Slike stranica
PDF
ePub

battaglioni, e smontato da cavallo, fe' dare il segno dell'assalto, e cacciatosi contro a' nemici, bravamente gli investi. I soldati con egual corso ed ardire lo seguirono; ma accolti con terribile fuoco d'artiglieria e assaliti da ogni parte da nemici, che dieci volte di numero li soperchiavano, dovettero di fretta ritrarsi. Oramai gli Austriaci erano difinitivamente padroni della Bicocca; e a' nostri non rimanea altro partito che di ridursi presto in Novara. Questa ritirata, nella quale i nemici a' fianchi ed alla coda i nostri assalivano e travagliavano, fu ben sostenuta dalla cavalleria; ma la fanteria era in estremo disordine: i soldati correvano in confuso verso la città; ciascheduno sua indole seguitando, i vili dalla fuga, i coraggiosi dall'armi speravano salute: alle porte si ac. calcano, si pigiano, si calpestano; non ordini osservano, non comandi di capitani ubbidiscono, neanco odono la loro voce; e sarebbero stati fatti a pezzi, se gli Austriaci non si fossero soffermati, sapendo quasi intatte e vicine le altre parti dell'esercito. A ott' ore tutte le truppe, che aveano combattuto alla Bicocca, erano, col Re, entrate in Novara.

La sconfitta della sinistra poneva in pericolo gravissimo il centro e l'ala destra dell'esercito, che poco avevano partecipato a' travagli di quella giornata. Alessandro la Marmora, senza attendere gli ordini del generale supremo, provvide da sè alla ritirata. La divisione Bes, giunta sotto Novara, fu segno a' colpi delle nostre artiglierie, perchè in quella oscurità e in tanto scompiglio amici da' nemici non discernevansi. Questo accidente fece credere a' soldati la città fosse in mano degli Austriaci; quando il vero si chiarì, una parte delle truppe era già in marcia per Agognate, e prosegui suo cammino. Durando fu nella ritirata assalito da Thurn, ma potè entrare in No. vara senza notevoli perdite. Una parte della riserva erasi unita a queste due divisioni; l'altra avea impedito che gli Austriaci di Vercelli s'impossessassero. Solaroli, trovando la via intercettata da' nemici, si diresse verso Cameri, dove giunse a mezzanotte. Intorno Novara fecersi in fretta alcune opere di difesa: le porte sbarrate: le artiglierie sui bastioni. La notte era cupa e tetra: pio. veva alla dirotta; nè più strepito d'armi si udiva. Le truppe de' generali D'Aspre, Appel e Thurn stettero sul campo testimone di loro vittoria; la riserva ad Olengo; Wratislaw a Monticello. I morti e feriti piemontesi sommarono a quattromila; a duemila i prigionieri: i cannoni perduti furono dodici: in nessuna delle moderne battaglie, serbata la proporzione degli eserciti, si è notata maggior strage di ufficiali. Gli Austriaci perderono tre mila uomini fra morti e feriti, e mille prigionieri.

Ma il maggior danno dell'esercito piemontese era il disordine delle truppe. Sciolti erano i vincoli della disciplina: molti soldati voltano l'ira e le armi contro agli ufficiali; altri entrano per le botteghe e case dei cittadini, col pretesto di cercare de' viveri, e mettonle a ruba: i più crudi e disonesti fanno ingiurie maggiori: i più furiosi minacciano di ardere la città. Non valsero esortazioni e preghiere di buoni; non comando di capitani: fu necessità adoprare la cavalleria, rimasta sempre ubbidiente, per contenere i fanti contumaci e licenziosi, e domarli con la forza. Nè furono minori gli atti rapaci e crudeli commessi nelle vicine campagne: gli sbandati non pareva che andassero per l'Italia, per il Piemonte loro patria, ma per paese straniero e nemico; mali tanto più atroci quanto meno aspettati. Niente v'è di più tristo del soldato, che sopporta la vergogna della diserzione e della fuga; perduto l'onore par che acquisti il diritto a misfare; la paura lo rende insolente; il bisogno, rapace; l'ira, furioso e crudele; il numero scema rossore e cresce audacia; ed allora la virtù è odiata come rimprovero, le scelleratezze più grandi sono le più ammirate, i buoni niente valgono, e soli i pessimi han possanza.

Non questo al certo era lo stato dell'esercito tutto, ma sì d'interi battaglioni; e nelle milizie ed in tempo di guerra e nelle sconfitte l'esempio della indisciplina impunita è tal contagio che rapidamente si propaga e si estende. Carlo Alberto, convocati i suoi generali, disse loro: << Noi abbiamo ancora quarantamila uomini. Non potremmo ridurci ad Alessandria ed onoratamente difenderci ? » Tutti risposero affermando ogni più lunga resistenza impossibile. Ed allora dicono che il re esclamasse: << Tutto è perduto, anco l'onore! >>> Il generale Cossato fu mandato al maresciallo Radetzky per chiedere una tregua. Radetzky volea imporre patti durissimi e a Carlo Alberto vergognosi. Il re convocò nuovamente i generali ed il ministro Cadorna, ch'era al campo, ed esposte le pretese del vincitore, disse loro: <<< Vedete, o Signori, che non è possibile accettare tali patti. << Gli fu risposto, che l'esercito era scorato, disordinato; che i soldati non ascoltavano più la voce de' generali. Allora il re pronunziò queste parole: «Ho sempre fatto ogni possibile sforzo, da diciott'anni a questa parte, pel vantaggio dei popoli: m'è doloroso veder fallite le mie speranze, non tanto per me quanto per la patria. Non ho potuto trovar la morte sul campo di battaglia, come ardentemente desiderava. Forse la mia persona è ora il solo ostacolo ad ottenere dal nemico un'equa convenzione. Resa im. possibile la continuazione della guerra, io abdico la corona in favore di mio figlio Vittorio Emanuele, nella speranza che il nuovo re possa ottenere più onorevoli patti, e procurare al paese una pace vantaggiosa ». Quindi, additando il duca di Savoia, soggiunse : « Ecco il vostro re ! » Abbracciò gli astanti e congedolli, rimanendo solo co' suoi figliuoli.

Il nuovo re mandò al campo nemico il generale Cossato ed il ministro Cadorna; ma il maresciallo disse loro voler negoziare col principe in persona. Si abboccarono presso Vignale, dove Radetzky fece sentire duramente al giovine principe l'umiliazione della disfatta. La tregua fu conclusa a questi patti : « Il re di Sardegna assicura positivamente e solennemente che si affretterà a. concludere con sua maestà l'imperatore d'Austria un trattato di pace, del quale sarà preludio questo armistizio. Il re di Sardegna scioglierà il più presto possibile i corpi militari formati di Lombardi, Ungheresi e Polacchi, sudditi di sua maestà l'imperatore, riservandosi tuttavia di conservare nel proprio esercito alcuni ufficiali de' suddetti corpi giusta la sua convenienza. Sua eccellenza il maresciallo conte Radetzky s' impegna a nome di sua maestà l'imperatore d'Austria, perchè sia accordata piena ed intera amnistia a tutti i sopradetti militari lombardi, ungheresi e polacchi che ritornassero negli Stati di sua maestà imperiale e reale. Il re di Sardegna permette, tinchè dura l'armistizio, l'occupazione militare per opera di diciottomila uomini di fanteria e di due mila di cavalleria delle truppe di sua maestà l'imperatore, del territorio compreso fra il Po, la Sesia ed il Ticino, e della metà della piazza d'Alessandria. Questa occupazione non avrà influenza alcuna sull'amministrazione civile e giudiziaria delle provincie comprese nel territorio suddetto. Le truppe sunnominate, in numero totale di tremila, potranno fornire la metà della guarnigione della città e fortezza d'Alessandria, mentre l'altra metà sarà fornita dalle truppe sarde. La parola di sua maestà il re è garante della sicurezza di queste truppe di sua maestà l'imperatore. Le truppe austriache avranno libera la via di Valenza ad Alessandria per la loro comunicazione colla guarnigione della detta città e fortezza. Il mantenimento di questi ventimila soldati e duemila cavalli per parte del governo sardo sarà stabilito da una commissione militare. Il re di Sardegna farà evacuare sulla riva destra del Po tutto il territorio de' ducati di Piacenza, di Modena e del Granducato di Toscana, vale a dire, tutti i territorj che non appartenevano innanzi la guerra agli Stati Sardi. L'ingresso della metà della guarnigione nella fortezza di Alessandria da fornirsi dalle truppe austriache, non potendo aver luogo che in tre o quattro giorni, il re di Sardegna garantisce l'entrata regolare della suddetta parte di guarnigione nella fortezza di Alessandria. La flotta sarda con tutte le vele e i battelli a vapore lascierà l'Adriatico nello spazio di quindici giorni per condursi negli Stati Sardi. Il re di Sardegna darà l'ordine più perentorio alle sue truppe ed inviterà gli altri suoi sudditi che potessero trovarsi in Venezia, a ritornare immediatamente negli Stati Sardi, sotto pena di non essere più compresi in una capitolazione che le autorità militari potessero concludere con quella città. Il re di Sardegna promette, onde mostrar il suo verace desiderio di conchiudere una pace pronta e durevole con sua maestà l'imperatore d'Austria, di ridurre il suo esercito sul piede ordinario della pace nel più breve spazio di tempo. Avendo il re di Sardegna il diritto di dichiarare la guerra e fare la pace, per questa stessa ragione ritiene inviolabile questa conven. zione di armistizio. Il re di Sardegna manderà imme

« PrethodnaNastavi »