esempio la letteratura morale, che prima era congiunta con la ascetica, ora è invece congiunta con quella didascalica; e tutto un capitolo, il 7°, discorre con conveniente misura, della letteratura religiosa nelle diverse sue forme. Anche le Note critiche e bibliografiche son state arricchite, e, come suol dirsi, messe al corrente: come ad esempio profittando della copiosa produzione del tempo del Centenario, per la vita e le opere del Petrarca. E molte minori con

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