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dei luoghi, percorrendo parte per parte la Palestina, rievocando la memoria e l' imagine di lui, e proiettandola su quello che è il suo ambiente geografico e sociale. Riconosce che nessuna vita come quella di lui presenta un'armonia così stretta colla natura del paese dove s'è svolta. E alla vista della Palestina, delle sue rovine e dei ricordi sacri di cui è piena, ha provato il sentimento profondo dei fatti evangelici, della loro verità, realtà e bellezza. Ha sentito « che quei fatti sono inseparabili da quella terra », e perfino che « chi non ha lungamente contemplato il cielo d' Oriente non comprenderà mai la forma esteriore di Gesù ». Ora è lecito dubitare se codesto color locale debba giovare a ravvivare lo spirito cristiano nella coscienza moderna, che è pure il fine del suo libro, o se non sia piuttosto inconciliabile con quella universalità dell'opera di Gesù che sorvola allo spazio e al tempo. Si può dubitare, insomma, se il Gesù del Padre Didon non sia troppo orientale per essere universale. Ma non si può negare che, sotto codesto rispetto, l' imagine di lui sia tratteggiata con mano maestra. In tutta questa parte fatta all'elemento pittoresco, come nel disegno generale dell'opera a cominciare dalla Introduzione, s' indovina del resto il proposito mal dissimulato dal Padre Didon. di vincere e di escludere la vita di Gesù del Renan, accomodandosi al gusto dei nuovi tempi col fare non solo un'opera di fede, bensì anche una opera d'arte. E convien riconoscere che, in parte almeno, vi è riescito, valendosi, come fa, abilmente, di questa condizione che lo poneva al disopra degli altri biografi recenti. Le descrizioni della vallata di Aimel-Aramieh, del pellegrinaggio delle pittoresche carovane a Gerusalemme, i silenzi della campagna nella Galilea con in fondo la cima nevosa dell' Hermon, l'orrida asprezza del deserto ove suona la voce del Battista, il fremito della sera fra i roseti del lago di Genezareth, la tran

quillità della piccola Betlemme nella incerta luce del crepuscolo mattutino, di Betlemme che non sa «< chi nato sia in lei, sono tratti che nel libro del Didon hanno una tale evidenza pittorica da pareggiare, se non da vincere, alcune pagine del Renan.

Questo color locale che lo ravvicina al suo rivale. ed avversario, lo distingue invece dalle abitudini e dallo spirito della critica tedesca, la quale principalmente ricompone la storia di Gesù coll'analisi critica dei documenti e collo studio dell'ambiente storico. Lo studio dei tempi di Gesù che è assai scarso nell'opera del Didon, e che non poteva esser consentito dai limiti e dall' indole di quella del Bonghi, è più accurato e largo in quella del Delff e soprattutto in quella dell'Edesheim, i quali poterono giovarsi di lavori, per questo rispetto magistrali, usciti negli ultimi anni in Germania, come quelli del Weber, dello Schürer e di altri. Quello da cui ha saputo trar partito la critica francese, la rappresentazione dell'ambiente fisico e geografico, è stato quasi dimenticato o non curato dalla critica tedesca, dopo il Bauer, la cui forza sta soprattutto nella profondità dell'indagine storica. Tanto, anche in cosi alte ricerche, e a proposito d'un soggetto d'importanza così universale, si ritrovano lo spirito e le tendenze diverse di stirpe e di nazionalità; più tenaci, quindi, di quello che si suol credere da alcuni, e di quello che oggi pare desiderabile a molti.

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II.

Ma questo diverso punto visuale dal quale guar dano la figura di Gesù il Nazareno i quattro biografi

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WEBER, System der altsynagogal. Theologie 1880, SCHÜRER, Geschichte des Jud Volks im Zeitalt' Jesu Christi. 3 aufl. 1898, cfr. BALDENSPERGER, Das Selbstbewusstsein Jesu ec. Strassburg 1888, HILGENFEID, Zeitschrift für wissenschaftliche. Theol. 31. Jahrg, 1888 p. 488 ss.

odierni che in parte attiene alla diversità delle loro opinioni e tendenze in fatto di religione, in parte alla diversità di stirpe e d'indole nazionale, non deve impedire alla critica di chiedersi quale ne sia il valore scientifico, che cosa di comune abbiano questi diversi lavori, e come ne esca lineata la figura di Gesù. Non è quindi proposito nostro di entrare in un esame del disegno o dei resultati di ciascuna di queste narrazioni storiche, e di discutere le singole questioni che si presentano via via. Occorrerebbe per far questo, una quinta opera non meno estesa delle altre. Noi intendiamo fermarci solo a rilevare quei punti da cui può emergere un giudizio più esatto sul carattere e sulla diversità loro, sulla possibilità di compierle l'una coll'altra, e vedere in qual misura ciascuno di essi risponde allo stato presente della critica delle fonti e della storia evangelica.

Non è dubbio che per gli alti interessi della coscienza religiosa, come per quelli della scienza storica, sarebbe di suprema importanza il poter ricomporre una imagine compiuta e fedele della vita, della persona di Gesù. Il tentarlo solo, come hanno riconosciuto anche i recenti biografi, può essere opera efficace di fede, ed è certo compito elevato di scienza. Se non che ci mancano, a stretto rigore, i documenti; poichè gli evangelisti, come giustamente dice anche l' Edersheim, non ci presentano una vera e propria narrazione continuata della storia di lui, ma piuttosto un insieme di ricordi dei detti e dei fatti memorabili della sua vita. Alcuni di essi lo riconoscono, anzi,

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Anche il MAX-MÜLLER, Natural Religion, Londra 1889, pagina 561, scrive: They (the Gospels) only profess to give us what the four Apostles had to tell of the life and doctrine of Christ: or, more accurately, what had been handed down in Christian families..... according to the original teaching of some of the Apostles and their friends ».

Non sono mancati, dopo la pubblicazione di questo mio

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espressamente (Luc. 1, 2, Joan. 20, 31). Nè da altre. fonti giudaiche e pagane si raccoglie se non ben poco intorno alla persona di Gesù,' anche se ammettiamo, come io inclino ad ammettere ora col Müller, che il celebre passo di Giuseppe Flavio su Gesù Cristo (Antiq. 18, 3) sia, nel suo fondo, autentico. Poichè, come è noto, i primi scrittori pagani che parlano del cristianesimo prima di Celso, Tacito, nel celebre luogo degli Annali (XV, 44) la cui autenticità messa in dubbio dall' Hochart, è stata ora incontestabilmente rivendicata dall'Arnold, e sopratutto poi Svetonio, Plinio il Giovane, Luciano, Epitteto, più che del fondatore parlano del moto religioso creato da lui. D'altra parte negli evangeli non è solo la incompiutezza della loro composizione come documenti storici, ma anche il carattere e il fine religioso inseparabile da essi, che diminuisce il valore storico della loro testimonianza. Più che biografie posson considerarsi come quattro diffe renti aspetti nei quali gli scrittori videro il Messia cristiano come adempimento della promessa antica d'un

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nel 1891, altri lavori congeneri, riassuntivi dell'odierno lavoro biografico circa Gesù; come quello dell' ULHORN, Das Leben Jesu in seinen neueren Darstellungen, Stuttgart 1892, del BELLAMY, Les biographies nouvelles de I. C. Vannes, 1892. FRANTZEN, Die Leben Jesu Bewegung (seit) Strauss, Dorpath, 1892, e ora dell'HARNACK, in Revue Chrétienne June 1901. cfr. le sezioni relative nel Theologischer Jahresbericht, e nella nuova Zeitschrift für die Neutestamentliche Wissenschaft, che si pubblica da un anno sotto la direzione del Preuschen.

Su queste fonti extra evangeliche vedi il RÉVILLE Jesus de Nazareth, I, 266 ss. e BURTON, Sources of the Life of Jesus outside the Gospels in The Biblical World, January 1900.

1 KEIM, Geschichte Jesu, Zürich 1873, p. 8-16. ZELLER, Vorträge und abhandlungen, 2 Theil, 1877, p. 189 ss.

2 MÜLLER, Christus bei Josephus Flavius, Stuttgart 1890. Si potrebbe anche supporre una allusione a Gesù in quel Josua << homo probatus a domino >> di cui parla la così detta Assumptio Mosis (1, 6; 10 15), uno scritto composto poco dopo la distruzione di Gerusalemme, cioè verso la fine del primo secolo, cfr. BaldenSPERGER, op. cit. p. 27. VOLKMAR, Mose Prophetie und Himmelfahrt, 1867, p. 84 ss.

ARNOLD, Die Neronische Christenverfolgung, 1858.

restauratore e redentore d' Israele, e per lui del genere umano, presentandolo ai Giudei e ai Gentili perchè riconoscessero in lui l'inviato da Dio e la rivelazione del Padre. Si ponga poi mente a questo fatto, che la parte più antica del Canone del Nuovo Testamento, come oggi da quasi tutti si consente, sono le lettere di Paolo apostolo e l'Apocalissi, dove gli accenni alla vita e alla persona di Gesù sono pochi e non molto precisi; e che gli evangeli, almeno nella loro forma attuale, sono opere derivate e non appartengono alla prima generazione cristiana, e ci parrà tanto più necessaria una analisi critica delle fonti evangeliche per ricomporre una imagine approssimativa della persona storica di Gesù. Per quei fondatori di religioni, come per quei filosofi che non lasciarono scritti propri ed affidarono il loro pensiero e la loro dottrina all'insegnamento o alla predicazione, l'opera della storia sta appunto in un risalire criticamente ad essi per mezzo di ciò che ne lasciarono scritto i loro discepoli e successori. Ora se noi vogliamo raccogliere ciò che c'è rimasto di primitivo, nel soggetto nostro, liberandolo da tutto quello che è opera più recente della coscienza religiosa, è necessario istituire una critica della narrazione evangelica, ed è merito dello Strauss di averlo per primo tentato nella sua prima vita di Gesù. Senza quella critica preliminare non era possibile l'istituire una ricerca sulla tendenza, sul disegno, sulla origine degli evangeli e sulle loro reciproche relazioni. Non parve quindi esatta in ogni sua parte la censura che il Baur fece a quella prima opera dello Strauss, e ripetuta poi da tanti e spesso inopportunamente, che egli avesse fatta una critica della storia evangelica senza una critica precedente dei documenti evangelici; poichè questa non è possibile se non sia preparata da quella. Se non che lo Strauss fece, senza dubbio, troppo larga parte all'elemento mitico, come egli lo

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