Filopanti, e fatto l'appello nominale, de' centoquarantadue rappresentanti del popolo ch' erano presenti, cinque soli votarono contro al decadimento del papa; ventidue contro alla repubblica, dichiarando ciò fare non per avversione al reggimento repubblicano, ma per ragioni di opportunità. I governanti votarono tutti per il si, e Monsignore Muzzarelli ne riscosse vivissimi applausi. Il presidente lesse il decreto, ch'era del tenore seguente: ART. 1. Il papato è decaduto di fatto e di diritto dal governo temporale dello Stato romano ». ART. II. « Il pontefice romano avrà tutte le guarentigie necessarie per la indipendenza dell'esercizio della sua potestà spirituale ». ART. III. « La forma del governo dello Stato romano sarà la democrazia pura, e prenderà il glorioso nome di repubblica romana ». ART. IV. « La repubblica romana avrà col resto d' Italia le relazioni che esige la nazionalità comune (1) ». (1) Documenti, vol. 11, AAA. Tutti gli ascoltatori acclamarono la repubblica, e l'adunanza si sciolse alle ore due del mattino del dì 9 di febbraio dell' anno 1849. Col sorgere del nuovo sole Roma in gioia e in tripudio: l'assemblea, fra suoni, canti e popolari festeggiamenti, sali al Campidoglio, e di là il presidente annunziò agli innumerevoli spettatori, all' Italia e al mondo, che la repubblica tornava a rivivere nell' eterna città. CAPITOLO VI. DEL GOVERNO PROVVISORIO TOSCANO 133 In quel medesimo dì, in cui in Roma prendevasi la grave deliberazione di riedificare la repubblica, rovinava in Toscana il principato. All'alba del dì 8 voci varie e discordi correvano in Firenze sulla fuga del granduca: nella notte tornato era in tutta diligenza da Siena il ministro Montanelli. Più tardi si riseppe come il principe e la sua famiglia s'erano diretti verso Porto Santo Stefano agli estremi confini delle toscane Maremme; ma se per soffermarsi o per imbarcarsi per altri luoghi ignoravasi. I tamburi della guardia civica battevano a raccolta; la campana di Palazzo Vecchio suonava a distesa; il popolo traeva alla piazza della signoria, e vi si adunava a parlamento come ne'tempi dell' antica repubblica, quando le sorti della patria dal popolare suffragio dipendevano. Il circolo fiorentino aveva trasferito il suo seggio sotto le logge dell' Orgagna: molti oratori aringavano la concitata moltitudine, e ad ardite opere l'incitavano; rammentavano le antiche glorie del popolo e le recenti colpe del principato; commendavano ed esaltavano le felicità del viver libero; parlavano dell' Italia; invocavano i nomi di Dante, di Savonarola e di Ferruccio; e propo. neano un decreto in nome del popolo del tenore seguente: « Considerando che la fuga di Leopoldo d' Austria infrange la costituzione, e lascia senza governo lo Stato; considerando che il primo dovere del popolo, solo sovrano di sè stesso, è di provvedere a questa urgenza; facendosi anche interprete del voto delle provincie sorelle, nomina un governo provvisorio nelle persone dei cittadini Giuseppe Montanelli, Francesco Domenico Guer. razzi e Giuseppe Mazzoni, che a turno assumeranno la presidenza, e a loro affida la somma delle cose, e per l' Italia l'onore toscano, a condizione: che la forma definitiva di governo per la Toscana debba decidersi dalla costituente italiana in Roma; e che frattanto il governo provvisorio si unisca e si restringa a quello di Roma, tanto che i due Stati agli occhi d' Italia e del mondo ne compongano uno solo » . Il quale decreto, acclamato in piazza in una guisa di plebiscito, o di parlamento, come diceano gli antichi fiorentini, fu da dodici delegati recato al gran consiglio, dove il Montanelli stava narrando la fuga del principe e dando lettura delle lettere da lui ricevute. Entravano i delegati e con loro tumultuariamente una turba di popolo, che intimava al consiglio di sciogliersi; onde nasceva scompiglio e confusione grandissima; il presidente dichiarava sospesa la seduta: alcuni deputati si ritraevano; ma il Guerrazzi, salito in rin. ghiera, intimava ed otteneva silenzio; indi dicea: il popolo di Firenze non aver diritto d'imporre il suo voto - a Toscana tutta; biasimevole l'inconsiderata violazione del santuario delle leggi; necessaria l' unione e la concordia in quel momento solenne. Le quali parole ebbero il loro pieno effeito, imperocchè racchetaronsi gli animi, il popolo quetamente si ritrasse, si ricompose in calma l'assemblea. Allora i ministri rassegnarono i loro uffizi; e messo da' deputati Trinci e Socci il partito di creare un governo provvisorio, de' quali fossero membri il Montanelli, il Guerrazzi e il Mazzoni, ed avendo parlato nella medesima sentenza lo Zannetti ed altri autorevoli oratori, fu vinto ad unanimità di suffragi, e mandato al senato perchè l'approvasse. Diceva quivi il Guerrazzi: « Io con quella maggior fede, che uomo del popolo può esercitare, ho servito fedelmente Leopoldo II; e debbo dirvi, ch'io era offuscato da un gravissimo errore, imperocchè credeva che libertà e principe potessero stare insieme. Mi confermava in questa mia speranza il credere Leopoldo II uomo onestissimo e dabbene. Oggi questa speranza è caduta: questo velo si è squarciato, ed io devo solennemente dichiarare, che il principe non ha corrisposto per niente alla fede con la quale noi l'abbiamo servito ». Cominciatosi a trattare del proposto decreto, il Capponi dicea: « In quanto a me dichiaro essere questo mio voto dato con pieno convincimento, e con sicurezza di coscienza. Il decreto che viene a noi proposto è una stretta necessità, quando ci manca ogni mezzo di comunicazione col potere esecutivo: a quel difetto è d'uopo surrogare quei poteri costituiti, che tuttavia rimangono ». Di poi soggiungeva: « Il paese è in una di quelle necessità supreme, dove, il potere mancando, ei deve provvedere a sè stesso. In questa necessità di cose, il senato vota per quel decreto, ch'è stato proposto. Il senato non può fare altro, e intende di farlo come rappresentante della nazione e del popolo, giacchè popolo e nazione sono sinonimi ». Ed il senato decreta ciò che opinato avea il Capponi (1). I membri del governo provvisorio sono sulle braccia e spalle de' cittadini portati in piazza, acclamati, festeggiati; il parlamento, il munici pio, la guardia civica, i giornali i più moderati tutti si rivolgono a loro, li lodano, gli esaltano, gli scongiurano |