operato, e dopo lunga orazione assicurava i deputati che il governo « non credeva accettabile quella pace che non avesse per fondamento il riconoscimento della nazionalità italiana; che non confermasse in tutta l'Italia quell'ordine di cose che dà voce alla nazione a costituire il suo diritto, le sue leggi, e regolare il suo governo, e che pone le armi nelle mani de' soli cittadini; che non stabilisse nella parte superiore dell'Italia uno Stato forte e potente che ne guardasse i passi >>>; concludendo con dichiarare << che le clausole della mediazione portavano il riconoscimento della nazionalità italiana, ne assicura. vano l'autonomia e accrescevano la forza del guardiano delle Alpi », e che se tali condizioni fossero reiette, il governo avrebbe ripigliato la guerra, il cui esito non sarebbe incerto con l'aiuto de' potenti vicini. Allora il Brofferio con eloquenti parole pose il partito che la camera non approvasse di attendere l'esito della mediazione per deliberare della pace e della guerra; ma offrisse al governo il suo concorso s'e' si decidesse a ricominciare immediatamente le ostilità. Grandi furono gli applausi degli ascoltatori, e l'oratore, nell'uscire dal parlamento, veniva festeggiato ed acclamato dai cittadini, che in numero straordinario stavano affollati sulla piazza attendendo l'esito della discussione. La quale ripigliatasi nel di seguente, il ministro degli affari esterni disse, la guerra fra glı Slavi e gli Ungheri cominciata appena; si attendesse che il nemico fosse estenuato per assalirlo: giovare all' Alemagna che l'Italia ridivenga libera e forte: questo volere anco l'Inghilterra: alla Francia doversi gratitudine. Cosa utilissima continuare le pacifiche negoziazioni: venendo il tempo opportuno, i ministri chiederebbero al parlamento uomini e danari per la guerra; ma non doversi far questa intempestivamente per compiacere a' pochi repubblicani di Lombardia. Rispose il Valerio con bello ed onorato discorso: doversi cogliere l'opportunità che la fortuna per la seconda volta offre al l'Italia, il perchè sorga da morte a vita: gli indugi della mediazione giovare all' Austria soltanto: il Piemonte consumarsi nella pace armata sostenendo un esercito non proporzionato alle sue rendite; l'esercito austriaco divorarsi, non le austriache, ma le italiane provincie, ed impinguarsi nella pace. Egli proponea si stabilisse un termine all'armistizio, e chiedea se per pace onorevole intendessero i ministri sol quella che assicurasse l'esistenza del regno dell'Alta Italia; e se dovendosi ripigliare le armi fosse l'esercito alla riscossa disposto ed apparecchiato. L'altro giorno il generale Dabormida dichiarò apertamente che poco era da fidarsi sull'esercito. << Forse non si è fatto abbastanza, e' dicea: io pure credo di non aver fatto per l'esercito quanto si potea fare; ma mi si conceda il vanto di aver fatto tutto ciò che in coscienza ho creduto di poter fare..... L'esercito piemontese composto di uomini ammogliati e di padri di famiglia, non d' uomini da più anni indurati nella vita del soldato, non può certamente avere la disciplina dell'esercito austriaco ». Qui il ministro su interrotto da segni di disapprovazione; ed egli ripigliò: « Non voglio con ciò dire che il nostro esercito sia inferiore in valore all'austriaco; ma, in quanto a disciplina anco durante la campagna, si mostrò sempre inferiore, e lo provò pur troppo il fatto, che, toccato un primo rovescio, e' si disciolse ». A queste parole crebbero i segni di disapprovazione, ed il ministro soventi volte interrotto, continuò: « Havvi un' altra piaga dell'esercito, ed è che noi abbiamo troppi uomini proporzionatamente a' nostri quadri, Questa è anche una verità. Noi abbiamo comin. ciata la guerra con otto mila uomini di ordinanza. Come sanno tutti, si chiamano uomini di ordinanza, quelli che fanno otto anni di servizio. Ebbene, sanno ora quante promozioni, quanti sottocaporali si son fatti durante la guerra? Quasi settemila!... Io sono convinto che invece di tanti uomini sotto le armi, varrebbe meglio che ne avessimo di meno... Me ne appello a tutti gli ufficiali della camera... L'esercito di cento trenta mila uomini non è forte nemmeno come uno di centomila, nemmeno come di ottantamila... Noi abbiamo troppo uomini: la maggior parte dei soldati hanno da trentacinque a quarant' anni: io credo che sarebbe utile mandarli a casa loro, e rinforzare l'esercito con anticipare la levata dell'anno venturo. E se voi mi chiedete perchè questo non ho fatto, vi rispondo: non ho osato: temevo le accuse che su di me si aggravano ». Quelle parole scossero tutti gli animi e destarono un'indicibile concitazione: alcuni gridavano che volea rendersi impossibile la guerra; altri che si vituperava l'esercito; chi accusava i ministri di aver veduto il male, e non avervi voluto portar rimedio; chi s'indignava di quelle rivelazioni; e molti eran quelli che sfacciate confessioni diceano ciò che altri utili verità nominavano. E sì che pur troppo egli era vero ciò che affermava il ministro! Ma perchè si era taciuto due mesi? Perchè nel suo programma aveva parlato di pace onorevole quand'era la guerra impossibile? Perchè nel di innanzi all'apertura del parlamento aveva tenuto co' rappresentanti della Francia e dell' Inghilterra un linguaggio che ora pubblicamente sbugiardava? Il deputato Cavour parlò in pro della mediazione: parlò contro il Gioberti, rammentando le parole del generale Cavaignac promettitrici de'soccorsi francesi, dal ministero posposti ad una mediazione, che non potea avere alcun risultamento onorevole. Esaltò il Brofferio il vantaggio della guerra, dimostrò le inutilità delle negoziazioni; e si clamorosi furono gli applausi da lui riscossi, che il Cavour credette minacciata l' indipendenza dell'assemblea, e protestò contro con acerbe parole, che furono cagione di grave tumulto. Gioberti gliene fece rimprovero: tutti i ministri rizzaronsi irati e furiosi contro al Gioberti, il quale, in quella grande confusione e in quello scompiglio, potè fare udire queste parole: « Gli applausi che io e tutta la camera ed una parte stessa de' difensori del ministero, in cui serve il senso italiano, abbiamo tributato all'eloquentissimo discorso del signor Brofferio, sono l'omaggio che si rende a quei principii de' quali siamo propugnatori, non solamente noi, ma anco voi, o signori; perchè se portassimo di voi un giudizio diverso, crederemmo di farvi ingiuria ». Si continuò a disputare sino a due ore dopo mezzanotte; ma essendosi divisi i pareri, il ministero ottenne sessantasette suffragi favorevoli e cinquantotto contrari. Il popolo che affollatissimo, non ostante l'ora tarda, ingombrava le logge, le scale e la piazza, e che attendeva tutt'altra deliberazione, alzò indignato grida di guerra e voci di obbrobrio contro a'ministri, accompagnando a casa sua il Brofferio con faci accese e con clamorose acclamazioni. Ne' dì seguenti, quasi ad unanimi suffragi, quanto avevan fatto ed intendevano di fare i ministri, fu dal senato approvato e commendato. Ma non pria si riseppe a Genova la deliberazione del parlamento scoppiò fierissimo tumulto, per il quale non pochi cittadini furono imprigionati; e sollevandosi il popolo in loro favore, si appiccò zuffa co'soldati, e morti e feriti vi furono dall'una parte e dall'altra. Nè questo fu il solo sangue italiano sparso in quei di, imperocchè perduta la speranza della guerra, quando il tempo parea più opportuno, i fuorusciti italiani della Svizzera, consenziente o dissenziente il Mazzini, fecero un tentativo audace e sventurato. Chiavenna si sollevò; seguirono l'esempio Sondrio e val d'Intelvi: muoveano da Lugano il Medici, il Daverio, l'Arcioni, il D' Apice con alcuni drappelli di volontari lombardi; ma non pochi furon quelli, che sgomentati dalle gravi difficoltà, o perchè in discordia co'compagni, non prima cominciata l'impresa si ritrassero. D'Apice ed altri pochi ri. masero, combatterono con valore, ma furono sopraffatti dal numero: venti volontari caddero combattendo o furono fatti prigionieri; gli altri fuggirono in Svizzera dove dall'autorità federale furono da prima incarcerati, quindi cacciati. Gli Austriaci disfogarono la loro rabbia sulle case, ville e cascine, delle quali ultime non meno di trentadue ne saccheggiarono ed arsero. , Il ministero piemontese, montato in rigoglio per la ottenuta vittoria, chiese che la camera de'deputati eleggesse una commissione coll' incarico di esaminare segretamente gli atti del ministero e di portarne giudizio in pubblica assemblea. La commissione, fatta la voluta inquisizione, propose si pigliasse una deliberazione del tenore seguente: « Udite le comunicazioni confidenziali fatte dal ministero, la camera dichiara di non approvare gli andamenti e la politica del medesimo ». Strano partito era questo, imperocchè nè la camera avea udito le comunicazioni del ministero, nè la poteva ragionevolmente approvare o disapprovare ciò che ignorava; nè censurare il governo, non per proprio ma per altrui convincimento. Chiesero quindi i ministri, disdicendo la prima proposta, che la camera giudicasse la loro condotta, con piena conoscenza di causa, dopo |