Poesia e storia nella "Divina Commedia": studi critici

Naslovnica
Società anonima editrice F. Perrella, 1921 - Broj stranica: 620

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Stranica 77 - Quando leggemmo il disiato riso Esser baciato da cotanto amante, Questi, che mai da me non fia diviso, La bocca mi baciò tutto tremante. Galeotto fu il libro, e chi lo scrisse : Quel giorno più non vi leggemmo avante.
Stranica 399 - Ahi, Costantin, di quanto mal fu matre, Non la tua conversion, ma quella dote Che da te prese il primo ricco patre!
Stranica 200 - Posato al nido de' suoi dolci nati La notte che le cose ci nasconde, Che, per veder gli aspetti desiati, E per trovar lo cibo onde...
Stranica 145 - Così od' io, che soleva la lancia D' Achille e del suo padre esser cagione Prima di trista e poi di buona mancia.
Stranica 539 - O Tosco, che per la città del foco Vivo ten vai così parlando onesto, Piacciati di ristare in questo loco. La tua loquela ti. fa manifesto Di quella nobil patria natio, Alla qual forse fui troppo molesto. Subitamente questo suono uscio D'una del1'arche: però m'accostai, Temendo, un poco più al' duca mio. Ed ei mi disse: Volgiti: che fai? Vedi là Farinata che s' è dritto : Dalla cintola in su tutto il vedrai.
Stranica 557 - Ma fu' io sol colà, dove sofferto Fu per ciascun di torre via Fiorenza, Colui, che la difesi a viso aperto. Dch se riposi mai vostra semenza, Prega' io lui, solvetemi quel nodo, Che qui ha inviluppata mia sentenza.
Stranica 284 - Ma quell' ingrato popolo maligno, Che discese di Fiesole ab antico, E tiene ancor del monte e del macigno, Ti si farà, per tuo ben far, nimico: Ed è ragion; chè tra li lazzi sorbi 65 Si disconvien fruttare al dolce fico. * Vecchia fama nel mondo li chiama orbi, Gente avara, invidiosa e superba: Da' lor costumi fa che tu ti forbì.
Stranica 56 - Ora incomincian le dolenti note a farmisi sentire; or son venuto là dove molto pianto mi percuote. Io venni in luogo d'ogni luce muto, che mugghia come fa mar per tempesta, se da contrari venti è combattuto.
Stranica 250 - Stazio la gente ancor di là mi noma ; Cantai di Tebe, e poi del grande Achille, Ma caddi in via con la seconda soma. Al mio ardor fur seme le faville, Che mi scaldar, della divina fiamma, Onde sono allumati più di mille ; Dell' Eneida dico, la qual mamma Fummi, e rumini nutrice poctando: Senz'essa non fermai peso di dramma.
Stranica 66 - O animal grazioso e benigno che visitando vai per l'aere perso noi che tignemmo il mondo di sanguigno, se fosse amico il re dell'universo, noi pregheremmo lui della tua pace, poi c'hai pietà del nostro mal perverso.

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