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«Carpaccio veneto, o di Capodistria e come loro adoperato a dipingere in palazzo «ducale; nel cui incendio del 1576 peri quella insigne raccolta di antiche istorie, <rifatte dipoi da migliori pennelli. È però rimaso dello stile di Vittore si bel saggio <in Venezia nell' oratorio di S. Orsola, che lo fa tenere per ingegno vasto quanto «altri dell'età sua. Son otto istorie tratte dagli atti di quella Santa, e delle XI mila «compagne, che allora comunemente si credevan sinceri. Non manca ivi felicità di «fantasia nell' immaginare nuove e copiose composizioni; nè ordine a ben distribuirle; «nè fecondità d'idee a variarle di volti e di abiti; nè pratica di architetture, e di <paesaggio bellissimo per farle adorne. Soprattutto domina in quel dipinto una natu<ralezza, e una espressione che invitava a rivederlo di tanto in tanto lo Zanetti stesso. «Notava allora gli affetti del popolo, che tutto pareva intendere, in tutto fermavasi, «in tutto mostrava sentimenti conformi alla rappresentanza; onde conchiude il discorso «dicendo, che il Carpaccio avea in cuore la vita.»

«Meglio ancora dipinse nella scuola di S. Girolamo, nella quale competé con «Gio. Bellini, e questa volta non ebbe a cedergli. Il suo carattere, che spesso con<«<fonderebbesi con quel di Gentile, spicca anco nelle tavole degli altari, ov'è quasi <originale in ogni composizione. La più celebre in Venezia è la Purificazione a «S. Giobbe, ove però il S. vecchio Simeone è in abito pontificale fra due ministri <vestiti da cardinali. Tolto questo errore di costume, e aggiunto più colore alle carni, «e più tenerezza ai contorni, la tavola saria degna di ogni gran pittore. Ma a queste <doti, colpa della prima educazione, non giunse mai,»

Lo stesso Lanzi (p. 35) indicando gli accessori che ponevano i pittori al tempo dei Carpacci, come angioletti, troni ricchi e pomposi, architetture a foggia di portico o di tribuna, si adattavano alcune volte al pietrame, e al disegno dell' altare fingendo una continuazione di esso per entro la tavola; onde la somiglianza del colore, e del gusto inganna l'occhio. e fa che si dubiti ove termini l'esteriore ornamento, e ove cominci la pittura; e nella nota sottoposta dice: «Di tal gusto fu la prospettiva, che «Gio. Bellino pose alla rinomatissima tavola di S. Zaccaria in Venezia. Nell' altar «maggiore di Capo d'Istria un' altra ve ne pose il Carpaccio seniore (Vettore); ed «anche di più effetto. Nel fondo del quadro siede in trono maestosissimo Nostra Si«gnora col divino infante ritto su le ginocchia; e fan loro corona disposti sopra tre «gradi sei de' più venerati protettori del luogo, variati egregiamente ne' vestiti e negli <atti, ed alcuni angioletti, che suonano, e con certa puerile semplicità guatano insieme «lo spettatore, e lieti pajon chiedere che gioisca con loro. Conduce al trono un co<«<lonnato lungo, beninteso, ben degradato, che una volta era unito a un bel colonnato <di pietra, che partivasi dalla tavola, e distendevasi in fuori per la cappella formando «all'occhio un inganno, ed un quasi incanto di prospettiva, che poi si tolse quando «ne furono rimosse le colonne di pietra per aggrandire la tribuna. I vecchi della «città, che videro il bello spettacolo, a' forestieri il rammentano con desiderio, ed io «volentieri ne iscrivo prima che obliterata ne sia la memoria.»>

Nella nota posta all'indicata patria del Carpaccio, «o di Capodistria» (p. 40) dice: «Il paese è imbevuto di questa persuasione (cioè che il Carpaccio fu di Capodistria), «malgrado le sue soscrizioni, anche ne' quadri dipinti nell' Istria. In quella che citammo «a pag. 35 è scritto Victor Charpacius venelus pinxit 1516, in altro a S. Francesco «di Pirano Victoris Charpatii veneli opus 1519. Veneto pure voll'essere un Benedetto

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«Carpaccio, forse figliuolo o nipote del precedente, di cui pure in Capodistria è alla «rotonda una incoronazione di N. Donna con epigrafe Benetto Carpatio veneto pingeva «1537; e presso gli Osservanti il quadro del Nome di Gesù con le stesse parole, ma <<con l'anno 1541. La storia veneta non conosce Benedetto Carpaccio, ancorchè ne fosse «<degnissimo, perchè quantunque nella estremità delle figure conservi orme dell' antica <<secchezza, non cede a molti nel sapor delle tinte, nella evidenza de' volti, nell' effetto «del chiaroscuro. Io dubito che questi vivesse fuor della capitale, e perciò egli fosse <«<tenuto istriano; ma la famiglia è certamente veneta e forse oriunda da Murano.»

Nel tomo sesto, che forma l' indice, pagina 34, indica Vittore per veneziano, e dice: «Nel ritratto che fece di sè medesimo, ed è presso gli eccellentissimi Giusti«niani alle Zattere, scrisse per data l'anno 1522.... Benedetto pur veneto; an«corchè dagli istriani preteso loro come il precedente.»

OSSERVAZIONI DELLO STANCOVICH

intorno alla patria di

VITTORE CARPACCIO

1. Il Vasari dice il Carpaccio, Veneto, il Zanetti, Veneziano, ed il Ridolfi Cittadino Veneziano, e di antica nobiltà. Tutti questi autori non portano in prova alcuna dimostrazione nè documento; e queste semplici asserzioni non sono autorevoli per riportarne credenza.

2. Ambidue i Carpacci si sottoscrissero veneti nelle loro pitture, e quello che veramente impone si è che lo fecero puranco nelle pitture esistenti in Capodistria loro patria. Questa circostanza, che sembra ineccepibile per ritenerli di patria veneti, può subire però qualche eccezione: 1. perchè veneti potevano dirsi come di nazione e dominio veneto, accostumandosi comunemente chiamare lombardo, romano, napoletano, veneziano, francese, tedesco chiunque nascesse in Lombardia, in Romagna, nel regno di Napoli, nello Stato Veneto, in Francia ed in Germania; 2. potevansi dir veneti perchè appartenenti alla veneta scuola pittorica; 3. potevano dirsi veneti perchè da giovani passarono in Venezia a quella scuola, colà furono educati, colà furono a lungo domiciliati, colà eseguirono i loro lavori più interessanti, e fors' anche per un certo amor proprio di acquistare maggiore celebrità ed importanza nella loro professione, vollero chiamarsi veneti da Venezia gran capitale, piuttosto che Istriani o da Capodistria, l'una piccola provincia, e l'altra piccola città. Nè ciò recherà meraviglia, nè ciò può riputarsi bizzarria, poichè nell'opera stessa del Lanzi troviamo più esempi consimili in altri pittori, come per esempio, Alessi Matteo che da certi è ritenuto romano, e da altri spagnuolo per il suo lungo domicilio in Ispagna; Pomponio Amalteo nelle sue pitture si chiamò Mottoe civis et incola, mentre era di San Vito (Friuli); Lorenzo Lotto in alcune pitture si scrisse pictor venetus, in altre Tervisinus; Diana Mantovana si segnò Diana civis Volaterana, ed era da Mantova; Giusto Padovano era fiorentino, ma per la lunga dimora in Padova fu detto padovano, e con questo nome è conosciuto. In fine porterò un altro esempio dei due fratelli pittori Trevisani tutti due da Capodistria. Il Lanzi (St. Pit. T. II.) dice: «Fu dallo Zanchi educato in Venezia Francesco Tre

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«visani nato in Trevigi. A differenza di Angelo Trevisani questi è chiamato Romano <dal luogo dove fiori;» ed altrove (T. III. pag. 267): «Due Trevisani vissero ancora <in quei tempi. Francesco che si annovera della scuola romana, e Angelo che «per patria e per domicilio non può rimoversi dalla veneta;» eppure nè Francesco Trevisani ebbe a patria Treviso, nè Angelo Venezia, essendo ambidue fratelli, figli del medesimo padre, nati in Capodistria, su di che veggasi il rispettivo articolo in quest' opera. I Trevisani sono di epoca più recente, e l'eruditissimo Lanzi poteva accertarsi della loro patria non solo, ma della loro parentela. Se questo diligente scrittore cadde in errori siffatti non ci recherå meraviglia, ch' egli ritenesse per Veneti i Carpacci; ma ci sorprenderà grandemente, che dotto com' ei fu, abbia potuto dire la famiglia è certamente veneta, e forse oriunda di Murano,» senza offrirne alcun' altra prova, che la semplice asserzione, la quale come destituta di fondamento non può convincere, nè persuadere.

3. In confronto di questi scrittori che indicano i Carpacci veneti, e della sottoscrizione di veneti dei Carpacci stessi, la continuata tradizione in Capodistria da secoli, accennata dallo stesso Lanzi, che Capodistria era la patria dei medesimi (1) ci deve persuadere con maggiore fondamento di ragione a crederli nati in quella città, piuttosto che in Venezia, per la circostanza stessa, che sembra la più controversa, cioè la loro sottoscrizione di veneti nelle pitture stesse di Capodistria; mentre non è mai presumibile che i cittadini di Capodistria per costante tradizione ritenessero ed indicassero con gloria e compiacenza ai forestieri i Carpacci (come attesta il Lanzi) per loro concittadini e patrioti, a fronte che avevano ai loro occhi, e palmarmente leggevano scritto nelle patrie pitture dei Carpacci stessi la sottoscrizione di veneti, se realmente non fossero stati di Capodistria.

4. Non è la sola tradizione che può lusingarci a ritenere i Carpacci da Capodistria, ma vi sono irrefragabili documenti in Capodistria della famiglia Carpaccio, come può riscontrarsi nell' albero gentilizio che presento alla fine di questo articolo, tratto dagli archivî di quella cattedrale, e disposto per tre generazioni successive da Vittore padre e Benedetto figlio; successione continuata per secoli sino ai nostri giorni nell' ultimo superstite Antonio Carpaccio, uomo di lettere, morto in Trieste nel 1817; di cui ho parlato al capitolo iv. n. 259.

5. In detto albero non è indicata la patria dei due pittori Carpacci, perchè mancano i registri di quel tempo in quella cattedrale, cominciando appena i mortuari nel 1616, e quelli di nascita nel 1552, ed essendo noto che in tutte le parocchie essi mancano, almeno nell' Istria, perchè non usitate regolarmente prima del concilio di Trento, dal qual sinodo furono poscia prescritti. Bentosto però, e dai primi registri troviamo contezza della famiglia Carpaccio per secoli non interrotta.

6. Che questa famiglia sia quella stessa dei due pittori Vittore e Benedetto noi ci possiamo convincere coll' esame dell' albero stesso. Vi ha nell' Istria, nello Stato Veneto, e fors' anche altrove un costume inalterabile e costante d'imporre al primogenito il nome battesimale dell' avo, e così di generazione in generazione. Pongasi l'occhio all' albero dei Carpacci, e si vedrà Vittore stipite, che ha il figlio Benedetto

(') È curioso che fino ai giorni nostri nessuno ha sognato di dare a Vittore Carpaccio altra patria che non sia l'Istria! (E.)

pittore. Questi ebbe cinque figli maschi, al primogenito de' quali pose il nome dell'avo, celebre pittore: questo Vittore, primogenito del pittore Benedetto ebbe più figli; al suo primogenito e secondogenito impose il nome dell' avo Benedetto pittore; così osservisi negli altri quattro figli del pittore Benedetto, cioè Marcantonio, Ercole, Leandro e Nicolò, che ai loro primogeniti imposero l'avito nome di Benedetto; e passando alla terza generazione Vincenzo figlio di Vittore del fu Benedetto pittore del qu. Villore pittore in istipite, impose al proprio primogenito il nome dell'avo, e tritavo Vittore, e così successivamente nelle seguenti generazioni si videro questi nomi di Vittore e Benedetto; per cui ci possiamo assicurare che questa famiglia di Capodistria appartenga ai due pittori Carpacci.

7. Il nome di Vittore nella famiglia Carpacci ha una ragione maggiore di prova per giudicare Capodistria loro patria, perchè la divozione di S. Vittore, ai 31 gennaro, è antichissima in Capodistria che conserva nella cattedrale la reliquia della testa di questo santo rinchiusa in una cassa di argento con cristalli, e si espone solennemente alla pubblica venerazione il giorno 19 febbraro, anniversario della traslazione, con molto concorso di popolo; per la cui devota usanza nelle più antiche famiglie di ogni condizione si riteneva questo nome, il quale anche al presente non è fuor d'uso; e per la stessa divozione a questo santo sarà stato adottato il nome anche nella famiglia Carpaccio. Del resto nomi di particolare devozione, se li vede adottati in tutti i paesi nei battesimi delle famiglie. - Inoltre un miglio distante da Capodistria, vi ha una contrada estesa, denominata San Vittore, da una chiesa ivi eretta, ora distrutta e da più secoli dedicata a questo santo martire di Alessandria. Dal detto albero apparisce che ai 22 di maggio del 1631 un figlio di Andrea Carpaccio del fu Marcantonio, figlio del pittore Benedetto, mori in S. Vittore; circostanza la quale dimostra che la famiglia Carpaccio nel circondario della contrada S. Vittore aveva allora terreni e casa di abitazione, in cui cessò di vivere il figlio di Andrea; e forse più ancora che questo nome di Vittore fu adottato dai Carpaccio per il santo titolare della chiesa presso cui erano poste le loro possidenze campestri (1).

In confronto delle semplici asserzioni, mancanti di ogni prova, rispetto la patria dei Carpaccio, le suaccennate osservazioni, con migliore ragione preferibili, dimostrano che Capodistria e non Venezia fu la patria dei Carpaccio; ed anzi chi legge potrà giudicare, che la risultanza di esse non è la sola probabilità, ma complessivamente una prova morale, ed un convincimento fondato su cose di fatto per istabilire Capodistria patria di quei pittori.

Aggiungerò finalmente che l'ortografia di Carpaccio in detti registri si trova variamente scritta, vale a dire Charpatio, Carpathio, Carpatio, Carpaccio, Scarpazio, Scarpaza.

(1) Anche sul colle di Oltra, presso Capodistria, havvi una località che conserva il nome di Scarpassa; evidente corruzione di Carpaccio.

(E.)

GENEALOGIA DEI PITTORI CARPACCIO

Charpatio, Carpathio, Carpatio, Carpaccio, Scarpazio, Scarpaza.

VITTORE

Sue pitture in Capodistria 1516, in Pirano 1519, in Venezia suo ritratto 1522.

BENEDETTO

Sue pitture in Capodistria alla Rotonda 1537, (1) agli Osservanti 1541.

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m. 1622

Margherita

m. 1619

Figlio morto

in S. VITTOR 1631, 22 maggio

394. CARPACCIO Benedetto da Capodistria, (1521), figlio di Vittore, di cui ho parlato nell'articolo precedente. (2)

395.

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De SOLDATIS Bernardo da Muggia, (1529), professore di Padova e rettore degli artisti nel 1529, VI id. sextil., il cui reggime fu prorogato all'anno seguente. Rifece il libro degli Statuti dell' Università e lo fece stampare nel mese di maggio 1531. (Facciol. Gym. Patav. T. II, p. 206).

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396. MUZIO Antonio giustinopolitano, (1530), figlio di Cristoforo e fratello di Girolamo. Di questo personaggio non si hanno notizie più di quante ne somministra il di lui fratello Girolamo nella lettera diretta ad Ottoniello Vida del 1532 (Lett. lib. I. p. 27, Firenze, 1590) . . . . et prima era morto Antonio mio fratello, et quanto io perdei

....

(1) La chiesa della Rotonda è in oggi chiusa; la pittura di B. Carpaccio è conservata nella sala del Municipio. Altra tavola attribuita a questo figlio o nipote del celebre Vittore, si ammira sull'unico altare della Chiesa di S. Nicolò nella contrada del Porto. Facciamo voti che mutata in una tela di moderno pennello, la pittura del Carpaccio sia posta al Municipio nella stessa. sala dove si conservano le altre. (E.)

(2) Benedetto Carpaccio, figlio o nipote di Vittore sarebbe vissuto tra il 1476 e il 1552.

(E.)

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