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tendenza giudaizzante di Matteo, in quell' evidente proposito di ricollegare Gesù alle profezie dell'Antico Testamento, e il carattere sostanzialmente pauliniano di Luca, in quel prevalervi che vi fa l'idea che l'opera di Cristo si estenda anche ai Gentili ». Come portava l'indole popolare del libro suo, il Bonghi, senza pregiudicare le questioni scientifiche che si possono fare su questo soggetto, non è entrato « nelle molte controversie che sono nate o si son fatte nascere intorno ad ogni amminicolo (così egli lo chiama) dei quattro evangeli », e in quello che ne dice (p. 501 ss.) segue i proemi e le note della Bibbia di Cambridge (1887). Un'apparenza e un tentativo di critica dei documenti evangelici c'è invece nell' opera del Domenicano francese (I p. VII ss.), il quale riesce, naturalmente, a una conferma della tradizione ecclesiastica, o piuttosto di quella che da molti si suol tenere per tradizione costante della Chiesa; ed è senza dubbio, la parte più debole e difet tosa, della sua bella opera. Sebbene ammetta la ispirazione divina, come origine unica delle scritture evangeliche, e la integrità originaria nella composizione del quadriforme evangelio, come lo chiamò Ireneo, pure anche egli parla « d'un primitivo evangelio orale che costituisce la prima predicazione degli Apostoli, e la sorgente degli evangeli scritti », dell'« elemento giudaico, e della tendenza apologetica di San Matteo », dello « spirito di Paolo » che domina in San Luca, e produce l'evangelio degl'incirconcisi. Egli sa bensì che gli evangeli >> sono testimonianze nelle quali non è passata l'anima, lo spirito, il genio degli scrittori, ma l'anima, il genio, lo spirito del loro eroe. Ei vive in essi, opera, parla, muove, illumina e santifica »; ma riconosce anche che « i primi evangeli mostrano l'uomo in Gesù, il quarto rivela il Dio» (p. XXVII), (p. XXVII), e che non sono soltanto testimonianze storiche, ma « apologie popolari della Messianità di Gesù ». Ha fatto, dunque,

alle esigenze della critica storica tutte quelle concessioni che gli era lecito fare senza compromettere l'ortodossia delle sue conclusioni, e salvando l'autorità della tradizione e della Chiesa quale interprete degli evangeli.

Ma la critica scientifica ha un compito ben diverso da questo, e non può che prescindere da ogni presup posto o intendimento, apologetico o polemico che sia. La libertà necessaria all'opera sua può ben esser consentita anche da chi crede nella divina origine dei documenti evangelici, quando quella libertà non s'intenda come un proposito d'offendere questa persuasione, nè questa d'altronde si chiuda nelle angustie della lettera, ma piuttosto sappia fare la debita parte alle esigenze della natura umana e alle leggi della storia. Ora due cose soprattutto c' impongono di considerare nelle fonti evangeliche; l'una, che esse non sono soltanto testimonianze ma scritti aventi un carattere e un fino religioso; e in secondo luogo che non furono fino da principio nella forma presente, bensì che questa è stata preceduta da una serie di rifacimenti. La prima osservazione si applica principalmente al quarto evangelio, la seconda più specialmente ai tre sinottici.

Anche prescindendo dalla questione della sua origine apostolica, e guardando solo al valore suo come testimonianza storica fedele della vita e della dottrina di Gesù, le due opinioni estreme, a proposito dell' evangelio che porta il nome di Giovanni, si son venute temperando in un consenso sempre maggiore della critica storica e teologica negli ultimi anni. Mentre alcuni, come dapprima il Renan e ora di nuovo altri storici come il Delff stesso, e l' Ewald, propugnano l'auto

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1 DELF, Gesch. d. Rabbi Jesu, p. 113-204, e l'altro suo scritto più recente, Das vierte Evangelium, ein autenthischer Bericht über Jesus, Husum 1890, sebbene in questo riconosca che nel quarto evangelio vi sono delle aggiunte e interpolazioni posteriori, introdotte per metterlo d'accordo coi sinottici.

2 EWALD, Das Hauthproblem der Evangelienfrage 1890 p. 5. ss.

rità storica del quarto evangelio e in esso trovano anche la più perfetta e autentica immagine della storia e della figura di Gesù, già la scuola di Tubinga dopo il Baur e lo Strauss, fino agli odierni continuatori di essa come l'Hilgenfeld, riconobbe in questo evangelio una libera ricostruzione ideale e teologica di quella storia e di quella figura, sorta dopo la metà del secondo secolo nella lotta contro la Gnosi e il Montanismo di cui porta le traccie, e contenente elementi delle dottrine ellenico-alessandrine, segnatamente di Filone. I resultati della critica del Baur presentarono da un punto nuovo di luce questo insigne documento, e aprirono una nuova via alle ricerche storiche, separando il quarto evangelio dal gruppo dei tre sinottici. Ma prepararono anche un consenso, via via maggiore che, salvo poche eccezioni, si andò formando fra i critici appartenenti alle scuole teologiche più diverse in questo concetto conciliativo: che il quarto evangelio, la cui origine oramai, chiunque ne sia l'autore, si riconosce ben più antico che la scuola di Tubinga non supponesse, sia insieme testimonianza storica e trasfigurazione ideale, dove elementi reali e primitivi si congiungono ad elementi speculativi, dove è verità e poesia, o se si vuole storia e teologia insieme; qualche cosa di analogo, insomma, alla rappresentazione di Socrate nei dialoghi platonici. E se il Delff afferma che il quarto evangelista abbia compreso Gesù meglio dei sinottici, ciò è vero non in

cfr. HILGENFELD in Zeitschrift für wiss. Theologie, 34 Jahrg. I. H. 1891, p. 80 ss. B. WEISS, Leben Jesu I., 81 ss. Era quindi prematura l'asserzione del KEIM, Geschichte Jesu 3 Bearb. Zürich 1875 p. 38 che su questo punto vi era fra le varie scuole perfetto accordo.

1 Vedi la ricca letteratura su questo argomento presso HOLTZMANN, Einleitung in das Neue Testament. Freiburg 1886, p. 444. Handcommentar zum N. Test. 1890, p. 8 ss. e le più recenti introduzioni dello Iülicher e dello Zahn e soprattutto il classico libro dell'Harnack Die Cronologie der altchristlichen Literatur, Leipzig, 1897.

quanto vuol essere documento storico, ma in quanto è prova dell' altissima potenzialità ideale contenuta nella parola iniziale di Gesù. Come Filone d'Alessandria aveva illustrata la dottrina del Logos mediante la rivelazione di questo nelle opere e nelle dottrine dell'antico legislatore d'Israele, Mosè, così era naturale che nella stessa idea, ove s'incontravano la tradizione giudaica e la sapienza ellenica, altri dovesse trovare come la formula della nuova fede, e presentare ogni elemento della narrazione come segno e prova d'una rivelazione soprannaturale, quasi proiettando per questa via alle origini del Cristianesimo elementi e intuizioni che furono il frutto d' un lungo svolgimento storico. Nè si è senza ragione affermato che con questo documento si chiude la storia del Cristianesimo primitivo e quella del Cattolicismo incomincia.

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Se questo carattere religioso, del resto attestato espressamente dal suo stesso autore (Joan. 20,31) prevale nel quarto evangelio, gli altri tre che pel modo comune ad essi di rappresentare la figura di Gesù furon chiamati sinottici e formano un gruppo a parte, sono sopratutto documenti storici. A questi principalmente si collega la questione storica della origine e della formazione degli evangeli, poichè, come qui la critica consente generalmente con la tradizione ecclesiastica, è fuor di dubbio che il quarto evangelista abbia composto il suo più tardi degli altri evangeli, qualunque data gli si voglia assegnare. Ma rispetto alla questione della genesi degli evangeli, dopo così vivace e spesso discorde lavoro, la critica oggi sembra sempre più con

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Nel riconoscere questo doppio elemento storico e dogmatico s'accordano sostanzialmente teologi cattolici come il KEPPLER e il GODET, tradizionalisti come il BEYSCHLAG, Johann. Frage. 1876, p. 240 Das Leben Jesu I, 1885 n. 110 s. e, critici indipendenti come il REUSS, il WEIZSACKER, Das Apos!. Zeitalter, 1885, p. 531, l' HOLZMANN, Einleitung, p. 454, Handcommentar, p. 4 e il THOMA, Die Ge-. nesis des Johannes Evang. 1882, p. 313 s. E così in varia misura, l'IÜLICHER, lo ZAHN, e l'HARNACK.

venire in alcuni resultati fondamentali, che importa tanto più riassumere non solo perchè il nostro paese è quasi estraneo a questi studi, ma perchè di quel dissenso si sono valsi e si valgono molti, ai quali il credere o il far credere che nulla vi sia di certo o almeno di consentito, è un espediente opportuno per screditare questi studi; o per credersi dispensati dalla fatica d'informarsi dello stato presente di essi; e tanto più dannoso in quanto può scambiarsi con quel prudente ritegno nell' accettare come dimostrato ciò che ancora non è, il quale è proprio del vero sapere.

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Ora innanzi tutto oggi si riconosce che i tre sinottici non sono opere primitive, poichè suppongono non solo le parti più antiche del Nuovo Testamento, cioè le lettere di Paolo e l'Apocalisse, ma anche un assai lungo svolgimento della tradizione da cui uscirono; e si è fatta sempre più larga la convinzione che la questione sinottica non si possa avviare ad una soluzione accettabile senza ammettere una o più fonti primitive ora perdute, più antiche dei nostri evangeli del Canone, e dalle quali questi sarebbero poi derivati. L'origine di questa forma letteraria degli evangeli scritti è da cercarsi quindi in un movimento primitivo della vita cristiana che risale alle origini dell'età apostolica. Già alla tradizione scritta dovè precedere un assai lungo periodo di tradizione orale. Non solo la società in cui dapprima cadde il buon seme della parola di Gesù era composta di uomini illetterati ed incolti (Act. 4, 13 ἄνθρωποι ἀγράμματοι κ. ίδιῶται), e quindi i meno disposti all'opera letteraria, come sappiamo da Paolo che anche più tardi si conservarono (I Cor. I, 26, 29), ma le condizioni stesse della primitiva comunità cristiana erano

1 Mi riferisco principalmente ai lavori di due critici viventi la cui autorità è da tutti riconosciuta, l' HOLTZMANN, Einleit. d. Neue Test. 1886. Handcommentar Z. N. T. 1890. B. WEISS, Einleit. in d. N. Test. 1886, Leben Jesu 1888. I. vol. cfr. anche i miei Studi di antica Letteratura Cristiana, Torino, Loescher 1887, p. 3 ss.

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