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1, Esercizio Accademico, Venezia 1799, presso Antonio Curti. In quest' operetta variata di prose e di versi, discute il problema: Se il numero dei beni, cui sull' uomo in questa terra versa natura ecceda quello dei mali, a cui ve l'assoggetta.

2. Memoria teorico-pratica sulla maniera di liberare i camini dal fumo; Venezia presso Andreola, 1801.

Lasciò inedito un corso di filosofia scritto con ottima latinità, e diviso in tre volumi, ed alcuni saggi di storia istriana (').

257.

DECLENCICH Antonio, (1815) nacque in Capodistria li 8 gennaio 1745. Dotto e profondo teologo, eloquente oratore, ed ameno cultore della poesia italiana; fu professore di belle lettere, e poscia rettore di quel Seminario (2), quindi parroco a Sdregna, a Maresego, e finalmente arciprete alla Motta. Ritornato in patria si diede alla sacra eloquenza già esercitata prima nelle Quadragesime in varie città. Le di lui prediche erano accette ed accolte per eloquenza, per forza di logica e dottrina; non così per l'effetto desiderato, mancando all'oratore azione e flessibilità di voce. Lesse più componimenti poetici nell'Accademia dei Risorti di Capodistria, ne riscosse applausi, ed in più occasioni pubblicò varie poesie, che sono stampate volanti, ed in qualche raccolta del suo tempo, scritte con buon gusto ed in vari metri. Compose pure con dottrina ed eleganza l'elogio funebre del marchese Girolamo Gravisi. Ad una distinta dottrina associava esemplare pietà e particolare modestia. Cessò di vivere ai 30 settembre 1815 in età di anni 70.

258. D'ESTE dottor Lorenzo, (1816) nato in Capodistria ai 12 dicembre 1749, dopo il corso fatto in patria felicemente nella Letteratura, nella Filosofia, e nella Teologia, passò all' Università di Padova, ove consegui la laurea dottorale in ambe le leggi. Ebbe vari canonicati ad honorem, e fu poscia canonico della cattedrale in patria. Appartenne a quell' Accademia dei Risorti, fu professore di Teologia, e quindi rettore di quel Seminario vescovile. Durante il regime francese fu sud delegato pel culto, reggente del Reale Liceo, e professore di Logica, Metafisica, ed Etica. Nell' istruzione ottenne aggradimento generale ed ebbe fama di ottimo canonista, di pronto spirito, di sorprendente memoria, e di vasta erudizione. Nell'oratoria sacra diede buoni saggi in vari sermoni e panegirici. Cultore soprattutto della lingua del Lazio, aveva uno stile elegante ed accurato, e scriveva con somma prontezza e facilità. Ne fanno fede i molti componimenti poetici latini ch'egli scrisse, e che erano il suo principale diletto. Due sole elegie sono di pubblico diritto, le quali riscossero molta lode, e furono più volte tradotte in italiano. Colla prima celebrò le vittorie dei Francesi nel 1809; coll' altra la pace generale del 1814. Cessò di vivere li 20 gennaio 1816.

(1) Opere inedite del Pesaro in latino: 1. Un trattato di fisica in due volumi; 2. Un trattato De locis theologicis, de S. S. Trinitatis mysterio et de Traditione, tre vol.; 3. De recta cogitandi atque ratiocinandi arte, vol. uno; 4. Un trattato di logica e metafisica. V. L'Istria I, 1846. Ai tempi del Kandler queste opere si trovavano in casa del nipote Antonio Pesaro altro distinto istriano, di cui leggesi la biografia nell' Aurora e nell' Unione. (E.) Notizie di alcuni pre(E.)

(2) 11 Declencich fu anche maestro in Visinada nel 1774. A. Marsich cettori in Istria.

259. CARPACCIO Antonio (1817), nacque in Capodistria intorno l'anno 1743 da una nobile famiglia di quella città e si suppone discendente dal celebre pittore Carpaccio (1). Egli appartenne agli Arcadi di Roma e ad altre società letterarie. In molte circostanze diede pubblici saggi del suo valore poetico, nei quali si manifesta rinnovato l'amore di alcuni suoi concittadini per la poesia.

Pubblicò in Trieste un Saggio sopra il commercio in generale con un prospetto storico dell' ingrandimento della città di Trieste, la cui continuazione fu sospesa per le politiche vicende del tempo. Attaccato alla Casa d' Austria, passò a Vienna; ove valutandosi i sentimenti di lui, se ne premiò la fede, e la costanza coll' assegno d'una pensione vitalizia. In quella città diè alla luce un opuscolo intitolato: Il cittadino di Vienna, il quale fu tradotto in tedesco. Durante il soggiorno in quella capitale, nel 1815, dei sovrani alleati, pubblicò una raccolta poetica. Scrisse poi con assiduità interessanti lettere filosofiche e morali sopra vari argomenti, rimaste inedite, colle quali tendeva a correggere e migliorare i costumi. Queste Lettere se non superano tanti altri scritti consimili in erudizione e dottrina, li sorpassano però nell'essenziale, che è l'utile influenza. Il Carpaccio termind i suoi giorni in Trieste li 17 gennajo 1817. Le presenti notizie furono in parte tratte dal foglio Triestino del giorno ed anno indicati (2).

260. GAVARDO Alessandro da Capodistria (1818), detto comunemente ́ Alessandrone, per distinguerlo da altri dello stesso nome ripetuto nella famiglia Gavardo, fu profondo giureconsulto particolarmente nelle materie criminali, ed eloquente oratore. A queste doti univa un genio speciale per la poesia, come lo dimostrano i molteplici di lui versi serii e faceti, che hanno posto in più raccolte del suo tempo. (Moschini).

Egli dimostra in ispecialità il suo genio poetico nel poema eroicomico in ottava rima, intitolato la Rinaldeide ossia il Lanificio di Carlisburgo, condotto sino al canto XIX, mentre doveva essere di canti xxiv. Questo poema ebbe origine dalla circostanza che avendo ereditato il Carli dalla moglie Rubbi un lanificio (Vedi n. 243, p. 309 e nota 1), lo trasportò in una sua campagna nel territorio di Capodistria, sopra il quale stabilimento, e sopra le vicende ed aneddoti relativi è fondato il poema; ma essendo stato rovinato da un torrente l'edificio, mancando il soggetto, rimase imperfetto il lavoro del poeta. Da questo, dice il Bossi, si scorge tanto la singolarità ed eccellenza del carattere dell' eroe, quanto l'abilità straordinaria del cantore ad emulare i primi modelli di quel genere di poesia.

Ne meditava tuttavia l'autore il compimento nel tranquillo soggiorno di Sanvincenti, ov'era stato più anni capitano giudice, e ritiratosi poscia a convivere in Venezia coi fratelli Morosini di S. Maria Formosa, cugini di lui, e nella villeggiatura di Savonara nel padovano, conservava pure il pensiero di condurlo al suo fine, ma essendogli smarrita o trafugata la minuta di quanto gli restava a fare, e pervenuto quindi a tarda età, il poema rimase imperfetto senza speranza di compimento per la morte dell'autore seguita in Venezia nel giorno 9 febbrajo 1818.

(') Tra i Mss. Grav. Barb. si conservano alcune lettere di Antonio Carpaccio, ov' egli si dice discendente del celebre Vittore. Egli curò anche le incisioni dei capolavori dell'insigne artista. (E.) (2) Il titolo delle notizie del foglio Triestino rectius Osservatore Triestino è: Cenni biografici intorno ad Antonio Carpaccio da Capodistria, denominato tra gli Arcadi di Roma Carippo Megalense. (E.)

Per ornamento di questo poema il marchese Giuseppe Gravisi si era accinto a farne la prefazione e a corredarlo di note interessanti; come gli argomenti in ottava rima erano stati incominciati dalla contessa Maria Marcello Rigo da Cittanova, dama per letteratura commendata dal Moschini. Del Gavardo parlano il Bossi nell' elogio del Carli, ed il Moschini nella Letteratura Veneziana.

A fronte della imperfezione di questo poema, emulo della Secchia Rapita del Tassoni, non sarebbe discaro, se alcuno prendesse l'incarico di renderlo alla luce. Esistono tre esemplari, l'uno presso gli eredi del commendatore co. Agostino CarliRubbi, l' altro presso il nobiluomo Domenico Morosini di S. Maria Formosa, attuale podestà di Venezia, ed il terzo presso il conte Rotta di Momiano (').

Oltre alle indicate produzioni del Gavardo, havvi ancora un Poemetto sopra una cena e festa da ballo date nel teatro di Capodistria dal podestà Antonio Dolfin, stampato in Rovigo per Giangiorgio Miozza nel 1776, dal quale apparisce ch'egli fu arcade di Roma col nome di Assionico Idruntino, accademico Risorto (2), e Concorde. Così pure un' Orazione recitata nella cattedrale di Capodistria il giorno 17 giugno 1774 nei funerali del marchese Giuseppe Gravisi, impressa in Udine dai fratelli Gallici. (3)

Si danno talvolta delle stravaganze nella vita dell' uomo il più saggio, le quali riescono incomprensibili all'umana intelligenza. Tale, possiamo dire, essere stata l'ultima volontà del nostro Gavardo, espressa nel suo testamento 21 ottobre 1817, la quale non combina colla dottrina, colla mente, coll' onestà, colla religione, e coll' affetto e i doveri, ch'egli aveva verso l'unico di lui nipote superstite. Lascia il Gavardo, in via di legato, ai tre fratelli Morosini di S. Maria Formosa, coi quali conviveva ed in casa dei quali fu rogato il testamento, tutte le di lui facoltà esistenti nelle provincie di Venezia, Padova, Treviso, e Capodistria, formanti un ampio patrimonio.

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Lascia poi erede universale del resto de' suoi beni, e specialmente di quelli esistenti in Visinada nell' Istria, il suo amorosissimo nipote Alessandro de' Eletti stanziato in Barbana, il quale azionario di una parte dei beni goduti dallo zio, per affetto e riguardo allo stesso, gliene passava l' usufrutto. Nei legati Morosini è compresa ed assorbita tutta la sostanza Gavardo; nè in Visinada, nè in alcun altro luogo del mondo aveva la benchè minima sostanza, di modo che l'eredità universale dell' amoroso nipote è ridotta a zero. Qual giudizio si deve formare di questa singolare disposizione, la quale è d'un uomo generalmente conosciuto probo, dotto, pio insino agli ultimi suoi giorni; non chè ottuagennario coi piedi nella tomba, stretto coi vincoli del sangue, e detentore delle sostanze del nipote?

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261. PELLEGRINI Domenico Maria di Capodistria, nato ai 29 decembre 1737. Entrò nell' Ordine dei Predicatori della stretta osservanza nell'anno 1753, vestendo l'abito in Conegliano, e professò nel 1754. Divenne poscia bibliotecario della Zeniana

(1) Un esemplare della Rinaldeide esiste nella famiglia dei Baroni Polesini in Parenzo. Esso è descritto dal Dr. M. Tamaro che lo esaminò nel giugno del 1881. Vedi Prov. dell'Istr. an. XV, n 13. (E.)

(2) Come Accademico Risorto lasciò diversi lavori, tra cui un' Orazione in lode di Michele Minotto pod. e cap. di Capodistria; probabilmente scritta nel 1796, anno in cui il Minotto terminò la sua reggenza. L'Orazione si conserva tra i manoscritti inediti Grav. Barb.

(3) In fine dell'orazione è stampato un sonetto di Nicolò de Belli fu Giacomo.

(E.) (E.)

in Venezia, nella qual città cessò di vivere nel giorno 21 marzo 1820 in casa di suo nipote, l'avvocato Nicolò Pellegrini, con cui visse dopo la soppressione dell'Ordine, seguita nel 1810. Fu egli dottissimo non solo nelle cose di religione, ma in quelle eziandio di ogni altra erudizione. Gli siamo debitori della seconda edizione delle Lettere di Apostolo Zeno, nella prefazione delle quali è lodato dall'abate Morelli, celebre bibliotecario della Sammarciana.(') Parla di lui lodevolmente il Moschini C. R. S. nella Letteratura Veneziana. Dizionario Universale che si stampa in Venezia. Passo alle di lui opere, dalle quali si potrà riscontrare la sua capacità ed il suo merito:

OPERE STAMPATE

1. 1772. Nuova edizione dell'opera del celebre Baluzio, (2) divenuta rarissima, CAPITULARIA Regum Francorum, premessivi i prolegomeni tratti da opere classiche relative alle materie de' capitolari, con note, e dedica al conte cavalier Rodolfo Coronini, (3) Venezia, 1772 per lo Zatta, Vol. 11. in fol.

2. 1779. Ebbe parte nella formazione dell' Atlante dello Zatta, 1779, concorrendo al piano dei prolegomeni, ed alcuni articoli dei più difficili, stendendoli di propria mano; come p. e. l'illustrazione della tavola Peutingeriana, o Teodosiana. (1) Diresse pure la proiezione delle carte, facendovi entrare le nuove osservazioni, e scoperte.

3. 1787. Lettera d'un teologo pacifico ad un teologo amico, che gli chiedeva una breve informazione della causa armena. Opera stampata anonima nel 1787 (dice il Moschini) dietro altra consimile pubblicata nell'anno precedente dal di lui confratello il domenicano p. maestro Marsili, a sostegno degli Armeni, in favore dell' opinione del marchese de Serpos.

(1) L'abate Iacopo Morelli era veneziano (1745-1819) e fu benemerito oltrecchè per aver ordinato ed arricchito la biblioteca di S. Marco (Marciana) anche per i cataloghi diligenti da lui fatti di varie biblioteche pubbliche e private. Scoprì i frammenti di Dione Cassio, e lasciò opere di molta erudizione latine ed italiane. S. T. (E.)

(2) Stefano Baluzio o Baluze francese di Tulle (1630-1718) arcivescovo di Tolosa e poi d'Auch, celebre per la sua vastissima erudizione; compose quarantacinque opere, tra cui le Vite dei papi in Arignone, opera che fu messa all'Indice. S. T. (E.) (3) Il conte Rodolfo Coronini di Gorizia, il cui nobile casato esiste tuttora in quella città, apparteneva ad una eletta schiera di eruditi friulani, che coltivava con amore gli studi storici ed archeologici, e quanto altro serviva ad illustrare la civiltà italiana nel goriziano, come ne fanno testimonianza le varie opere lasciate.

Il padre Pellegrini scrive di questo illustre gentiluomo in lett. 23 luglio 1768 a Gir. Gravisi: «Ho stretta amicizia col Conte Rodolfo Coronini di Gorizia, il quale per una stimata opera delle cose di Gorizia e di quei paesi probabilmente le sarà noto, e che ora mi mandò (a Venezia) per fargli stampare due tomi in foglio di cose Genealogiche, Istoriche e Diplomatiche, particolarmente di quei paesi soggetti alla casa d' Austria e a noi confinanti.» (E.)

(4) Sulla tavola Peutingeriana scrisse un articolo il nostro storico Carlo De Franceschi nella Provincia dell'Istria, 1877, 11. Da Corrado Peutinger che l'ebbe in dono da Corrado Celtes fu detta peutingeriana, e fu scoperta a Spira nell'anno 1500. Nel 1714 il valoroso e dotto principe Eugenio di Savoja ne donò l'originale alla biblioteca di Vienna. Di questa tavola furono stampate parecchie edizioni. (E.)

4. 1791. ELOGIO del P. M. Antonio Valsecchi pubblico professore di teologia nell'università di Padova, (') stampato nelle Novelle letterarie di Firenze, 3 decembre 1791 al n. 51, e nel 1792 ristampato in fronte alle Prediche del Valsecchi, per lo Zatta in Venezia.

5. 1793. LETTERA in data 24 agosto 1793 da Venezia, diretta al chiarissimo signor Gaetano Poggiali di Livorno per la di lui Raccolta dei novellieri, (2) spedendogli le Novelle inedite di Gentile Sermini, (3) ignote ai toscani, che furono pubblicate colla detta lettera illustratrice in fronte.

6. 1794. DELLA PRIMA ORIGINE della stampa in Venezia per opera dei fratelli Giovanni e Vindelino da Spira nel 1469, delle EPISTOLE di Cicerone AD FAMILIARES; e risposta alla Difesa del DECOR PUELLARUM del signor ab. Mauro Boni, Venezia 1794 per lo Zatta in 8". Il padre Giacopo Paitoni C. R. S.(1) nel 1756 sostenne per la prima stampa in Venezia il Decor puellarum del 1461, ed altri in contrario l' Epistole famigliari di Cicerone del 1469. L'exgesuita abate Boni rientra a difesa del somasco, e contro di lui scrisse l'ab. Denis primo custode della Palatina di Vienna colla Dissertazione 1794, così pure il Morelli, ma il nostro Pellegrini coll' opera presente esamina il lavoro del Boni, e quello del Paitoni, e tanto egli è forte (dice il Moschini T. 1. p. 40) negli argomenti di fatto, quanto il Boni fu ingegnoso nelle congetture.

7. 1796. LA BALIA. Nel 1796 in occasione delle nozze dei patrizi Giovan' Pietro Grimani, e Marina Donà stampò il poemetto di Luigi Tansillo denominato la Balia, ossia Esortazione alle nobil donne di allattare esse stesse i loro figli. Questo poema manca nelle opere dell'autore, e nella stampa fatta a Vercelli nel 1767, poteva dirsi inedito per la cattiva qualità della stampa e per la pedantesca illustrazione. Alla dedica fatta a nome del conte Francesco Tacco, segue una memoria intorno al poeta, ed al poemetto, il quale è illustrato con sobrie note risguardanti or la materia, or la dicitura. (5)

(1) Molti istriani appresero teologia dal padre Valsecchi, tra cui lo stesso canonico mons. Pietro Stancovich. (E.) (2) Il Poggiali (1753-1814) fu assai benemerito delle lettere per le ricche collezioni fatte di opere importantissime che lasciò alla città di Firenze; fu distinto bibliofilo e commentatore di libri classici. (E.)

(3) «Della patria di Gentile Sermini, dice lo stesso padre Pellegrini in lettera 26 maggio 1809, non è già l'asserzione sola dello Zeno e la descrizione del Giuoco della pugna, proprio di Siena nella Toscana, che lo palesi per Sanese. Oltre il dialetto troppo evidente tale, mille, dirò così, indizi ne dà parlando di Siena e del contado, come di propria patria. Quello che mi dolgo di non avere saputo trovare si è il preciso tempo del suo fiorire e le precise circostanze della sua persona; sicchè non possa trovarsi scrittore che le nomini.» (E.) () Il padre Iacopo Maria Paitoni, veneziano, (1710 ?-1774) fu bibliotecario in patria del suo ordine. e pubblicò: Biblioteca degli uomini ed oratori greci e latini volgarizzati. S. T. (E.) (5) Parlando di questo poemetto del Tansillo in lettera 14 gennaro 1797 diretta a Girolamo Gravisi, il padre Pellegrini dice di aver consigliato al conte Leonardo Manin di Venezia la pubblicazione per nozze di un lavoro di Torquato Tasso sull'Ammogliarsi che non era stato prima stampato a parte. La dedica fu fatta agli sposi contessa Laura Pappafava e conte Severiano Dotto de Pauli e l'opuscolo venne stampato in Verona con molta eleganza dalla tipografia Giuliari Il padre Pellegrini pubblicò per nozze La balia del Tansillo dietro consiglio avuto dal Gravisi. (E.)

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