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ma furono presi da tanto amore e stima, che lo ebbero sempre in opinione di padre più che di precettore; ed in modo che seguita la morte di lui nel 1 maggio 1806 in età di quarantatre anni riuscì inconsolabile a' suoi amorosi discepoli, e rimase carissima la di lui memoria in patria. All' avvenente e dignitoso aspetto, unì singolare amenità di spirito, modi urbanissimi, ed estese cognizioni nella Geografia, nella Storia sacra e profana, nelle lingue dotte, nella poesia italiana e latina; alle quali doti aggiunse quella del canto, di cui mostrossi eccellente esecutore ed istruttore espertissimo.

463. GREGIS conte Gio. Antonio da Parenzo, (1806), dopo avere sostenuto con onore l'avvocatura criminale in Venezia, fu ivi Consigliere del Supremo Magistrato di Sanità; poscia giudice ai Tribunale di Cassazione in Milano, dalla quale magistratura chiesta dispensa, fu eletto Consigliere alla Corte d'Appello in Venezia, ove cessò di vivere nel 1806.

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464. GREGIS conte Rinaldo da Parenzo, (1806), fratello del precedente, dopo avere sostenuti sotto la Repubblica veneta vari vicariati criminali nella Terraferma, nel 1800 fu presidente del Tribunale Criminale dell' Istria. Rinunziò l'onorevole incarico nel 1804; e in fama di riputato ed integerrimo magistrato si ritirò in patria a vita tranquilla, ove mori nel 1806 (1).

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465. Dalla ZONCA Giannandrea, da Dignano, (1809), nacque li 20 settembre 1749 da Girolamo di nobile famiglia, originaria da Bergamo, e dalla contessa Maria Loredana-Balbi di Veglia. Compita felicemente una distinta educazione, e presa in Padova la Laurea in ambe le leggi, si diede a calcare le vie della Giurisprudenza politica e criminale, impiegando con frutto le ampie cognizioni da lui acquistate. Fu assessore in Venezia, Giudice al Maleficio a Salò, Vicenza e Brescia, e per la sua integrità nell' esercizio delle leggi criminali, ebbe forte conflitto cogli Avogadori, sostenuto dagli Inquisitori, nel qual cimento riportò onorevole trionfo e lode dalla sovrana clemenza, dalla quale fu poscia destinato al governo del regio feudo di Orsera. Nel 1797 trovandosi in Venezia durante la caduta della Repubblica fu destinato da quella democrazia ad organizzatore dell' Istria, ma il prudente Giannandrea rifiutò l'incarico, e fuggendo quelle vertigini, si ritirò a vita oscura e pacifica nelle contrade dei Sette Comuni, donde mal suo grado fu tratto dal conte di Thurn, ministro plenipotenziario con decreto 10 luglio di detto anno, e destinato in patria a dirigente del Tribunale provvisorio.

Di molteplici e varie delegazioni fu incaricato in più circostanze, le quali seppe disimpegnare con pubblico aggradimento. Fu Commissario inquirente nel processo contro i malviventi, i quali infestarono la nostra provincia, e nel 1800 fu direttore politico in Pola, del quale incarico, dopo pochi mesi, chiese dispensa, che gli venne concessa per oggetto di salute, e per ragioni di famiglia. Breve però fu la quiescenza, mentre nel 1802 fu nominato preside di una Commissione economica, e nel 1804 Commissario inquirente contro i malviventi, continuando in questa mansione anche sotto il regime francese sino al 1806 in cui queste contrade furono purgate

(1) Probabilmente della stessa famiglia è Don Antonio Filippo Gregis nato nella diocesi di Parenzo, precettore in Isola nel 1755 e nel 1761. V. Notizie di alcuni precettori in Istria racc. dell'ab A. Marsich (E.)

dalla loro infezione. In febbrajo di detto anno dal magistrato civile dell'Istria fu stabilito delegato nel comune e dipartimento di Pola, e vi rimase sino all' istituzione della Vice-prefettura di Rovigno seguita nel maggio 1807. Nel 1808 con decreto 6 marzo fu eletto presidente del Consiglio dipartimentale dell' Istria, ed in aprile con onorevole foglio della prefettura regalato di una medaglia, e con decreto 25 novembre dell'anno stesso destinato a coprire la Vice-prefettura provvisoria di Rovigno, che non conseguì, perchè attaccato da forte pleurite cessò di vivere in patria nel giorno 4 gennajo 1809 fra il generale compianto. Ad una fervida tempra accoppiava avveduta prudenza, e zelantissimo della patria mantenne relazioni cospicue.

466. BRIGIDO (de) conte Pompeo, di Trieste (1811), nacque il 20 luglio 1729, ed ebbe a padre il barone e capitano Girolamo Brigido patrizio triestino, e per madre la contessa Maria Polissena Psihoffzky di Praga, dama di Corte dell' imperatrice Maria Teresa.

Passò il conte Pompeo per tutte le gradazioni del politico ministero, fu capitano circolare della Carniola inferiore ad Adelsberga, e commissario per la regolazione dei confini del Litorale Austriaco, di Gorizia, della Carniola e Carintia fra l'Austria e la Repubblica di Venezia. Passò poscia primo consigliere presso il governo della Galizia, e Lodomiria; e quindi in luogo di suo fratello conte Giuseppe, fu presidente dell' amministrazione e direzione montanistica di Temesvar; trasferito quindi governatore di Tropavia nella Slesia; e finalmente nel 1781 destinato governatore di Trieste, Lubiana e Gorizia, nonchè consigliere intimo di Stato. Seppe fungere questo geloso e delicato incarico nella sua patria con somma prudenza e generale soddisfazione in tempi difficili per una città marittima, che è l' emporio del commercio nell' Adriatico, e dove affluiscono e si domiciliano genti di ogni nazione per iscopo d' industria e di traffico. Egli era stato già pei suoi meriti e per quelli del fratello conte Giuseppe governatore della Gallizia, unitamente a lui elevato alla dignità di conte, enumerandosene i meriti e i servigi prestati dai due fratelli Pompeo e Giuseppe nell'onorevole diploma dell'imperatrice Maria Teresa, segnato in Vienna il 28 giugno 1777. — Nell'invasione francese, si allontanò il conte Pompeo dalla patria, ritornando dopo pochi giorni, nel 29 maggio 1797. Mecenate delle arti, delle società e del commercio, seppe promuoverle a tutto suo potere, ed essendo presidente dell' Accademia degli Arcadi romano-sonziaci, vide inaspettatamente nel dì 5 novembre 1802 nella pubblica biblioteca, l'inaugurazione del di lui busto per riconoscenza all'ottimo e al benemerito magistrato. Pervenuto all'età di anni settantacinque, dopo ventitre di regime lodevolmente sostenuto in patria, e con sovrana soddisfazione nei momenti più critici, nell' anno 1804 venne giubilato dal monarca, e nel 1809 decorato della Gran croce dell'ordine di S. Leopoldo. Di poco però potè fruire il co. Pompeo delle sovrane onorificenze, perciocchè nel giorno 20 agosto 1811 cessasse di vivere, con dolore de' suoi concittadini, e di ogni ceto di persone in quella sempre crescente città. Il conte senatore Dandolo levò altissimo grido a Milano, e per l'Italia tutta co' suoi scritti per avere il primo introdotto in Italia i mèrini: ma il nostro Brigido lo aveva di gran lunga preceduto, avendo formato intorno l'anno 1785 uno stabilimento nel suo feudo di Lupoglao in Istria: razza distinta di pecore di Spagna che oggi pure si conserva, ed anzi è alquanto propagata nei luoghi vicini. Nè a ciò si limito

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il conte Pompeo, che pure introdusse la famosa capra d'Angora, le pecore d'Egitto, e promosse quanto potè l'agricoltura. Tutto ciò egli fece modestamente, senza che i torchi proclamassero il suo merito; ma io però ne voglio conservare la memoria nell'articolo presente, aggiungendo, che il di lui figlio, l'attuale conte Paolo, animato egualmente dalla stessa passione per l'agricoltura rurale-economica, moltiplicò la razza dei merini a Lupoglao, ed ora rinnova quella delle capre d' Angòra, e per propagarne la spezie offre delle pecore a discretissimo prezzo (1).

467. BRIGIDO conte Giuseppe del fu barone Girolamo da Trieste, (1812), dopo avere percorsa la carriera politica, ed ottenuto il posto di ciambellano e d'intimo consigliere, divenne governatore a Lubiana, e quindi a Leopoli. Questo illustre cavaliere fu uno dei principali benefattori del Gioanneo di Graz, avendo legato a quel rinomato istituto e museo la somma di fior. sessanta mila, per la quale generosa disposizione il di lui nome vivrà nella memoria dei posteri. Nella sala principale del detto Gioanneo in faccia al busto dell' arciduca Giovanni, che ne fu il fondatore, si vedono i ritratti dei tre più distinti benefattori, cioè: il ministro dell' interno conte di Saurau, il conte Giuseppe Brigido, e il conte Egger di Klagenfurt.

468. D' ANDRI Pietro da Capodistria, (1817), nacque li 27 aprile 1749; compiti lodevolmente gli studii nel patrio seminario, e divenuto sacerdote, fu cancelliere vescovile, canonico teologo, e quindi vicario generale capitolare in sede vacante, nonchè decano e parroco della città. La sua affabilità, pazienza, e prudenza lo resero direttore di spirito assai ricercato. Per lo zelo, per la pietà e dilezione del gregge, e per le sue ampie cognizioni religiose si meritò l'universale riverenza ed affetto. Mori nel 1817 a di 17 agosto, e cessò con lui un utile, pio e venerabile ecclesiastico, di cui io non credetti preterirne la memoria, perchè il suo virtuoso operato vivrà indelebile tra i suoi concittadini. (2)

469. VALLE Giovanni figlio di Paolo, (1819), nacque in Capodistria li 26 febbraio 1752, e mori in Venezia nel 24 gennaio 1819. Fu chiarissimo ed eccellente corografo disegnatore, e lasciò moltissime carte di nuova projezione.

Disegnò egli il Polesine di Rovigo col Ferrarese; fece la mappa del Padovano una delle più esatte e minute che si possano avere in questo genere, la quale fu data in origine dal cav. Zuliani nel 1793 in dono all' accademia di Padova per ornamento di quella sala. Fece inoltre la carta della Dalmazia, quella dell' Istria in due carte, e poscia in una sola nel 1793. Aveva incominciato a lineare il dogado, che doveva essere in dodici carte, impresa promossa e protetta dal cavaliere e procuratore Pesaro, il quale non persuadendosi dei saggi di incisioni che ne avevano dato il Monaco, il Colombo, il Raniotto ed altri, cercò altrove più abile incisore per l'esecuzione; ma sopravvenute le vicende politiche colla caduta di quella gloriosa

(1) Il conte Paolo figlio di Pompeo Brigido mori nel 23 gennaro 1848; sostenne a Trieste, sua patria, vari impieghi civici. V. L'Istr. III, 1848, n. 10-11. (E)

(2) Della famiglia di monsignor Pietro D'Andri è il prof. Leonardo, figlio di Giuseppe, valente scrittore e patriotta, morto nel 1866. Si ha di lui nella Porta Orientale, a. II, 1858 lo scritto: Della questione intorno alla patria di S. Girolamo, stampato in quest'opera al Cap. II, pg. 62-67. (E.)

Repubblica, il progetto ebbe a tramontare. Nel 1806 attendeva il Valle a lineare in quattro fogli imperiali tutta l'Italia.

Farò alcune osservazioni sopra i due de' suoi lavori: la carta dell' Istria, e la mappa della citta di Padova:

1. La carta dell'Istria fu pubblicata nel 1797 riveduta e corretta dal cesareo regio ingegnere Giov. Antonio Capellaris; ma questa non è che un nuovo intaglio di quella del Valle, avendo all'intorno gli ornamenti stessi usati dal Valle lasciando vuoto quel tratto, che per necessità dal Valle si doveva lasciar vuoto, giacchè suddito de' Veneziani non poteva nel 1793 visitare quei paesi, che appartenevano all' Austria. Fece però il Capellaris l'aggiunta delle strade, ma queste sono a capriccio, perchè non esistevano a quel tempo, come lo sono al presente e soddisfacenti. (Moschini Lett. Ven. T. I.).

2. Da una apologia col titolo di Discorso parenetico dell'avvocato veneto dottor Marco Piazza rilevo, che il nostro Valle, giovane di grande ingegno e delle più alte speranze, godeva il patrocinio del rinomato patrizio veneto cavaliere Girolamo Zuliani, e che dal medesimo nel 1779 fu il Valte commissionato a rilevare la pianta della città di Padova, opera difficile, che però il solo Valle seppe ridurre a perfezione. Da Roma, ov'era ambasciatore, il Zuliani scrisse al Valle nel 1780 eccitandolo al compimento; ma ritardando l'opera per la vastità delle osservazioni e dell' involucro dei calcoli di somma fatica e pazienza, quello zelante patrizio in data di Roma 14 aprile 1781 gli raccomandava sollecitudine, chiedendo il tempo in cui sarebbe finita. La compi il Valle, e la spedi a Roma al detto ambasciatore, scrivendogli con tutta umiltà, che «aveva dubbio che altri forse avesse potuto riuscir meglio.>> Risposegli ben tosto quel cavaliere:

<<Sia tolta alla sua modestia questa umiliante idea e si persuada pure che il <<suo disegno oltre all'esattezza di cui posso esser io giudice più competente degli «altri, unisce tutti que' pregi che i più valenti artisti di Roma m' assicurano di aver «ricercato invano in altre opere di tal natura. Io credo di aver detto quanto basta <a consolarla, dopo ciò l'aver io dato commissione al sig. Bria che le dia un con«trassegno della mia soddisfazione merita appena che io ne faccia parola.»

Mancava una parte essenziale del disegno non compita, sopra la quale gli scrisse il detto cavalier da Roma li 14 settembre 1782 per sollecitudine: «Sa V. S. quanto <<io m'interessi nelle cose di Padova; tra esse mi stanno a cuore quelle nelle <«<quali vi è impegnata la di lei abilità e riputazione. Posto ciò, può ben' ella imma«ginarsi che il disegno della porta del Portello, ch'ella mi promise, in una delle «cose più importanti, e tanto importante che merita, che per essa sola io le scriva «una lettera per sollecitarla a spedirmelo. Attendo dunque i suoi favori con quella <<sollecitudine che non tolga punto nè alla singolare di lei esattezza, nè agli altri <«<impegni pressanti che potesse avere.» Compito il lavoro quel cavaliere commise a Roma l'incisione, e spedi gl' indici al conte Simeone Stratico professore di Padova, perchè li passasse al Valle, con cui sapeva aver incontrata relazione.

Fino a questo punto si può osservare che tutto il lavoro è affatto del Valle. Ora passerò alla narrazione che toglie il merito al valente nostro corografo, e lo attribuisce invece allo Stratico.

Non fossero mai pervenuti alle mani dello Stratico questi Indici, che aguzzato

il di lui appetito dl gloria anche in ciò, pensò di volerne la parte principale, senza il benchè minimo titolo; scrisse pertanto al Valle una lettera dicendo: «Ne' passati «l'eccell. Zuliani mi mandò le prove degl' indici, e gliele ho spedite con alcune cor<rezioni (cosa inconcludente).» È detto nel fondo di detta carta, ch'essa fu rettificata <<con le osservazioni fatte da 16 punti sublimi, ed i triangoli da quella dedotti. Sa<ranno appresso di lei le carte di dette osservazioni e triangoli. Io pur vorrei vedere <questi calcoli. e la prego di spedirmi le carte ad esse relative, che glie ne farò <<pronta restituzione. (E qui osservisi il motivo). È necessario di tessere un piccolo <«dettaglio, che le farà onore, e però ella me le trasmetta. Padova 9 marzo 1784.» Il Valle, lusingato da un elogio che poteva divenirgli onorevole ed utile, spedi al professore Stratico le carte richieste. Non contento di ciò gli ricerca il detto professore maggiori notizie scrivendogli da Padova li 4 aprile 1784. «Ho ricevuto la <<pregiatissima sua con le carte relative alle osservazioni fatte per rettificare la pianta <di Padova, le ho anche percorse, e trovai essere stati quindici li punti sublimi, dai «quali si sono praticate le osservazioni, non sedici, come era notato sulla pianta «(ciò è vero ma per un semplice errore di stampa). Non ho veduto ivi alcuna traccia <«<di base assicurata dalla quale dipenda la concatenazione de' triangoli; io la prego <di dirmi sopra ciò qualche cosa; amerei anche moltissimo di sapere con qual metodo «ella abbia tracciata la meridiana di detta pianta. Tutto ciò unicamente per poter <<fare un dettaglio di questo lavoro, ch'è riuscito assai bello, ed è utile che venga «illustrato da qualche relazione.» L'oggetto fin qui non era che di far onore al benemerito Valle.

Sospettò però il Valle alquanto di queste avanzate richieste, e trascurò di soddisfare alla domanda. Non cessò però il conte Stratico con terza lettera di lusingare il Valle, onde ottenere quanto chiedeva. Gli scrisse perciò una terza lettera: «Adesso «mi converrebbe avere li calcoli dei triangoli fatti sulla pianta di Padova, giacchè «mi trovo al fine del mio lavoro nel quale avrebbero luogo detti calcoli. Ella di grazia «me ne solleciti dunque la missione, perchè vorrei per il primo di agosto metter <«<sotto il torchio quest'opuscolo.» Il buon Valle gli spedi anche ciò colla speranza di sua onorevole utilità. Gli scrive ancora per la quarta volta lo Stratico, rispondendo, e chiedendo cose ancora maggiori, cioè l'operato del Valle. «Ricevo col favorito di <«<lei foglio il calcolo de' triangoli per la pianta di Padova, e lo trovo esatto e chia«rissimo. Ne la ringrazio intanto, e la prego di rispondermi alle seguenti domande: «Non vede quali basi misurate abbino servito di fondamento alla serie de' triangoli <<calcolati. Ella mi ha indicato d'aver misurate due basi, una da Ognissanti a S. Fran<cesco di Paola, l'altra da S. Croce a S. Danielo. Per disavventura non veggo, che <<sienvi due triangoli con alcuno di questi, nè calcolati, e tra li triangoli calcolati «non ve n'è alcuno, il quale abbia lati misurabili con precisione sul terreno. Os«servo che gli angoli osservati sono poi ridotti nella seconda colonna. Bramerei di <<sapere con qual regola ella abbia fatte queste riduzioni, le misure dei lati suppongo «che siano pertiche, la prego dunque di dirmi qualche cosa su questi articoli. >> Fino a qui si vede chiaramente che il professore non solo non aveva la minima parte nel lavoro, ma neppure lo capiva, anzi ne chiedeva informazioni all'autore. Tardava il Valle a spedirgli le chieste informazioni, e lo Stratico per la quinta volta gli dirigeva la seguente da Padova li 4 settembre 1784: «Tempo fa le scrissi rin

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