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ed utile, nei tempi che traversiamo, bisognerà astenersi da qualunque personalità e trattare le questioni di principî generali e d'interessi locali senza acredine di frasi e senza forme aggressive ».

Assai interesse egli prendeva alle cose di Napoli, che era il dolce nido dove aveva dormito bambino, e vi correva sempre con l'immaginazione, e teneva a protestarsi con insi stenza << napoletano d'animo e di cuore ». Al Ludolf scriveva straziato pel colera che decimò la popolazione nel 1884, confortandosi per « le prove di abnegazione e di carità », che furono date in quell'occasione; dallo stesso Ludolf si faceva mandare la pianta del risanamento della città e della nuova edilizia, e informare circa le vicende dell' amministrazione municipale. << Se il nuovo sindaco (scriveva da Parigi il 30 decembre dell'89) farà bene gl'interessi della mia patria, gli perdonerò che non venne da me quando qui fu per sposarsi ». Il nuovo sindaco era il principe di Torella Giuseppe Caracciolo, che a Parigi si era recato per sposare una Murat, e perciò forse non si era presentato al suo antico re. Un accenno di non intermesse speranze politiche è del 6 ottobre 1888, quando l'imperatore Guglielmo II fece la sua prima visita all'Italia e venne anche a Napoli: « Nella prossima venuta dell' imperatore Guglielmo costà, sarà bene che voi e qualche altro di eguali sentimenti cerchiate vederlo ed esporgli le vere aspirazioni che, malgrado ventotto anni trascorsi, il popolo napoletano e quello delle provincie conservano. In questi giorni mi ho avuto lettere e telegrammi pubblici, che sono stati a me e alla Regina vero e sentito conforto ».

Nell'inverno del 1890, ammalò gravemente il generale Pianell, allora comandante del corpo d'armata di Verona, già ministro della guerra di Francesco II nel 1860 ed en

trato poi nell' esercito italiano, dove, specialmente dopo l'azione spiegata nella battaglia di Custoza, fu sempre tenuto in gran conto per la sua capacità militare e pel suo carattere severo: il Pianell, che era appunto uno di quelli contro cui più violento si rivolgeva l'odio dei borbonici, che lo accusavano venduto e traditore; della qual cosa quell' onorato soldato non si diè mai pace in tutto il corso della sua vita (1). Ma Francesco II, consapevole del modo in cui erano veramente andate le cose nel '60, non partecipava in cuor suo a quei giudizî irosi e appassionati; e di ciò diè cenno, non solo col silenzio, ma con qualche breve detto, conversando coi suoi fedeli, come il duca della Regina, dal quale tengo la notizia. Saputo allora della infermità del Pianell, egli, ubbidendo a un moto generoso, si rivolse al Ludolf, la cui sorella era moglie del generale, per chiedere notizie ed esprimere i suoi augurî di guarigione; e il Ludolf gli rispondeva, l'8 marzo del '90: « Reputai mio santo dovere, nello scrivere a mia sorella, di far noto a mio cognato con quale e quanto interesse si era la Maestà Vostra compiaciuta di chiedermi di lui in occasione della sopravvenutagli grave malattia; e mia sorella a sua volta mi risponde trascrivendomi le seguenti parole, dettatele dal marito dal suo letto, e che io riporto testualmente a Vostra Maestà»; pregandola (sog. giungeva) di « degnarsi considerarle come ad essa esclusivamente affidate ».

Le parole del generale Pianell erano queste: « Io non ho mai dubitato un istante che l'Augusto signore, di cui tu scrivi, nell' intimo della sua coscienza ha dovuto costantemente ritenermi come suo fedele, leale, onesto e disinteres

(1) Si vedano le memorie e lettere di lui: Il generale Pianell (Firenze, Barbèra, 1892); e cfr. quel che io allora ne scrissi (ristamp. in Pagine sparse, serie III, Napoli, Ricciardi, 1920, pp. 217-22).

sato servitore. Ora che sono trascorsi trent' anni, dal 1860 al '90, e che i fatti hanno parlato, egli ha dovuto raccogliere prove ineluttabili che quanto io gli scrissi nella mia lettera di congedo conteneva la più esplicita verità. Questa convinzione è stata ognora il mio conforto fra le tante ingiustizie e i tanti dolori sofferti. Ed ora che, vistomi in fine di vita, ne ho con mente tranquilla rimontato il lungo percorso, non solo la mia coscienza, ma pur quella convinzione, mi rendeva calmo e sereno. L'interesse che l'illustre Signore ha dimostrato in questa occasione di prendere per me, mi ha provato che quella mia convinzione non era illusoria. Queste poche parole bastano a significarti con quale animo grato io ho sentito leggere quanto mi hai scritto tu in proposito, e come sia vivo e sincero in me il desiderio che la espressione della profonda mia gratitudine pervenga a colui verso del quale io la professo».

Come accoglieva Francesco II questa estrema protesta del Pianell? « Le espressioni, che avete a me esclusivamente affidate, e trasmessevi da vostra sorella, rispondeva al Ludolf il 18 marzo,-si sono completamente incontrate coi sentimenti che nel mio cuore ho sempre avuti, e desidero che ciò le scriviate ».

Con tali parole, che terminano in modo definitivo la vessata questione morale intorno al comportamento del Pianell nel 1860; col nobile atto non solo d'intima pacificazione ma di dovuta giustizia, che in esse si esprime; mi è grato chiudere la storia degli ultimi borbonici » di Napoli.

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