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l'ha consacrata sotto il titolo di Volgata : ed è pure di gloriosa rimarca per S. Girolamo, che la Chiesa greca ne fece la traduzione dal latino in quella lingua. Quantunque immerso nello studio, nella penitenza, nell'austerità della vita, non cessava dirigere i monasteri che S. Paola aveva fatto edificare a Betlemme, uno per gl' uomini, e tre per le donne di varia condizione, attendendo pure all'educazione de' fanciulli.

Pubblica S. Girolamo nel 392 il libro degl' uomini illustri, ossia il catalogo degli scrittori ecclesiastici, e nell' ultimo articolo parla di se medesimo, indicando la di lui patria (m), e presentando l'elenco di tutta

(m) Hieronymus Præsbiter, patre Eusebio, natus Stridone Oppido, quod a gothis eversum, Dalmatiæ quondam, et Pannoniæ confinium fuit, usque in præsentem diem, idest Theodosii Principis decimum quartum hæc scripsi. Le parole quondam fuit sono riferibili al Castello Stridone atterrato, e non agli antichi confini della Dalmazia, e della Pannonia, come malamente intesero quelli che sostennero S. Girolamo dalmata, o pannone. Questo senso è

la serie delle opere sino allora da lui scritte. Nel 393 il di lui fratello Pauliniano è ordinato

comprovato da altro testo del santo, in cui parlando del suolo, o provincia sua nativa, la quale non poteva atterrarsi come un fabbricato, non dice più quondam, ma lo chiama positivamente confine della Pannonia e della Dalmazia, come nel cap.VIII dei commenti sopra Osea, pubblicati nel 406 Nonne hoc completum esse audivimus IN NOSTRÆ ORIGINIS regione finIUM PANNONIÆ ATQUEILLIRII? Ubi post barbarorun incursiones in tantam desolationem est perventum, ut nec humana ibidem manserit creatura, nec animal superesse dicatur de his, quæ hominibus amicari, et convivere consueverunt. La qual cosa significa che Stridone era confinante colla Ponnonia e colla Dalmazia, ossia Illirio, e perciò non era nè Pannonia nè Dalmazia: meglio ancora ciò apparisce dal comento sopra Soffonia, scritto nell'anno 392, ove dice al cap. I. Iram quippe Domini etiam bruta sentiunt animalia, et vastatis urbibus, hominibusque interfectis solitudinem, et raritatem bestiarum quoque fieri, et volatilium pisuumque; testis ILLYRICUM est, testis et THRACIA, stis, IN QUO ORTUS SUM SOLUM: ubi præter cœlum, et terram, et crescentes vepres, et condensa sylvarum cuncta perierunt. Di queste stragi de' barbari fa dunque testimonianza l'Illirico, la Tracia, ed il suolo ov' egli è nato. Il suolo di sua nascita non fu perTOMO I. 13

te

a forza prima diacono, e poscia prete da Sant' Epifanio, vescovo di Cipro, nella

ciò l'Illirico, nè la Tracia; e siccome nell'Illirico vi erano incluse anche la Dalmazia e la Pannonia; dunque il suolo ov' egli nacque non fu nè Pannonia, nè Dalmazia. Veggasi innoltre nell' articolo precedente di S. Donato, nel quale vi sono le stesse espressioni dell' Istria confinante colla Pannonia, e colla Dalmazia. L'Istria, come ho dimostrato ad evidenza nell'opuscolo della patria di S. Girolamo, confinava colla Pannonia e colla Dalmazia, ed essendo la questione unicamente tra i dalmati, i pannoni, e gl' istriani, conchiuder dobbiamo che, esclusa la Pannonia e la Dalmazia, l'Istria fu il suolo nativo di S. Girolamo, ed essere l'odierna Sdrigna l'antica Stridone, la quale fu atterrata da' goti tra gli anni 377 - 390. Leggasi la mia Apologia contro Capor.

S. Girolamo in nessun luogo degli ampii suoi scritti dice di essere stato dalmata, o pannone, od istriano. I soli suoi scritti ne' quali parla della sua patria, sono gli accennati; ed una baja popolare è quella comunemente proferta del, Parce mihi Domine quia Dalmata sum: questa non esiste nelle opere di S. Girolamo, nè di alcun altro scrittore antico, e per confessione anche degli stessi dalmati.

Le provincie, nelle quali i goti esercitarono il loro furore, sono indicate generalmente dal Santo

chiesa della villa del di lui monastero eleuteropolitano presso Gerusalemme, diocesi di

cioè tutte quelle che sono comprese tra Costantinopoli, e le Alpi Giulie, tra le quali e Costantinopoli certamente era inclusa anche l'Istria. Nell' epistola scritta ad Isidoro nel 396 dice: Viginti et eo amplius sunt anni, quod inter Constantinopolim, et Alpes Julias quotidie romanus sanguis effunditur: così pure in più luoghi delle sue opere ripete lo stesso. Dal deserto della Calcide scrive a Giuliano diacono di Stridone, di non sapere colà neppure se la sua patria esista. Hic ubi nunc sum, non solum quid agatur in patria, sed an ipsa patria perslet, ignoro; e ciò intorno l'anno 374; ed allo stesso raccomanda la di lui sorella ch'era caduta nell'incontinenza, e la raccomanda agli aquilejesi, ed allo stesso vescovo S. Valeriano, il quale era il vescovo pure dell'Istria, non essendovi peranco instituita alcuna sede a quel tempo in questa provincia. Nella Cronaca, all' anno 359, indica che Gallo Cesare fu ucciso nell' Istria : Gallus Cæsar... in Istria occiditur: ed eragli cognita CISSA, oggidì Ponta-Barbariga, mentre scrive a Castruzio pannone: S. Filius meus Heraclius diaconus mihi retulit, quod cupiditate nostri CISSAM usque venisses; et homo pannonius; idest terrenum animal; non timueris Adriatici maris æstus, et Egai atque Jonii subire discrimino.

Giovanni vescovo di Gerusalemme, seguace di Origene, e successore di S. Cirilo.

Questa consacrazione richiesta da S. Girolamo, perchè nel monastero di Betlemme non vi era alcun sacerdote, diede occasione al vescovo Giovanni d'inveìre contro S. Epifanio, e S. Girolamo, ponendo l'interdetto al monastero, e proibendo a ciascuno di riconoscere Pauliniano per sacerdote. S. Epifanio declama contro gli origenisti in Gerusalemme alla presenza del vescovo Giovanni, e gli scrive una lettera in greco, con cui giustifica l'ordinanza in aliena diocesi, appoggiato alla consuetudine e reciproco uso, e perchè fatta nel proprio monastero; la qual lettera San Girolamo tradusse in latino, e la rese pubblica. Maggiormente s' irrita Giovanni, e sogna calunnie contro S. Epifanio e S. Girolamo, il quale scrive contro il medesimo, già infetto di arrianismo, e gli presenta la professione di fede, indicando che la questione dell'ordine non era che un puro pretesto alla persecuzione; sorge quindi fermento e discordia tra il vescovo, e que' monasteri. Il conte Archelao s'interpone

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