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mediatore, ma il vescovo Giovanni lo rifiuta, perchè attendeva Isidoro monaco di Nitria, e poscia prete, spedito legato da Teofilo vescovo di Alessandria, il quale era pure infetto della pece di Origene. Di questa facetamente S. Girolamo ne dà conto. Post duos tandem menses venit Isidorus, potens (incessus tamen, ed habitus gravitate), et cui Hieronymus cum pannosa turba, et sorditatis gregibus ansus est respondere; ne crederet, opprimi se presentia, et mole corporis sui.

In questo frattempo scrive la vita di S. Ilarione, si scaglia contro gli eretici, de' quali, come asserisce Canisio, n'era il martello, fulmina perciò co' suoi scritti Gioviniano, che chiama l'Epicuro del Cristianesimo: atterra Vigilanzio, che chiama Dormitanzio, e Montano: combatte Ruffino aquilejese suo vecchio amico, per la traduzione del libro dei Principii, ossia il Peri- archon, in cui rinnovava con grave scandalo i vaneggiamenti di Origene. Null' altro S. Girolamo da esso chiedeva, che la unità nella fede;

ed a questo motivo si dichiara acerrimo nemico degli eretici (n).

S. Girolamo era in stretta amicizia con S. Agostino, il quale nel 395 fu ordinato, per forza (o), vescovo d' Ipọna; ma avendogli scritta un' anonima lettera, in cui era contrario ai sentimenti di S. Girolamo, nacque tra loro qualche disgusto. Provocato da S. Agostino gli rispose, che dichiarasse se quello scritto era suo, e se pro

(n) Nell' apologia contro Ruffino. In extrema epistola scribis manu tua: opto te pacem diligere: ad quæ breviter respondebo. Si pacem desideras, arma depone blandienti possum quiescere: non timeo comminantem. SIT INTER NOS UNA FIDES: et illico рах sequetur .... In uno tibi consentire non potero, ut parcam hæreticis, ut me catholicum non probem. Si ista est causa discordia, MORI POSSUM, TACERE NON POSSUM. Nel principio dei Dialoghi contro Pelagio. Adversus eos respondebo, numquam me hæ. reticis pepercisse, et omni egisse studio, ut hostes Ecclesiæ, mei quoque hostes fierent.

(o) Queste ordinazioni per forza furono proibite non solo dalla cattolica Chiesa romana, ma pure dall'imperatore Maggiorano nella Novella seconda.

et

fessasse quella dottrina, mentre non conveniva ch'egli scrivesse contro un vescovo, eum episcopum quem ante cepi amare quam nosse: qui me primus ad amicitiam provocavit: quem post me orientem in scripturarum eruditione lætatus sum: e soggiunge che se astretto fosse di farlo, sarebbe a di lui colpa per averlo provocato; com'egli dice nell' epistola 13. Ut si in defensionem meam aliqua scripsero, in te culpa sit; non in me, qui respondere compulsus sum: e poscia ætate fili, dignitate parens: e quindi: Superest, ut diligas diligentem te, et in scripturarum campo, juvenis senem non provoces. Pentito S. Agostino dell'errore commesso gli risponde coll'ep. 15. Atque ita superest, ut agnoscam peccatum meum, qui prior, te in illis litteris læserim; quas meas esse, negare non possum: obsecro ergo te per mansuetudinem Christi, ut si te læsi, dimittas mihi; nec me vicissim lædendo malum pro malo reddas: lædes autem me, si mihi tacueris errorem meum, quam forte inveneris in factis, vel dictis meis: e nel epis. 19 dice: quam

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vis secumdum honorum vocabula, quæ jam ecclesiæ usus obtinuit episcopus major Præsbitero sit, tamen in multis rebus AuGUSTINUS HIERONYMO MINOR EST.

Breve fu questa dispiacenza fra due gran Padri, e la loro reciproca stima ed amicizia venne consolidata, e furono dessi i primi luminari dell' Oriente, che combattevano gli eretici, ed a vicenda ambidue erano dai medesimi preseguitati, come rileviamo da quanto S. Girolamo scrive a S. Agostino. Catholici te conditorem antiquæ fidei venerantur, atque suscpiunt; et quod signum majoris gloria est, omnes hæretici detestantur: et me pari persequuntur odio; ut quos gladio nequeunt, voto interficiunt.

Scrive i comenti sopra Jona nel 396, stende l'epitafio sopra Nepoziano, e dopo quest'anno s'inferma gravemente per il corso di mesi dodici, e nullaostante nel 397 comenta l'evangelio di San Marco, e con somma sua soddisfazione nel 400 vede condannati gli origenisti dal pontefice Anastasio, dalla chiesa di Oriente, e da quelle di Milano e di Aquileja. Dopo questa condan

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na rinuova altra apologia contro Ruffino nel 402, e nel 403 altra lettera contro Giovanni vescovo di Gerusalemme. Nel 405 pubblica i comenti sopra Abdia, e nel seguente 406 quelli di Zaccaria, di Malachia, e degli altri dodici minori profeti in 18 volumi; comentando pure nel 408 il capo sesto di Isaia, ed in seguito ad intervalli fino a formarne altri 20 libri.

I goti nel 409 assediano e prendono Roma. S.Girolamo colpito da questo avvenimento, ed afflitto per la morte di Pamacchio e di Marcella resta all'estremo dolente; abbandona il lavoro sopra Ezechiele, e tutto immerso nella tristezza, nel dolore e nel pianto, di null' altro si occupa, che di aggiungere lacrime a lacrime.

La di lui pietà maggiormente si esercitò, e fu posta all'ultime prove, quando una moltitudine di persone, anche nobili, ridotte alla mendicità, ricorrevano in folla da Roma a Betlemme, a chiedere alimento e soccorso dal Santo anacoreta. Nel leggere quanto egli ne racconta, non può a meno di risen

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