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La chiesa di Antiochia era divisa da fierissimo scisma sopra le tre ipostasi in una sola natura, o di una ipostasi in tre persone. S. Girolamo scrive al pontefice Damaso

vallarent, incentiva viliorum, ardoremque naturæ ferre non poteram: quem crebris jejuniis frangerem, meus tamen cogitationibus æstuabat. Cuidam fratri, qui ex habreis crediderat, me in disciplinam dedi. . . . ut alphabetum discerem, et stridentia anhelantiaque verba meditarer. Quid ibi laboris insumpserim, quid sustinuerim difficultatis; quoties desperavim; quotics desperavim; quoties cessaverim, et contentione discendi rursus incœperim; testis est tam conscientia mea, qui passus sum; quam eorum qui mecum duxerunt

vitam.

(g) Sedebam solus; horrebant sacco membra; defformis, et squallida cutis similitudinem Ethiopica carnis obduxerat. Quotidie lacrymæ; quotidie gemitus; et si quando repugnantem somnus oppressisset, nuda humo vix ossa hærentia collidebam. Ille igitur ego, qui ob gehennæ metum tali me carcere ipse damnaveram, scorpionum tantum socius, et ferrarum choris intereram puellarum. Pallebant ora jejuniis et mens desideriis astrabat. Memini me clamantem, diem crebro junxisse cum nocle; nec prius a pectoris cessasse verberibus, quam Domino increpante, reddiret tranquillitas.

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per ritenere quanto da esso gli sarebbe prescritto, ed essere unito al capo della cattolica Chiesa. I scismatici sostenevano le tre ipostasi, e perciò perseguitavano crudelmente S. Girolamo. Bonoso si ritira in un'isola dell'Adriatico, e da' suoi fratelli monaci S.Girolamo è pure abbandonato, desiderosi, com' egli dice, di vivere piuttosto colle fiere, di quello che con tali cristiani. La persecuzione degli arriani infierisce dipiù contro di lui; ed è costretto di abbandonare quell' eremo chiedendo per grazia, che gli si accordino pochi mesi di tempo, riguardo alla sua salute mal ferma, e la rigidezza dell'inverno (h). Fugge da quel ritiro, e nel principio del 377 passa in Gerusalemme, portando seco la sua prediletta biblioteca.

Colpito dal Signore è ridotto quasi a

(h) Epistola a Marco Caledese. Ego ipse, nisi sue me et corporis imbecillitas, et hiencis retineret asperitas, jam modo fugerem. Verumtamen dum vernum tempus adveniet, obsecro, ut paucis mihi mensibus eremi concedatur hospitium; aut si hoc tardum videtur, abscedo. Domini est terra, et plenitudo ejus.

morte; protesta di non far uso più oltre di libri profani, ed ottiene da quel vescovo di alloggiare in Betlemme presso la culla del Salvatore, per seguire la vita anacoretica, e più tranquillo attendere allo studio delle sacre scritture. Nell' anno 378 è ordinato prete, contro sua voglia, da S. Paolino vescovo di Antiochia, senza però essere astretto ad alcuna chiesa; e per verecondia e modestia, non volle mai esercitare le funzioni del ministero dell' altare. Traduce la cronaca di Eusebio di Cesarea, e la dedica ai suoi amici Vicenzo e Galleno: essa arriva all'anno 378.

Si reca a Costantinopoli nel 379 per approfittare delle istruzioni di S. Gregorio Nazianzeno, ed erudirsi nello studio delle scritture sacre. Colà ebbe a precettore Didimo nella catechesi, e vi si trattiene tre anni, cioè sino a che lo stesso Nazianzeno abbandonò quella sede. Passa poscia in Antiochia, e ritorna a Betlemme nel 381, da dove nel seguente anno 382 è chiamato a Roma dal pontefice Damaso, per dove si dirige in unione di S. Paolino vescovo di Antio

chia, e di S. Epifanio vescovo di Salamina di Cipro, per assistere al concilio colà radunato contro la turba antiochena, ossia gli arriani d'Oriente.

S. Girolamo servì in quel concilio di segretario a Damaso, e la maniera con cui esercitò tale funzione gli fece molto onore, come pure acquistossi gran nome, spiegando pubblicamente la sacra scrittura. È incaricato dal pontefice di correggere la traduzione latina del Nuovo Testamento, che adempisce col confronto del testo greco; termina il Trattato dei Serafini; scrive contro Elvidio discepolo di Aussenzio vescovo di Milano eretico arriano, che negava la virginità di Maria, e pubblica il libro De perpetua Virg. M. virginitate; scrive il Dialogo contro i luciferiani discepoli di Lucifero vescovo di Cagliari in Sardegna, il quale sosteneva che la caduta de' vescovi del concilio di Rimini non poteva essere assolta per qualunque penitenza, ma soltanto colla deposizione dell' episcopato; dottrina contraria ai canoni della Chiesa; atterra pure

il nostro santo le bestemmie dell' eretico Gioviniano monaco.

Le principali dame romane divennero sue discepole, ed egli le istruiva nella pietà, nella religione, e nell' intelligenza de' libri sacri. Esse furono Paola vedova di Tosozio, del sangue consolare dei Gracchi, e dei Scipioni, colle quattro di lei figlie Blesilla, la vergine Eustochio, Paolina e Ruffina; Albina e le di lei figlie Asella e Marcella pur di famiglia consolare; Felicita, Leta, Lea, e Melania figlia del console Marcellino, ed altre. Alcune, come Paola e la figlia Eustochio, vollero apprendere il greco e l'ebraico, ed in queste lingue parlavano, scrivevano, e salmeggiavano nei cantici sacri. Le lettere che loro indirizza ne' suoi viaggi, ci hanno conservato una parte delle pie e commoventi istruzioni del santo Dottore, e della santità di queste dame ammirabili; sopra tutto, sono i consigli che dà a Leta per l'educazione di sua figlia, ad Eustochio per costudire la virginità, a Furia sopra il conservare la vedovanza, e gli epitafii di Paola diretti alla figlia Eusto

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