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tito, e lo riponevano con fasto, e pompa nel catalogo dei riformati. Al contrario Roma lo aveva di già fulminato, e i di lui libri sempre più inasprivano gli animi contro di lui prevenuti; e quindi tanto per una parte, che per l'altra si proclamò riformato, eretico, luterano, e calvinista a vicenda, quand' egli dentro di se per quanto appare forse niun partito peranco aveva preso. Francesco cardinale di Turnon passando per gli svizzeri nel ritornare in Francia, si abbattè in una locanda col Vergerio. Questi si fe conoscere: perorò molto della sua disgrazia, protestò l' innocenza de' suoi sentimenti, e con le lagrime agli occhi, e con incessanti prieghi lo scongiurò che in Francia seco lo conducesse. Ciò è per confessione de' suoi nemici. Un uomo che arrivò a far tanto, ed a promettere tanto, sembra del pari sfortunato che reo; nè, anche in qualche parte succhiato avesse il veleno, può sentenziarsi per ostinato, per eretico, per briccone, e per infame, com' è stato nominato da quegli uomini, i quali si vantarono di essere più religiosi di lui; compassionevoli,

amanti del prossimo, di grazia celeste e di carità cristiana ricolmi.

Nel 1561 era di già il Vergerio ai servigj del duca di Wirtemberg, ed occasione ebbe in Saverne ed anco in Argentina di trattare lungamente con Zaccaria Delfino nunzio in Lamagna. Dobbiamo al Pallavicini medesimo le circostanze di un fatto tale, e da questo dovrebbe dedursi, che il Vergerio non altro sospirava che di far conoscere la sua innocenza, nè d'altro più ansioso era, che di ritornare nel seno della chiesa mostrandosi passionatissimo di ricuperar la patria, incolpando della sua partenza dall'Italia il legato Della Casa. Il nunzio lo tenne seco commensale, e s'interessò efficacemente per ottenergli la permissione di presentarsi al concilio (ove prometteva di portar seco lumi, e notizie importanti intorno agli affari de' protestanti ) nell' accompagnare, ch' ei fe', le di lui lettere scritte a tal fine al cardinale di Mantova legato al concilio. Gentili però furono gli uffizj del nunzio; mentre da Roma, che si voleva perderlo, gli si comandò di dovere interrom

pere ogni corrispondenza con esso; e al cardinale di Mantova, il quale pure era d' avviso, che si dovesse chiamare a Trento non solo il Vergerio, ma anche lo Zanchio di Bergamo, e lo Sturmio, fu scritto in modo ch' egli s' attenne d'ogni ulteriore discorso.

Allora fu che il Vergerio s'è veduto affatto perduto per sempre, e che infierendo contro Roma, procurò di vendicarsene come potè. Accadde che il papa Giulio III sollecitasse gli svizzeri cattolici ad intervenir al concilio. Il Vergerio cooperò efficacemente, e scrisse anche un libro con cui scoprì le mire di ciò, ed il sistema del concilio; per il chè nella dieta di Baden non solo gli svizzeri non mandarono alcuno, ma i grigioni richiamarono anche Tommaso Plauta vescovo di Coira, che già trovavasi a Trento.

Nel 1557 per commissione di Cristoforo duca di Wirtemberg andò in figura di missionario in Austria, in Boemia, e forse anche nella Stiria e nella Carintia: da lettera 4 decembre 1557 del re Massimiliano prima che fosse imperatore si rileva con quanta clemenza fosse il Vergerio riguardato da

quel sovrano, e si conferma il

sospetto, ch' egli spargesse de' libri atti ad insinuar il veleno di quella riforma, cui si disse che Massimiliano stesso non leggera inclinazione mostrava di avere.

Con qual avidità si leggessero in quel tempo i libri del Vergerio lo dice il Bayle: Je suis sûr qu'en ce tems-là il se faisoit peu de livres qui fussent lus avec plus d'avidite, que les ecrits de Vergerio.

Qual opinione si avesse dagli uomini dotti del Vergerio apparisce, che il nunzio Delfino lo giudicò una delle migliori teste che in Germania si trovassero : l' Heineccio lo chiamò avvocato di chiarissima fama : il cardinal Bembo lo riponeva nel novero degli uomini grandi e valorosi d'allora. Andrea Divo giustinopolitano gli dedicò la sua traduzione dell'Iliade d' Omero stampata in Venezia nel 1537: e gli dice così: Te vero Vergeri clarissime, cujus semper et probitatem, et eruditionem maxime sum admiratus, unum ex omnibus delegi, a cui dedicare l' Iliade. Aonio Paleario gli dedicò pure il libro: De immortalitate

animarum, e dice che al re Ferdinando era ob virtutem gratissimus, et propterea etiam gratiosus. Il Magliabecchi dice, che fu grandissima disgrazia (del Casa) aver per nemico Pietro Paolo Vergerio uomo (toltane l'empietà) di grande stima si per le lettere, come per altri capi: e tralasciando tanti altri che con grandi encomj sempre ne parlarono.

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Un uomo pertanto che seppe meritarsi l'amore е la stima del cardinale Bembo dei cardinali d'Este, Gonzaga, di Trento ec., della regina di Novarra; degl' imperatori Ferdinando, e Massimiliano II., non che dei letterati d' Italia, e d' Europa, non dee riputarsi ignorante.

Conchiude pertanto il Carli che nel 1563 il Vergerio stipendiato, e protetto dal duca di Wirtemberga stampò in Tubinga in un grosso tomo in 4. tutte le sue opere divenute rarissime. Così più per necessità,

per dispetto, che per genio, e per principj divenuto nemico della corte di Roma, e non mai sincero amico de' lutetani, l'intiera dottrina de' quali forse non abbracciò giam

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