incaricato dall'imperatore di trattare i capitoli della pace direttamente col governo piemontese, secondo il desi. derio, l'Austria affermava, manifestato dal re Carlo Alberto. Maravigliati i ministri di questa novella, mandarono in tutta diligenza il Revel e il marchese Alfieri loro colleghi al re, che trovavasi in Alessandria, e ritornando di là, il detto Revel scrivea al barone Perrone ministro degli affari esterni: « Il re, avendo udita la lettura del dispaccio del signor La Cour, ov'è detto che delle aperture di pace erano state fatte direttamente da Sua Maestà al generale Radetzky, ci ha dichiarato nella maniera la più formale e la più assoluta, che nè prima nè dopo la convenzione di armistizio del 9 del corrente, e meno ancora dopo l'accettazione della mediazione franco-inglese, Sua Maestà non avea incaricato alcuno di aprire delle negoziazioni di questa natura. Che solamente nell'occasione della negoziazione dello armistizio del di 9, il maresciallo Radetzky avea ma nifestato al negoziatore sardo il desiderio di fare qualche cosa che fosse gradita al re, e di fare anco delle aperture di pace, offerendo d'incaricarsi di far pervenire all'imperatore d'Austria una lettera del re, se Sua Mae stà giudicava di scriverla; proposta alla quale il re ci ha dichiarato non aver dato alcun seguito, e di non avere neanco dato alcuna risposta. >> Fondandosi su di questa dichiarazione, allorchè il principe di Schwarzenberg, con suo dispaccio del di 30 agosto, notificava al governo piemontese il suo arrivo a Milano e l'oggetto della sua missione, il barone Perrone gli rispondea che avendo il re accettato la mediazione offerta dalla Francia e dall'Inghilterra, non gli era possibile di aprire delle pratiche di pace dirette e parziali, sperando che i buoni uffici de'due potentati procurerebbero una pace , soddisfacente all'onore della sua corona ed a'sentimenti dell'Italia (1). Pochi giorni dopo il signor di Beaumont ambasciatore francese presso la regina d'Inghilterra, scrivea a lord Palmerston: « Vostra eccellenza ha dovuto ricevere una lettera per la quale lord Normanby vi esprime il desiderio che sia ordinato a lord Ponsonby di unirsi a Vienna al rappresentante del governo francese, per domandare al gabinetto austriaco una risposta precisa e difinitiva alla nostra offerta di mediazione. Io sono incaricato dal mio governo di sollecitare vostra eccellenza perchè delle istruzioni in questi termini sien date al più presto possibile a lord Ponsonby. Nel momento in cui il governo francese tenta un ultimo sforzo per dare alla quistione italiana una soluzione pacifica, egli non dubita che il gabinetto inglese non gli apporti la più sincera e zelante cooperazione; e ci conta tanto più sicuramente, in quantochè la via, nella quale e' si mette, è precisamente quella che vostra eccellenza raccomodava come la migliore, allorchè mi dicea queste parole, che non sono state dimenticate: non v'è a pigliare alcun partito per la condotta a tenersi sintantochè non si saprà positivamente se l'Austria accetta o rifiuta la mediazione. Or è questa risposta dell'Austria che il governo francese vuol sapere precedentemente ad ogni determinazione. Io credo poter dire che gravi risoluzioni erano sul punto di pigliarsi, ma che sono state subitamente sospese. Il capo del potere esecutivo in Francia non ha voluto che si possa dire che esisteva qualche speranza di accomodamento pacifico da lui non tentata. (1) Nota del 31 agosto 1848. Oramai io non credo di esagerare aggiungendo che la opinione sì fortemente espressa da vostra eccellenza ha avuto una grande influenza su questa grave risoluzione del governo francese. L'Inghilterra e la Francia, animate da un medesimo sentimento di giustizia e d'umanità, hanno proposto insieme una mediazione, il cui successo importa al ristabilimento di una pace durevole nel mezzogiorno d'Europa. Il più sincero desiderio della Francia è che l'opera sia fornita dalle due potenze che l'hanno cominciata; ma se la Francia restasse sola, non per questo abbandonerebbe un'impresa, alla quale il suo onore è congiunto. Ella però comprende tutta l'importanza della cooperazione dell'Inghilterra, e molto si dorrebbe di tutto ciò che scemare potesse fra le due nazioni e i due governi questo buono accordo e questa buona amistà, dalla quale dipende la pace del mondo (1).» Questo era il linguaggio che teneva la Francia in quei dì a Londra e a Vienna; per lo che l'Austria impaurita si affrettò ad accettare la proposta mediazione; ed il barone Wessemberg scrisse all'ambasciatore francese presso la corte austriaca una nota del tenore seguente: « Il governo imperiale accoglie l'offerta di mediazione che gli è fatta dai governi della repubblica francese e della Gran Bretagna, nello scopo di mettere fine alla guerra ch'è venuta a desolare le provincie italiane, riserbandosi di convenire con le potenze mediatrici sulle condizioni che debbono servir di base alle negoziazioni. Il sottoscritto tuttavia dee fare osservare sin da ora (cosa sulla quale attirò l'attenzione de'signori rappresentanti (1) Nota del 3 settembre 1848. Correspondence respecting the affairs of Italy, presented to both Houses of Parliament by Command of Her Majesty, Part. III. della repubblica francese e del governo inglese, nell'abboccamento che ebbe con loro) che le negoziazioni non possono essere basate sullo stato delle cose esistenti, allorchè il governo imperiale prese l'iniziativa per mettere un termine alle ostilità; iniziativa allora respinta di un modo che è stato certamente disapprovato non meno dal governo francese che dall'inglese. Fatti i primi passi per offrire la mediazione da' rappresentanti della Francia e della Gran Bretagna, il sottoscritto era in diritto di attendersi delle proposte dirette dalla parte di Sua Maestà sarda, la quale, avea sollecitato un armistizio come un cominciamento di negoziazioni, o, com'è detto in testa della convenzione d'armistizio, come preludio di negoziazioni per un trattato di pace. Più tardi Sua Maestà fece domandare al generale in capo dell'esercito austriaco, come ed in che guisa le negoziazioni potean essere più convenientemente aperte, ed il governo imperiale si affrettò dalla sua parte a nominare un plenipotenziario: ma fu ingannato nella sua aspettativa, imperocchè invece di vedere dar seguito alle negoziazioni sollecitate dalla parte avversa, provò gravi difficoltà per l'esecuzione dell'istesso armistizio. Il governo imperiale si vede dunque nella necessità di insistere innanzi tutto sull'intera esecuzione di questo armistizio. L'Austria ha coscienza d'aver fatto tutto ciò che poteasi ragionevolmente desiderare dalla sua parte per il mantenimento della pace in Europa, o, per meglio dire, per prevenire le complicazioni che potrebbero esser cagione d'una guerra generale, limitando i suoi successi, allorchè non dipendea che da lei di estenderli, allo stato di possessione delle parti interessate, com' è definito dai trattati, nè potea dare sicurtà più manifesta delle disposizioni eminentemente pacifiche che non hanno cessato di animare il suo governo (1). Così l'Austria, con molto accorgimento, accettava in principio la proposta mediazione per togliere alla Francia la ragione dell'intervento; ma si lasciava piena libertà di accettarne o rifiutarne le condizioni, sperando nel beneficio del tempo, non avendo più alcuna fretta di venir a conclusione, essendo oramai nuovamente signora della Lombardia e non sentendo più l'aggravio dell' esercito, che stipendiar facea da' Lombardi. Rinnovava quindi senza difficoltà l'armistizio allorchè fu trascorso il tempo convenuto; ma poco curavasi di adempirne i patti: così niegavasi di rendere il parco d'artiglieria del Piemonte rimasto a Peschiera, per la ragione che il naviglio sardo non era uscito dall'Adriatico, nè le truppe sarde da Venezia. Mancate queste ragioni, mise avanti pretesti ridicoli, come, a cagion d'esempio, qualche cannone non restituito al duca di Modena, e qualche soldato modenese rimasto al servizio del re di Sardegna. Il governo piemontese facea per questo delle calorose istanze: ma non così per la violazione di quei patti che risguardavano la Lombardia, crudelmente oppressa e flagellata: parea i ministri sardi non avessero viscere umane che per la sola Piacenza. Era questo forse l'accrescimento di territorio che speravano? a sì miseri termini era ristretto il concetto del regno italico? Alle loro querele, trasmesse per mezzo de' legati di Francia e d'Inghilterra, il maresciallo Radetzky rispondea : « I sacrifici imposti dalla guerra sono un male inevitabile nelle presenti congiunture; ed io debbo aggiungere, che, se credessi dovere giustificare i presi provvedimenti, questo dovrei fare col sovrano (1) Nota del 3 settembre 1848. Correspondence etc. |