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Roma nella fresca età di anni 47, dopo avere istituite due cappellanie obbligate a due messe al giorno da celebrarsi in quella cappella.

Il Ferro era certamente fornito di belle lettere e di erudizione, perchè abbiamo alle stampe di lui una dissertazione latina sopra una lapide sepolcrale di Nonio Arusio soldato legionario da Curzola (Corcyra nigra); col titolo: Petri Barnabae Ferri I. C. commentarius in monum. Arusianum, inserta nel T. XLIX della raccolta degli opuscoli scientifici del Calogerà, edizione veneta del 1753, presso Simeone Occhi. Parlando egli di Curzola, dice: Est apud sponium vetus inscriptio Corcyrae Nigrae nomen praeferens. Haec non unam ob causam me ad scribendum impulit: primum quia is locus mihi PATRIA est. Qui dunque si dice da Curzola e dalla lapide del suo sepolcro consta ch' egli fu di Parenzo; contraddizione che non saprei combinare. (')

236.

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BELLI de Nicolò da Capodistria, (1777) chiaro in più rami di cognizioni, studio in Padova ed in Bologna; fu per molti anni ingegnere della repubblica nell'Istria. Stampò nel 1777 una memoria Sulla riparazione dei torrenti nel Friuli, per cui ebbe un premio dall' accademia di Udine; inventò una macchina da lui detta Licella gallica, molto lodata dal conte Jacopo Belgrado (2); scrisse una buona memoria sul Bosco di Montona, (3) la quale è ms., come pure conservasi manoscritta a. Vienna

(1) Sembra più ragionevole accettare la dichiarazione del Ferro stesso che si dice nativo da Curzola Corcyra nigra... mihi patria est, (Curzola isola lungo la costa della Dalmazia presso Sabbioncello). Pietro Barnaba Ferro è quindi dalmato non istriano. Ad ognuno il suo. Un Ferro di nome Girolamo fu podestà e capitano di Capodistria nel 1550, dove mori nell'11 gennaro 1562, e gli fu recitata un'orazione dal Dr. Iacopo Costantini, che venne poi pubblicata a Venezia dal Farri, in 8, uello stesso anno 1562. Kandl. Indic. (E.) (2) Il conte Iacopo Belgrado, dice G. D. Ciconi nell'opera Udine e sua provincia, che fu uno dei più forti ingegni del secolo scorso. Scrisse: Sull'azione del caso nelle invenzioni, e lettere erudite al Maffei e al Gori sopra Ercolano. (E.) ·

(3) Il titolo è: Sopra la valle e bosco di Montona, memoria stesa dal Belli nel 1794. Carlo Combi nel Saggio di Bibliografia n. 2177 dice che il manoscritto assieme a tre altri sullo stesso soggetto del conte Bocchina e del marchese Polesini, fu mandato al Consiglio dei X a Venezia, e che dovrebbe trovarsi negli Archivi di quella città. (E.)

altra memoria, che ad istanza dell' ab. Torres aveva distesa, dal titolo Descrizione dell' Istria. (1) (Moschini Lett. Ven. t. IV, p. 105).

237. TAMBURINI padre Giusto da Rovigno, lettor giubilato e provinciale dei Minori Osservanti nella provincia di S. Girolamo, distinto orator sacro. Pubblicò colle stampe varie orazioni, e fra le altre nel 1784 un' orazione panegirica, recitata nella basilica collegiale della sua patria in occasione della traslazione del cadavere del pio sacerdote dottor Gianfrancesco Costantini, morto in odore di santità. — Vedi la presente opera al numero 451.

238. GREGIS (2) don Filippo canonico di Paren o, sua patria, pubblicò nel 1778 coi tipi Moroni di Verona un'orazione in morte del vescovo di Parenzo monsignor Gaspare Negri, dottissimo prelato, (3) e dallo stesso recitata in quella cattedrale nel giorno de' suoi funerali 21 gennaio 1788. Fu il Gregis nelle cose ecclesiastiche, assai istruito e specialmente nel diritto canonico. Parla di lui il Vergottini nel Saggio storico di Parenzo.

239.

BASEGGIO Antonio da Pinguente, (1788) figlio di Giovanni, farmacista di Venezia. (1) Nel 1788 pubblicò un'operetta in 8o, colle stampe del Zatta, e col titolo Analisi chimica del carbon fossile di Arzignano (5). Il Moschini nel T. 1, Lett. Venez. p. 214 dice, che per relazione di Giuseppe Feretti, direttore della farmacia Baseggio, quest' operetta fu scritta dal signor Antonio Galvani da Castelfranco. Sincero relatore io non ne ommetto l'indicazione, ma mi sembra, non essere la cosa probabile, perchè sarebbe stata un'impudenza, facile allora ad essere smascherata e che avrebbe avvilita la riputazione dell' onesto e riputato Baseggio, il padre del nostro Antonio. Ad ogni modo quest' opera porta il nome del Baseggio, nè doveva essere da me passata in silenzio.

(1) Il manoscritto, posto in netto dall'autore, fu da lui inviato all'abate de Torres a Venezia verso l'anno 1803. L'operetta dev'essere stata assai pregevole, perchè lo stesso de Torres, noto per diversi eruditi lavori, tra cui un Periplus Cretae, prodromus Antiquitatum Cretensium, lo giudica «aureo saggio della coltura ed erudizione dell'autore.» Un nipote di Nicolò Belli (Giuseppe), impiegato in Venezia al Governo generale, lo ritirò dalle mani dell' abate de Torres, adducendo il motivo di certe annotazioni che dovova fare al manoscritto il suo autore. Da quel tempo non si seppe più il destino di questo lavoro, a meno che, se è pur vero l'asserto dello Stancovich, non esista in qualche archivio di Vienna. Nicolò Belli morì nello stesso anno 1803. (Mss. G. B.) (E.) (2) Il cognome Gregis, ritenuto corruzione del cognome Gritti, è d'origine veneziana. Un Gritti (Andrea) 1454-1538, fu doge di Venezia nel 1523 e si distinse pel suo patriottismo, specialmente nella lega di Cognac che mirava alla liberazione d'Italia. Suo figlio Luigi (1501-1534) fu governatore di Buda che nel 1531 difese contro i Tedeschi, poscia governatore generale dell'Ungheria nel 1533. — Un Pietro Gritti, ma lombardo, fu vescovo di Parenzo negli anni 1553-1574. Altri Gritti, e veneti, furono podestà capitani in Albona, Capodistria e Pirano. S. T. e Fasti sacri e profani delle chiese episcopali . di Parenzo e Pola. Parenzo, Coana, 1883. (E.)

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(3) Monsignor Gasparo Negri resse la sede vescovile di Parenzo negli anni 1732-1778. Nacque a Venezia e fu, come dice lo Stancovich, prelato dottissimo, specialmente nell'archeologia che riguarda l'Istria. Lasciò una dissertazione sopra il sigillo di Nassinguerra di Pola; sulla famiglia Castro Pola, e vari altri scritti. L'orazione fatta dal Gregis in morte del vescovo Negri fu stampata e lodata nelle Effemeridi di Roma del 1779. V. Fasti sacri e profani ecc.; nonchè il Saggio di Bibliografia istriana. (E.)

() Nello stesso secolo era a Pinguente, vicecapitano di Raspo, consigliere di Capodistria, un Gaetano Baseggio; forse della stessa famiglia di Antonio. Kandl. Ind. (E.) (E.)

(5) Arzignano è cittadella della provincia di Vicenza con oltre 8000 abitanti. S. T.

240. de FINI barone Alessandro nacque in Trieste nel 1751, fu educato nel Collegio Teresiano di Vienna, e dall'imperatrice Maria Teresa (') fu nominato aggiunto all' Officio circolare delle Contee di Gorizia e Gradisca (2). Alle cure della politica magistratura seppe unire quella delle belle lettere, e distinguersi fra gli ameni ed eruditi cultori di quella provincia, come ne fanno testimonianza varii di lui componimenti poetici e prosastici tedeschi, latini, ed italiani recitati in più incontri nell' accademia di Gorizia eretta nel di 8 agosto 1780 (3). Notevoli sopra tutto sono, come dice monsignor barone de' Codelli (Gli scrittori friulano-austriaci, Gorizia per Giacomo Tommasini 1792 pag. 106) le sue Dissertazioni accademiche:

1. Sopra i dizionari portatili.

2. Sopra l' infelice fine de' poeti, ambedue scritte con eleganza ed erudizione.

241. CARLI conte Girolamo (1790) da Capodistria, fratello del celebre Giovanni Rinaldo, fu dotato di molto ingegno, fornito di moltissime cognizioni, e versato nei vari rami della giurisprudenza, massime nel diritto criminale. Fu in Milano avvocato fiscale, capo del Tribunal Criminale, presidente dell' Uffizio di polizia, consigliere aulico nel Supremo Tribunale di giustizia di quella città. Lasciò tra gli altri un libro assai dotto sulle Leggi matrimoniali, e sugli impedimenti dirimenti, materia divenuta per qualche tempo di moda in Lombardia. Bossi elog. stor. del co. Gian Rinaldo Carli.

Girolamo Carli fu il terzo fratello di Gian' Rinaldo; gli altri due erano Giovanni Stefano e Sebastiano. Nacque in Capodistria verso l'anno 1726 e mori a Milano nel 1799. Coltivò anche la letteratura, avendo lasciato parecchi saggi, tra cui il seguente sonetto :

(1) Maria Teresa d'Austria, imperatrice di Germania, regina d'Ungheria e di Boemia (1717-1780), figlia di Carlo VI, sotto il qual imperatore (1717) fu proclamata la libertà dell'Adriatico e promossi i commerci di terra e di mare degli stati austriaci a suggerimento del principe Eugenio di Savoja. A questo principe tanto benemerito di Trieste, venne posta per ordine dello stesso imperatore in quella città una lapide commemorativa. Nel 1719 Carlo VI proclamò il portofranco di Trieste e fu formata la Compagnia orientale, ch' ebbe deposito di legname e navale dov'è oggi il teatro grande ed il Tergesteo. Primo costruttore di navi in Trieste fu l'istriano Girolamo Davanzo nel 1722. Al tempo di Maria Teresa furono confermati a Trieste i privilegi del portofranco, ceduta al Comune la giurisdizione sulla città nuova, fu istituita la Borsa pei mercanti ecc. ecc. Kandl. Indicazioni.

(E.) (E.)

(2) Le contee di Gorizia e Gradisca, prima separate, si fusero in un solo stato nel 1754. (3) L'Accademia che lo Stancovich dice fondata nel 1780 precisando il giorno e il mese della sua fondazione, sarebbe invece stata istituita secondo il Kandler (Indicazioni) nel 1779, nello stesso anno della creazione della Società di Diana Cacciatrice. Essa chiamavasi Accademia degli Arcadi Sonziaci, nome preso dal fiume Isonzo (Sontium). Ma durò pochi anni in Gorizia; chè già verso il 1790, mantenendo lo stesso appellativo, fu trasferita a Trieste. Membri della stessa erano anche parecchi dotti istriani. Nel secolo scorso Gorizia vantava già un collegio italiano, fondato nel secolo XVII, una Società Agraria e di Commercio (1769), un Teatro, un Ospitale generale, (1777), un Orfanotrofio con arti e mestieri (1753), una Tipografia aperta nel 1754 da G. Tommasini anche per le lingue orientali, ove si stampava il primo foglio periodico italiano fondato nel 1774 col nome di Gazzetta Goriziana, e nel 1757 fu eretto dall'arcivescovo conte Carlo Attems il Seminario italiano ove tuttodi concorrono anche giovani dell'Istria. È notevole poi ciò che nel 1660 l'imperatore Leopoldo I scriveva al maggiordomo dell'arciduca suo fratello a proposito di Gorizia: Il paese, il clima, il non sentir altra lingua che la italiana, mi fanno scrivere nella medesima. V. Escursione pel Litorale dell'Istria nella Grande Ill. Italiana del Lombardo-Veneto. (E.)

È PIÙ DIFFICILE LA CONOSCENZA DI NOI MEDESIMI
CHE QUELLA DEGLI ALTRI

In fasce l'uom d'un cieco amor si accende,
Cresce, vive con lui, per lui trascura
L'alma ragion, e densa nebbia oscura
La cuopre si, che raggio alcun non splende.

Infermo tanto al ben oprar si rende,

Che il poter quasi tolto a sua natura
Crede vera virtute, e chiara, e pura
Quel mal, che in lui fiere radici stende.

Del tenebroso amor ei non s' avvede,

E tanto in lui ripone ogni sua spene,
Che allor egli erra quando errar non crede.

O pertinace, o folle umana gente,
Che scerni il male altrui, distingui il bene,
E a te medesma mai vogli tua mente!

(Mss. in. G. B.) (E.)

242. RICCI Vincenzo giustinopolitano, (1793) com' egli si denomina, ma più giustamente da Pinguente, nel qual luogo ebbe i suoi natali, ed il cui padre, ragionato del capitano di Raspo, era originario veneto. Vincenzo Ricci ebbe la sua educazione nel collegio di Capodistria, e forse perciò vantò per patria piuttosto una città, che una piccola terra, e si chiamò sempre giustinopolitano. Era poeta, letterato, e giurisprudente civile e criminale di buona fama.

Del suo genio poetico ci istruisce il padre Gussago, nella Biblioteca clarense T. 1, dicendo che in un'accademia tenuta nel 1762 in casa Cavalli a Chiari, fra gli altri intervenne colle poetiche composizioni, Vincenzo Ricci giustinopolitano giudice al maleficio, autore di varie opere, che sono nominate in una nota.

Professò egli adunque l'uffizio di giudice criminale, e come tale lo vediamo in Chiari nel 1762, e nel 1764 in Verona; ove fu inciso il di lui ritratto, sotto cui sta scritto:

VINCENTIVS. RICCIVS. IVSTINOPOLITANVS

RERVM. CAPITALIVM. VERONAE. QVESITOR
ANNO CIƆIOCCLXIV.

Hoc tenuit Nemesis constanti vindice jura,

Hoc Sophia, et Charites, Pieridesque decus.

Il quale ritratto fu dipinto da Francesco Lorenzi (1), ed inciso da Domenico Lorenzi; e dalla quale iscrizione si rileva il di lui poetico valore, le di lui cognizioni lette

(1) Francesco Lorenzi da Verona (1719-1783) fu uno de' migliori allievi del Tiepolo, pregiato per la dolcezza dei colorito e per la fusione dei contorni. Eseguì in patria molti lavori ad olio ed a fresco. Sue pitture si conservano anche a Brescia ed a Venezia. S. T. (E.)

rarie, e la di lui dottrina nel diritto, per cui dal Senato veneto con decreto del mese di settembre 1788, essendo stato determinato di formare un esame ed ordinare. un piano categorico per la unione, classificazione, e spiegazione delle leggi criminali fu trascelto il nostro Vincenzo, il quale istancabile nell' improbo lavoro, era già pervenuto quasi al suo compimento, quando nel 1793 settuagenario fu rapito da morte. Del Ricci inoltre dà conto il Moschini nella Lett. Venez. T. 1, e T. IV, e le di lui opere ci sono indicate dal padre Gussago alla nota indicata.

1. Ragionamento intorno alla navigazione ed al commercio. Padova, 1755 presso Gio. Battista Penada, in 4°.

2. Dissertazione fisico-morale sopra i sensi. Brescia 1762 presso Pietro Pianta. 3. Orazione di genere giudiziale proferita a difesa di se medesimo da un accusato di grave omicidio. Brescia, presso Pietro Vescovi, 1779 in 8o.

11 Ricci nel 1742 studiava a Padova e deve essere quindi nato intorno al 1720. Giovinetto diede già saggio del suo amore per la poesia, come lo attesterebbe il sonetto che segue, di classica imitazione, dedicato all'egregia donna Beatrice Bon Minio, consorte del Capitano veneto a Pinguente Giovanni Minio (1741-2-3):

Chi desia di veder quant' abbia cura

Posta il Cielo in gentile umana spoglia,
In cui si specchia più che in altra soglia
Il sol, nè la più bella ordi natura;

Miri negli occhi a Lei, che il pregio fura
A ogn'altra, che a paraggio venir voglia,
Nè quas' almo splendor vien, che s'accoglia
Possente a rischiarar la notte oscura.

Ivi s'impara come onor si acquista,
E Beata Bontà, che al doppio nome
Unita porta, e alta Virtù divina:

Ivi senno e valor s'apprende, e come

Con l'onestà la leggiadria sia mista;
Doni, che a pochi il Ciel quaggiù destina.

(Mss. G. B.)

Nel 20 luglio 1762 il Ricci si trovava ancora in Verona, perchè in quell'epoca scrive da quella città agli Accademici di Capodistria inviando loro due sonetti per la raccolta poetica che annualmente si pubblicava.

Nel 20 maggio 1783 era in Venezia dove due deputatı di alcuni comuni del Pinguentino a lui ricorsero per otttenere soccorso di biade afflitti, com'egli dice in una sua lettera, dalla fame. Si sa che nell' anno antecedente 1782 l'Istria fu colpita da freddo grandissimo, (Kand. Indic.) che fece perire assai olivi. (Mss. id.). (E.)

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