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vece di discernere le riunisce e le sovrappone, ciò che, del resto, avveniva di frequente. La narrazione s'avvicina a quella di Matteo (28, 11-15), ma ne differisce in un punto essenziale. In luogo degli anziani a cui si rivolgono i custodi del sepolcro, qui troviamo di nuovo Pilato, che il redattore introduce per scagionarlo sempre più dall'odiosa condanna, e condensare il vituperio sul capo dei Giudei. Sentiamo vicine le -origini di quella tradizione intorno al governatore Romano che faceva dire di lui a Tertulliano jam pro sua conscientia christianus, e che doveva dare poi larga materia alla leggenda di Pilato negli scritti apocrifi collegati al suo nome.

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(50) Allo spuntar della Domenica (giorno del Signore) Maria Magdalena, discepola del Signore, (la quale, impaurita dei Giudei che ardevano d'ira, non aveva fatto sul monumento del Signore ciò che sogliono fare le donne in onore dei morti e di coloro che amano), (51) prese seco le amiche, venne al sepolcro ov'era deposto. (52) E temevano non le vedessero i Giudei e dicevano: Se anche in quel giorno in cui fu crocefisso non potemmo piangere nè gemere, facciamolo ora al monumento di lui. (53) Ma chi ci rimuoverà la pietra posta sulla porta del monumento, affinchè, entrate, possiamo sedere presso di lui e fare ciò che gli si deve? (54) (Grande, infatti, era la lapide); e noi temiamo che qualcuno ci vegga. E se anche non possiamo, almeno deponiamo presso la porta ciò che rechiamo in memoria di lui; piangeremo e ci lamenteremo finchè faremo ritorno alle nostre case.

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(55) E partitesi, trovarono la tomba aperta, ed approssimatesi, si chinarono a guardarvi dentro e vi

1 Vedi MÜLLER, Pontius Pilatus der Richter Jesu von Nazareth, Stuttgart, 1888, e la mia recensione di questo scritto nella Cultura, 1891.

dero un giovane sedente in mezzo alla tomba, bello e vestito di una veste fulgidissima, che disse loro: (56) A che veniste? Chi cercate? Non forse quel crocifisso? È risorto e se ne andò. Se poi non credete, guardate dentro e vedete che nel luogo dove giaceva non è più. Imperocchè è risorto e ritornato donde fu mandato. (57) Allora le donne, prese da spavento, fuggi

rono ».

L'episodio delle pie donne al sepolcro è qui più particolarmente e largamente tratteggiato, e quasi par di sentirvi anticipata una rappresentazione sacra del Medio Evo. E notevole il rilievo che l'evangelista nostro, come Giovanni, dà alla figura della Magdalena, mentre poi molte espressioni di questo luogo, specie le ultime riferite, coincidono colla narrazione di Marco. Il pseudo Pietro non sa che alle donne sia apparso Gesù mentre fuggivano dal sepolcro (Matt. 28, 9); e dalle parole che qui l'angelo dice ad esse lascia trasparire che la resurrezione e l'ascensione al cielo fossero un sol fatto. Il Signore è tornato là donde era venuto. E perciò già prima aveva detto « fu assunto » a significare l'ultimo respiro.

(58) Ora era l'ultimo giorno degli azimi; e molti se ne andavano, ritornando alle lor case, finita oramai la festa. (58) Ma noi, i dodici discepoli del Signore, piangevamo ed eravamo contristati. E ciascuno dolendosi di ciò che era accaduto, se ne ritornava a casa sua. (60) Io poi Simon Pietro e Andrea mio fratello prendendo le nostre reti, ce n'andammo al mare; ed era con noi Levi di Alfeo, che il Signore

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».

Il frammento è interrotto qui bruscamente, e malauguratamente in un punto in cui la curiosità sorge più legittima e più viva. Questi ultimi versi difatti sono per la critica forse i più importanti di tutto il frammento. Non solo da essi apparisce che il nostro evan

gelio è l'evangelio di Pietro, ma, secondo tutti gli indizi, il seguito della narrazione doveva contenere la prima apparizione di Cristo ai discepoli, che il nostro evangelista pone non in Giudea, ma in Galilea, come Matteo; sul lago di Genezareth nel momento della pesca, come Giovanni; e cosa ancor più notevole, probabilmente come avvenuta a Pietro, secondo una tradizione che non s'incontra negli evangeli, ma è confermata dall'autorità di Paolo nella prima ai Corinti, ed ha perciò la maggiore autorità e antichità sto

rica.

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§ 2.

Ed ora che abbiamo letto il prezioso frammento, è lecito e naturale chiederci che cosa dobbiamo pensarne. La critica non ha detto ancora, nè dira così agevolmente per ora, l'ultima parola su questo mirabile documento; tanto più che i giudizi anche più autorevoli non sono in tutte le parti concordi. Pure vi sono dei tratti così rilevanti sui quali non può cadere alcun dubbio e che ci consentono alcune conclusioni generali sul carattere e sull'età approssimativa di questa scrittura.

Il termine di paragone più prossimo e più naturale sono i quattro evangeli; e noi già abbiamo accennato ai principali punti di contatto del nuovo testo con essi. Ma non sembra che valga ad illuminare la così oscura ed intricata questione dei rapporti di dipendenza e di filiazione dei nostri evangeli. A qualcuno parso anzi che la complichi sempre più, riescendo assai malagevole lo stabilire con sicurezza se e di quali

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1 Il REINACH, Republique franç. n. 7081, crede che il redattore ponga il mare vicino a Gerusalemme, e vi trova un indizio della ignoranza che egli mostra di avere sulia Giudea. Ma non è punto necessaria questa strana interpretazione.

dei nostri evangeli questo che porta il nome di Pietro sia derivazione. Non è meraviglia quindi che le opinioni dei critici divergano su questo punto grandemente. Mentre alcuni, come il Reinach, escludono che l'evangelio di Pietro abbia per fonti gli evangeli del canone, il Lods vi conosce le tracce dei due primi, dubita quanto al terzo, si pronuncia negativamente sul quarto, l'Harnack invece tiene quasi per fermo che l'autore conosca l'evangelio di Marco, poco probabile la conoscenza di Matteo (nonostante le molte somiglianze) e di Luca, irresolubile la questione quanto all'evangelio di Giovanni. Altri finalmente, fra i quali il Robinson, l'Harris, il Funk e lo Schürer, lo Zahn, il Duschesne, e specie il v. Schubert, inclinano ad ammettere la precedenza cronologica degli evangelii canonici su quello di Pietro.

La quale ultima opinione è confortata, per un certo rispetto, dai migliori argomenti, sebbene sia nei singoli casi difficile stabilire quale dei due testi paralleli sia il più antico, e se non derivino da una comune sorgente, anzichè dipendere l'uno dall'altro. Ma il segno principale della sua origine, nel suo insieme più recente, è che la pia leggenda vi apparisce in generale più progredita, e l'autore mostra una manifesta tendenza all'amplificazione e alla combinazione di dati che si trovano sparsamente negli altri evangeli; mentre talora alcune espressioni tradiscono l'uso assai lungo e assai noto di alcune formule che non si trovano in altre scritture o vi s'incontrano usate come neologismi. Di quest'ultimo caso è un esempio assai significativo il termine « la domenica » (ý zʊpizzi) che non si trova nel Nuovo Testamento, salvo nella Apocalisse, ma probabilmente nel senso di giorno finale del giudizio. Negli evangeli invece è chiamato «< il primo della settimana »; e forse è la Dottrina dei dodici Apostoli il primo documento, dove questo termine

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apparisce come di uso recente, poichè vi si legge (XIV, 1): « Alla domenica che è giorno del Signore ». D'altra parte bastino qui due esempi che provano nell'estensore di questo evangelio il bisogno di porre d'accordo le narrazioni diverse ch' egli ha dinanzi combinandone gli elementi. Quando ci racconta dei due uomini scendenti dai cieli verso il sepolcro, segue manifestamente la tradizione di Luca (24, 4). Ma poco dopo segue l'altra apparizione di un solo uomo che discende nel sepolcro già vuoto, e che in forma di giovinetto parla poi a Magdalena e alle altre donne (§ 44, cf. 55); racconto che risponde agli altri due Sinottici Marc. 16, 5; Matt. 28, 2). Di una sola apparizione qui se ne fanno due, per conciliare la differenza delle due versioni. E collo stesso metodo nelle ultime parole del frammento son combinati, come abbiamo veduto, a proposito della prima apparizione del risorto, i dati differenti che si leggono in Matteo, in Giovanni, e in una lettera di Paolo.

È ben naturale che questo assai trasparente lavoro conciliativo, si congiunga con altri caratteri propri d'un'opera secondaria e riflessa; l'amplificazione del racconto evangelico, manifesta in vari punti del frammento, specie nelle parole delle pie donne al sepolcro e nella triplice apparizione finale, e la presenza di un elemento quasi estraneo agli evangeli, il meraviglioso soprannaturale, che tradisce un'infiltrazione gnostica nell'evangelio di Pietro. La smisurata grandezza delle figure uscenti dal sepolcro, e quella mistica croce che le segue e da cui esce una arcana parola, ricordano alcuni tratti che troviamo riprodotti in scritti apocrifi ed eretici dei primi secoli. Non soltanto nel pastore d'Erma (Sim. IX, 6, 1) il Signore è rappresentato come « un uomo di grande statura, da

1 Cfr. i miei Studi di Letter. Cristiana, 1887, p. 57.

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