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un'appartenenza letteraria di questa seconda fine di Marco all' apostolico Aristione, come pensa il Conybeare, si ammetta derivata da una tradizione collegata al suo nome. Giova osservare che nello stesso codice di Ecmiazdin, anzichè l'intitolazione « di Aristione il presbitero », avremmo dovuto avere l'altra « secondo Aristione >> corrispondente alle altre degli evangelisti << secondo Matteo », se si fosse trattato di una presunta derivazione letteraria, e non di una sola tradizione. Ma che Aristione non possa essere lo scrittore

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autore nel senso letterale degli ultimi versi di Marco, c'induce a crederlo quanto Eusebio ci dice intorno all'opera sua. La quale è designata al nome di diegesi, che significa soltanto narrazione orale, ed equivale all'altro di << tradizioni » attribuite senza differenza alcuna ad Aristione e a Giovanni il Presbitero (III, 39, 7). L'accordo del secondo Marco e di Giovanni (20, 1 e seg.) che il Renan senza dubbio esagera, è notevole per chi pensi che Papia riunisce Aristione e Giovanni il Presbitero, forse autore del quarto evangelio. Papia anzi dichiara di non avere attinto a scrittura alcuna, bensì alla viva voce dei testimoni (Ib. 5); il che esclude, se non altro, che nell'opera di lui si trovasse una narrazione scritta di Aristione. E d'altronde noi abbiamo un indizio, non senza valore, che la finale seconda di Marco è andata soggetta a delle modificazioni. Dalla recensione che ne dà S. Girolamo apparisce che, dopo il rimprovero fatto agli undici dubitanti del Cristo risorto (v. 14 di Marco), seguivano in qualche testo, alcune parole di risposta dei discepoli, le quali mancano nel nostro. « Ed essi rispondevano dicendo: « questo secolo di iniquità e di

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1 RENAN, Les Apôtres, 1886, p. 7 SS.

2 Hieronym. ad. Pelag. II, 11; cfr. l'apparato critico presso il Resch, Agrapha, Aussercanon. Evangelienfragm. 1889, p. 456 s.

ingiustizia è opera di Satana, il quale non consente per via degli spiriti immondi di apprendere la vera potenza di Dio. Onde tu manifesta la tua giustizia, o Signore ». Ora queste parole importantissime ci spiegano la ripresa del testo attuale (16, 17) « cacceranno i demoni nel mio nome ».

La scoperta del Conybeare è in ogni modo tale che non solo, come scrive l'Harnack, « non è lecito negarla a priori », ma ci apre una via naturale per poter ridurla criticamente nei suoi giusti confini,1 e senza dubbio è destinata a fornire nuovo argomento di discussioni e di ricerche alla critica scientifica del Nuovo Testamento.

1 Cf. ora Holtzmann, Handcommentar zum N. T., I, 3 auf. 1901, p. 184.

LE NUOVE PAROLE DI GESÙ

SCOPERTE IN UN PAPIRO EGIZIO1

§ 1.

Poichè altravolta a me toccò l'onore di offrire per primo in Italia ai lettori della Nuova Antologia i documenti dell'antichissima letteratura cristiana scoperti e dati alla luce durante gli ultimi cinque anni, mi parve quasi corrermi ora l'obbligo di ragionar qui brevemente d'una preziosa scoperta di tal natura testè fatta in Egitto; e tanto più perchè prima che la pubblicazione fosse fatta, da una breve notizia inserita nel Times molti fogli politici italiani e stranieri derivarono ragguagli spesso inesatti e informazioni talora immaginarie. Ora che per opera e cura della Società inglese dell' Egypt exploration Fund abbiamo dinanzi il prezioso testo contenente alcune parole che s'annunziano provenienti dalla bocca stessa del fondatore del Cristianesimo, sembra opportuno rimettere, come si usa dire, le cose al lor posto, e dare del mirabile documento una notizia criticamente esatta e sicura.

Poichè non si può dubitare che grande sia la sua

1 Aória Incos Sayings of Our Lord, discovered and edited by B. P. GRENFEL and A. S. HUNT, with collotypes (published for the Egypt exploration Fund), London, 1897. The Oxyrh. Papyri, I (1898) p. 3.

importanza per la critica storica, e meriti quindi tutta l'attenzione del pubblico colto. Se non ha l'estensione materiale del frammento dell'evangelio di Pietro, scoperto quattro anni or sono ad Akmmim in Egitto, nemmeno, d'altra parte, è così esiguo e breve come l'altro trovato al Fajjum dall' arciduca Ranieri d'Austria; e tutto poi fa credere che dell'uno e dell'altrodocumento sia più antico e più vicino alle origini, e di questa rifletta più direttamente lo spirito e la verità.

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1.

Sui confini del deserto Libico, 120 miglia al sud del Cairo, una serie di piccoli monticelli, simili al colle Testaccio di Roma, segna il luogo ove sorgeva la capitale dell'antico distretto Oxyrhynchos; città fiorente all'epoca romana e uno dei principali centri della Cristianità in Egitto. Alle speranze che la missione inglese nutriva di ritrovare in una simile esplorazione, oltre a molti altri tesori, dei papiri greci, rispose largamente il fatto; poichè secondo le indicazioni che ci son fornite sarebbero stati messi alla luce 150 volumi papiracei, trasmessi al Governo egiziano, ed altre 280 ceste piene di frammenti di papiri sarebbero state inviate a Londra. Niun altro luogo, salvo forse il Fajjum (l'antica Arsinoe), è riescito finora così fertile per la scienza; e molto tempo ci vorrà perchè questa lunga serie di papiri sia decifrata e pubblicata.

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Tra i documenti portati a Londra, oltre ad un frammento del principio del primo evangelio, trovasi il foglio papiraceo diligentemente pubblicato e illustrato dai due dotti inglesi. A ciò che essi ne hanno detto altre parole sono già seguite, in breve giro di

1 V. l'articolo a p. 240.

2 Cfr. quanto ne scrissi nei miei Studi di antica letteratura cristiana, Torino, 1877, pagg. 1-19, e nella Cultura, 1888.

3 In una circolare della Società inglese for the Eg. exploration; cfr. la Theologische Literaturzeitung di Lipsia, 21 agosto 1897.

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tempo, non solo in Inghilterra ma nella dotta Germania, segnatamente quelle autorevolissime dell' Harnack di Berlino. Si tratta d'un frammento d'un antico libro contenente una collezione di λó o detti di Gesù; dei quali alcuni sono simili a quelli già conservati negli evangeli, altri sono interamente nuovi. I papiri greci, insieme ai quali fu trovato, appartengono ai primi tre secoli dell'êra volgare. Il qual fatto, confermato dai caratteri della scrittura unciale, lo appartenere il foglio non ad un volume di papiro ma ad un libro, lo stile e l'uso delle abbreviature, sono indizi concordi che ci conducono almeno alla metà del secondo secolo se non anche al terzo (Swet, Blass, Holtzmann), come ad epoca a cui più probabilmente si può far risalire la scrittura del documento. Il foglio assai logoro e consumato nell' interno e sui margini, scritto sulle due facciate in colonna, porta nella pagina di verso la numerazione IA. Era adunque l' undecimo foglio del libro da cui è avanzato, e che si leggeva, quindi, inversamente all'ordine comune, cioè da verso a recto, come apparisce, d'altronde, anche dal contesto. Quanta parte del libro seguisse al foglio rimasto, non possiamo dire: ma il poco che ci è rimasto, fa provar vivo il rammarico. pel moltissimo che si è perduto, forse per sempre: come all'assetato una stilla d'acqua accresce il desiderio e l'ardore inappagato.

1 Fino a qui gli scritti pubblicati, a mia notizia, sono i seguenti: un articolo nell' Athenaeum del 7 agosto, nel New York Indipendent, 22 luglio; uno scritto del JAMES, News Sayings of Our Lord nella Contemporary Review, agosto 1897, e del RENDELL HARRIS, ibid., del settembre; del REDPATH, nell' Expositor, sept. 1897; ADOLF HARNACK, Ueber die jungst entdeckten Sprüche Jesu, Freiburg, 1897; HEINRICI, nella Theol. Literaturzeitung, 21 agosto 1897. Per la bibliografia più recente rimando all'opera dell'Ehrard (1900) p. 124 ss. aggiungendo lo scritto del compianto Davidson, nell' International Journal of Ethics Octob. 1897 e quello del Fracassini, in Rivista bibliogr. Italiana 10 sett. 1898. Lo scritto, ivi annunciato, del Semeria, non mi è pervenuto.

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