Slike stranica
PDF
ePub

alcune parole sull' altrui fede, e non trae, ad ogni modo, dall'intero luogo dello scrittore cristiano il partito che ne avrebbe dovuto trarre per la descrizione dell'Antro Cumano, limitandosi a dire « nel secondo secolo, quando Giustino il Martire visitò Cuma, l'oracolo era da lungo tempo muto ». Ed anche il Diels, che nei Sibyllinische Blätter più s'intrattiene sopra questo luogo della Cohortatio 2, non se ne vale se non per ricavarne la spiegazione che le guide locali davano già nel quarto secolo, ma secondo le tradizioni dei maggiori (ὡς παρὰ τῶν προγόνων ἀκηκοότες), della imperfezione metrica che avevano i responsi sibillini, come quella che derivava dalla poca cultura degli interpreti della fatidica parola.

Rimane, adunque, molta, e quasi intatta materia di ricerca e di dibattito per gli archeologi in queste pagine del Pseudo-giustino. Le quali, come molte altre dei primi padri cristiani, sono piene di un senso profondo di reverenza per l'autorità e l'antichità veranda dell' oracolo sibillino, come quello che per un misterioso affiato colla divinità sta quasi a paro degli antichi profeti nel testimoniare e confermare l'autorità della rivelazione cristiana. Dopo aver detto della città di Cuma, che dista sei miglia da Baia, ove sono le terme della Campania, prosegue dichiarando di riferire quanto ha veduto dimorando in quella città; Ἐθεασάμεθα δὲ ἐν τῇ πόλει γενόμενοι. Vide, cioè un luogo ove è una grandissima basilica (βασιλικήν μεγίστην) intagliata in un sol sasso ( vòs é§equévev hídov): dove

[ocr errors]

1 Il BELOCH, Campanien, Berlin, 1879, p. 162, nulla aggiunge, su questo punto, nella seconda edizione, Breslau, 1890.

2 DIELS, Sibyllinische Blaetter, Berlin, 1890, p. 56 s.

3 Pseudoiust. Cohort. ad Gent. 35 A (ed. De Otto, Corpus Apologet. Christian. saec. secundi, T. II, Jenae, 1879, p. 120). Non riferisco queste prime parole del luogo, perchè si trovano riprodotte anche dal Beloch.

accade notare la corrispondenza puntuale col verso virgiliano (Aen. VI, 42):

Excisum Euboicae latus ingens rupis in antrum.

[ocr errors]

Se qui il termine Bachin significhi solo un antro scavato a volta, o indichi un' opera tectonica, diranno gli archeologi. Io sto pago a notare che questa seconda ipotesi par meglio accordarsi colle parole che seguono immediatamente, πράγμα μέγιστον καὶ παντὸς Japaτos astov. Quivi, continua il descrittore, dicevano aver la Sibilla pronunziati i suoi vaticinii, coloro che avevano ereditate le patrie tradizioni dai maggiori. In mezzo poi alla basilica ci mostravano tre ricettacoli, intagliati nella stessa pietra, nei quali, riempiti che fossero d'acqua, dicevano ella si lavasse, e poi, ripresa la veste, si ritraesse nella parte più interna della basilica, in una stanza scavata nel medesimo sasso, e in mezzo ad essa sedendo sopra un alto seggio e trono, proferisse i suoi oracoli.

A quale delle due spaziose ed atre caverne che oggi nella regione cumana si offrono al visitatore, se a quella che sta sotto l'acropoli di Cuma, di contro al mare, e che il Cocchia ha ben mostrato rispondere alla descrizione virgiliana, ovvero all' altra che comunemente si chiama oggi la grotta della Sibilla, sul lago di Averno, si riferisca la descrizione del PseudoGiustino, non è facile dire; poichè l'esplorazione della prima non è stata ancora fatta, come sarebbe da desiderare si facesse in modo da dileguare ogni dubbio. Ma la descrizione che le guide e gli eruditi

1 Ib. B. Ἐν μέσῳ δὲ τῆς βασιλικῆς ἐπεδείκνυον ἡμῖν τρεῖς δε ξαμενὰς ἐκ τοῦ αὐτοῦ ἐξεσμένας λίθου, ὧν πληρουμένων ὕδατος λούεσθαι αὐτὴν ἐν αὐταῖς ἔλεγον, καὶ στολὴν ἀναλαμβάνουσαν εἰς τὸν ἐνδότατον τῆς βασιλικῆς βαδίζειν εἶκον ἐκ τοῦ αὐτοῦ ἐξεσμένον λίθου, καὶ ἐν μέσω τῷ οἴκῳ καθεζομένην ἐπὶ ὑψηλοῦ βήματος καὶ θρόνον οὕτω τοὺς χρησμοὺς ἑξαγορεύειν.

antichi e nuovi ci danno della seconda, risponde assai notevolmente alle indicazioni dello scrittore cristiano. Il che farebbe pensare che, nel quarto secolo, questa tradizione, probabilmente erronea, secondo la quale la grotta della Sibilla si dovrebbe cercare non a Cuma, ma sul lago d' Averno, fosse già formata, e che la grotta cumana fosse allora già caduta in dimenticanza ed abbandonata. Ma la cosa lascia qualche dubbio, perchè la descrizione che nel sesto secolo ce ne dette lo storico Agathia, e l' allusione di Procopio, sembrano piuttosto riferirsi allo speco che si apre sotto la

rocca cumana.

3

1

2

Comunque sia, delineate in rapidi tocchi le parti dell'antico antro, come si conservava ancora al suo tempo, lo scrittore cristiano s' indugia nell' esporre le ragioni onde i versi sibillini mancavano sovente di numero e di misura: la imperizia, cioè, dei trascrittori, come diceva la tradizione, accolta già da Plutarco e da Porfirio, e il non avere la Sibilla, come gli altri poeti, agio a correggere e a valersi del labor limae pei suoi versi, come quella che, venendole meno l'affiato divino, nulla ricordava di quanto aveva proferito onde Platone, riferendosi ai vaticinii della Sibilla, scriveva dei poeti « molte e grandi cose dicono, non sapendo ciò che dicono »; e già l'antico Eraclito aveva, nel suo stile lapidario, pronunciato; << la Sibilla con bocca furente emette parole severe ed immortali ».

Or queste cose lo scrittore dice d' avere apprese, quando visitava quella città e quei luoghi, da coloro che lo guidavano: Αὐτοὶ γὰρ ἐν τῇ πόλει γενόμενοι

1 Agath. I, 10. Lo hanno giustamente notato il Beloch e il Cocchia.

* Procop. De Bello Goth. I, c. 14, ed. Bonn., Ey công ch Κύμη οἱ ἐπιχώριοι τὸ Σιβύλλης δεικνύουσι σπήλαιον, ἔνθα δὴ αὐτῆς τὸ μαντείον γεγενήσθαι φασι.

3 De Pyth. orac. 5-7, p. 396; PORPHYR. De Abst. II, 18.

παρὰ τῶν περιηγητών μεμαθήκαμεν, i quali a lui e, come pare, ad altri suoi compagni, mostrarono i luoghi del vaticinio sopra descritti, ed anche, come ora aggiunge lo scrittore, un recipiente ovoidale (panóv tiva) fatto di bronzo (ἐκ χαλκοῦ κατεσκευασμένον), in cui dicevano conservarsi i resti della Sibilla.

1

2

Della quale ultima notizia è lecito ritrovare tracce più antiche; poichè già Pausania, due secoli innanzi, sulla fede di un tale Iperoco di Cuma, parlando di ciò che rimaneva al suo tempo dell' antica Sibilla, accenna ad un'idria di pietra (λíðov úòpiav), non grande, che si soleva mostrare nel tempio di Apolline, e nella quale si conservavano le ossa della sacerdotessa. Non altro rimaneva allora dell'antico culto, che già era moribondo un secolo prima, quando Petronio, arbitro, scherzevolmente trasfigurando ciò che Timeo aveva appreso dai Cumani sulla πολυχρονιωτάτη παρ θένος, narrava che i fanciulli al suo tempo deridevano la moribonda Sibilla.

3

Tutto da lungo tempo è in silenzio e più di lor non si ragiona. Deserto è l'iter Averni; e sugli ipogei tenebrosi onde parlava il Nume e sulle spiagge cumane, regna imperturbata solitudine. Le parole della Sibilla sono da tanti secoli disperse, come le » foglie lievi » su cui erano scritte le sue sentenze:

« E l'aura il nome e la memoria accoglie

».

1 Ib. 85. Η ὑποδειξάντων καὶ φακὸν τινα ἐκ χαλκοῦ κατεσκευασμέ

νον ἐν ᾧ τὰ λείψανα αὐτῆς σώζεσθαι ἔλεγον.

2 Paus. Χ, 12, 4, χρησμός δέ οι Κυμαῖοι τῆς γυναικὸς ταύτης ἐς οὐδένα εἶχον ἐπιδείξασθαι, λίθου δὲ ὑδρίαν ἐν ̓Απόλλωνος ἱερῷ δεικνύο σιν οὐ μεγάλην, τῆς Σιβύλλης ἐνταῦθα κεῖσθαι φάμενοι τὰ ὀστέα. Non so perchè il Diels, Sibyllin. Blätter, p. 57 indichi come testimonianza di Pausania Demetrio Skepsios.

3 Presso il Fseudo-Aristotele De Mirab. a usc. 838 A 5 (ed. Apelt.) ἐν τῇ Κόμῃ τῇ περὶ τὴν Ἰταλίαν δείκνυταί τις, ὡς ἔοικε, θα λαμος κατάγειος Σιβύλλης της χρησμολόγου, την πολυχρονιωτάτην γενομένην παρθένον διαμείναί φασιν.

4 Petron. Satyr. 48 (Buecheler) « Solebam haec ego puer apud

§ II

Lo scritto del Pseudo-Giustino ci richiama intanto ad altre attinenze letterarie e storiche, e ci offre il destro di comunicare all'Accademia un' altra notizia. Abbiamo già detto che, in grazia degli studi recenti, esso si può considerare quale parte di una replica (poichè lo scritto non pare integralmente pervenuto a noi) alla opera di Giuliano contro i Cristiani. Ora di questa vasta opera, i cui frammenti si conservano sparsi nei libri di Cirillo Alessandrino, presso Teodoro di Mopsuestia, Girolamo, Fozio e Suida, e che, anche dopo il bel lavoro su Giuliano dell' inglese Gardner' e d'altri, meriterebbe d'essere studiata specialmente in attinenza con tutta la polemica pagana contro i cristiani da Celso a Proclo,' un nuovo frammento, piccolo ma prezioso, è stato testè recuperato alla scienza storica. Non si tratta, certo, d' una rivelazione grandiosa come quelle che ci son venute dai papiri del Fajjùm, o di Akhmîm, e ora da quelli di Oxyrynchos, il cui secondo volume testè pubblicato ci restituisce un nuovo frammento comico di Menandro, un elenco di vincitori olimpici notevolissimo, un frammento del quarto Evangelio importante per la critica del testo e altri documenti variamente considerevoli. Ma anche la piccola notizia è preziosa se sparga luce sopra largo ordine d'idee o

3

Homerum legere, nam Sibyllam quidem Cumis ego ipse oculis meis vidi in ampulla pendere et cum illi pueri dicerent: Σιβύλλα, τί θέλεις: respondebat ille: ἀποθανεῖν θέλω.

A. GABDNER, Julian philosopher and emperor, and the struggle of Paganism against Christianity, London, 1895.

2 Un buono studio preparatorio è quello del Loesche « Die

Neuplatonischen Polemiker und Celsus

sensch. Theologie, XXVII, 3, p. 257–302.

«

nella Zeitschrift für wis

3 The Oxyrhynchus Papyri (Egypt Exploration Fund), Part. II,

edited by B. Grenfell and A. S. Hunt, London, 1899.

« PrethodnaNastavi »