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INTRODUZIONE

I. Tutto ciò che avrei potuto dire intorno ai motivi della pub

blicazione del Trattato della Monarchia, per tranquillare anche i più scrupolosi, fu già convenevolmente esposto, sono ormai parecchi anni, dal mio dotto concittadino ed amico Dott. Filippo Cav. Scolari in una Dissertazione che gli piacque destinarmi, che può dirsi inedita, per non esserne stati impressi più di 30 esemplari 1). Essa dunque ha naturalmente il suo luogo nel presente volume in capo ai Preliminari, siccome quella che di proposito fece conoscere l'innocuità di riprodurre la presente opera di DANTE, ove si avessero in vista certe riserve rispetto ad alcune delle dottrine dall' Autore professate. Nè io di fatto porrò la mia voce, che già nulla varrebbe, a propugnare le teorie di lui circa la civile Monarchia universale, che da un valente moderno scrittore fu intitolata sogno eroico 2); e che se nella ragione dei tempi, in cui venne concepita e dettata, incontrò accoglienza o disfavore presso i partiti che allora si stavano di fronte; ora nella calma delle passioni, per le sociali condizioni felicemente mutate, non dee riguardarsi che come libro appartenente al dominio della storia letteraria, ed in cui possono certamente ammirarsi la erudizione delle cose antiche politiche, le sottili speculazioni d'ingegno con cui procede l'Autore nelle proprie argomentazioni, e la morale rettitudine che vi predomina, se non voglionsi del tutto ammettere alcune delle sue idee, e le conseguenze pratiche che dai generali principii ne volle dedurre. Riportandomi però di buon grado a quello che altri più di me versati nella difficile mate

1) Vedi Preliminari, Lett. A, pag. XV. 2) Gioberti Vincenzo, Del Primato mo

rale e civile degl' Italiani-Capolago, tipogr. elvetica, 1844, vol. 1.o, pag. 73.

ria e con maggior competenza ne ragionarono, come si vedrà dagli scritti premessi al Trattato in discorso; non tacerò che alla preziosa benevolenza onde mi onora il ch. Prof. Giovanni Cav. Carmignani, ornamento e splendore del Pisano Ateneo, e cui tutta Europa reverisce come uno dei luminari delle scienze legali, io vado debitore dell' analisi filosofica, la quale precede il medesimo Trattato 3), e che a mia istanza si degno di scrivere espressamente, secondandomi nel desiderio che fossero poste nel vero punto di vista le gravi quistioni discusse dall'ALLIGHIERI, le cui conclusioni furono in altri tempi o con troppa severità giudicate, o senza il corredo delle necessarie cognizioni.

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II. Fu già notato, che nelle minori opere di DANTE si trovano sparsamente accennate o in modo allegorico o senza velo le massime e gl' intendimenti suoi, riuniti poscia nel suo grande Poema; dimodochè una serve all' altra di spiegazione o riscontro concorrendo tutte insieme ad agevolare la retta intelligenza di quello. E riuscirebbe opera per verità non inutile il fare una raccolta di tutti i passi paralleli delle diverse opere suddette col· la Divina Commedia; un saggio di che diedi qua è la nei due precedenti volumi e in questo stesso 4). Il Trattato soprattutto della Monarchia pare propriamente ristretto nei due capitoli 4 e 5, IV, del Convito 5); e l'una e l'altro, fatta la debita ragione alla diversa qualità dei componimenti, potrebbero dirsi riassunti nelle tre Cantiche, ove apparisce in ordinato sistema il fondamentale concetto politico e religioso del sommo Autore. I curiosi avvicinamenti delle quali opere furono in modo ingegnoso additati dal ch. Gabriele Rossetti nelle sue note Disquisizioni 6); altri pure ne avvertì l'onorevole Carlo Lyell nella recente sua opera - Dello spirito cattolico di DANTE 7), e molti ancora si riscontrano nel Discorso, che l'illustre mio collega nella Tiberina P. G. B. Giuliani lesse in quell' Accademia 8): col quale parmi di non poter meglio chiudere la rassegna degli scrittori intorno alla Monarchía, ed insieme l'apología di

3) V. Prelim Lett. C.

4) Vedi le note alla Monarchia, e l'Ap

pendice al n. LII.

5) V. Append. n. I, e la nota ivi.

6) V. Append. n. XXXI.
7) V. Append. n. L

8) V. Append. n. LI.

chi dettolla; credendo ormai non più possibile che sieno per sorger dubbii sulla ortodossía di lui, avvegnachè i ragionamenti filosofici ch' egli pose nel téma propostosi non derogano punto alle dottrine religiose fermamente da lui professate ed espresse tanto in questa, che nelle altre opere sue. Perciò nella mia prefazione all'Epistolario Dantesco (pag. XV) osservai, che la Lettera ai Principi e Signori d'Italia contiene in compendio tutti i divisamenti e le vedute più largamente svolte poscia nella Monarchia, forse allora ideata e poco appresso composta e data in luce 11). In fatti chi leggendo questo Trattato terrà pure sott'occhio quella Lettera, s'incontrerà bene spesso in frasi, pensieri e maniere di ragionare non dissimili, sembrando in certo modo un'ampliazione metodicamente ripartita delle proprie idee in essa di volo accennate su tale materia. Intorno al quale argomento erasi probabilmente l'ALLIGHIERI occupato vivente ancora l'Imperatore Enrico VII 10), nella vista di giovare alla causa di lui, non meno che per l'interesse del proprio partito 9), e quindi non poco prima di recarsi nel 1318 incirca a dimorare presso il grande Scaligero, ove dee principalmente aver dato opera alla Cantica del Paradiso, da lui intitolata al suo nuovo ospite 12).

III. Il più antico degli scrittori, che si diede a combattere il libro della Monarchia, fu il P. Guido Vernani da Rimini, dell'ordine dei

9) V' ha chi vorrebbe che DANTE l'avesse deltata ancor prima della Vita Nuova; ma si opporrebbe a ciò il riflesso, che allora egli era troppo giovine d'età, nè l'esperienza degli uomini e delle cose, e la necessaria erudizione poteano essere in lui a tal grado, da poter produrre un lavoro così profondamente meditato.

10) Vedi Epistole ecc. pag. 141 nota o). 11) Sul fondamento appunto delle dottrine esposte in quest' opera vuolsi che Lodovico il Bavaro appoggiasse i proprii diritti all'impero, per farsi coronare nel 1314

12) V. Epistole ecc. pag. 142 nota I. -Di quanti scrittori hanno finora parlato della Lettera a Cangrande della Scala, nessuno ha mai mosso dubbio che DANTE ne fosse l'autore. Unico per altro il chiariss. Cav. Scolari fino dal 1819 (Note ad alcuni luoghi dei primi cinque Canti della Divina Commedia. Venezia, Pi

cotti, 1819 in-8.°) credette aver motivo di riguardarla come apocrifa; ma la sua opinione rimase isolata, perchè tutti coloro, che pure in appresso citarono o tenner discorso di quella Lettera, l'attribuirono costantemente al nostro Poeta. Non so qual peso sarà dato dal pubblico alle nuove ragioni esposte dal dotto oppositore nella sua Lettera critica intorno alle Epistole Latine di Dante Allighieri ec. ultimamente pubblicate in Livorno nel 1842 (Venezia 1844) a sostegno della propria opinione; ma confesso il vero che, in quanto a me, non trovai argomenti bastevoli a condurmi ad una convinzione contraria al parere dei più, nẻ li reputo si forti da meritare una pronla risposta, che tuttavia non ricuso di dare in altro momento, cioè quando pubblicherò l' Appendice che divisai di unire al volume VI di questa edizione ' delle Opere minori Dantesche. Vedi la seguente nota 18).

X

Predicatori, il quale dedicò il suo lavoro al Cancelliere di Bologna ser Graziolo de' Bambagioli 13). Ma la celebrità d'un tanto nome non valse a far sopravvivere al suo autore uno scritto, nel quale alla troppa acrimonia ond'è sparso, si aggiunge la grettezza delle forme scolastiche e l'ispida rozzezza del latino allora usitato. E, a dir vero, questo opuscolo, in cui non sono infrequenti l' espressioni d'insipiente, d'inetto, di prosuntuoso, d'ignorante, d'ignorante, d' iniquo, di turpemente erroneo, di vile e ridicolo, ed altre simili gentilezze riferite a DANTE 14), non trovasi mai citato da nessuno di quanti scrissero intorno alla storia letteraria, e nemmeno negli Annali dell' ordine de' Predicatori, comechè non degno di attenzione; nè so qual utile servigio abbi a renduto al buon claustrale chi se ne fece editore nel 1746 colle stampe di Bologna 15); dopo il qual tempo se ne fece ugualmente alto silenzio da tutti gli storici e bibliografi sino a noi; e se io ne parlo qui forse più a lungo che non si meritava, egli è perchè voleasi avvertire un vuoto lasciato dagli altri, come si apparteneva al mio ufficio.

Appare da un passo della seconda parte della sua trattazione, che il Vernani la compose nell'anno 1327, secondo il computo da lui stesso fattovi 16), vale a dire circa quindici anni dopo che la Monarchia

13) Codesto ser Graziolo (Bonagrazia) de' Bambagioli, autore dell'eccellente Trattato delle Virtù Morali, lo è pure di un Comento al Poema di DANTE, che sta fra'codici della Mediceo-Laurenziana nel Pluteo XL, segnato di n. 7 (Vedi Antologia di Firenze 1831, quad.o d'Ottobre n. 128, pag. 151). L'Ottimo Comentatore senza nome da noi pubblicato, facendo cenno dell' interprete Bolognese (Inf. C. VII, v. 89, pag. 121), parrebbe che questi lo avesse preceduto nell' officio di esporre il senso e le dottrine dello stesso Poema. Senonchè essendosi per noi avvertito in più luoghi, che all' originario lavoro dell' Anonimo furono aggiunte le chiose di successivi postillatori, e queste poscia interposte nel testo dai copisti, è probabile che in alcune di esse siensi mescolate pur quelle di ser Graziolo, non più antico dell' Anonimo predelto, che per sicuri indizii era coevo allo stesso Poeta.

slolto (Vedi Append. n. XXV in nota); ed un autor francese di questi tempi, che trincia sulle cose d'Italia con molta pretensione, e che si protesta grandemente beneaffetto a DANTE, gli regala in sul serio i titoli di fanciullo e di pazzo. (V. Append. n. XLV).

15) V. Append. n. II.

16) Ed. cit. pag. 76. « Duravit impe<< rium (Romanum) apud Graecos a tem«pore D. Silvestri usque ad tempora D. << Stephani papae; et, uti apparet in «< chronicis, inter utrumque fluxerunt «< 524 anni. Stephanus papa, illud impe<< rium a Graecis transtulit in Germa« nos. . . . Fluxerunt autem a tempore << Stephani praedicti usque nunc 500 anni, «< in quibus imperium fuit apud Germa« nos, qantùm ad jus el potestatem e«ligendi. A tempore autem nativitatis « Christi usque ad Constantinum fluxe«<< runt 303 anni ». E però unendo le « tre date 524+500+303, ne viene ap14) Come se ciò fosse poco, un compila- << punto l'anno 1327, in cui questo crilore d'annali del secolo XVII lo disse anche <<< tico scriveva.

era divulgata, e quando da poco più d'un lustro riposavano in Ra· venna le ceneri del Poeta, che per poco non furono disotterrate e preda delle fiamme che arsero la sua opera.

Degli altri, che intorno a questa favellarono in modo più o meno parziale, do in fine al volume in apposita Appendice i nomi ed i titoli delle respettive opere con qualche cenno od estratto 17): e se tutti non vi fossero per avventura ricordati, a me basti avere indicato i principali ; ed essendone già in mano del pubblico l'edizioni, io non mi arrogherò certamente l' assunto di profferirne giudizio 18).

IV. Passerò invece a dire alcunchè delle cure, colle quali sonomi studiato di render migliore delle undici precedenti stampe la lezione di questa, che ora da me si offre col corredo della versione italiana di Marsilio Ficino tratta da Codice tuttora inedito della MediceoLaurenziana di Firenze, quello ch'è citato al n. 1° CODICI ITALIANI della BIBLIOGRAFIA qui appresso 19). Oltre all' avere con pazienza messe a confronto la maggior parte dell' edizioni ivi registrate, non lasciai di porre a profitto tanto il Codice Veneto, di cui furon date lë varianti nella stampa dello Zatta 1760 (BIBLIOGRAFIA di cui sopra N. VI), quanto il Cod. Vaticano (ivi, n. 6.) esaminato da me stesso nella occasione di riscontrarvi l'Epistole inedite di DANTE, ch' io ebbi la fortuna di potere il primo dare alla luce.

Con questi ajuti e con quello della versione italiana sono riuscito di restituire a retto senso alcuni passi evidentemente errati nelle altre

17) Vedi Appendice dal n. I al n. LI. 18) Per far cosa il meno possibile imperfetta, dichiaro che nell' Appendice generale, che sarà unita all'ultimo tomo delle opere di questa edizione, avrò cura di registrare i nomi di quegli autori che ora involontariamente omessi, acquisterò notizia avere comunque siasi discorso del libro di cui si tratta. In quell' Appendice ho particolarmente divisato di porre le rettificazioni ed aggiunte che si richiedessero a compimento dei lavori e delle cure impiegate intorno a ciascuno dei volumi precedenti. E se frattanto verrò da'miei benevoli e da chiunque altro chiarito di qualche mancanza, riceverò con gratitudine gli amorevoli avvertimenti per profittarne a vantaggio mio ed altrui; e rispetterò fin anche le critiche men che convenevoli :

sebbene, a dir vero, un solo fra tutti i Giornali d'Italia, che parlarono delle mie fatiche, siasi doluto e burlato dei rancidumi danteschi da me raccolti e pubblicati male a proposito (com' egli dice) nell'Epistolario, osservando « che i maggiori nemici, che abbia la poesía, sono i disotterratori dei vecchi documenti »; nè io vorrò adontarmi di così riciso sentenziare, purchè mi sia permesso di avvertire, che non trattasi in quel volume di cose poetiche, e che le Epistole ivi presentate la prima volta agli studiosi di DANTE non pregiudicano punto alla sua riputazione di sovrano Poeta, giovando anzi a far conoscere o rischiarare qualche particolarità della sua vita, od a meglio intendere qualche passo del suo divino Poema.

19) V. Prelim. Lelt. D.

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