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E

BENEVOLO ATQVE ERVDITO

LECTORI

Cùm viri undequaque clarissimi Dantis Alligherii florentini, Poetae eximii, Philosophi acutissimi, et si vis etiam Theologi, opera omnia in unùm colligendi, typisque evulgandi consilium inierimus; ne quid ab eruditis, tantique Auctoris studiosis expeti superesset, addere illum decrevimus, quem idem celeberrimus Poeta de Monarchia libellum conscripsit.

Hunc, etsi non adeò expolitum, genuinum tamen summi viri foetum agnovit Leonardus Aretinus, vitae ejusdem scriptor diligentissimus, cui quicumque in litteris non sit inhospes libenter adstipulatur; neque illi desunt ingenii acumen atque eruditio a).

Scriptus ille quidem ab Auctore fuit contentionis amore, studioque partium, quarum dissidiis tempestate illâ penè tota conflagrabat Italia; nimis proinde modò fervet in disputando, modò etiam aestu quodam abreptus a veritate aberrat: at illius errores viri gravissimi jam confutarunt b).

Juvat nunc in hujusmodi scripto viri ingenium ac disserendi stylum agnoscere; nec sanè, naevo licèt aliquo scatet, a caeteris summi Auctoris operibus debet sejungi.

Nos tuam, totiusque litteratorum reipublicae gratiam inituros putavimus, si hunc de Monarchia libellum, olim a Simone Schardio in suo tractatu de Imperiali Jurisdictione Argentorati anno 1609 publicatum, in hac nostrà locupleti editione desiderari non sivissemus, auctum non paucis ex antiquissimo perinsigni Codice variantibus lectionibus.

Nostrum de te benemerendi studium aequi bonique consulas, coeptisque nostris et imposterum faveas c).

a) Jam ante Leonardum adscripserant inter Alligherii opera tractalum de Monarchia tum Ioannes Boccaccius ejusdem biographus, tum Ioannes Villanius in Chronico florentino.

b) Ut de hoc libello rectè judicare quis posset, praelegendas exhibuimus in eum disquisitiones equitis Ioan. Carmignani I.C. ac Professoris praestantis

simi in Pisano Athenaeo. Vide supra Litt. C, pag. XXV.

c) Ex venetâ editione Antonii Zatta an. 1760 in 8.o, ad exemplar editionis Coloniae Allobrogum apud Henricum Albertum Gosse et Soc. MDCCXL in-8.o, de quà vide Litt. D, Bibliografia, n.o IV, pag. XLIII.

PROEMIO DI MARSILIO FICINO FIORENTINO SOPRA LA MO

NARCHIA DI DANTE, TRADOTTA DA LUI DI LATINO IN
LINGUA TOSCANA, A BERNARDO DEL NERO ED ANTONIO DI
TUCCIO MANETTI, CITTADINI FIORENTINI.

Dante Allighieri 1) per patria celeste, per abitazione fiorentino, di

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stirpe angelico 2), in professione filosofo-poetico, benchè non parlasse in lingua greca con quello 3) sacro padre de' filosofi interpetre della verità, Platone; nientedimeno in ispirito 4) parlò in modo con lui, che di molte sentenzie platoniche adornò i libri suoi ; e per tale ornamento massime illustrò tanto la città fiorentina, che così bene Firenze di Dante, come Dante di Firenze si può dire. Tre regni troviamo scritti dal nostro rettissimo duce Platone: uno de' beati, l'altro de' miseri, e il terzo de' peregrini. Beati chiama quelli che sono alla 5) città di vita restituti 6); miseri quelli che per sempre ne sono privati; peregrini quelli che fuori di detta ciltà sono ma non giudicati in sempiterno esilio. In questo terzo ordine pone tutti i viventi, e de' morti quella parte che a temporale purgazione è deputata. Questo ordine platonico prima segui Virgilio; questo segui Dante dipoi, col vaso di Virgilio beendo alle platoniche fonti. E però del regno de' beati, de' miseri, e de' peregrini di 7) questa vita passati, nelle sue commedie 8) elegantemente trattò. E del regno de' peregrini viventi nel libro da lui chiamato Monarchia; ove prima disputa, dovere essere uno giusto imperadore di tutti gli uomini: di poi aggiugne questo appartenersi al popolo romano: ultimo pruova che detto imperio dal sommo Iddio sanza mezzo del papa dipende. Questo libro composto da Dante in lingua latina, acciò che sia a' più de' leggenti comune, Marsilio vostro, dilettissimi miei 9), da voi esortato, di lingua latina in toscana tradotto, a voi dirizza 10); poichè l'antica nostra amicizia e disputazione di simili cose intra noi frequentata richiede, che prima a voi questa traduzione comunichi, e voi agli altri di poi, se vi pare, ne facciate parte.

1) Anche nel Codice Magliabechiano, il casato Allighieri è sempre scritto con doppia elle, secondochè noi stampiamo per reverenza agli antichi MMSS. conformi nella ortografia di questo cognome, che non ci sembra duro nè all' orecchio, nè a profferirsi, come alcuni pretendono in difetto di ragioni a giustificare l'abuso dello scriverlo con I semplice. Che i nostri maggiori avessero l'udito men delicato di noi moderni, e la lingua più alta a pronunziare le voci che hanno la elle raddoppiata? In ogni modo i nomi personali, comechè proprietà della storia, non vanno soggetti alle vicende delle altre parole per l'influenza dell' uso, nè può

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CLARISSIMI POETAE FLORENTINI

DANTIS ALLIGHERII

SUMMA MONARCHIA INCIPIT FELICITER.

LIBER PRIMUS

DE NECESSITATE MONARCHIAE

CAPUT I.

Prologus a]

Omnium hominum, quos ad amorem veritatis natura superior impressit, boc maxime interesse videtur, ut quemadmodum de labore antiquorum ditati sunt, ita et ipsi pro b) posteris laborent, quatenus ab eis posteritas habeat quo ditetur. Longè namque ab officio se esse non dubitet, qui publicis documentis imbutus, ad Rempublicam aliquid adferre non curat: non enim est lignum c), quod secus decursus aquarum fructificat in tempore suo; sed potius perniciosa vorago semper ingurgitans, et nunquam ingurgitata refundens d). Haec igitur saepe mecum recogitans, ne de infossi talenti culpâ quandoque redarguar, publicae utilitati non modò turgescere, quin imò fructificare desidero, et intentatas e) ab aliis ostendere veritates. Nam quem fructum ferat ille, qui theorema quoddam Euclidis iterum demonstraret? qui ab Aristotele felicitatem ostensam, reostendere conaretur? qui senectutem a Cicerone defensam resumeret defensandam? Nullum quippe, sed fastidium potius illa superfluitas taediosa praestaret. Cumque inter alias veritates occultas et utiles, temporalis Monarchiae notitia utilissima sit, et maximè latens,

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DI DANTE ALLIGHIERI,

E PRIMA IL PROEMIO, DOV' EGLI ANNUNZIA DOVER DARE NOTIZIA

DI DETTA TEMPORALE MONARCHIA.

LIBRO PRIMO

DELLA NECESSITA' DELLA MONARCHIA.

Proemio.

§ 1. Il principale officio di tutti gli uomini, i quali dalla natura su

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periore son tirati ad amare la verità, pare che sia questo che come eglino 1) sono arricchiti per la fatica degli antichi, così s'affatichino di dare delle medesime ricchezze a quelli che dopo loro verranno. Per che molto di lungi è dall' officio dell'uomo colui che ammaestrato di pubbliche dottrine, non si cura di quelle alcuno frutto alla Repubblica conferire. Costui non è legno 2), il quale piantato presso al corso delle acque nel debito tempo frutti produce; ma è più tosto pestilenziale voragine, la quale sempre inghiottisce, e mai non rende. Pensando io questo spesse volte, acciocchè mai io non fussi ripreso del nascoso talento ho desiderio di dare a' posteri non solamente copiosa 3) dimostrazione, ma eziandio frutto, e dimostrare quelle verità, che non sono dagli altri tentate. Imperocchè nessuno frutto produrrebbe colui, che di nuovo dimostrasse una proposizione da Euclide dimostrata; e colui, che si sforzasse di dichiarare la felicità da Aristotele già dichiarata; e colui, che volesse difendere la vecchiaja già difesa da Cicerone. Il sermone di costui superfluo, piuttosto, partorirebbe fastidio, che frutto alcuno. E come, tra l'altre verità occulte e utili, la notizia della temporale monarchia è utilissima e molto nascosa, e non mai

1) Così l'ed. fior.; í Codd. L. M. loro.
2) Cod. M. e l'edit. fior. il legno.
3) Nel Cod. M. e nell'ediz. fior. manca

copiosa; la qual voce giustifica il turgescere dell' originale latino.

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