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a non abbandonare la patria in quel pericolo. La città era lietissima; nessuno offeso o ingiuriato. La turba de' cortigiani della ventura del principe era fuggita, rimpiattata: qualcuno parlava di repubblica e commendava l'unione con Roma: i più attendevano l'ora propizia ed opportuna, in cui il governo, per salvar loro ed il principato, avesse perduto il favore de' più caldi e audaci, per dargli addosso, e far perdonare l'infedeltà primiera con la serotina divozione.

Il governo provvisorio creava nuovi ministri: Mordini per gli affari esterni, Costantino Marmocchi per l'interno, Romanelli per la giustizia: rimaneano a'ministeri delle finanze, della istruzione pubblica e della guerra, gli antichi ministri Adami, Franchini e D' Ayala, sebbene quest'ultimo dimettevasi, allegando la fede del giuramento prestato a Leopoldo II. Il nuovo governo pubblicava il seguente manifesto a' Toscani: « Il prin. cipe, a cui voi prodigaste tesori di affetto, vi ha abbandonato; e vi ha abbandonato ne' supremi momenti di pericolo. Il popolo e le assemblee legislative hanno appreso questo fatto con senso di profonda amarezza. I principi passano; i popoli restano. Popolo ed assemblee hanno sentito la loro dignità, e provveduto come conveniva. Il popolo e le assemblee ci hanno eletti a reggere il governo provvisorio della Toscana. Noi accettiamo, e in Dio confidando e nella nostra coscienza, lo terremo con rettitudine e con forza. Coraggio! stiamo uniti; e questo avvenimento sarà lieve come piuma caduta dall'ala di uccello che passa. Nessuno si attenti sotto qualunque pretesto turbare la pubblica sicurezza. La libertà porta bandiera senza macchia. I Toscani se lo rammentino. Custodi per volere del popolo, della civiltà, della probità e della giustizia, noi siamo determinati a reprimere

e acerbamente reprimere le inique mene de' violenti e dei retrogradi; difensori della indipendenza, noi vegliamo a ordinare armi libere e onorate. Viva la libertà! Fi renze dal palazzo della nostra residenza, questo dì 8 febbraio 1849. I membri del governo provvisorio toscano: F. D. Guerrazzi, G. Mazzoni, G. Montanelli »

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Ma non pria il governo provvisorio si costituiva, che già i retrogradi con insidie e aperta violenza lo assalivano. La sera del 9 febbraio uno stuolo di con. tadini armati e di soldati disertori faceano impeto a porta San Frediano. A respingere quella improvvisa aggressione accorrevano la guardia civica, la guardia municipale ed il battaglione lombardo; e dopo brevissima e non sanguinosa zuffa, i contadini sbrancavano e fuggivano; parecchi di loro eran presi prigioni; i soldati agli alloggiamenti ritornavano supplichevoli e pentiti, e nessuno di loro era punito. Nè si fece inquisizione come si dovea, per iscoprire gli autori di quello scandalo. Fallito quel tentativo del contado fiorentino, scoppiava ad Empoli nuova sedizione. Quivi i sollevati guastavano la strada ferrata, rompevan ponti, ardevano la bella stazione empolese. Il generale D' Apice era mandato a reprimere quei moti, ma non appena quivi giunto, cessava ogni tumulto, i colpevoli chiedevan perdono; e l'ebbero, non come i principi, ma come i popoli soglion darlo. Il generale De Laugier aveva dato la sua dimissione; ma fu pregato a ritirarla, e fu lasciato al comando delle truppe toscane, radunate a campo su' confini di Massa e Carrara. Il presidio di Firenze, non senza gravi difficoltà, prestava giuramento « di fedeltà ed ubbidienza alle leggi e a' poteri esecutivo e legislativo, costituiti e da costituirsi dal libero assenso del popolo ». Chi non volea giurare avea licenza di partirsi, e molti furono i soldati, che in quella occasione le bandiere abbandonarono. L'indisciplina era al colmo, non per colpa del ministro D' Ayala, il quale molte utili riforme avea ordinate, più assai proposte; ma il male era antico, le cagioni parecchie, ed i rimedi volean tempo, quiete e virtù di capitani. A Pontremoli i soldati disertavano con armi e bagagli; di poi ritornavano agli alloggiamenti come se rei non fossero, ma innocentissimi: a Portoferraio tumultuavano: a Lucca dichiaravansi ubbidienti al governo provvisorio: a Livorno faceano evviva alla repubblica. Chi scrivea e pubblicava indirizzi, dichiarazioni, proteste; chi contumace e sedizioso mostravasi: vedevi di e notte soldati vaganti, sparpagliati tutti qua e là; ufficiali infingardi; i buoni esser trascinati dall'esempio de' tristi; a questi tutto lecito, senza timore di pena o rimordimento di vergogna: siffatto esercito più angustiava il nuovo governo co' suoi disordini, di quello che l'aiutasse con la sua forza. Bisognava fosse disciolto e riordinato, im. perocchè meglio soldati nuovi e ubbidienti, che vecchi e indisciplinati; meglio un ottimo battaglione, che un pessimo esercito. Neanche alla guardia civica mutavasi altro che il nome, prendendo allora quello di guardia nazionale; se non che alla fiorentina fu preposto come comandante supremo il professore Zannetti, per pubbliche e private virtù, non meno che per iscienza, degnamente celebrato.

Il Guerrazzi, in data del dì 16 di febbraio, scrivea al De Laugier: « Io ho quanto te onore, e ti giuro che il granduca ha operato due cose: ci ha ingannato, e ci ha abbandonato. Con nessuno aveva diritto di operare così: non col popolo, che l'acclamava; non coi ministri, che gli si erano mostrati tanto leali, che partendo, come vedi, raccomandò loro la conservazione della quiete del paese; molto meno poi con me, di cui non faceva altro che dir bene a tutt'uomo, e che in secretis gli aveva detto: Altezza, io non vi ho imposto la costituente, voi la imponeste a me: io penso non vi abbiate meditato abbastanza bene: se difficoltà gravi si incontreranno per la sua effettuazione, ditemelo. Non si ha da precipitare la patria per teorie; io farò in modo allora, che senza scapito della riputazione vostra potrete accettare la nostra dimissione. Da Siena mi scrisse col mezzo del Pittheuser lettere cordiali raccomandandomi il paese. Tardando a venire, il ministero gli scrisse che o tornasse o accettasse la sua dimissione; ed egli: per amor del cielo non partissimo; essere infermo; qualcuno di noi si portasse da lui; tornerebbe appena ristabilito. Di ciò sono testimoni il generale Ghigi, il gonfaloniere Peruzzi. Poi partiva Montanelli. Ora il principe si allontana e non dice dove. Le comunicazioni rimangono interrotte. Il ministero rimette all'assemblea i suoi poteri: 1.° perchè scriveva già che ove il principe non si riconducesse a Firenze, egli si dimetteva; 2.° perchè mancato il capo del potere esecutivo, cadeva l'edifizio costituzionale. Il popolo e l'as. semblea doveano provvedere alla salute dello Stato, e ci provvidero. Ecco il nostro concetto. Tener fermo finchè la nuova assemblea non si convochi. Essa deciderà delle sorti del paese. Ora tutti noi figli della patria dobbiamo stare a' nostri posti per salvarla dall'anarchia e dalla invasione. Mi sembra questo tale concetto, a cui nessuno che abbia cuore, onore e senno, possa e debba ricusarsi. Il corpo diplomatico, meno Francia e Inghilterra, raggiungono Sua Altezza a Porto S. Stefano. Lord Hamilton consiglia la rinunzia di Sua Altezza a favore del figlio. Vedremo cosa ne nascerà. Leopoldo ha perduto ogni credito fra i suoi caldi fautori; perchè sembra davvero che il suo animo indebolito dalle continue scosse non abbia saputo resistere allo scrupolo. Eccoti detto tutto come padre. Dunque difendi e fa difendere la patria. Avrai ricompensa prima di tutto dall'anima tua; poi dalla patria riconoscente ed infine con la bella fama che ti acquisterai; e piacerai sempre a chiunque sarà chiamato dalla Provvidenza a reggere queste sorti nostre toscane ».

Il governo provvisorio avea difatti decretato: aboliti il consiglio generale ed il senato: eserciterebbe il po. tere legislativo una sola assemblea composta di centoventi rappresentanti del popolo, eletti con suffragio universale e diretto: si convocherebbe la detta assemblea addi 10 di marzo; ad una legge per l'attuazione dell'assemblea costituente provvederebbe (1). Questo decreto creava un'assemblea legislativa toscana, invece di una costituente italiana; rinviava a tempo indefinito l'unione con Roma; toglieva l'iniziativa di un mutamento di stato dalle mani del governo provvisorio, e la metteva in quella dei rappresentanti del popolo; annullava implicitamente la legge della costituente italiana, approvata dal gran consiglio, e che il granduca avea prima autorizzato i ministri a proporre, e dipoi avea disdetta. I circoli, i giornali repubblicani, la parte democratica ne fu sommamente scontenta. Aggiunse esca all'incendio una lettera dell'assemblea costituente romana, che invitava la Toscana a seguire l'esempio di Roma, ad unificare i comuni destini. Per lo che nacque

(1) Documenti, vol. II.

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