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nale delle medesime e le dieci ballate, più due novelle per giornata, il tutto accompagnato da note illustrative a pié di pagina Quanto alla scelta delle novelle, egli dichiara di aver seguito un criterio alquanto diverso da quello che ha prima guidato gli altri raccoglitori,. E cosí ha pensato che i giovani potessero leggere, senza pregiudizio alcuno per il loro senso morale, altre novelle del Decameron, che non fossero le solite loro presentate, L'idea è un po' azzardata, e forse, per le scuole, potevano trovarsi fra le cento, altre novelle che non fossero proprio quelle di Gianni Lotteringhi o di Tofano e monna Ghita. L'altro volume è una Antologia delle opere minori volgari del Boccaccio e fa parte della Biblioteca Scolastica di Classici italiani diretta dal Carducci. (Firenze, Sansoni, di pagg. XIII-335). Ognun vede dal titolo qual'è la materia del volume. Non è certo una cattiva idea questa di offrire alla lettura della gioventú una antologia di prose e rime del Boccaccio, e fare ch'essa conosca qualche cosa piú che la sola prosa, per quanto insigne, del Decameron; ed auguriamo che il tentativo sia coronato di buon successo. La scelta è ampia e bene illustrata, e opportune e diligenti sono le introduzioni a ciascuna categoria di brani tratti dalle varie opere. Un copioso Indice finale delle note, cioè dei vocaboli e modi di dire illustrati, compie il volume e lo fa maggiormente utile.

.. Studio documentato e ben condotto intorno all'opera d'Innocenzo VI e dell' Albornoz per la restaurazione dell'autorità pontificia nello Stato della Chiesa e intorno alla politica di Firenze, cosí rispetto al papa come rispetto all'imperatore, in un momento tra i più difficili della sua storia, è questo di F. BALDASSERONI, testé messo a luce (Relazioni tra Firenze, la Chiesa e Carlo IV, 1353-55, Firenze, tip. galileiana, di pagg. 88 in 16.o La Repubblica ci si mostra ancora una volta gelosa sopratutto della sua indipendenza, ch'essa vuole difendere tanto dagli insidiosi attentati del pontefice quanto dalle eventuali offese del sire tedesco; e questo, malgrado certe condiscendenze, piú apparenti, del resto, che reali, a cui le circostanze talvolta la costringevano. Vediamo in tal modo, anche nel lavoro del Baldasseroni, di quale natura fosse il cosí detto guelfismo di Firenze; di quella Firenze che doveva, vent'anni dopo, muovere e promuovere contro il papato una delle guerre più pericolose che la storia della Chiesa ricordi. Gl'interessi del papato e quelli della Repubblica piú d'una volta appaiono, nello studio che esaminiamo, discordi e divergenti. Era causa di non lieve dissenso, per esempio, la protezione da Firenze accordata ai Malatesta, che l'Albornoz, invece, combatteva. Costretta a lottare d'astuzia col pontefice, la Repubblica non aveva sempre in simil giuoco la meglio; ma, intanto, maturava la guerra degli Otto Santi. Con Carlo IV la controversia era specialmente per l'annuo censo da pagargli. Il Baldasseroni, a tale proposito, scagiona Firenze dalle accuse che alcuni storici le mossero. Giova anche notare che gli altri Comuni toscani non partecipavano tutti agli intenti di quello fiorentino, onde impossibile rendevasi la lega dei medesimi contro il Boemo, vagheggiata da esso. Ad un accordo con Carlo IV si venne, finalmente, dopo lunghe e difficili trattative, e Firenze, costretta su alcuni punti a cedere, dové, per il momento, prometter tributo a Cesare. Le ragioni di tale condiscendenza ricerca ed asamina l'A. senza accettare, neppure qui, i giudizj trop

po severi di alcuni storici e cronisti. Fugace soddisfazione, del resto, questo accordo, per una sovranità limitata oramai alle funzioni d'accattar danari e vendere titoli! (G. B.).

.. LUIGIA LANZANI ha Palmieri e la sua storia De bello Italico, Pisa, Enrico Spoerri, 1905, di pp. 28, in 16.o). Dopo aver raccolto le più sicure notizie biografiche intorno al Palmieri (1423-1483), indaga la cronologia delle sue opere storiche e letterarie e infine passa all'esame della maggiore, il De bello Italico. La Lanzani dà particolari informazioni sull'unico manoscritto che se ne conserva e che dopo varie vicende è passato ultimamente nella Biblioteca Universitaria di Pisa; pubblica l'indice dei dieci libri di cui si compone l'opera, ne studia il contenuto e le fonti e determina il posto che il Palmieri occupa fra gli storiografi del suo tempo. Il Palmieri non si può dire certamente un grande storico, ma la sua narrazione della guerra fra Aragonesi e Fiorentini (1446-1464) a chi indaghi quei fatti può fornire insieme coi giudizj dell'autore, anche alcune curiose notizie che non accade di trovare in altre fonti.

dedicato un breve studio a L'Umanista Mattia

.. Gustosissima lettura è l'Autobiografia di C. A. DA FAJE speziale lunigianese, pubblicata da G. SFORZA (Parma, estr. dall'Arch. Stor. della prov. Parm., di 55 pag. in 16.o). È la narrazione dei casi di uno speziale del sec. XV, che a poco a poco da umilissima condizione si eleva grado a grado, a traverso a stenti e peripezie, fino a diventare notaro: immagine nuova e attraente di un vero self-made-man del quattrocento. Ancora fanciullo, rimasto orfano di padre e di madre, fu messo a imparare un umile mestiere, cambiando spesso padrone e maestro, e spesso soffrendo fame e strapazzi; ina aveva viva fiducia in Dio, e volle alternar col cucire le scarpe, l'apprendere a leggere. Girò per parecchio terre e città cercando sua ventura, prese moglie, ebbe figli, e guadagnò un po' di danari, ora agiato e ora povero, ora gagliardo, ora con gravi malanni di salute, ma sempre operoso e sempre fidente nella Provvidenza, finché si fermò a Bagnone in Lunigiana aprendovi una bottega, che "l'anno 1466 (quando egli scriveva questo quasi ultimo ricordo) vale piú di 4 m. ducati, e fabbricandovi una casa: “Dio mi dia forza!,, egli scrive. Nel '70 il conte di Brugnate lo fece notaro: "Dio laudato!,. Ma se esercitasse questa professione e invece dei barattoli maneggiasse la penna, non dice: forse fu un titolo onorifico, come oggi si dà il cavalierato della Corona o quello del lavoro a chi si è in una lunga vita industriato onorevolmente. Lo stile di questa autobiografia è ritratto dell'uomo; non culto, ma di ingegno vivace, di coscienza onesta e di carattere giocondo, tetragono contro ogni avversità. Dobbiamo esser grati allo Sforza di averci fatto conoscere questo singolar documento di antica vita italiana, ritratta nell'operoso lunigianese.

.. Un buon contributo alla storia delle raccolte di libri, anteriori al sec. XVI, ci offre il sig. ALBERTO DEL PRATO colla sua memoria Librai e biblioteche parmensi del sec. XV (Parma, presso la R. Deputazione di Storia patria, 1905, di pp. 56 in 16.o). Egli pubblica ed illustra con introduzione e annotazioni tre inventarj, dei quali due riguardano commercianti librai di Parma, un terzo riguarda le collezioni private di un umanista celebre, qual

fu Taddeo Ugoleto parmigiano. I bibliofili vi troveranno indicazioni preziose di libri latini e volgari, e gli studiosi di storia letteraria apprezzeranno anche le utili notizie che il Del Frate ha raccolto intorno all' Ugoleto.

.. Del Parrasio erano fin ora ben conosciute le sole orazioni di carattere scolastico; adesso il prof. Lo PARCO, Due orazioni nuziali inedite di Aulo Giano Parrasio per nozze Grassi-Enrico (Messina, 1907, in 16.o) che con amorevole sollecitudine seguita a studiare la produzione del grande umanista, trae alla luce da un ms. della Nazionale di Napoli [V. D. 15] due orazioni nuziali, pronunziate secondo una probabile congettura, tra il 1501 e il 1502, a Milano, per le nozze di Gerolamo Corti con Elisabetta Varisino e di Anton Maria Visconti con Bianca Pellizone. L'invito al Parrasio era venuto da Giangiacomo Trivulzio, fautore di quegli sponsali e protettore del celebrato umanista. Il Lo Parco tratta delle singolari doti oratorie del Parrasio, il quale pure conformandosi ai precetti della vecchia arte retorica, riesce tuttavia ad evitare i comuni motivi del genere nuziale. Trattenendosi poi in una interessante questione giuridica, nega che il Parrasio sia stato, oltre che l'oratore, il pubblico officiale di quelle nozze, e pensa che tale funzione possa essere stata esercitata dal medesimo Giangiacomo Trivulzio.

.. Quali i criterj artistici dell' Ariosto? Il sig. JOVINE in una special memoria (Criterj artist. dell' A., dai Rendic. dei Lincei, 1906, p. 47 in 16.o) cerca di ricavarli dalle opere del Poeta, da poiché questi, com'è noto, non ce ne ha lasciato, diversamente da altri grandi, un'esposizione o trattazione sistematica. E l'intento è buono. Ma può dirsi raggiunto? Ne dubitiamo. Il prof. J. vuole dimostrare che l'Ariosto lavorò con perfetta padronanza e coscienza dei mezzi artistici di cui si serviva; e su ciò, pienamente d'accordo, anche per quello che altri molti avevano già detto in proposito, prendendo in esame specialmente l'Orlando; vuole dimostrare che il medesimo guardò al diletto come a suprema finalità artistica, e lo ebbe per canone fondamentale della poesia. E qui ci sembra che l' A. s'affretti un po' troppo alla conclusione. Che al piacere l'Ariosto sopratutto mirasse, non è dubbio; ma è troppo elevarlo a canone fondamentale e pressoché esclusivo d'arte in un genio cosí poderoso e complesso. In ogni caso poi, non bastano alla dimostrazione gli scarsi elementi a cui l'A. ricorre. E giova anche tener conto delle speciali contingenze alle quali il Poeta doveva piegarsi ed obbedire; delle circostanze di tempo e di luogo in cui egli componeva. Riguardo ai tempi, avrebbe dovuto l'A. ricordare quello che il Carducci scrisse ne' suoi Studj letterarj: "L' Ariosto fece quel che desiderava, quel che voleva e ispirava l'Italia d'allora...... Le circostanze fra le quali fu maturato e composto l' Orlando Furioso, aiutano a intendere e mostrare ciò che l'opera sia. È la riproduzione della vita esterna, estetica e morale d'allora, ecc. (pp. 126-28). Ragioni queste, come si vede, estrinseche al Poeta; non immanenti nel suo spirito e nella sua mente. C'è, in genere, nell' A. la tendenza a voler ricavare troppo da troppo poco; né sempre, se ben si guarda, i passi da lui citati conducono alla tesi ch'egli si è proposta. I versi, per esempio, che riporta a pp. 14-16, e la lettera anche al Doge di Venezia, servono a provare (cosa del resto indubbia) che l'Ariosto, con le sue finzioni, cioè con l'Orlando, voleva sopratutto interessare e divertire i suoi ascoltatori e lettori; ma non autorizzano illazioni d'indole troppo assoluta e generale. (G. B.)

.. Nella disgrazia dei grandi ogni menomo particolare ha la sua importanza, e bene ha fatto il pref. A. K. SALZA a stabilire la data della morte di di Lodovico Ariosto (est. dal fasc. di dec. 1906 della Rivista d'Italia): la quale erroneamente era posta al 6 giugno ed appartiene invece al 6 luglio 1583. Corroborando di prove valevoli la sua rettificazione, l'A. argomenta per quali modi avvenisse l'errore e come si perpetuasse.

.. Gli studiosi della antica poesia popolare sanno quant'è l'importanza dell'Incatenatura del Bianchini per le indicazioni in essa contenute di principj di canzoni, cantate comunemete nel 500. Al già raccolto in proposito, e che si trova tutto nella nuova edizione della Poesia popolare del prof. D'Ancona, ora il prof. L. BONFIGLI aggiunge l'indicazione di altre Due poesie popolaresche del cinquecento (estr. dall' Arch. tradiz. popol., di 5 pagg. in 16o): quella delle Trezze intrezzate e l'altra del Cabalao, e cosí poco o nulla resta ancora da rintracciare di siffatti testi.

.. In un buono articolo estratto dalla Nuova Antologia, il sig. EUGENIO MELE discorre di una delle novelle sivigliane del Cervantes, quella intitolata El Celoso extremeno (Roma, 1906, di pp. 16 in 16°), segnalando fra le altre cose i riscontri italiani del racconto nel Sercambi, nel Mambriano e nel l'Orlando Innamorato, l'ultimo dei quali potrebbe essere stata la fonte della novella del Cervantes.

.. È apparso in luce il 4. Catalogo di Livres rares, autographes et manuscrits messi in vendita dal librajo antiquario di Firenze, T. DE MARINIS, (Firenze, De Marinis, di pagg. VII-164), che contiene la scrupolosa indicazione bibliografica di un cinquecento quasi fra codici e libri dei più rari e preziosi, con belle riproduzioni di figure, di ornamenti tipografici, di legature. Come gli altri precedenti cataloghi, anche questo è preceduto da un saggio storico bibliografico, e questa volta si tratta dei Débuts de l'imprimerie arnénienne à Venise, dando notizia di 5 opere stampate nell'isola di San Lazzaro nel sec. XVI. Vien poi il ragguaglio dei manoscritti ed autografi, e fra questi ultimi figurano 96 lettere di Maria Luisa a Ferdinando di Toscana, delle quali una è riprodotta in fac-simile, di altre due è esposto il contenuto. In una di queste lettere è notevole il lagnarsi che fa la Duchessa di Parma dell'esser stata dai giornali soltanto avvisata della morte di Napoleone, circa la quale scrive: "Ma santée en a été un peu alterée dans les premiers instants, maintenant elle commence à se remettre,. Massima impressione le fece il non aver avuto del fatto comunicazioni da Vienna, né dirette né indirette et cette douleur pourra seule être effacè par le tems,. Questo Catalogo è per ogni verso degno degli anteriori, e resulta a lode del diligente compilatore, che offre con esso utile contributo alla bibliografia. E di questo contributo godranno gli studiosi del libro; quanto ai libri in sé, visto i prezzi, li godranno ... gli americani. Beati loro!

.. Utile contributo alla storia letteraria siciliana dei secoli XVI e XVII sono gli Elogia Siculorum Poëtarum suo tempore defunctorum commentariis illustrata di FILIPPO PARUTA, che si conservano nella Comunale di Palermo. Sono in versi, in numero di centotrenta, e non di rado forniscono notizie nuove e nomi di poeti che non si trovano registrati nella Biblioteca Sicula del Mongitore. Il quale apprezzando l'opera del Paruta avea divisato di

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pubblicarla e ne avea apparecchiato la copia corredandola di illustrazioni. Ora ha pubblicato gli Elogj il prof. GIUSEPPE ABBADESSA (Palermo, Scuola Tip. Boccone del povero,, di pp. 57 in 8°), giovandosi delle note del Mongitore ed altre nuove aggiungendone e premettendovi un'introduzione in cui chiarisce l'importanza dell'opera.

.. Proseguendo l'attuazione di un vasto concetto, che è di porre in luce le relazioni d'ogni sorta, ma specialmente letterarie, che nel sec. XVI corsero fra la Francia e l'Italia, e del quale già l'A. diede un primo cenno, col lavoro Les Italiens en France au XVI siècle, a suo tempo da noi ricordato, l'amico e collaboratore nostro, il prof. E. PICOT manda ora in luce il primo di due volumi che tratteranno dei Français italianisants au XVI siècle. (Paris, Champion, di pagg. XI-380 in 16.o). Ritorneremo su quest'opera curiosa e per noi particolarmente interessante, quando sarà compiuta; intanto, è superfluo il dire che le ricerche del Picot sono condotte con sicuro criterio e coa abbondanza di resultati su una quantità di stampe rarissime e di documenti reconditi. Ventuno sono i francesi che più o meno ampiamente, e più o meno felicemente si esercitarono nella lingua italiana, e a ciascun di essi è destinata una special biografia e bibliografia. Sono essi Claude de Seyssel, Loys du Bois, J. F. du Soleil, Marguerite d'Angoulême, Mellin de Saint-Gelais, Amomo e Jean de Moumont, N. Raince, Fr. Rabelais, F. de Tournon, J. de Vauzelles, J. de Tournes, G. Roville, F. Maurand, Lancelot de Carle, J. de Monluc, F. de Vernassal, N. le Breton, J. du Bellay, J. P. di Mesme, G, Postel, Fr. Perrot; tutta una schiera di uomìni di chiesa e di curia, di teologi e diplomatici, di poeti e scienziati, i cui nomi s'intrecciano colla storia civile e letteraria d'Italia del Cinquecento.

.. Il dott. ANDREA FREDIANI ha di recente rinfrescato fra i suoi concittadini la memoria di uno scultore e poeta del cinquecento Danese Cattaneo (Carrara, Tip. Artistica, di pp. 35 in 16°), che, come è noto, fu in relazione d'amicizia anche col Tasso. Il Frediani discorre brevemente della vita del Cattaneo, indica le principali opere sue di scultura, mettendo in rilievo la stima che di esse fecero i contemporanei e in fine si ferma a discorrere del poema Amore di Marfisa, che è la sua miglior composizione poetica. Lo stesso Frediani ha pure pubblicato due altri opuscoletti l'uno su Ferdinando Pelliccia scultore Carrarese dei primi del secolo passato (Carrara, Tip. Artistica, 1900, di pp. 14 in 16°) l'altro su Pietro Tacca scultore e architetto carrarese (idem, di pp. 15 in 16°) del cinquecento.

.. Il nostro prof. G. GENTILE ci fa conoscere Le prime redazioni del De Sensu rerum di T. Campanella, aggiungendovi un Saggio del testo inedito (Napoli, Giannini, 1906, di pagg. 45 in 18.o). Esso prelude all'edizione critica dell'opera intera nel testo italiano, che farà parte dei Classici della filosofia moderna, che a cura di B. Croce, si stampano a Bari. Queste ricerche delle quali ci si dà una preliminare notizia, mettono in chiaro che la redazione italiana è la forma originaria del trattato, e che per piú anni il Campanella prigioniero stelte attendendo e sperando che fosse pubblicata. Il saggio di tre capitoli che vien qui offerto è una ricostruzione sagace del testo su lezioni italiane e latine, manoscritte e a stampa.

.. Anche uno de' minori storici fiorentini del sec. XVI ha trovato il proprio

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