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Nè sa nè può qual di là su discende :
Perchè appressando sè al suo disire,
Nostro intelletto si profonda tanto,
Che retro la memoria non può ire.
Veramente quant' io del regno santo
Nella mia mente potei far tesoro,
Sarà ora materia del mio canto.

O buono Apollo, all' ultimo lavoro
Fammi del tuo valor sì fatto vaso,
Come dimanda dar l' amato alloro.
Infino a qui l' un giogo di Parnaso

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al terzo cielo, disse delle cose da lui vedute, audivit arcana verba, quæ non licet homini loqui; 2 Cor. cap. xii. v. 4.-qual per chi o chiunque.

7 al 9. Al suo desire, al sommo bene da lui desiderato.-Che retro la memoria, ec. che la memoria rimane addietro, e non sa riferire quanto l' intelletto vede.

14 e 15. Fammi sì fatto vaso, ec. riempimi talmente di tua virtù-come dimanda, cc. qualmente da te si richiede per accordar la corona del lauro da te

amato.

16 e 17. L'un giogo, ec. per questi due gioghi, secondo il Venturi, il poeta intende la Filosofia e la

Assai mi fu, ma or con amendue

M' è uopo entrar nell' aringo rimaso.
Entra nel petto mio, e spira tue,
Sì come quando Marsia traesti
Della vagina delle membra sue.

O divina virtù, se mi ti presti
Tanto, che l'ombra del beato regno

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Teologia; secondo altri Comentatori, intende le due sommità del monte Parnaso, una dedicata a Bacco e posta qui da Dante per le Scienze inferiori, e l' altra, cioè, l' Elicone, dedicata ad Apollo, posta per la Teologia e secondo il P. Lombardi, il primo giogo s' intende delle Muse, e il secondo d' Apollo di fresco invocato.

18. Nell' aringo, nell' impresa che mi rimane.

19 al 21. E spira tue, ec. e spirami tu nel petto un dolce suono, simile a quello quando vincesti Marsia, che ardì sfidarti, e che, vinto traesti della vagina, ec. scorticasti vivo: vagina qui per pelle.

22 e 23. Se mi ti presti, se mi ti doni; così leggono, sull' autorità del P. Lombardi, più di 80 MSS. e quasi tutte le antiche Edizioni, attaccando il senso di questo col seguente terzetto. Dagli Accademici della Crusca si legge, sì mi ti presti, con punto fermo dopo manifesti.-Ombra, abbozzo.

Segnata nel mio capo io manifesti,
Venir vedrámi al tuo diletto legno,
E coronarmi allor di quelle foglie
Che la matera e tu mi farai degno.

Sì rade volte, padre, se ne coglie,

Per trionfare o Cesare o poeta,
(Colpa e vergogna dell' umane voglie)

Che partorir letizia in su la lieta

Delfica deità dovria la fronda
Peneja, quando alcun di sè asseta.
Poca favilla gran fiamma seconda:

25. Legno, lauro o alloro.

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29 e 30. Per trionfare, per onorar del trionfo, o Cesare, o qualche Imperadorc.-Umane voglie, aggiungi, rivolte al vizio.

31 al 33. Che, ec. Poichè la fronda Peneja, cioè, il lauro, in cui fu convertita Dafne figlia di Peneo, quando asseta di sè, fa nascer desio di meritarla, dovria partorir, cagionar letizia alla beata Delfica deità, ad Apollo.

34. Poca favilla, ec. da picciola favilla ne siegue sovente gran fiamma.-Diretro a me, dietro al mio esempio, con miglior voce, da altro miglior poeta, si pre gherà Cirra, cioè, Apollo, acciò risponda, sia favore

Forse diretro a me con miglior voci
Si pregherà perchè Cirra risponda.

Surge a' mortali per diverse foci

La lucerna del mondo; ma da quella
Che quattro cerchj giugne con tre croci,

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Con miglior corso e con migliore stella Esce congiunta, e la mondana cera

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vole. Cirra, città alle radici del Parnaso divota ad Apollo.

37 al 39. Surge, ec. si leva il Sole fuori dell' orizzonte a noi mortali per diversi e varj siti; poichè, sebbene si levi sempre il Sole dalla parte d' oriente, pure va variando secondo le stagioni, sui varj gradi del zodiaco. Ma da quella. Che quattro cerchj, ec. ma da quella parte del cielo, dove si congiungono e si tagliano quattro circoli celesti (come vedesi su la Sfera armillare), cioè, l' Orizzonte, lo Zodiaco, l' Equatore, e il Coluro equinoziale, i quali quattro circoli, intersecandosi fra di loro, vengono a formar tre croci. E vuol dire, che si alzò egli verso il cielo, al levarsi del Sole, in tempo di Primavera.

40 al 42. Con miglior corso, perchè rende il giorno eguale;--con migliore stella esce congiunta, esce il Sole

Più a suo modo tempera e suggella.

Fatto avea di là mane e di qua sera
Tal foce quasi, e tutto era là bianco
Quello emisperio, e l' altra parte nera,

Quando Beatrice in sul sinistro fianco
Vidi rivolta, e riguardar nel sole:
Aquila sì non gli s' affisse unquanco.

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accompagnato da costellazioni più di virtù piene, cioè, da quella di Venere; e più a suo modo tempera e suggella, ordina e dispone la mondana cera, la terrestre materia.

43 al 45. Fatto avea tal foce, ec. uscendo il sole per tal foce, sito, avea fatto mattina di là, dov' io era, cioè, sulla cinia del monte del Purgatorio; e sera di qua, dove presentemente scrivo;—quasi, non per l'appunto notte, perchè il sole, ancorchè di là tramontato, prosiegue ad illuminare l'alto della nostra atmosfera;-e l' altra parte di qua, cioè, quella del nostro emisfero oppoșta all' altra di là.

46 al 48. Sul sinistro fianco, a noi nasce il sole a destra, onde nell' Emisferio opposto, doveva nascere alla sinistra di Beatrice.-Unquanco, lo stesso che mai : accompagnasi generalmente col tempo passato.

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