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G. SALVO-COZZO

LE "RIME SPARSE,,

E IL

TRIONFO DELL'ETERNITÀ

DI

FRANCESCO PETRARCA

nei codici vaticani latini 3195 e 3196.

TORINO

ERMANNO LOESCHER

1897.

Estratto dal Giornale storico della letterat. italiana, vol. XXX, p. 369.

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LE

"RIME SPARSE,, e il TRIONFO DELL'ETERNITÀ

DI

FRANCESCO PETRARCA

nei codici vaticani latini 3195 e 3196.

I.

Chi pensi le strane e continue alterazioni onde furono infiorate, per oltre a quattro secoli, le poesie volgari di Francesco Petrarca; comprenderà benissimo con quale desiderio gli studiosi attendessero di leggerle e studiarle nella nuova edizione, che Giovanni Mestica annunziava di voler basare sul testo genuino del sommo lirico. E il desiderio è stato largamente appagato dopo parecchi anni di fatiche e di cure, nelle quali il dotto professore dell'Università di Palermo ha raffermata la fama dell'acume del suo ingegno e della perspicacia delle sue ricerche (1). Il Mestica ha diviso la sua edizione in due parti e due appendici. La prima contiene: « IL CANZONIERE, secondo il Codice Va<< ticano 3195: con le varianti dei Codici Vaticano 3196, Vaticano « 3197, Laurenziano XLI, 17, Chigiano L, V, 176; e delle stampe,

(1) Le rime di Francesco Petrarca, restituite nell'ordine è nella lezione del testo originario sugli autografi col sussidio di altri codici e di stampe e corredate di varianti e note, Firenze, Barbèra, 1896 (16°, pp. xxiv-697). SALVO-Cozzo.

1

<< Aldina 1501, Cominiana 1732, Marsandiana 1819-20 (pp. 1-517) », seguita da un'« Appendice dei componimenti del Codice Vaticano « 3196, rifiutati dall'autore o appartenenti ad altri (pp. 663-670) »; la seconda: << I TRIONFI, Sull'autografo Vaticano 3196, sul Codice << Palatino n° 195 della Bibl. Naz. centr. di Firenze e sull'Aldina <<1501, con varianti di altri Codici e Stampe (pp. 521-661) », seguita da un'<< Appendice del Trionfo della Fama (pp. 670-674) ». Esaminerò dunque coteste due parti, rispettivamente ai due codici vaticani latini 3195 e 3196.

Alla pubblicazione del codice vaticano 3195, si collegano strettamente tre quistioni, che sono racchiuse in queste tre domande: 1. Quando fu trascritto quel codice?

2a Deriva esso, nei componimenti che si corrispondono, dalle carte autografe dell'altro codice vaticano 3196?

3a Fu esso adoperato dal Bembo per l'edizione aldina del 1501?

Il Mestica si è riservato di rispondere a queste tre domande, in quel discorso di « circa dugento pagine », che la mole del volume gli ha impedito di far precedere al testo; ma le affermazioni ch'egli ha sparse per entro alle note storiche e filologiche e che « avranno altrove gli svolgimenti e le prove », non lasciano alcun dubbio sul risultato di conclusioni, che gli argomenti intrinseci raccolti dai due codici non mi permettono di potere accogliere.

II.

E prima, dell'anno in cui potè essere incominciata la trascrizione del codice vaticano 3195.

Già fin dal 1892 il Cesareo aveva, con molta correntezza, affermato ricavarsi « dall'interpretazione delle postille petrarche<< sche e dall'esame del codice definitivo, che questo fu cominciato << circa il 1356 »; e, con non minore correntezza, si era contraddetto dodici pagine dopo, affermando invece che il codice si

<< cominciava a trascrivere a Milano circa il 1358 » (1). Il Mestica, messo forse sulla cattiva strada dal Cesareo, non intese a dovere la postilla che si legge negli abbozzi autografi del Petrarca in testa alla canzone: Nel dolce tempo de la prima etade, e che dice: transcripta in ordine post multos et multos annos. quibusdam mutatis. 1356. Jovis in vesperis. 10. novembris. mediolani (car. 11 a). Fra cinque conclusioni che ne tira, vien fuori anche questa, che è la quarta: « La trascrizione di questa << Canzone, nella bella copia, fu fatta nel pomeriggio del 10 no<< vembre 1356 sicuramente; e considerato che la Canzone stessa « è nelle prime carte, si può tenere per fermo che la bella copia « d'allora fosse cominciata poco prima e forse in quel mese stesso << di novembre (p. 27) ». Le parole transcripta in ordine e l'accenno al 10 novembre 1356 non sono da riferire, com' egli ha creduto, alla trascrizione del codice membranaceo; ma all'altra in quei fogli volanti (in alia papiro o in aliis papiris), che il Petrarca andava a mano a mano raccogliendo e riordinando. A convincersi di questo, bastava che il Mestica, senza spingere la sua escursione fino alla carta 11 a degli abbozzi autografi, si fosse fermato un po' prima a leggere la carta 7 a. Come avrebb' egli fatto ad accordare insieme la data da lui stabilita del 1356, con quest'altra postilla che è, si badi bene, del 29 novembre 1357 e nella quale il Petrarca, dopo di avere transcripti in ordine i due sonetti: Per mirar policleto intento et fiso, e: Quando giunse a Simon l'alto concepto, accennava lontanamente all'idea di far esemplare un codice in pergamena per proprio uso e consumo: Et iam Jerolimus ut puto primum quaternum scribere est adortus PERGAMENO. pro.domino. Az(one). postea PRO ME IDEM FACTURUS? Il fatto è, che l'anno in cui fu cominciata la trascrizione del codice definitivo, bisogna andarlo a cercare nel passo di una lettera che il Petrarca scriveva al Boccaccio, manifestandogli il proposito di voler provvedere (providebo) perchè le migliori fra

(1) Su l'ordinamento delle poesie volgari di Francesco Petrarca, in questo Giornale, vol. XIX. Cfr. le pp. 247 e 259.

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