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così bene come sulle rive del Mincio e dell'Adige..... Il Piemonte sarà sempre devoto al capo spirituale della chiesa; ma il Piemonte potrà protestare, potrà impedire che l'Austria intervenga nel cuore dell'Italia, e disonori colle sue armi la causa santa del pontefice. Io spero che la corte di Gaeta sia per ritornare a sentimenti più evangelici, più degni di Pio IX. Mi spiace il doverlo dire, ma il governo di Gaeta, ripudiando le idee di riconciliazione, ed anteponendo loro la vendetta ed il sangue, non si accorge di ripudiare le massime di Cristo, e di anteporre ad esse quelle di Maometto. Si compiaccia di esporre queste idee rispettosamente, ma francamente all'eminentissimo Antonelli. Voglia il cielo che facciano frutto; e che io non sia costretto a ripeterle al cospetto di tutta Europa. >>>

CAPITOLO V.

DEL GOVERNO ROMANO E DELLA PROCLAMAZIONE
DELLA REPUBBLICA DI ROMA.

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Mentre queste cose in Gaeta si maneggiavano, il governo romano, esercitando una quasi dittatura, pubblicava un codice militare; decretava l'abolizione dei fedecommessi, de'cumuli o moltiplicazioni di rendite in aumento delle sostanze donate o per testamento legate non che l'enfiteusi che dicono pattizie; sospendeva lo obbligo della decennale rinnovazione delle iscrizioni ipotecarie; sopprimeva il dazio del macinato, conservandolo temporaneamente per la città e territorio di Roma; pubblicava leggi e regole per le giubilazioni e pensioni de'militari, magistrati e pubblici ufficiali; riformava la procedura dei giudizi civili; dava nuovo ordinamento alla marineria; toglieva dal codice civile la facoltà di testare per via fiduciaria, e dal codice di commercio quella d'imprigionare i debitori non mercadanti; creava seicentomila scudi di carta moneta garantita colla cessione dell'ipoteca su'beni dell' appannaggio; aboliva le tasse giudiziarie; sanzionava la legge de'municipi, elaborata e proposta dal Mamiani nel tempo che egli era ministro. Nelle quali opere lodevoli e lodate, ricercando cosa che sia degna di biasimo, trovi solamente l'istituzione di una commissione militare con facoltà di pronunziare sentenze inappellabili, e da eseguirsi nel termine di ventiquattr'ore, in reati di sedizioni diretti contro alla vita o alle proprietà dei cittadini, o in qualsivoglia modo tendenti a sovvertire l'ordine pubblico. Gli avversari del governo cominciarono allora a dire: << Siamo ritornati a'tempi gregoriani! Le maledette commissioni militari del Rivarola rinascono. Qual sicurezza avrà l'innocenza? Chi difenderà l'accusato dall'arbitrio dei giudici? Tiranneggiati in nome del papato, lo saremo ora in quello della libertà ? » Il vero egli è che le commissioni militari del papato gastigavano gli innocenti, e quelle della libertà non punivano neanco i rei: ragione di più per non istituirle, imperocchè è doppio errore minacciare i nemici con severità e venire alla esecuzione con rimissione d'animo, mostrarsi feroci in parole e deboli negli atti.

Ed in quel tempo la corte di Gaeta non lasciava maneggi ed artifizi intentati per mettere dissensioni nello stato, cosa che pensava essere molto profittevole per indurre i Romani a cedere alla sua volontà, e tutta la sua industria adoprava per far nascere scandali, scismi, sollevazioni, che o riescissero, e ricondurrebbero il dominio assoluto del clero e opprimerebbero i liberali, o non riescissero, e allora provocherebbero questi ad opere di sangue, e darebbero pretesto alla corte pontificale di gridare alla tirannia, e di far credere all'Europa che i governanti romani fossero un'orda di assassini, come si compiaceva di chiamarli il cardinale Antonelli. Primo tentativo di riazione fu quello del generale Zucchi, che con un ordine del giorno del 7 gennaio, dato da Gaeta, esortava le truppe romane a tener fede al papa, e a niegare ubbidienza a'governanti dello stato; ma le truppe ricusarono di aderire alle sue insinuazioni, avendo il parlamento dichiarato nullo ogni atto incostituzionale che venisse dal principe fuggitivo; oltrecchè l'istesso generale avea con sua lettera del 27 novembre rinunziato al comando e all' ufficio. Riuscito

inefficace questo tentativo, la corte pontificia si rivolse alla corruzione, offrendo considerevoli promozioni agli ufficiali se seguir volessero il pontefice: arti vituperevoli, ma non più efficaci, imperocchè non più di trenta bersaglieri e pochi carabinieri si ridussero a Gaeta, ed il vecchio generale Zamboni, che da Roma, con altri due ufficiali, dopo aver cercato vanamente altri compagni, era di nottetempo fuggito, venia arrestato dalla guardia civica, e sostenuto in Castel Sant'Angelo. La brigata svizzera al servizio dello Stato romano era co. mandata dal generale Latour; stanziava il primo reggimento, sotto gli ordini del colonnello Weber, con cento oltanta artiglieri a Bologna; un distaccamento a Castel franco; il secondo reggimento, comandato dal colonnello Kaiser, a Forli. Latour ricevè l'ordine del generale Zucchi, e, come gli era imposto, per tre dì lo fece leggere a' soldati. La sera del 24 di gennaio giunse di soppiatto a Bologna monsignore Bedini, in qualità d'inviato straordinario del papa, e gli recò lettera del cardinale Antonelli, che gli ordinava di ubbidire al Bedini, e di muovere coi suoi soldati verso gli Abbruzzi. L'inviato avea ordine d'indagare se fosse possibile di ristabilire il governo del papa a Bologna, che avea fama di sgradire la rivoluzione romana; e se questo non fosse possibile, di condurre gli Svizzeri nel regno di Napoli. Laonde egli, accortosi, che in quella città, avvegnachè la parte democratica non vi prevalesse, nondimeno del governo dei preti non volea più sapersene, e che i costituzionali, che vi aveano autorità, risolutamente niegavansi di partecipare al ri. stabilimento del principato assoluto, ordinava l'immediata partenza della brigata, raccomandando al generale segretezza, ed esigendo da lui promessa che a

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nessuno manifesterebbe che egli fosse a Bologna e l'oggetto di sua venuta. Il generale si dichiarò pronto ad ubbidire, e chiamò a sè il colonnello Kaiser per comunicargli a voce l'ordine ricevuto; ma quando si venne alla necessità del denaro indispensabile per le paghe e pel mantenimento delle truppe in un viaggio non breve, monsignore rispose di non averne proponendo si togliesse da quella cassa di deposito che nelle milizie chiaman massa, ovvero che i paesi, pe' quali si dovea passare, si taglieggiassero. Il generale ed il colonnello risposero indignati, che la massa dei reggimenti era proprietà di ciascun soldato, affidata in deposito all'onore de' capi; e che i reggimenti svizzeri attraversando paese amico, per il quale aveano combattuto e dal quale aveano ricevuto l'onore della cittadinan. za, non potrebbero taglieggiarlo e metterlo a ruba, senza nota d'infamia: andasse piuttosto monsignore a chiederne agli eminentissimi di Bologna, di Ferrara e d'Imola, e ne cavasse almeno tanto che bastasse a'soldati, senza curarsi degli ufficiali. Andò il Bedini, ma senza alcun frutto: tentò anco invano curati e conventi, perchè in quella congiuntura questi principi e campioni di santa chiesa volean tenere la moneta per loro e non metterla a rischio per servigio del papa. Ritornato il Bedini, fu risoluto di provvedere alle truppe per via di compartite ne' paesi di passaggio, lasciando a' fornitori de' boni sottoscritti da monsignore e dai colonnelli e pagabili sul tesoro pontificio: fu stabilita la partenza pel di 28; ma mentre si andava in cerca di cavalli e di vetture, la voce di quella partenza si sparse per la città, ed il popolo profondamente si commosse e tumultuariamente prese la deliberazione d'impedirla. Parecchie deputazioni furono mandate al generale; il preside Berti Pichat fece ogni opera per

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