proclamare Carlo Alberto re di Roma. Gli mancherà il coraggio, ma è per quella via. Se ne guardi, e s'affidi più al Galletti che a lui. Se il movimento non prende subito carattere italiano, ci sono gravi pericoli. Le provincie faranno da sè; il partito della reazione avrà tempo di costituirsi; la diplomazia, non trovando alcuni fatti consumati, sosterrà il potere temporale del papa, e forse lo imporrà colle baionette. Colla costituente tutto sarebbe rimediato: avremmo un fatto italiano, senza metter fuori verun principio, che ci compromettesse. Il papa non si dichiarerebbe decaduto dai diritti se non che a suo tempo dalla costituente, bastando la separazione del governo civile dall'ecclesiastico. I repubblicani non farebbero colpi di mano. Li Albertiani sarebbero temperati nelle loro ambizioni dinastiche. Tutta l'Italia centrale si troverebbe intanto riunita in uno stesso concetto; e ancorchè non vi fossero deputati piemontesi e napolitani, un congresso de' deputati dell'Italia centrale, a'quali si unirebbero quelli di Venezia e della Sicilia, sarebbe un fatto immenso. » Monsignor Giulio Boninsegni, che da qualche tempo era in Roma, legato del granduca, per negoziare accordi colla santa Sede su quistioni di disciplina ecclesiastica, dà questa testimonianza: « La Cecilia apertamente fece manifesto, ch'egli era mandato a Roma per attivare una nuova rivoluzione, l'oggetto della quale era di togliere al papa il governo temporale, addivenuto incompatibile colle sorti d'Italia, aggiungendo che questo nuovo movimento doveva produrre il suo effetto anco nel regno di Napoli. Il Bargagli, sentite queste cose, protestò non potersi prestare per alcun modo a simili ope. razioni. » II La Cecilia scrivea al contrario al Montanelli: « Il cavaliere Bargagli agisce in pieno accordo con me»; e in un suo libretto posteriormente pubblicato : « Bargagli avea le medesime istruzioni, e mostravasi infatti infatigabile. » Chi dica il vero non so, e poco importa alla storia il saperlo; certo egli è che il Montanelli scrivea al La Cecilia addi 6 di dicembre : « Quello che preme si è che quanto si fa in Roma adesso, si faccia con unanimità. Una scissura tra il parlamento e il popolo credo che sarebbe funesta. Bisogna spingere il parlamento a dichiarare la decadenza di Pio IX dalla sovrarità, a proclamare un governo provvisorio e la costituente italiana. Potendo venire a questi risultati per la via costituzionale è il miglior partito. D'una repubblica romana Dio ci guardi. » E a dissuadere la proclamazione della repubblica in Roma affaticavasi il La Cecilia, e tanto da quel concetto era lontano il Montanelli, che con grande istanza esortava i Romani perchè l'onore della presidenza della costituente fosse conferito a Leopoldo II, come ne fan fede i suoi dispacci, e particolar. mente uno del dì 28 dicembre diretto al ministro Bargagli. Il che non impedi gli uomini, che per odio e amore di parte storcono il vero, di dire allora e di ripetere anco oggidì, il ministero toscano avere spinto i Romani a proclamare la repubblica e tradito il principe che in loro si affidava. Diversi consigli venivano a' governanti di Roma dal legato veneto Castellani, il quale, addì 29 di gennaio, scrivea al suo governo: <<< Prima che Venezia mandasse qui i propri deputati (all'assemblea costituente) sarebbe a vedere come pieghino le cose. Poichè se piegassero a male, come è probabile, noi senza vantaggio alcuno ora, potremmo averne danni gravi poi. Venezia infatti combatte per l'indipendenza, ossia per una causa ri spettata dagli stessi nemici, ond'è probabile che la sua eroica difesa gli frutti libertà. La costituente, che qui si aduna col nome d'italiana, essendo composta della rappresentanza di paesi che sono in interna rivoluzione contro il principato, sebbene dica adunarsi per la stessa causa per cui Venezia combatte, pure pel mandato illimitato che si vuol dare a' rappresentanti, non può a meno di assumere nella pubblica opinione un carattere diverso. Ora, se Venezia vi aderisse, e fossero compressi dalla forza i moti di Toscana e di Roma, e quindi sciolta l'assemblea, Venezia resterebbe compromessa per una causa, che strettamente non è quella per cui resiste; ed in un futuro ordinamento delle cose italiane lé simpatie per la difesa sostenuta le potrebbero mancare. » Le quali parole mostrano come il Castellani repu. tasse la sua Venezia non in rivoluzione contra al principato; come temesse per lei il contatto de' popoli ribelli ai loro principi; come sperasse salva Venezia, quando anche per forza d'armi straniere Roma e Toscana cadute fossero. E vi è chi questa somma semplicità (non essendo da revocarsi in dubbio la onestà del veneto legato) non esita a chiamare savio accorgimento! Il Gioberti proponea in quel tempo a' governanti romani di fare in modo, che l'assemblea costituente cominciasse con riconoscere i diritti costituzionali del pontefice, e col pregarlo di ritornare a Roma con presidio di truppe piemontesi, le quali avrebbero mandato di tutelare la legittima autorità del principe contro i tumulti degli immoderati, ed i diritti costituzionali del parlamento e del popolo contro le mene e i conati dei retrogradi. La quale proposta aveva questo di strano, di costituire il soldato piemontese giudice supremo delle controversie costituzionali dello Stato romano; così, a cagion d'esempio, se il parlamento avesse deliberato di partecipare alla guerra dell' indipendenza, ed il papa avesse, come per lo passato, inculcata la pace coll'Austria, stava alle truppe piemontesi il decidere se l'una sentenza o l'altra dovesse prevalere. Nell' istesso modo per tutte quelle quistioni, ed erano infinite, che il papa dicea di competenza spirituale ed il parlamento ritenea di competenza temporale; nel qual caso non solamente le milizie doveano assumere carattere di suprema assemblea politica, ma anco attribuirsi autorità di concilio ecumenico. E se il papa, com'era certissimo, non si fosse sottoposto al loro decreto, che avrebber fatto i Piemontesi? Costringerlo con la violenza? Questo volea dire rifare quei tumulti che veniano a frenare. Cacciarlo da Roma? E perchè allora fargli rifornire due volte la via di Gaeta? E d'altra parte non era cosa vana sforzarsi a persuadere il papa di ricondursi a Roma qual principe costituzionale, quand'era a tutti nota e mani. festa la sua risoluzione di rientrarvi con le armi straniere appunto per ristaurare il principato assoluto e sciogliersi dai vincoli dello statuto? Di fatti, sin dal dì 21 di dicembre, la compiacente corte di Spagna (scelta apposta perchè dasse meno sospetto) s'era rivolta a' governi di Francia, Austria, Baviera, Portogallo, Toscana, Napoli e Piemonte, proponendo un congresso, nel quale si studiasse modo di restituire il santo Padre nel pieno esercizio della sua autorità spirituale. <<< Si tratta, serivea il ministro spagnuolo Pidal, di assicurare di una maniera solida e permanente la suprema autorità del pontefice, mettendola al sicuro non solamente dalle violenze reali ed effettive, ma anco dalle apparenze di coazione, chè possono essere così funeste per la causa della Chiesa, come per la pace de' popoli. >> E dopo questa dichiarazione, quasi derisoriamente affermava « Che la Spagna non intendeva ingerirsi negli affari interni degli altri stati (1). » Alla quale proposta rispondeva il governo sardo per ufficio del ministro Gioberti: « Il gabinetto spagnuolo assicura che in tale congresso avreb bero ad occuparsi unicamente della questione religiosa, fatta astrazione della politica interiore degli stati pontificii. Ma il ministero di Sardegna, apprezzando le idee veramente religiose di quello di Madrid, debbe ciò nullameno osservare, che non gli pare probabile, che in una riunione di plenipotenziarii di tutte le potenze sovra enunciate, si possa mantenere una giusta separa. zione degli affari religiosi dai politici, se si considera, che egli è per cause politiche che il papa abbandonò Roma, e che per conseguenza la via del suo ritorno in mezzo a' suoi sudditi si trova ingombrata da difficoltà civili, che bisognerà necessariamente anzitutto spianare. La quistione temporale si trova strettamente collegata alla spirituale, e l'una mescolata coll' altra; e siccome nella discussione non si potrebbero separare i diritti spirituali senza intaccare i diritti temporali del papa, si sarebbe per conseguenza costretti di trattare ad un tempo le due questioni nell'istesso congresso, lo che sarebbe in opposizione diretta colle mire delle potenze italiane. D'altronde, fra i governi, chiamati ad inviare plenipotenziarii alle conferenze, vi si vede anche quello dell'Austria. Ora non v'ha dubbio che gli stati della penisola italiana non ammetterebbero in questo momento l'intervenzione dell'Austria in una tale riunione, anche quando le negoziazioni potessero essere ristrette alla parte spirituale, isolata totalmente dalla temporale. A queste considerazioni egli è d'uopo anche aggiungere, |