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doti e i capi del popolo (Marc. 11, 18; Matt. 21, 15; Luc. 19, 47) ai quali è facile di associarsi con alcuno dei seguaci del Galileo. Ed egli, coll' intuito fine e penetrativo proprio delle grandi ed elette anime, e fatto sempre più acuto in tali momenti, indovina codesta cospirazione e il tradimento, e lo annuncia apertamente nel sublime momento dell' ultima cena, che è insieme l'addio supremo ai suoi e il suo testamento spirituale. Ma perchè la sua condanna possa esser proclamata convien che non solo l'autorità sacerdotale e politica, ma anche l'opinione popolare gli si volga contro. Ora è appunto la parola, l' attitudine di Gesù, che determina ed affretta l'ultima crisi. Come Socrate nel cospetto degli Eliasti, quattro secoli prima, si decretava arditamente un luogo di onore nel Pritaneo Ateniese, provocando così la sua condanna di morte, così Gesù ora sfida le ire dei suoi nemici dichiarando che egli avrebbe disfatto il tempio e ne avrebbe riedificato in tre giorni uno non fatto d'opera di mano, e rendendo solenne testimonianza a sè stesso: « sì io sono il Cristo: e vedrete il figliuol dell'uomo sedere alla destra della potenza e venire sulle nubi del cielo » (Marc. 14, 62). Dopo tali parole l'autorità sacerdotale sente di non aver più bisogno di testimoni. È il favor popolare che allora vien meno a Gesù, e l'osanna di pochi giorni prima si cangia nell' ostinato grido di tutti: Crocifiggilo, crocifiggilo». La santa bestemmia uscita dalla sua bocca di profeta e di Messia lo ha reso reo di morte, e il gran sole del giorno solenne della Pasqua lo vede affisso sulla croce, e in atto di cordoglio si vela la faccia.

di tentare come un colpo di Stato. Ma poichè questo non era, la cacciata dal tempio dovè porre il colmo alle ire dei suoi nemici contro di lui.

LE IDEE MILLENARIE DEI CRISTIANI

NEL LORO SVOLGIMENTO STORICO. 1

(1887)

Signore e Signori,

La festa solenne che per sapiente consuetudine ci raccoglie d'anno in anno in quest'aula a inaugurare l'opera severa e feconda degli studi, non è una pompa vana ed oziosa, ma racchiude un intimo ed alto significato. Se ogni festa religiosa o civile sta a indicare che tutto quello che di alto e di buono l'uomo produce ha la sua ragione nella associazione moltiplicatrice delle forze, questa nostra che ben potrebbe dirsi festa della scienza, e che intende non e che intende non a celebrare il riposo. dopo le durate fatiche, ma ad iniziare il lavoro del pensiero, ci ricorda che la società scientifica a cui apparteniamo non è una unione esteriore d'insegnamenti, bensì un tutto vivente, un organismo ideale, per

1 Di questo lavoro fu letta solo la prima parte come discorso inaugurale dell'anno accademico 1887, col titolo I primi cri stiani e le loro speranze millenarie, e naturalmente in una forma più breve, quale si conveniva ad una pubblica lettura. La seconda parte fu letta all' Accademia di Scienze Morali e Politiche della Società Reale di Napoli, col titolo Le trasformazioni della idea millenaria nella Chiesa dopo il primo secolo.

l'intimo e naturale nesso delle sue parti cospiranti ad un fine comune. Pochi giorni ancora, e comincierà il molteplice lavoro per l'aule e pei laboratori. L'essere noi oggi raccolti in quest'aula, giova a ravvivare negli animi nostri questa convinzione feconda della vitale unità delle scienze, e prima che noi ci dividiamo, ci ricorda che cosa ora ci riunisce qui, quasi anima che pervada questa vivente incarnazione della scienza che è l'Università.

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Non è proposito mio parlarvi delle condizioni di codesta unità, la quale, nonostante i lamenti che dai campi più disparati del sapere si levano oggi sulla progressiva partizione del lavoro scientifico da cui si teme una vera dispersione di forze, non è mai stata forse sentita così vivacemente come nell'epoca nostra; nè sarebbe forse il luogo opportuno l'aula della nostra università, la quale ripetè sempre la propria grandezza da codesto sentimento comune a persone che, convenute qui dalle varie parti del nostro paese e diverse d'opinioni e di tendenze, si sentono qui chiamate da un fine comune, la ricerca scientifica del vero.

Ma poichè per questa stessa unità vitale dell' organismo scientifico non è lecito oggi il parlare d'una gerarchia fra le scienze, del primato d' un gruppo di esse sugli altri, consentite che io richiami l'attenzione vostra, illustri colleghi, sopra una opinione che oggi ha molto credito, e parve in quest'aula medesima ricevere la sanzione d'una autorevole parola. Chi di voi fu presente un anno fa a questa medesima festa solenne, udi forse con qualche meraviglia dalla bocca d'un insigne naturalista, nostro collega, questa ardita sentenza che nel secolo nostro, il quale ben si può dire il secolo delle scienze naturali, il progresso di

Ad es. E. Hartmann, Moderne Probleme, Leipzig 1886, p. 134 ss. Curtius, Alterthum. und Gegenwart, 2 Bd. Berlin 1886, p. 346 ss.

queste domina il mondo. Colla quale espressione io penso si volesse da lui significare il mondo della natura, non il mondo umano; perchè le scienze della natura non ebbero mai di per sè sole questa virtù nella storia di creare gli alti ideali della vita, nè di generare quelle ardite iniziative del pensiero e dell'azione che nacquero sempre da una profonda riflessione sui fatti della vita morale e religiosa, da quei perchè umani che, come diceva Lutero, hanno rivoltato il mondo, affermando i diritti della coscienza e della ragione umana, dal carcere di Socrate al rogo di Campo di Fiori. Non all'atomismo meccanico di Democrito e d' Epicuro, che coi suoi Dei campati nelli intercosmi riuscì a conciliarsi col politeismo popolare non meno dello Stoicismo, ma al fondatore dell' idealismo greco, Socrate, che ne cadde vittima, si dovè quel profondo rinnovamento ideale che riuscì ad affrancare dall' invecchiato politeismo la coscienza greca. L'Umanismo e la Riforma precederono, non seguirono, la restaurazione delle scienze esatte e sperimentali, e crearono anzi la condizione massima alla sua possibilità storica, la libertà del pensiero. Certo, se si pone mente alla formazione della coscienza scientifica odierna, convien riconoscere che le discipline morali e sociali, o quelle che nel loro complesso meglio si direbbero scienze umane, si distaccarono dalla metafisica tradizionale della scuola assai più tardi che le scienze fisiche. La logica e la metodologia di queste si fissò assai prima che non la logica delle scienze morali o dello spirito, per trovar la quale bisogna venire allo Stuart Mill, al Dilthey e al Wundt. Ma accanto a questo fatto storico, innegabile, preme avvertirne un altro che oggi vien troppo spesso dimenticato da molti

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1 S. Mill, System of Logic II (2. ed.) 1868. Dilthey, Einleitung in die Geisteswissenschaften, I, 1883. Wundt, Logik II, p. 478 ss. 1883.

naturalisti, anche insigni, nè può sfuggire a chi con vigile sguardo segua il moto della cultura moderna.

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Se è vero che la psicologia, quale esce dalla scuola inglese, o dalla psicofisica tedesca, non vuole essere che una scienza naturale della vita interiore; se la linguistica tende, secondo la idea del Max-Müller, a divenire una scienza naturale del linguaggio; se la sociologia moderna non è che una fisiologia dell'organismo sociale studiato nei suoi elementi e nelle sue funzioni, non è men vero che il modo o la forma con cui ci rappresentiamo le cose, che è ciò che dà la impronta speciale ad un'epoca storica assai più che il patrimonio effettivo delle sue cognizioni, è venuto dalle scienze storiche alle naturali, non da queste a quelle. Il che non può far meraviglia a chi pensi che i fatti del mondo morale e sociale, come quelli nei quali si rivela la forma più alta della vita, presentano più chiara la legge della formazione progressiva e dell'evoluzione graduale, che non le stesse forme organiche, e molto più poi che i fenomeni della natura inorganica. Onde non a torto il Paul distingueva recentemente due gruppi principali di scienze, le scienze storiche della natura, e le scienze storiche della cultura, e il Sidgwick chiamava biologia storica la scienza della vita organica, trasformata dalla teoria darwiniana. 3 L'idea d'evoluzione che è come l'anima della cultura scientifica a noi contemporanea ed esprime la forma nella quale

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1 Cfr. su questo punto Chiappelli, La cultura storica e il rinnovamento della Filosofia (Prolusione al Corso di Storia della Filosofia nella R. Università di Napoli), Napoli, 1887, p. 10 ss.

2 Cfr. Ib., p. 12 ss.

3 Paul, Principien der Sprachgeschichte, 1886, 2 Aufl. Einleit. cfr. Wundt, Ueber Ziele un Wege der Völkerpsychologie, in Philos. Studien. IV, I, 1887, p. 7 ss. Sidgwick. The historical Method, in Mind. vol. XI, n. 42, 1886, p. 207. Nel parer nostro il Sidgwick attenua troppo l'importanza del metodo storico nella risoluzione dei problemi morali.

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