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avrebbero rivolto la loro attenzione ai misteri d'Iside, di Serapide o di Mitra; ma niuno forse avrebbe posto mente a quei miserabili giudei del Trastevere, che sotto Claudio avevano tumultuato nel nome di un Chrestus; niuno avrebbe pensato che in quei misteriosi. conciliaboli si preparasse la rovina della superba città imperiale, e che l'avvenire sarebbe di quel gruppo dispregiato. Nè forse oggi si potrebbe aspettare il rinnovarsi d'un simile fatto. Ma la fiducia di molti in un esaurimento assoluto di questa funzione religiosa umana, in uno stato che il Guyau chiamò, irreligione dell' avvenire, poggia sopra una imperfetta interpetrazione della natura umana e della esperienza storica, sopra una analisi incompiuta delle condizioni morali dei nostri tempi. Quel pullulare che fanno oggi tante forme religiose specialmente in Inghilterra e in America, anzichè accennare ad una ispirazione religiosa che s'estingue, paiono piuttosto i sintomi di qualche cosa che si rinnova. Poichè il lavoro di demolizione dogmatica e di lotta politica contro la teocrazia che dura da più d'un secolo, ed ha, certo, creata quella che si potrebbe dire crisi religiosa nella società moderna sottraendo sempre più oggi forza ed azione all'idea del divino e del soprannaturale nelle menti e negli animi, sembra che in alcuni popoli, specie fra gli Anglosassoni, abbia piuttosto contribuito a ravvivare il bisogno di conciliare la religione colla ragione critica e scientifica, che a spengere in essi interamente lo spirito e la vitalità religiosa. Il che ci fa pensare che la critica delle religioni, la quale (è bene notarlo) ben più che il naturalismo scientifico ha disfatto il dogmatismo religioso, non ha fin qui dimostrato come la funzione della religiosità possa ridursi ad altra attività dello

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1 Goblet d'Alviella, L' Evolution religieuse contemporaine, Paris, 1884. Introd., p. XIII.

spirito umano. Che anzi nella complessa ricchezza e flessibilità ideale della coscienza moderna, la funzione religiosa ha la potenza di penetrarne i più riposti moti, e di atteggiarsi con varietà indefinibile nelle forme del pensiero, della vita sociale e dell'arte. Ora questo accompagnare che fa, in vari aspetti, i diversi gradi della vita ideale umana, fino a creare una religione dell'arte e una religione della scienza, è un fatto innegabile e un indizio forse della sua inesauribile natura. Perchè il credere che la luce pura della scienza riesca a sostituire inappellabilmente il calore della fede ed appaghi ogni bisogno del sentimento, è non solo disconoscere i diritti d' una gran parte del genere umano che nella scienza non vive, non solo dimenticare che la religione, come dice l'Hartmann, è la con cezione popolare dell'ideale, ma è non vedere l'azione continua ed intima che la religiosità, presa nel più largo e miglior senso della parola, esercita anche sulla stessa coscienza scientifica. Basta a persuadercene il vedere che le due nazioni europee che hanno mosso, se non più fatti certo più idee che non le altre nel secolo nostro, la Germania e l'Inghilterra, sono quelle dove il problema religioso, che un grande fisico, il Tyndall, chiama « il problema massimo dell' età moderna », è più vivamente e seriamente sentito, e nelle quali il fondo e, direi, l'intonazione della coscienza scientifica è sostanzialmente religiosa. Da noi, due errori capitali, causa non ultima di decadenza morale, ritardano, non dico una soluzione, ma anche una coscienza seria e scientifica del problema religioso: da un lato la rigida intolleranza di quei credenti che non stimano o piuttosto non vogliono che la religione possa essere studiata con metodo scientifico; dall' altro la leggera e talora sprezzante indifferenza di molti i quali, tenendo a vile ogni forma di vita religiosa, non ne vedono nemmeno l'importanza storica e ideale, e quindi ritardano

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anche le lente ma feconde conquiste della scienza storica in questo nobile campo. Ai primi vorremmo ricordare che un esame serio, coscienzioso, è poi il più gran segno di rispetto che si possa dare alle credenze religiose; ai secondi, pei quali anche la stessa discussione critica e scientifica d'un soggetto religioso è, direbbe un mio collega, per lo meno, cosa di cattivo gusto, quello che scriveva un grande pensatore inglese, il Max-Müller; ' nello studio del genere umano non può darsi soggetto che sia di tanta importanza, quanto lo studio delle diverse religioni; poichè le grandi epoche della storia del mondo non sono designate nè dalla distruzione di imperi, nè dalla migrazione delle schiatte. Tutto questo è storia esterna; ma la storia reale, intima dell'uomo è la storia della religione. Finchè anche nel paese nostro non si desterà lo spirito di una ricerca scientifica, serena insieme e severa, sulla natura e sulla storia della religione umana, ci si farà sempre più grave il pericolo, che da ogni parte ci minaccia, di una reazione illiberale e intollerante, alla quale la noncuranza e l'irrisione della vita religiosa prestaron sempre inconsapevoli le più valide armi. Il disprezzo leg. gero e l'ironia, o Signori, non vinsero mai nessuna delle grandi cause alla ragione e alla coscienza umana; le vinsero solo le severe e pacifiche conquiste della scienza, la quale avanza tranquilla perchè sa la sua forza ed è certa della vittoria; e per questa certezza sua non temè mai nè la cicuta, nè il carcere, nè il rogo.

1 Max-Müller, Chips of a German Workshop. I, 20 ss.

LA PIÙ ANTICA APOLOGIA DEL CRISTIANESIMO

RECENTEMENTE SCOPERTA '

(Nuova Antologia. 1o Febbraio 1892).

§ 1.

L'anno che da poco ha toccato il suo termine è stato singolarmente fortunato per notevoli scoperte di antiche opere appartenenti alla letteratura classica e cristiana. Mentre in Germania, per le diligenti ricerche del Wendland, venivano alla luce dei nuovi frammenti delle opere di Filone d'Alessandria, per cura del Bratke si pubblicava integralmente il Comento di Ippolito romano al profeta Daniele, già scoperto in un codice Calcidese da Basilio Georgiades, e lo Stölze scopriva e pubblicava a Würzburg il trattato di Abelardo de unitate et trinitate divina », dall'Inghilterra giungeva, nei primi mesi dell' anno, la pubblicazione della grande opera d'Aristotele sulla Costituzione degli Ateniesi; e poco dopo, l'Apologia forse più antica

1 The Apology of Aristides edited and translated by J. RENDEL HARRIS, with an appendix by J. ARMITAGE ROBINSON. In Texts and Studies. Contributions to biblical and patristic literature edited by Armitage Robinson, Vol. 1, n. 1. Cambridge, University Press, 1891. In questo decennio la letteratura sull' argomento (sulla quale si veda l' Ehrard, Die Altchristl. Literatur von 1884-1900. I Freiburg, 1900, p. 201-212) s'è naturalmente moltiplicata. Segnatamente notevoli le ricostruzioni critiche del testo del Seeberg (1893-1894) e dell' Hennecke (Texto und Unters, 4, 3, 1893). Le mie osservazioni critiche, anche dopo gli studi recenti, rimangono immutate.

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della religione cristiana contro il Paganesimo, composta e presentata, come vuole la tradizione, all'imperatore Adriano, da un filosofo ateniese convertito al Cristianesimo, per nome Aristide. Dopo l'opera d'Aristotele, è questo forse il documento letterario di maggiore importanza storica che sia venuto alla luce nel corso dell' anno; e ben si può dire che da quando, diciotto anni or sono, l'antichità cristiana si arricchi della Dottrina dei dodici Apostoli scoperta a Costantinopoli, nessun altro documento venuto alla luce può competere con questo, e per la sua antichità, e perchè ci rappresenta assai bene la prima forma di quella ricca letteratura apologetica che fiorì nella Chiesa dei primi secoli. La qualità dell' autore, l'origine sua, l'occasione solenne di questa scrittura, che appartiene senza dubbio alla prima metà del secondo secolo, dànno naturalmente un valore straordinario alla recente pubblicazione di questo testo, dovuta prima alle cure di un dotto teologo e filologo inglese, il signor Rendel Harris, il quale ha così degnamente iniziata a Cambridge una serie di testi e di studi di letteratura biblica e patristica, simile a quella che in Germania si pubblica sotto l' autorevole direzione di Adolfo Harnack. Giova quindi che sia data ai lettori italiani una precisa notizia di questa preziosa reliquia dell'antichità cristiana; la quale indichi il posto che a questa spetta nella più antica letteratura del Cristianesimo."

Il valore della scoperta è senza dubbio alquanto diminuito dal fatto che l'Apologia di Aristide non ci è pervenuta nel testo originale greco, ma, come è avvenuto dei frammenti di un altro antico apologista del secondo secolo, Melitone di Sardi, in una versione siriaca, che l'editore inglese rinvenne nel 1889 in un

1 Nuova Antologia, 15 settembre 1885.

2 In Italia ne discorsero brevemente soltanto il professore I. GUIDI e il compianto DE ROSSI.

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