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quale, com'egli dice, rattristò tutta l'Istria, del che si osservi l'articolo Febeo. Passò in Padova allo studio delle leggi, ed ivi ottenne la laurea in ambidue i diritti. Nell' 1556 lo vediamo a Vienna, nè con altro titolo si scorge, se non con quello di giurisconsulto, come nella dedica dell' indicato poema a Sigismondo Herberstein prefetto del regio fisco (a).

In qual epoca ottennesse gli impieghi distinti alla cesarea corte noi lo ignoriamo. Da varj documenti originali, esistenti presso il signor Alvisio, ultimo superstite di quella famiglia, da gran tempo traslocata in Pisino, troviamo alcune notizie di esso. Dalla

(a) Il sig. dott. Pietro Kandler editore del poema colla stampa di Pavia dice nella prefazione, che questo poemetto fu stampato in Vienna nel 1546. Il dottore Matteo Ceruti di lui avo riporta la stessa epoca nella traduzione italiana del detto poema. La dedica però dell'anno 1556 al sig. Herber-Stein dimostra l'errore della stampa, mentre la dedica è posteriore all'epoca della stampa di dieci anni, cosa che non può aver luogo, quindi la stampa e la dedica sarà seguita nel 1556.

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lettera (copia autentica) dell' imperator Ferdinando I datata 17 marzo 1563 da Insprug, diretta Honorabili docto . Andreæ Rapitio jur. utr. doctori, nostro consiliario et secretario apparisce che in detto anno era gia segretario di Cesare, ed era stato peranco commissario in Friuli, perchè quel principe ne loda l'operato: in arduo ac difficili illo negotio explicando, quod nobis nunc est cum Illmo Dominio Veneto de finibus Fori Julii, deque rebus aliis maximi momenti, ed in quanta estimazione fosse tenuta dall'imperatore la di lui dottrina lo dimostrano le seguenti espressioni contenute in detta lettera. Cum igitur tu præfate doctor Andreas Rapici in omni litterarum genere, et præsertim in juris scientia ita versatus sis, ut eruditionem tuam doctissimus quisque magnis laudibus extollat, suscipiat, et admiretur; perciò viene dichiarato motu proprio, e con onorifici detti in perpetuo aulico consigliere cogli onori tutti e prerogative a tal carico annesse.

Dobbiamo credere, che dopo la morte di M. Gio. Battista seguita al 4 di aprile

dell' anno 1565, come da attestato (originale) del canonico Vicenzo Scussa, sia stato eletto in vescovo di Trieste il nostro Rapiccio, perchè si ritrova in Aquileja qual commissario per nome dell' arciduca Carlo d'Austria, in unione del luogotenente di Gorizia Vido Dorumbergs, alla pubblicazione del concilio di Trento, e ciò apparisce da certificato (originale) di Giacomo Maracno vicario generale nello spirituale e temporale del patriarca di Aquileja Giovanni Grimani, scritto in Udine ai 20 di maggio 1570, e dice attestatur qualiter R. D. Andreas Rapitius episcopus et comes tergestinus, fuit in civitate Aquilejo pro Sermo principe Carolo archiduce Austria uti commissarius in publicatione sacros. concilii Tridentini anno 565, incipiens die 13 novembris usque ad diem 20 ejusdem, una cum cl. et ill. D. Vitto Dorumbergs tunc loc. ill. comitatus Goritiæ, et quod ecclesia tergestina est metropolitana lege subjecta ecclesiæ Aquilejensi. Ch'egli intorno questo tempo fosse eletto vescovo non solo si riscontra, ma dippiù ancora che non essendo ancora preco

nizzato, nè avendo ricevute le bolle pontificie, nè consecrato, nè preso possesso, pure esercitava la giurisdizione vescovile in quella città e diocesi. L'arciduca Carlo, di cui era consigliere, gli scrive a Trieste con lettera (originale) datata in Castris nostris apud vadum Malinzgi vocatum positis, del giorno 5 settembre 1566, avente la mansione venerabili fideli nobis dilecto Andreæ episcopo tergestino consiliario nostro, e risponde al vescovo, il qual gli aveva comunicato esservi in Trieste persone che disseminavano velenose eresie, vivevano con scandalo dei buoni, favorivano combricole e radunanze, nelle quali si trattava empiamente delle cristiane dottrine, e perciò l'arciduca gli ordina d'indicargli le persone, e le loro dottrine, onde maturamente prendere le opportune risoluzioni.

Vicenzo Catto vicentino scrive al nostro vescovo a Trieste lettera latina (originale) colla mansione italiana, al Rmo. vescovo di Trieste Andrea Rapiccio Trieste; segnata da Pratalea negl' iddi di aprile 1567 colla quale risponde al nostro Rapiccio di

aver ricevute sue lettere, ed aver per mano un'opera sopra le acque di Abano, ed i Colli Euganei, la quale, compita che sia, l'assoggetterà al di lui acre e forbito giudizio, aggiungendo di attribuire alle moltiplici di lui cure il non aver ricevuta risposta alle lettere indirizzategli in Germania, dicendo quoniam antehac in aulicis negotiis fueris occupatus, quando FERD. IMP. a secretis eras, nunc vero cum episcopus patriæ tuæ divino consilio creatus sis, et ad honestandam hanc dignitatem plurima sane adjumenta virtutis, probitatis, ingenii attuleris, vix tibi tempus ad hujusmodi scriptiones suppetere arbitror e chiude inviandogli due epigrammi latini in morte di due suoi cari amici, l'uno certo Gualdo elegante poeta toscano, dei primarii nobili di Vicenza, e l'altro il precettore Antonio Fracanziano, del quale dice egli, che sempre ne avrà luttuosa la memoria, dandogli con questi epigrammi un testimonio di non avere ancora dimmesso le poetiche facoltà.

Nell'anno stesso 1566 il vescovo Rapiccio fu incaricato dall' arciduca Carlo a de

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